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Bellocchio e Serena, sorpresi da un acquazzone nel mezzo del Percorso 7,
accettano un passaggio da Charlotte, signora di mezza età diretta a una festa
organizzata dal barone De Loménie al Palais Chaydeuvre, una lussuosa villa
immersa nel verde. Lì, oltre al maggiordomo Laurent, li attendono altri tre
ospiti: Marja, Santiago e Kayden. Durante il rinfresco organizzato scoppia un
incendio nella camera da letto del barone, il quale ne rimane tristemente
vittima; mentre Serena e gli altri se ne occupano, Bellocchio fa la conoscenza
di Joanne, figlia del padrone di casa, e per nasconderle l’atroce verità mente
riguardo alla situazione attuale.
Ritrovati nell’atrio i due protagonisti apprendono che l’intenzione di De
Loménie era eleggere il più fidato degli invitati a beneficiario di un non
meglio precisato tesoro, nonché l’agghiacciante verità che Charlotte li ha
portati con sé solo come eventuali ostaggi. Marja vorrebbe a quel punto
andarsene, ma nel momento in cui mette piede fuori dalla residenza compie una
tremenda scoperta: Palais Chaydeuvre è circondato da cecchini che minacciano di
abbattere chiunque tenti una fuga. Sono chiusi dentro.
Santiago, scompostamente accomodato su una sedia di legno con un polpaccio sul
ginocchio opposto, non aveva perso il suo sgradevole sorriso per tutto il
dialogo. Bellocchio, appoggiato sulla scrivania retrostante, iniziava dopo due
minuti soltanto a pentirsi di aver iniziato l’interrogatorio con quell’arrogante
individuo. Con un sospiro si guardò attorno distratto, scrutando il nobile
studio privato di De Loménie che avevano scelto come confessionale per
l’ottimale caratteristica di non essere dotato di finestre che i tiratori
all’esterno potessero sfruttare in un raptus omicida.
Serena
era appoggiata alla parete dietro il banco mentre Laurent, che aveva chiesto di
poter presenziare, stazionava accanto a una fila di scaffali contenenti
un’estensiva raccolta di francobolli. Bellocchio era stato restio a farlo
assistere, ma a ben rifletterci gli avrebbe fatto comodo qualcuno che
riassumesse la situazione agli altri ospiti mentre lui ragionava con Serena per
immedesimarsi nel ruolo di agente. E poi era una figura di cui tutti si
fidavano, cosa che – nonostante il falso badge avesse rotto il ghiaccio – non
poteva dire di se stesso.
«
Parliamo della tua attività a Sinnoh, che ne dici? » propose dopo un breve
intermezzo meditativo « Vengo da lì, conviene che tu non racconti balle ».
« Vieni
da Sinnoh e non ha un PokéKron? ».
« Tra
me e la tecnologia c’è un amore non corrisposto, un giorno penso potrei anche
arrivare a torturare uno smartphone. Preferisco la vecchia carta » spiegò
mostrando il suo fedele taccuino stretto tra le mani.
«
Potrei offendermi, considerato che la PokéKron S.p.A. è la società per cui
lavoro ».
« E da
quando la PokéKron S.p.A. è messa tanto bene da permettersi un PR? ».
« Ah,
ecco, noi preferiamo il termine
comunicatore d’impresa » lo corresse Santiago puntiglioso « PR è un po’
dispregiativo ».
Bellocchio lo ignorò, anzi rincarò la dose « Quindi sei un PR. Com’è che non ho
mai sentito parlare di te? Santiago Barbosa, non si scorda facilmente ».
« Noi
comunicatori d’impresa non saliamo mai alla ribalta. Sono molto più famoso nei
locali di Giubilopoli, per dire » soggiunse ammiccando.
« Oh,
grandioso. PR e ladykiller ».
« Una
delle due l’hai detta bene, se non altro ».
« Ne
sei sicuro? » disse l’uomo d’un tratto con un tono marcatamente diverso « Perché
io credo che tu non sia né l’uno né l’altro ».
« Solo
perché non hai mai sentito parlare di me? ».
« No.
Perché vedi, la storia del PR se devo essere sincero regge bene. È la seconda
parte quella problematica » Bellocchio si chinò a fissarlo con aria severa «
Dici di essere un donnaiolo, ma in tutto questo tempo non hai guardato Serena
nemmeno una volta. In effetti mi sei sembrato molto più concentrato su di me.
Direi quasi che… ».
Santiago alzò le mani in segno di resa e sfoggiò ancora il suo irritante ghigno
altezzoso « Mi hai beccato. Non posso farci niente, sei così carino… ».
Bellocchio, innervosito non dalle avances
ma dall’idea che quel viziato avesse pensato di prendersi gioco di lui, gli
diede le spalle e si appoggiò alla scrivania del barone « Qual è il tuo vero
nome? ».
«
Adrien James ».
Oh,
certo, ovviamente uno come lui doveva
avere anche un secondo nome. « E saresti così gentile da spiegarmi il vantaggio
di fingersi un giubilopolese? ».
« Se
devo essere sincero ho pensato anche io che la copertura fosse spazzatura »
commentò Adrien in franchezza « Un PR è una maschera poco credibile. Ma avevamo
De Loménie da parecchio tempo nei nostri radar per sospetto contrabbando, e
quando ha mandato una lettera oltreoceano abbiamo praticamente
dovuto intercettarla. Da lì a mandare qualcuno in borghese per
investigare il passo è stato breve ».
Se ci
fosse un’espressione capace di spiegare cosa attraversò la mente di Bellocchio
nell’istante successivo, sicuramente non apparterrebbe alla letteratura. Il modo
in cui il Santiago impostore aveva parlato, i termini che aveva usato, il fatto
che avesse operato in campo neutro, fuori dalle giurisdizioni regionali, con
degli indefiniti “loro”: tutti i filamenti conducevano alla medesima lampadina.
Anche il nome, Adrien James, era una coppia fin troppo musicale per essere vera.
Come uno pseudonimo, o…
… un
codename.
Si
voltò di scatto con due molle al posto degli occhi per come stavano fuoriuscendo
dalle orbite, alzando il braccio e pronto a pronunciare qualcosa sulla linea di
« Aspetta un attimo, tu sei… ? », ma quello sfrontato dai capelli castani lo
aveva già anticipato: sventolava un badge identificativo identico a quello
mostrato da Bellocchio agli invitati, ma a sua differenza decisamente autentico.
« Sì »
annunciò Adrien compiaciuto « Sono della polizia internazionale ».
Episodio 1x24
Otto piccoli
indiani
« Okay,
ho finito! ».
Versi
di varia natura accompagnarono la riunione del team di investigazione attorno al
tavolo a cui Serena aveva lavorato per gli ultimi dieci minuti, catalogando ogni
sospetto interrogato quella mattina mediante le informazioni fornite. Bellocchio
fu l’unico a rimanere in disparte, prevalentemente perché non era stato
d’accordo con la decisione di includere Adrien nella squadra. A parte lui erano
stati tutti favorevoli, semplicemente perché sarebbe stato folle estromettere
l’unica autorità conclamata.
« Ecco
la situazione: escludendo Adrien, la prima che abbiamo sentito è Marja, che ha
affermato di essere un’ex-soldatessa disoccupata. Poi abbiamo Kayden, che
cogestisce lo stand del Pan di Lumi. E infine Charlotte, che è stata rilasciata
solo una settimana fa dal Carcere di Luminopoli dopo la grazia concessa da
Faubourg a lei e al suo complice ».
« E non
dimentichiamo l’uomo impersonato dal signor Adrien! » aggiunse Laurent.
« Vero,
Santiago. Adrien, cosa sai di lui? ».
« Solo
ciò che ho detto a voi » spiegò l’agente alzando le spalle « PR,
womanizer, a quanto ho capito si
comportava più o meno come me quando fingevo ».
« E
questi sono tutti i sospetti » ricapitolò Serena appoggiandosi allo schienale
della sedia. Il fatto che fosse la postazione di un uomo morto non sembrava
turbarla minimamente. « Che cosa li collega? ».
« A
tutti loro servono soldi. Marja non ha alcuna forma di reddito fisso, l’attività
di Kayden versa in cattive acque, Charlotte si è vista confiscare i suoi averi
all’arresto. E Santiago, beh, girare i locali famosi di Luminopoli ha un costo »
concluse Adrien dopo aver accompagnato le parole con gestualità inconsapevoli
della mano « Tutti volevano e vogliono quel tesoro ».
« Okay,
questo vuol dire che il barone aveva fatto… delle ricerche, suppongo? ».
«
Avrebbe solo senso. Se vuoi dare un tesoro a qualcuno vuoi assicurarti che sia
la persona giusta, no? ».
Qualche
metro più in là Bellocchio emise uno sbuffo. O meglio, più che uno sbuffo era un
incrocio tra quello e una risata strozzata. Di qualsiasi natura fosse, Adrien lo
prese come un attacco personale. « Che c’è, il mio ragionamento ti fa ridere? »
gli domandò con atteggiamento polemico.
« Come?
No, prego, gaymanizer, continua pure
».
« Sei
passato all’omofobia? Perché quel continuo razzismo implicito per il nome
Santiago credevo bastasse a delinearti ». Che nervoso gli provocava. Non avrebbe
dovuto permettergli di restare nello studio con loro, questo era certo.
D’altronde non era un invitato, e che un assassino si affidasse alla fortuna di
trovarne uno in macchina per giungere sul luogo del futuro delitto era
impossibile. Era scontroso, bugiardo, ma non un omicida, e in una condizione
come quella in cui si trovavano serviva tutto l’aiuto possibile, anche a un
poliziotto.
« Oh,
no, io non sono omofobo. Odio solo te
» ribatté Bellocchio.
«
Dovresti ringraziare che sono un professionista e penso al mio lavoro, o ti
avrei già arrestato per aver impersonato un pubblico ufficiale ».
« Oh,
sì, vorrei proprio vederti. Perché con la grande autorità ricevuta dall’Interpol
non mandi qualcuno a vedersela con i cecchini là fuori? ».
Adrien
inspirò profondamente in un tentativo di non perdere la pazienza, cercando di
concentrarsi su un mantra che aveva sviluppato durante i suoi anni di
addestramento e servizio. « Non so come funzioni in Sbruffolandia, ma credo tu
non abbia messo a fuoco la situazione. Siamo ostaggi di tiratori al soldo di
qualcuno che non si è fatto problemi a far fuori un uomo per estorcergli la
posizione del tesoro. Potrebbero ucciderci in ogni momento ».
« E
allora perché non l’hanno già fatto? ».
L’agente sembrò sul punto di controbattere, ma si interruppe. Solo ora si
rendeva conto che non aveva una risposta.
La parte peggiore fu sentire quel Warren scandire ad alta voce ciò che la sua
mente aveva processato: « Se hanno già il tesoro perché non ci piantano un
proiettile in testa e vengono a prenderselo? ».
Serena
si intromise, almeno parzialmente mossa dall’intento di calmare gli spiriti «
Dici che non sanno dove sia? ».
« Dico
che De Loménie potrebbe essere stato più coraggioso di quanto non credessero. E
dico che ora gli serviamo per capire dove l’abbia nascosto. Quindi la nostra
morte non è una questione primaria, al momento ».
« Oh,
questo è sollevante! » esclamò sarcasticamente Adrien « E allora parla, in cima
alla tua lista cosa c’è? ».
Serena
non poté esimersi dal pensare che Bellocchio stesse aspettando solo quella
domanda, se non altro per quel “finalmente”
pronunciato sottovoce. Doveva essersi preparato quel discorso da un po’ di tempo
– o doveva averlo fatto molto in fretta –, perché aveva un ordine mentale
invidiabile.
« Punto
primo: nessuna di queste persone ha mai incontrato De Loménie prima d’ora,
eppure li ha invitati qua. Questo è
curioso. Punto secondo: nessuna di queste persone è moralmente integra. Persino
Kayden ha ammesso di essere ricorso a metodi poco onesti per finanziare il
chiosco nei mesi passati. Eppure il barone ha scelto proprio loro.
Questo è curioso ».
Fece
una pausa, aggirando la scrivania fino a giungere alla porta della stanza.
Quindi si voltò a guardare negli occhi Serena, Laurent e Adrien uno alla volta.
« E punto terzo, tutti loro sono Allenatori in possesso di Pokémon di tipo
Fuoco, quindi tutti loro potrebbero aver commesso il delitto.
Questo è curioso ».
La sua
amica alzò lo sguardo pensierosa « In effetti quella parte è strana. Perché
sarebbero tutti venuti qui con Pokémon di Fuoco? Per l’assassino è stato un
vantaggio niente male ».
« Beh,
immagino per via delle siepi del giardino ».
Bellocchio e Serena aprirono si girarono di scatto all’unisono verso il
maggiordomo, che aveva pronunciato quelle parole come fossero un dato ripetuto
mille e più volte. « Le cosa? ».
« Certo
che sapevo delle siepi. Tutti noi penso sapessimo, lo diceva la lettera ».
Rieccoli nel salone. Sempre le stesse persone, sempre gli stessi discorsi. Era
trascorsa giusto l’ora necessaria per gli interrogatori, e ciononostante avevano
concluso poco o nulla. A quanto pare tutti concordavano con Marja: le
siepi, qualsiasi cosa fossero, erano
un concetto di dominio pubblico – anche per Adrien.
Se c’è qualcosa peggiore di non capire qualcosa, pensò Bellocchio,
è non capirla mentre altri la capiscono
perfettamente.
«
Potrei leggerla? » propose dopo una sosta ponderata « La lettera, dico ».
« Oh,
dunque, certo… » annuì la donna, andando poi a frugare tra le tasche della sua
giacca. Data la temperatura dell’ambiente in quel momento Bellocchio si
sorprendeva che qualcuno potesse sopravvivere senza un soprabito più pesante, e
lui non era certo freddoloso dopo aver vissuto mesi tra le gelide baite di
Nevepoli. « Eccola! » esclamò Marja, porgendogli una busta consumata aperta con
poca cura. L’uomo esaminò il foglio di carta in essa contenuto, scritto con
grafia signorile e ordinata.
Gentile signorina van der Tas,
il mio nome è Étienne De Loménie e sono barone di
Kalos. Lei non mi conosce, né è necessario che lo faccia.
Con la presente la invito a un rinfresco che si terrà
in data 5 aprile 20-- alla mia residenza personale, il Palais Chaydeuvre in
prossimità di Castel Vanità.
Essendo venuto recentemente in possesso di un’antica
fortuna lasciata dai miei avi, ho preso la decisione di condividerla con
un’altra persona poiché, sommata alle mie finanze attuali, risulterebbe
eccessiva persino per me.
Anche altri ospiti saranno presenti in sua compagnia:
consegnerò la ragguardevole somma a chi riterrò più meritevole. Le raccomando di
portare con sé Pokémon di Fuoco, giacché potrebbero tornarle utili per le siepi
in giardino.
Distinti saluti e buona fortuna,
E. D. L.
Leggerla non fu per nulla illuminante come si sarebbe atteso. Fondamentalmente
elencava solo aspetti della vicenda che aveva già dedotto da solo o mediante i
suoi dialoghi con i sospettati: nessuno conosceva il barone, tutti sono stati
attratti dal tesoro e con ogni probabilità De Loménie era morto come spiacevole
esito di una minaccia. Vi era però un dettaglio interessante: i Pokémon di tipo
Fuoco erano esplicitamente nominati insieme alle siepi. Non si era trattata di
una coincidenza, l’assassino sapeva
che non sarebbe stato possibile rintracciarlo per il metodo di uccisione. E
questo restringeva eccome il campo.
« Ed
erano tutte così? » domandò a livello generale, senza selezionare nessuno in
particolare.
I
quattro indiziati, che di fatto adesso erano ridotti a tre per lo scagionamento
di Adrien, fecero unanimemente cenno di sì con la testa. Quest’ultimo, di cui
avevano deciso di comune accordo di rivelare l’identità ai restanti ospiti,
soggiunse « Quella per Santiago era leggermente diversa all’inizio, specificava
dove fosse la regione di Kalos. Per il resto era come quella lì ».
Altro
punto curioso, se le parole dell’agente erano vere nessuna delle missive si era
preoccupata di spiegare la natura delle siepi. Che fossero tanto famose da non
necessitare delucidazioni? E in tal caso, possibile che qualcosa di tanto
rilevante al tesoro fosse stato sotto il naso del mondo per tutto quel tempo? «
Queste… siepi che cosa sarebbero? ».
Nessuno
parlò per un tempo che parve eterno, e solo lì Bellocchio comprese: gli altri
avevano ragionato esattamente come lui.
Tutti avevano supposto che le siepi fossero note e non avevano chiesto, e di
fatto nessuno sapeva nulla di esse se non che esistevano ed erano menzionate
negli inviti. Se la sua conclusione era corretta, c’era un solo uomo là dentro
in grado di aiutarli.
« Mi
segua, signor Peace » disse Laurent a metà tra un’offerta e un ordine,
sottolineando le parole con l’indice destro. Bellocchio assentì, borbottando
sottovoce perché non l’aveva chiamato Green come da consenso. Avevano deciso di
mantenere la farsa della sua identità di agente dell’Interpol, ma se avesse
continuato a non impiegare il suo falso nome in codice non sarebbe durata a
lungo.
In
effetti, pur avendo precisato il destinatario, finì che l’intero gruppo andò
dietro al maggiordomo. Questi li condusse al piano superiore, dove un ampio
androne si affacciava mediante una serie di vetrate decorative sul maestoso
giardino privato del Palais. Le siepi,
inequivocabili nella loro perfezione matematica, erano quattro composizioni
geometriche disposte quali angoli di un quadrilatero tagliato verticalmente e
orizzontalmente da due sentieri da passeggiata perpendicolari. Erano inoltre
presenti, ai vertici superiori e inferiori del parco, una coppia di statue di
Pokémon che nessuno di loro aveva mai visto, una bianca e l’altra nera. Aveva
cessato di piovere, ma il cielo era ancora carico di dense nubi grigiastre che
certo non promettevano un sole da spaccare le pietre.
«
Questo giardino fu costruito nel primo Novecento dal più noto avo del barone De
Loménie, il granduca Chaydeuvre. Egli voleva essere in grado di vantarsi delle
più belle siepi di Kalos, desiderando che anche chi volava sopra il suo maniero
potesse ammirarne la grandiosità » narrò Laurent con la stessa flemma da
professore universitario con cui aveva presentato le origini della villa al
rinfresco « Purtroppo l’architetto Abatangelo, suo carissimo amico e incaricato
di progettarle, morì senza completare l’opera, e la quarta composizione non fu
mai ultimata per suo volere ultimo ».
« La
quarta? » mormorò perplessa Charlotte.
Bellocchio analizzò le opere oggetto del discorso. Tre di esse erano di fattura
decisamente più pregiata, e in due riusciva a riconoscere una forma definita: un
Chandelure analogo alla Dama Cremisi e un Solrock. La siepe in basso a destra
non gli diceva niente, ma dal momento che somigliava molto a un volto leonesco
suppose dovesse trattarsi di qualche Pokémon di Kalos che ancora non aveva
incontrato.
Altrettanto non poteva dire della quarta composizione. Anche se era possibile
che corrispondesse a creature esistenti – un Bronzor o un Cryogonal, ad esempio
–, l’impressione era proprio quella descritta da Laurent: un lavoro incompiuto,
al momento nulla più di un labirinto imperfetto.
«
Quando il granduca morì senza lasciare eredi diretti la proprietà del Palais
passò alla Regione finché non fosse stato rintracciato il parente più prossimo,
ma le straordinarie ricchezze di Chaydeuvre non furono mai rinvenute ».
« E
nacque la leggenda di un tesoro nascosto » completò Serena.
Il
caposervizio annuì a congratularsi con lei per la perspicacia «
La stella di fuoco, lo chiamavano. Dal
momento che il granduca aveva mostrato in vita una passione per i Pokémon di
Fuoco molti iniziarono a pensare che la locazione del tesoro fosse da collegare
a essi. Del resto è facile notare come le siepi complete rappresentino Pokémon
di quella cerchia o affini a essa ».
Il
ragionamento era logico, rifletté Bellocchio, ed era proprio per quello che non
funzionava: raramente gli esseri umani seguono la logica. Quelle siepi non erano
solo una testimonianza delle preferenze di un granduca, erano un vero e proprio
enigma. E più di quello, erano la loro unica pista plausibile per trovare il
tesoro di Chaydeuvre.
« Posso
vederle più da vicino? ».
La
giacca di Charlotte, per quanto autunnale, non l’aveva per nulla preparata al
vento sferzante che aveva iniziato a spirare dopo il temporale – e pur avendo
unanimemente optato per sfruttare un altro po’ il rinfresco prima di uscire,
l’energia supplementare non pareva bastare. Nell’aria aveva iniziato a circolare
odore d’ozono e sopra di lei i batuffoli di nuvole grigie slittavano ad alta
velocità l’uno sull’altro, mutando di forma al battere di ciglio. Si trovava di
fronte a una delle due sculture, quella la cui composizione in bronzo l’aveva
tinta di un colore prossimo al nero – di converso l’altra, sita proprio davanti
al retro del Palais Chaydeuvre, era tinta di un bianco marmoreo. Si era fermata
al limitare settentrionale del giardino, separata dal mondo esterno mediante
un’invalicabile cortina verdeggiante.
« È una
bella statua, vero? Così realistica. Starei ore a guardarla, non trova? ».
Charlotte fu colta di sorpresa dalla voce giovanile dell’altra donna presente
tra gli invitati. Il suo nome le pareva fosse Marja, ma non poteva esserne
certa.
« Non
mi piacciono molto le statue » rispose per inerzia « Troppo statiche. Le trovo
noiose ».
« Non
si direbbe, dato che da quando siamo usciti non fa che guardarla ».
« La
statua è irrilevante. Questo è solo il posto più lontano dalla villa che posso
raggiungere senza che un cecchino mi faccia saltare la testa ».
Marja
rabbrividì, scossa dall’immagine di un proiettile che le trapassava il cranio.
L’essersi ritrovata con tutti quei puntatori addosso le aveva lasciato una
ferita psicologica difficilmente rimarginabile in qualche ora. Decise di
allontanarsi il prima possibile da quell’argomento « Però è bella, come statua.
È Zekrom, un Pokémon leggendario del folklore di una regione lontana ». Appena
dopo precisò « Santiago l’ha chiesto al maggiordomo ».
« Vuoi
dire Adrien ».
«
Giusto, giusto. Sa, non mi sono ancora abituata a–– ».
Charlotte si voltò con uno scatto verso di lei, interrompendola. Sapeva
benissimo che le rivolgeva la parola mossa da pietà, ed era meglio per entrambe
che impiegassero meglio il loro tempo dato che sarebbero potute morire da un
istante all’altro. « Non sei obbligata a fare conversazione ».
« Che
cosa le fa pensare che io–– ».
Nuovamente la fermò prima che potesse concludere « Sono una galeotta, una
truffatrice. Non mi sorprende che nessun altro mi abbia rivolto la parola dopo
che l’avete scoperto ».
A quel
punto si sarebbe aspettata che Marja, indignata, se ne andasse verso gli
invitati civili. Invece la sua reazione fu l’esatto opposto: le parlò con tono
candido e disponibile, anche se si avvertiva nelle sue sfumature quasi un
intento di conversione « Lei è un essere umano. E poi io ero nell’esercito, ho
combattuto. Ho ucciso. Crede di aver fatto di peggio? ».
« Ma ne
sei uscita » evidenziò « Vuol dire che hai trovato nuovi valori ».
« Crede
che ne sia uscita per mia volontà? ».
« Non è
così? ». Charlotte emise un risolino sarcastico. Probabilmente ora le avrebbe
raccontato di come era stata costretta ad andarsene per i metodi disumani che
venivano usati. I soldati sanno essere
stranamente prevedibili, pensò.
La
giovane donna si irrigidì, punta nel vivo « No. Mi hanno riformata dopo che
disubbidii agli ordini di un mio superiore durante un intervento per una
protesta. I contestatori erano violenti e io per non uscirne ferita scappai ».
La sua bocca esibì un sorriso sghembo, quasi autocommiserante « Un soldato
codardo. Come crede mi abbiano trattato i miei cari amici commilitoni? ».
« Due
reiette, allora » commentò Charlotte, e decise che forse poteva anche sopportare
la sua compagnia. In fondo anche la fuga tentata poco prima aveva più senso ora:
era una sua abitudine, un riflesso istintivo. « Scappare non è un disonore,
Marja. Soltanto chi scappa sopravvive alla guerra ».
Poco
lontano, Serena si stava dirigendo verso la quarta siepe, più simile in effetti
a un labirinto che a una decorazione. Bellocchio aveva deciso di dedicarsi a
essa in quanto era quella più enigmatica dato che non rappresentava nulla di
manifesto, e se c’era una chiave possibile per il tesoro non poteva che trovarsi
lì. Per la natura della struttura faticò a rintracciare il suo amico, ma alla
fine lo scorse infilato in un cespuglio cui era giunto attraverso una piccola
apertura tra gli arbusti. Era immobile, probabilmente intento a meditare.
« Ehi,
ci sono novità? A nome di tutti ci stanno crescendo i ghiaccioli nel naso ».
L’uomo
non mosse il capo di un millimetro, quasi avesse un vincolo al collo che lo
incatenava ai frutici. La sua voce era frustrata, segno che la situazione era
tutt’altro che sotto controllo. « Non rispondono a nessuno dei Pokémon a nostra
disposizione, nonostante abbiamo un esemplare per ciascuno di quelli
rappresentati dalle siepi. Non reagiscono in modo anomalo a piccoli incendi
controllati, qualsiasi sia la tecnica da cui sono generati. Non hanno nulla di
strano nei rami o nelle foglie. La loro disposizione non coincide con nessun
allineamento o evento astronomico rilevante. Ciò che quei tre dannati Pokémon
hanno in comune è imparare Giornodisole, che credo sia una gigantesca beffa nei
nostri confronti visto il tempo che ci tocca oggi ».
Bellocchio non era nuovo ai lunghi discorsi, ma c’era qualcosa di diverso nel
modo in cui l’aveva pronunciato stavolta. Se non fosse stato assurdo si sarebbe
detto che quelle parole lo avessero sfibrato.
« Che
cos’hai? ».
« Che
vuoi dire? ».
Serena
non voleva suonare critica, perché non lo era. La sua era la domanda di chi
voleva comprendere perché sinceramente non ci riusciva. « Sei così scontroso.
Prima te la prendi con gli aristocratici, poi con Adrien, ora con la
vegetazione. Sembri trattare tutti come analfabeti ».
« Non
volevo offenderti » si scusò lui, ma a entrambi fu chiaro che quella richiesta
di perdono era tutto fuorché convinta.
« Non
me, gli altri. Di solito ti diverti a fare qualsiasi cosa, oggi invece sembri un
vecchio da casa di riposo. Ti ho visto più solare quando stavi per morire con
Omastar ».
Bellocchio abbassò gli occhi per un istante, poi uscì dalla siepe con
un’espressione austera in volto. La sua amica l’aveva già vista una volta, una
settimana prima o giù di lì, quando a Luminopoli aveva dovuto soccorrere la
giovanissima vittima del Dio. Non l’aveva mai inquadrata bene, ma qualcosa le
diceva che presto ne avrebbe saputo il significato.
«
Joanne ».
«
Serena » lo corresse nuovamente « Devi decisamente migliorare con i nomi ».
Lui
negò con la testa « È la bambina di cui ti parlavo, quella che ho trovato alla
fine del bivio. La figlia del barone ». Osservò il giardino a trecentosessanta
gradi, soffermandosi prima su Adrien e Kayden che passeggiavano impegnati in
qualche discussione, poi su Marja e Charlotte che, immobili alla statua nera,
ricambiarono l’occhiata. « Uno di loro oggi le ha rovinato la vita per sempre. E
se c’è un verme che distrugge una bambina per ingordigia noi non ci divertiamo,
Serena. Noi lo troviamo e gli facciamo passare l’inferno ».
Serena
annuì, mostrando di comprendere perfettamente ciò che pensava; poi si sfregò le
mani per il freddo e si scostò dagli occhi i capelli smossi dal vento, ancora
umidi per la pioggia subita in mattinata. Alla salute certo non avrebbe fatto
bene, tutto quel freddo, e infatti starnutì poco dopo.
In quel
momento Bellocchio cambiò completamente piglio: indietreggiò spensieratamente e
si appoggiò al rigido cespo in cui prima si era infilato. Quando parlò il suo
timbro si era fatto più acuto, più simile al solito « Adesso mi dica, signorina
Scarlett. Cosa le suggerisce il suo intuito riguardo al maggior indiziato tra i
presenti? ».
La
ragazza sorrise, afferrando che il suo compagno di viaggio cercava di
alleggerire la tensione per sollevarle il morale. Decise di stare al gioco,
confidando che entrambi avessero dedotto la medesima cosa « Beh, signor Green,
pur dal mio infimo parere di donna, ritengo che sia poco saggio appiccare un
fuoco se non si ha la certezza di poterlo spegnere ».
Lo
sguardo che si scambiarono successivamente confermò che erano sulla stessa
lunghezza d’onda. Erano in otto al momento al Palais Chaydeuvre, ed escludendo
la figlia e loro due restavano cinque persone capaci di uccidere il padrone di
casa. Ma di queste solo uno, una volta scatenato l’incendio, aveva un Pokémon in
grado di evitare che esso si spandesse in tutta la villa: il proprietario di
Carabaffe il Wartortle. Ovvero Jourdain Laurent.
Un
sonnolento silenzio era calato sul Palais Chaydeuvre una volta sopraggiunte le
tenebre. Dato che preparare una cena per tutti gli ospiti sarebbe risultato fin
troppo ostico si era deciso di ultimare invece il rinfresco, abbondante più che
a sufficienza per ricoprire il ruolo di pasto completo. Laurent si era poi
occupato personalmente di ciascuno degli invitati, assicurandosi che si
trovassero a proprio agio nelle camere a loro destinate. Era trascorso da
diverse ore il momento in cui, terminati i servigi per la famiglia De Loménie,
anche lui usava ritirarsi nella sua stanza. Invece si aggirava nell’ala sudovest
della residenza con una candela ardente nella mano destra, incapace di dormire.
Avendo
cura di produrre poca eco con i suoi passi scese una rampa di scale a chiocciola
che conduceva ai sotterranei della villa. Lì, in un groviglio di corridoi privi
di luce, si districò fino a raggiungere una porta che raramente aveva
frequentato prima di allora: lo studio segreto del barone. Vi entrò con la
massima attenzione, trovandolo esattamente come era stato lasciato: una
scrivania con tre sedie da un lato e la poltrona del padrone dall’altro, tristi
carte di un defunto sparpagliate sul ripiano – residui delle missive inviate
proprio a coloro tra i quali si celava l’assassino – e tutto intorno scaffali,
mille e più mensole che ospitavano la grandiosa collezione di francobolli che da
sempre era il vanto degli avi del signor De Loménie.
Si
adagiò alla postazione centrale, appoggiò il cero e rispettivo piattino e fissò
gli occhi di fronte a sé, quasi stesse ascoltando il suo datore di lavoro come
altre volte aveva fatto. Poi, senza preavviso, parlò a voce alta.
« Lieto
che non abbia messo in disordine, signor Peace ».
Una
seconda figura emerse dall’oscurità alla sua destra, lasciando che la luce della
candela rischiarasse il suo volto: un uomo in completo marrone dai capelli
arruffati e lo sguardo corrugato.
« È più
attento di quanto dà a vedere » mormorò Bellocchio.
Laurent
accettò il complimento senza scomporsi. Si aspettava che sarebbe stato lì, anche
se era rimasto sorpreso dal fatto che fosse giunto nel luogo prima di lui. Come
se già avesse saputo dove si sarebbe diretto. « Dov’è la signorina Williams? ».
« Ma
non così attento ».
Il
maggiordomo sobbalzò: la porta dietro di sé si era aperta nuovamente. Pensava di
essersi assicurato di non avere nessuno alle costole, ma evidentemente la
ragazza lo aveva seguito senza che se ne accorgesse visto che ora stava isolando
lo studio, richiudendo senza un cigolio e spegnendo la torcia del PSS.
« Non
c’è nessun altro » annunciò.
« Bene.
Siediti pure, non siamo ancora entrati nel vivo ».
Serena
prese posto alla sinistra di Laurent, che comunque non aveva ancora distolto lo
sguardo dal trono del barone.
« Lei
sospetta di me, vero? » interpellò Bellocchio. Questi non rispose, e con la coda
dell’occhio si accorse che lo fissava enigmaticamente. « Ne avete parlato con il
signor Adrien? ».
«
Stamattina sospettavamo di te » disse finalmente. Il suo tono era
imperscrutabile, privo di sfumature che tradissero ciò che pensava. Era davvero
bravo.
« Ora
non più? ».
«
Questo dipende da te. Come mai avevi un Wartortle? Non fraintendermi, te ne sono
grato. Senza di te avremmo avuto parecchi problemi con quel fuoco ».
L’uomo
sorrise involontariamente all’idea che proprio Carabaffe avesse inoculato la
pulce nell’orecchio. « Sospettate di me per questo? ».
«
Risponda alla mia domanda. Wartortle, perché? ».
Il capo
di Laurent si girò infine verso il giovane con cui parlava, accompagnando il
gesto con un sospiro « Lei non sa la storia di Chaydeuvre, vero? ».
« Se
intende raccontarmela prometto che stavolta ascolterò ».
Come desidera,
pensò il servitore con ironia, e la sua mimica di presunzione fu un riflesso
spontaneo. « La mia famiglia ha servito gli abitanti del Palais per generazioni,
anche prima che il granduca Chaydeuvre gli desse il suo nome, quindi alcune
leggende che circolavano nella servitù mi sono state tramandate per via orale.
La più famosa è quella che riguarda gli ultimi mesi del granduca ».
Bellocchio si mostrò decisamente più interessato dell’occasione precedente,
sistemandosi sulla sedia e sostenendo il mento con il palmo della mano.
« A
quanto pare all’età di quarantotto anni, verso la fine della sua vita, egli
cadde nella paranoia. Era convinto che qualcuno gli desse la caccia, si
svegliava di notte gridando di uomini privi di volto e altre fantasticherie.
Tutti pensavano che fosse impazzito, ovviamente. Poi, un giorno, nella sua
stanza scoppiò un incendio ».
Serena
sussultò. Cosa? Cercò gli occhi del
suo compagno, trovando anche lui in trepidazione. Perché nessuno di loro due era
venuto a sapere una notizia così importante prima? Questo significava che c’era
molto, molto di più di quanto avessero
sospettato dietro l’omicidio del barone De Loménie. Poteva persino trattarsi di
una vendetta generazionale.
« Anche
il caposervizio, un mio lontano parente, perse la vita nel tentativo di
salvarlo. Da quel momento è tradizione che ciascuno di noi porti sempre con sé
un Pokémon di tipo Acqua per far fronte all’evenienza ». Laurent fece una pausa
per recuperare fiato, apparentemente non rendendosi conto di ciò che le sue
parole avevano scatenato, poi concluse « Ma mi creda, signor Peace, che mai
avrei pensato di dovervi fare davvero ricorso ».
A quel
punto Serena si sarebbe aspettata di tutto. Che Bellocchio aggredisse il
maggiordomo, che uscisse senza dire una parola. Ma mai che, con calma assoluta,
riprendesse esattamente quelle che erano le sue intenzioni originarie.
« Mi ha
convinto. Comunque non ce n’era bisogno, so già che non è stato lei a uccidere
il barone ».
La sua
amica inseguì nelle sue iridi qualcosa che la aiutasse a capire cosa stesse
accadendo. Che Laurent fosse il colpevole non era stato il loro comune punto
d’arrivo? Ma quel barlume di emozionalità che per un istante l’aveva colpito ora
era svanito, trasformandolo di nuovo in un codice inaccessibile.
«
Davvero? » reagì scettico l’interessato.
«
Davvero » ripeté Bellocchio con un lieve sorriso « Sono stato nella camera di
Joanne. L’arredamento non era niente male, ma era tutto
vecchio. E la camicia da notte che indossava era troppo lunga per
lei, come se fosse stata comprata usata o in saldo ».
Laurent
si passò la mano dalla fronte al mento, asciugandosi il sudore. Ogni aspetto
della sua gestualità implicava due parole:
santo cielo.
« De
Loménie non era più tanto ricco, ho ragione? ».
L’uomo
confermò con rassegnazione, ben conscio che, come si suol dire, era stato colto
in flagrante. « Voleva mantenere un’aura di dignità, credeva che il cognome che
portava meritasse il lusso. Ma non poteva nemmeno permettersi uno staff decente.
Non è stato dispensato nessuno per questo raduno, ci sono sempre stato solo io.
Da almeno tre anni si rifiutava di accettare la situazione ».
« Anche
a scapito di sua figlia ». Serena percepì nelle parole di Bellocchio di nuovo
quello sdegno, quasi una traduzione dell’espressione severa notata nel giardino.
Solo allora comprese perché si fosse mostrato tanto ostile nei confronti degli
aristocratici: troppo orgoglio. Troppo malriposto senso dell’onore.
«
Quella povera bambina vuole solo giocare con altri della sua età, ma il barone
ha insistito perché vivesse come una baronessa ».
A quel
punto la conseguenza susseguente parve ovvia a tutti, chiara destinazione del
percorso mentale seguito. « Non c’è nessun tesoro, vero? ».
«
Signor Peace, non prendiamoci in giro. Se anche uno sperperatore come il
granduca avesse lasciato un qualche tipo di tesoro, di sicuro il barone De
Loménie non l’avrebbe mai condiviso con nessuno vista la sua situazione
economica ».
Bellocchio si alzò in piedi, iniziando a passeggiare per lo studio per
sgranchirsi le gambe, sfiorando i raccoglitori impolverati e le pile di buste
sulle scaffalature a muro « È la conclusione a cui sono giunto. Il problema è
che c’è una grossa falla logica in questo ragionamento. Perché il barone avrebbe
invitato quei quattro alla villa se non era in possesso di nessun tesoro? ».
« Tre »
disse Serena.
« Come?
».
« Gli
invitati sono tre ».
L’uomo
aggrondò le ciglia, poi ridacchiò disorientato « No, no, sono quattr–– Dunque…
Marja, Charlotte, Adrien e Kayden. Quattro, no? ».
« Oh »
la ragazza parve rendersi conto solo ora del conto errato. Il fatto che la cosa
l’avesse sorpresa era di per sé motivo di preoccupazione. « … E allora perché ha
spedito solo tre lettere? ».
« Che
cosa stai dicendo, Serena? ».
«
Guarda i francobolli sulla scrivania. Ne sono stati usati solo tre ».
Bellocchio si precipitò sul tavolo, esaminando il foglio di bolli da cui
effettivamente mancavano solo tre gommati. Subito si abbassò a terra e passò al
setaccio il pavimento, e anche il cestino per fortuna semivuoto, ma
l’impossibile fu confermato: non c’era traccia di un quarto. Quando si rialzò,
il suo aspetto fu più eloquente di qualsiasi parola avrebbe potuto pronunciare.
« Ma
non è possibile! » protestò Laurent a gran voce « Ho controllato personalmente,
tutti gli invitati avevano la loro lettera! ».
Serena
sgranò gli occhi alla realizzazione, e così fece il maggiordomo di fronte
all’evidenza. Ma fu il terzo tra loro a trovare il coraggio di affermarlo.
«
Allora vuol dire che qualcuno ha falsificato la sua ».
Joanne
si svegliò di soprassalto. Le capitava spesso, specie nelle notti calde come
quella, di avere sogni disturbati e destarsi in preda al panico. Ma questa volta
era diverso, questa volta non stava sognando
nulla. Il suo respiro, in compenso, era rapido e nervoso, e si
sentiva paralizzata nel letto a baldacchino. Non riusciva a vedere al di là
delle tende a causa del buio, ma era certa che la sua porta si fosse aperta.
« C’è
nessuno? » tartagliò nel terrore, non trovando il coraggio alzarsi. Nessuna
risposta. Per un breve, rassicurante istante pensò di essersi immaginata tutto.
Oppure stava ancora sognando, le era già successo una volta. In ogni caso, nulla
di cui preoccuparsi.
Poi udì la porta chiudersi.