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Autore: darknesraven    24/11/2014    0 recensioni
Che cosa può davvero fare una canzone? Delle poche parole scritte da persone sconosciute possono davvero salvare una vita? Una vita distrutta, di chi non ha più nulla da perdere. I ricordi assillano la mente dei naufraghi e lentamente infossano ogni desiderio, ogni sogno che può ancora indurre a sperare.
La storia di una vita. Forse non più brutta di altre, forse non più dura di altre. Ma non è forse diverso per ogni persona il suo modo di affrontare le situazioni?
Questa è solo la storia di una vita, forse non uguale alla realtà, forse diversa da quello che chiunque si aspetta. È soltanto la storia di una vita. La storia di una scalata verso la luce, verso il proprio posto nel mondo.
Questa non è una storia sugli Avenged Sevenfold, loro sono soltanto presenti come sfondo, o quasi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se fossi stata brava a fingere di certo non mi sarei mai trovata in una situazione del genere. Ero patetica. Anche quella notte non ero riuscita a chiudere occhio, per la paura di avere incubi e per il dolore al polso. La sveglia non era ancora suonata così corsi a spegnerla e mi rifugia in bagno tra i getti d'acqua della doccia. Chiusi gli occhi e lascia che l'acqua fredda lenisse il dolore del mio corpo. Rabbrividì ma non badai al freddo. Non sapevo mai se venisse dall'esterno o dal mio cuore morto. Chiusi l'acqua e mi strinsi un asciugamano contro il seno per asciugarmi velocemente. Era ancora presto, quindi potevo tranquillamente vestirmi e nascondere i nuovi segni. Lasciai cadere a terra l'asciugamano e mi osservai nello specchio. Ero piena di lividi ed il polso sinistro era gonfio e faceva un male cane. Strinsi i denti, presi il blush e cominciai a coprire i lividi che avevo sulle costole e sulle braccia. Lo passai anche sul viso per nascondere le occhiaie di un'altra notte in bianco. Sempre in silenzio e stringendo i denti mi infilai velocemente i miei amati pantaloni neri e la maglia senza maniche dei Misfits, l'avevo sempre preferita in quel modo per cui avevo deciso di tagliare le maniche. Recuperai la mia amata felpa degli Iron Maiden e la infilai stando attenta a non aprire ulteriormente gli squarci sulle mani e sul torso. Infilai gli anfibi e mi fermai un attimo per guardarmi intorno. La mia camera era immersa nel buio ed io non avevo nessuna intenzione di accendere la luce. Fino a quando ero nascosta nel buio la giornata non iniziava ed io potevo illudermi di essere felice. Sospirai e mi sedetti a terra per infilarmi gli anfibi ormai a pezzi. Effettivamente vista da fuori potevo sembrare una stracciona ma in realtà non me la passavo troppo male. Recuperai la mia tracolla bianca, l'unica cosa bianca presente nella mia stanza e ormai ricoperta di toppe, e vi infilai dentro i compiti che avevo finito quella notte. Imprecai ricordandomi del compito di chimica di quel giorno. Non avevo fatto in tempo a studiare. Mi infilai il mio chiodo e silenziosamente mi incamminai fuori di casa stando bene attenta a non svegliare i miei. Una volta fuori inspirai il profumo delle strade e dei prati bagnati dalla rugiada e mi infilai le cuffie. La musica mi inondò l'animo dandomi la forza di andare avanti ancora un poco. Mi sedetti a terra ed aspettai il pullman, chiudendo gli occhi ed immaginando di non essere mai nata.

 

I am a man who walk alone

and when I'm walking a dark road

at night or strolling thruogh the park

 

Ero sola, ma non era sempre stato così. Passeggiavo spesso per il parco in compagnia di mia nonna, l'unica persona al mondo che mi volesse veramente bene ma ora le cose erano cambiate. Lei non c'era più ed io, da allora, avevo sempre camminato da sola, senza nessuna sicurezza al mio fianco.

 

When the light begins to change

I sometimes feel a little strange

a little anxiois when is dark

 

Non avevo mai capito da che cosa derivasse questa mia inquietudine, questo mio essere ansiosa. Nel buio io mi potevo nascondere, forse ero ansiosa perchè nel buio sentivo il mio unico rifugio, il luogo dove potevo sentirmi viva e finalmente me stessa.

 

Fear of the dark, fear of the dark

I have the constant fear that somethnig's

always near

fear of the dark, fear of the dark

I have a phobia that something's

always there

 

Eppure io avevo paura del buio, di quello che nel buio si poteva nascondere. Ma non era una paura razionale, no di certo. Non avevo paura di possibili stupratori o assassini. Avevo paura di me.

 

Have you run your fingers down

the wall

and have you felt your neck skin crawl

when you're searching for the light?

Sometimes when yuo're scared

to take a look

at the corner of the room

you've sensed that somthing's

watching you

 

Avevo paura che quando rimanevo da sola nella mia stanza, in silenzio tutti i miei dubbi, le mie paure strisciassero verso di me con le forme più disparate. Avevo paura anche solo di guardare la mia stanza e stringevo gli occhi per non vedere ciò che era successo durante la giornata passata, per evitare di crollare.

 

Have you ever been alone at night

thuoght tou head footsteps behind

and turned around and no one's there?

And as you quicken up your pace

you find is hard to look again

because yoou're scure there's

someone there

 

Ed ogni volta che mi trovavo sola a camminare per le strade ero terrorizzata che qualcuno potesse aspettarmi per colpirmi come facevano a scuola. Fossero Mark, Kevin od i ricordi. Non sapevo quali temessi di più. Avevo paura, ma non riuscivo a capire se avessi paura di vivere o di ricordare.

 

Watching horror films the night before
Debating witches and folklore's
The unknown troubles on your mind
Maybe your mind is playing tricks
You sense, and suddenly eyes fix
On dancing shadows from behind

 

Vedevo ombre che non esistevano e le mie spalle erano tormentate da fantasmi. Non potevo fare nulla che la mia mente creava immagini che mi terrorizzavano. Fantasmi del mio passato che avrei preferito chiudere in un cassetto e desideravo con tutta me stessa che per una volta, una sola volta, potessi voltarmi e vedere un personaggio di un horror delle sere precedenti che uno dei miei soliti fantasmi.

 

Fear of the dark, fear of the dark
I have constant fear that something's
Always near
Fear of the dark, fear of the dark
I have a phobia that someone's
Always there

 

In realtà l'oscurità, era l'unico posto dove io potessi nascondermi. Quando la notte calava e tutto taceva potevo finalmente cedere, piangere senza aver paura che qualcuno mi sentisse, potevo far cedere gli argini e far uscire il mio dolore senza aver paura di inondare qualcuno. Che poi quel qualcuno non esistesse era una questione secondaria.

 

When I'm walking a dark road
I am a man who walks alone

 

Pensandoci bene, per me, l'oscurità di cui parlava Bruce era il giorno, era durante il giorno che dovevo guardarmi le spalle per evitare di cadere davanti alle persone sbagliate. Era durante il giorno che dovevo guardarmi dalle persone che volevano farmi del male, di chi si mostrava amica ma che in realtà non era altro se non chi mi faceva cadere.

Il pullman si fermò davanti a me ed aprì le porte ed io sospirando salì nascondendo nuovamente il mio dolore dietro una maschera fredda e scostante. La musica mi annegava ed io potevo, per poco tempo almeno, fare finta di essere qualcun altro. Di non essere me. Qualcuno mi urtò il braccio sinistro ed io repressi a stento un gemito, vidi le stelle. Faceva un male cane. Il pullman si fermò e scesi alla mia fermata. Inspirai e mi incamminai verso scuola sperando di non incontrare nessuno durante il tragitto. Ma io non sono mai stata una persona fortunata. La cartella mi venne tirata a terra ed io sentì il polso in fiamme. Chiusi gli occhi e sospirai mentre venivo spinta contro il muro. Sapevo benissimo chi mi aveva fermato eppure ancora una volta mi chiedevo il motivo di tutto questo. Che cosa avevo fatto per meritarmi tutto quello?

«Guarda un po' chi si rivede. Hai ancora il coraggio di farti vedere fuori da quel buco della tua camera?» io non aprì gli occhi e non osai muovermi. Mi presero per il colletto della giacca e mi spinsero ancora contro il muro.

«Che c'è Emo? Non parli?» mi tirò un pugno sullo stomaco e mi lasciò cadere.

«Non è più divertente.» questa era la voce di un'altra persona ed io le conoscevo entrambe. Mi accucciai con la schiena appoggiata al muro. Aprì gli occhi quando fui sicura che e ne fossero andati. Erano poco distanti da me e stavano camminando verso la scuola. Li conoscevo da quando eravamo bambini ma le scuole superiori li avevano cambiati. Erano Marco e Andrea ma i loro nomi sembravano troppo banali per i due bulli della scuola così li avevano cambiati in Mark e Kevin e le due persone che conoscevo di più mi avevano abbandonato. Mi rialzai lentamente e raccolsi la tracolla. Lo stomaco mi faceva male per il colpo e sentivo il sapore del sangue in bocca. Mi re incamminai verso la scuola ed entrai giusto in tempo. La campanella suonò subito dopo che io timbrai l'entrata. Corsi sulle scale ingoiando il dolore e trattenendo le lacrime per raggiungere la classe in tempo, non dovevo arrivare in ritardo per il compito di chimica. Ma non sono mai stata una persona fortunata e avrei dovuto capire fin da subito che avrei dovuto smettere di sperare. Venni fermata sul pianerottolo da quella troia di Mara.

«Ciao Emo. Spero tu abbia fatto i nostri compiti.» Sempre senza parlare poggiai la cartella a terra e presi la cartelletta dove tenevo i compiti di Mara e delle sue amiche. Glieli porsi senza alzare lo sguardo e lei li controllò. Sorrise e mi scompigliò i capelli.

«Brava Emo, sei il mio cagnolino preferito. Oggi nessuno ti toccherà, guarda un po' che fortuna.» io aspettai che se ne andassero e ricominciai a correre per le scale per raggiungere la mia classe. Spalancai la porta e con un sospiro mi resi conto che il professore non era ancora arrivato. Raggiunsi il mio banco in silenzio e presi un foglio a protocollo per prepararmi alla verifica. Le mie compagne mi raggiunsero e si sedettero attorno a me e cominciarono a chiedere informazioni.

«Dove diavolo ti eri cacciata? Senti, sai se nella verifica mette anche la pila di Daniel?»

«Ma le redox che mette secondo te sono quelle che abbiamo fatto in classe?»

«In questo problema che cosa devo fare?»

«Senti stronza rispondimi, la Pila di Daniel come si fa?»

«Quindi mette tutte le pile e se non sbaglio quella di Lawoasier utilizza i cationi e gli atomi attivati?»

«Muoviti Emo, questa Pila di Daniel?» io mi portai le mani alla fronte, non ce la facevo più e la giornata era appena cominciata. E poi questa pila di Daniel io non sapevo nemmeno cosa fosse.

«Non esiste nessuna pila di Lawoasier ed in qualsiasi caso che cosa posso saperne io di cosa mette nella verifica?» mi guardarono con una faccia incazzata e Katia, la prima che aveva chiesto informazioni, mi diede una spinta.

«Abbassa le arie Emo, chi ti credi di essere? Dimmi cosa diavole è quella pila di Daniel!» io abbassai lo sguardo e mi strinsi nelle spalle.

«Non ne ho idea. Non c'ero quando l'avete fatta.» lei mi guardò incazzata nera e mi diede ancora una spinta che quasi mi fece cadere dalla sedia.

«Non dire minchiate.» io alzai lo sguardo e la guardai con rabbia, ma non potevo reagire se volevo evitare i lividi almeno per questa volta.

«Ti ho detto che non lo so» lei battè una mano sul banco e mi piantò un dito sul petto.

«Sei solo una stronza! Tu le cose le sai benissimo ma non me le vuoi dire per fare in modo che io prenda un pessimo voto! Sai cosa sei? Sei solo una fottutissima stronza! Ed io che stavo cercando di aiutarti facendo in modo che non ti picchiassero, giuro che se prendo un'insufficienza ti faccio passare le pene dell'inferno!» se ne andò sculettando ed io non volevo far altro che piangere. Ero nel panico. Non sapevo nulla su questa fantomatica pila di Daniel e continuavo a scervellarmi per cercare di capire che cosa potesse essere. Non mi accorsi dell'arrivo del professore se non quando mi poggiò un foglio sotto il naso. La verifica. Cominciai a guardarla e nel più completo terrore mi accorsi di essere nel panico. Non mi ricordavo più nulla, tabula rasa. Non riuscivo a bilanciare nemmeno una reazione e di quella pila del cavolo non c'era nemmeno l'ombra. Non avevo fatto altro che scrivere e cancellare continuamente lo stesso esercizio nel panico più completo. Il professore se ne accorse e mi si avvicinò.

«Marcella, che succede?» io scossi il capo e mi asciugai con stizza due lacrime. Non qui. Non dovevo crollare qui.

«Non ricordo nulla. Ho il vuoto più totale.» lui mi sorrise incoraggiante.

«Non preoccuparti, può succedere a tutti.» tornò alla cattedra e si sedette per leggere il giornale, dietro di me sentivo la classe ridere. Ridevano di me, come se la cosa fosse nuova. Mi alzai e consegnai il compito in bianco per la prima nella mia vita e chiesi il permesso di andare in bagno. Appena mi fu accordato corsi fuori dall'aula e mi nascosi in bagno. Nel bagno dimenticato da tutto l'istituto, quello all'ultimo piano dove nemmeno i bidelli mettevano più piede. Mi chiusi nel gabinetto in fondo e vomitai l'anima. Non avevo fatto colazione per questo quello che rigettai era principalmente bile e sangue. Scoppiai a piangere ed abbracciai il water, mio unico conforto. Quando sentì il suono della campanella mi alzai e mi risciacquai il volto. Appena alzai lo sguardo sullo specchio sussultai. Con un pennarello indelebile era scritto un insulto nei miei confronti.

Marc-Emo se tu muori il mondo è più sereno.

La prima cosa che pensai stranamente fu che non erano nemmeno in grado di fare una rima, poi mi colpì con una forza immane. Che cosa ci facevo ancora lì? Non avevo più niente da perdere, no? Perchè ero ancora in piedi? Avevo smesso da tempo di lottare, forse volevo cadere a pezzi il più rumorosamente possibile per rendere partecipi gli altri della mia sconfitta? Non lo sapevo. Non sapevo perchè ancora continuavo a camminare. Uscì dal bagno e tornai in classe per poi rannicchiarmi nel mio banco. Banco dove era inciso a lettere cubitali: MARC-EMO, MARCIA E PURE SCEMA.

Sospirai chiudendo gli occhi ed aspettai l'arrivo del professore di letteratura, almeno durante quell'ora mi avrebbero lasciato in pace. Riuscì a rilassarmi e quando la campanella suonò caddi nuovamente nello sconforto. L'intervallo. Manna dal cielo per tutti gli studenti e pura agonia per me. Raccolsi le mie cose e feci per correre nel mio bagno ma venni fermata da Mara e dai suoi due cagnolini, Mark e Kevin.

«Un uccellino mi ha detto che non hai voluto suggerire il compito alle tue compagne, gli accordi erano diversi Marcia.» io abbassai il capo e cercai di passare ma Kevin tese il braccio e mi prese la tracolla. Io tentai di riprenderla ma lui era di molto più alto di me e per questo riuscì tranquillamente a lanciarla a Mark per poi tenermi per le spalle mentre vedevo il suo amico svuotare la mia cartella sotto i miei occhi. I miei quaderni caddero a terra e così le penne ed il diario. Non contento Mark frugò nelle tasche ed in quella più interna trovò il quaderno in cui scrivevo sempre durante le lezioni.

«Oh, guardate un po' cosa abbiamo qui» disse sventolando il mio quaderno nero sotto gli occhi. Mark lo sfogliò svogliatamente ma non lesse nessuna pagina e tirai un sospiro di sollievo. Purtroppo Kevin mi sentì e mi lasciò andare per strappare dalle mani di Mark il quaderno.

«No, ragazzi, quello è mio.» Kevin rise sguaiatamente e aprì la prima pagina del quaderno.

«Come se me ne importasse qualcosa.» io sussultai e cercai di prenderlo ma Kevin mi spinse ed io caddi a terra pestando il polso sinistro. Le lacrime mi riempirono gli occhi e guardai in silenzio Kevin che dava uno sguardo alla mia anima. Scoppiò a ridere.

«Sentite un po' qui. “Non capisco che cosa io abbia fatto di male per meritarmi tutto questo. Non sono abbastanza per nulla, a questo punto mi sorge spontanea la domanda: che cosa ci faccio ancora qui?” ottima domanda Marcia. Che cosa ci fai ancora qui? Sei l'inutilità fatta a persona.» Kevin scoppiò a ridere e lasciò cadere il quaderno che io strinsi subito al petto per poi guardali allontanarsi ridendo. Raccolsi velocemente le mie cose tra le risa del corridoio e mi rifugiai in classe. Sospirai e trattenni lacrime di frustrazione. Perchè tutto questo capitava a me? Che cosa avevo fatto di male? L'ora passò senza altri intoppi ed al suono della campanella riuscì a fuggire dalla scuola sena farmi fermare da nessuno, infilai gli auricolari e feci lenire il mio dolore dalle prepotenti note dei Misfits. Quando ero ormai alla mia fermata aveva cominciato a diluviare ed io sprovvista di ombrello non ci avevo fatto caso. Una volta scesa dal pullman scoppiai. Nessuno avrebbe notato le mie lacrime tra la pioggia. Io non credevo di chiedere troppo. Volevo soltanto un abbraccio e qualcuno che mi stesse realmente vicino. Non avevo nessuno. Non avevo amici ed i miei genitori erano sempre fuori casa per lavoro e con loro non potevo di certo parlare di quello che mi succedeva. Per loro tutto questo era la normalità, nulla poteva scalfire la parvenza di serenità che albergava casa mia da quando era morta la nonna. Mia nonna, l'unica persona che mi era sempre stata vicina, mi era stata portata via a causa di un medico incompetente. Quanto era bello rimanere con lei a parlare fino a tardi, lei mi capiva e mi faceva sentire accettata, al mio posto. Tra le sue braccia avevo trovato il mio posto nel mondo, il mio rifugio sicuro. Quando il tumore l'aveva portata via io mi ero ritrovata sola con un pugno di sabbia stretto tra le dita. Sola, e senza nulla che potesse aiutarmi ad andare avanti. L'unica cosa che mi aveva lasciato era un piccolo ciondolo che custodivo nell'ultimo cassetto della mia scrivania ed una lettera che dopo tre anni non avevo ancora avuto il coraggio di aprire. Ricordavo come era fatta a memoria. Era scritto col suo amato inchiostro verde smeraldo e sul retro c'era scritto nella sua bellissima scrittura: per quando avrai bisogno di me.

 

Entrai in casa e raggiunsi la cucina dove trovai un biglietto da parte dei miei genitori.

Staremo via per un mese, ti abbiamo lasciato i soldi nel solito posto.

Io sospirai e corsi in camera mia. La finestra era spalancata e dava sull'albero del cortile. Chiusi di colpo la finestra e mi sdraiai sul letto. Non volevo far altro che piangere ed andarmene. Si sporsi verso lo stereo e lo accesi le note di Stairway to Heaven dei Led Zeppelin riempì la stanza ed io mi misi ad ascoltarne le parole, rapita.

There's a lady who's sure all that glitters is gold

and she's buying a stairaway to heaven

when sehe gets there she konws, if the store are all closed

with a word she can buy what she came for

ooh, ooh, and she's buying a starway to heaven

 

there's a sign on the wall but she wants to be sure

'cause you know sometimes words have two meanings

in a tree by tje brook, there's songbird who sings

sometimes all of our oughts are misgiven

ooh, it takes me wonder

 

there's feeling I get when I look to the West

and my spirit is crying for leaving

in my toughts I have seen rings of smoke through the trees

and the voices of those who stand looking

ooh, it makes me wonder

ooh, it really makes me wonder

 

and it's wispered that soon if we all call the tune

then the piper will lead us to reason

and a new day will dawn in for those who stand alone

and the forests will echo wih laughter

 

if there's a bustle in your hedgerow, dont' be alarmed now

it's just a pring-clean for the May queen

yes, there are two paths you can go by, but in the long run

there's still time to change the road you're on

and it makes me wonder

 

your head is humming and it won't go, in case you dont' know

the piper's calling you to join him

dear lady, can you hear the wind blow, and did you know

your stairway lies on the whispering wind?

 

And as we wind on down the road

our shadows tailer than our soul

there walks a lady we all know

who shines white light and wants to show

how everithing still turns to gold

and if you listen very hard

the tune will come to you at last

when all are one and one is all

to be a rock and not to roll

 

and she's buying a stairaway to heaven

 

adoravo questa canzone. Non riuscivo a capire il vero significato di questa canzone eppure sentivo, nel profondo, che Robert Plant avesse cercato di dirmi qualcosa. Idea stupida certo, lui non sapeva nemmeno della mia esistenza eppure credevo che in qualche modo lui avesse pensato a me per scrivere questa canzone. Dalla sue parole prendevo la mia idea di questa canzone. Sentivo che, dopotutto, avevo una possibilità nella vita. Avevo ancora la possibilità di cambiare la mia strada, di seguire i miei sogni, ma tutto il mondo poi mi riportava a terra. Sentivo che dovevo costruirmi da me la mia strada verso il paradiso ma non avevo mai creduto che tutto questo potesse essere così difficile. Questa canzone mi placava l'animo facendomi piangere ma dandomi la forza di alzarmi dal letto e continuare a combattere contro la vita per trovare il mio fottuto posto nel mondo. Il posto che sapevo da qualche parte mi sarebbe appartenuto, dove mi sarei sentita a casa. Non chiedevo troppo, solo un luogo dove mi sarei sentita finalmente a casa. Il mio posto era stato strappato dal mondo ed io mi sentivo sola. Sola e senza un luogo dove andare. Avevo bisogno di lei. Perchè me l'avevano portata via? Avevo smesso di credere in qualsiasi Dio quando lei era morta. Se davvero un Dio esisteva perchè mi aveva portato via il mio unico rifugio, l'unica persona che mi abbia mai voluto bene? perchè ero sempre io a dover soffrire? Perchè se dicevano che Lui era qui per noi, per me, Lui non c'era mai stato? Avevo quindi rinunciato a credere in qualsiasi cosa. Noi siamo dei casi, degli accumuli di cellule ed impulsi elettrici e per questo dovevamo da soli trovare la nostra strada nel mondo. Nulla era scritto per noi. Non esisteva nessun destino. Gli unici artefici del nostro futuro eravamo noi, mai io, povera sfigata senza nessuno al mondo come potevo continuare a combattere da sola? Io non avevo niente per cui combattere tranne i miei labili sogni che lentamente stavano svanendo nelle nebbia, sommersi dalla mia disperazione. Non ricordavo più quali erano. Non ricordavo più in che cosa speravo quando ero piccola. Non sapevo più chi ero. Ma non volevo ammetterlo con altri. A mala pena lo avevo ammessa a me stesso. Sapevo che avevo bisogno di aiuto ma non avevo chi avrebbe potuto aiutarmi. Ero sola. E lo sapevo bene. Mi sedetti di scatto sul letto asciugandomi stizzita le lacrime. Misi in ripetizione la canzone e mi accucciai sotto il letto. Spostai un asse e davanti ai miei occhi si rivelò il buco nel pavimento dove nascondevo tutto ciò che mi era più caro. Presi la scatola e mi risedetti sul letto e la aprì. Davanti ai miei occhi si aprì la mia infanzia ed i miei ricordi di una vita felice. Presi la mia prima corda rotta della chitarra classica, me l'aveva regalata mio fratello quando ancora avevamo un buon rapporto. Io gli volevo bene ma lui mi aveva abbandonato. Lui aveva trovato l'amore e mi aveva lasciata da sola dopo aver accettato un lavoro in Inghilterra, erano anni che non lo sentivo. Appoggiai la corda sul letto e presi il plettro nero tutto mangiucchiato sul fondo della scatola. Quello era stato il mio primo plettro della chitarra elettrica che mi ero comprata facendo dei lavoretti in casa. Guadagnandomi la paghetta. Spostai anche quello sul letto e presi le foto che avevo nascosto. Erano le foto della giornata più bella della mia vita. Ero andata a Gardaland con mio fratello e dei suoi amici. Era stata una giornata meravigliosa, poca coda e tanto divertimento. Avevo le foto di tutte le giostre che avevamo fatto ed in quelle foto ero felice. Spostai anche quelle e presi in mano il ciondolo di mia nonna. Era bellissimo, lo avevo sempre adorato. Era un piccolo zaffiro a forma di goccia circondato da un filo d'oro che lo collegava alla catenella in oro. La nonna lo portava sempre e fin da piccola ero rimasta abbagliata da quel bellissimo ciondolo. Lo allacciai al collo e continuai a guardare nella scatola. Presi l'ultima foto e la strinsi tra le mani. Era l'ultima foto che avevo fatto con mia nonna prima che le venisse diagnosticato quel maledetto tumore. Lei era bellissima. Aveva avuto mia madre molto giovane ed io ero nata quando lei aveva solo quarant'anni. Era giovane. Aveva i capelli neri corvini e dei profondi occhi marroni. Nella foto mi stava abbracciando mentre io stingevo la mia bellissima Mustang, la chitarra che mi aveva regalato quel Natale. Stavamo così bene insieme, lei era come me. Come me era una ribelle ed amava ascoltare quello che ascoltavo io. Era l'unica persona che aveva continuato a spronarmi nel suonare la chitarra. Poggiai anche la fotografia e presi la lettera che era nascosta sotto tutto il resto. Le note di Stairway to Heaven mi impedivano di fuggire ed io sapevo che avevo veramente bisogno delle parole di mia nonna. Le mani mi tremavano e lentamente l'aprì. La stesi sulle gambe e poi cominciai a leggere.

Ciao Bimba,

so che è un modo stupido di cominciare una lettera però voglio che questa tu non la veda come la mia lettera di addio, ma come delle parole che tu possa serbare nel tuo cuore e rileggere ogni volta che ne avrai bisogno. Sto morendo Bimba mia, lo sai, lo sappiamo tutti. Questo tumore non mi lascia tregua e mi risulta difficoltoso anche stare a questa scrivania per scriverti queste mie ultime parole. So che dopo che me ne sarò andata passerai dei momenti bui ma lo so, Bimba mia, che tu riuscirai a superare ogni ostacolo che la vita ingiusta ti metterà davanti. So per certo, Bimba mia, che tu riuscirai a raggiungere il tuo sogno.

Ti conosco bene Bimba, so che quando me ne andrò sentirai crollare il mondo addosso. So che penserai di non potercela fare senza di me, ma questo, Bimba mia, non è assolutamente vero. Tu sei forte, la persona più forte che io abbia mai conosciuto. Hai passato l'inferno e ne se uscita vincete sbattendo il tacco contro la fronte del diavolo stesso. Sei forte e bellissima Bimba, devi capirlo. Devi guardare avanti e smettere di sentirti legata dal passato. Il passato è passato, ora devi vivere il tuo presente per costruire il tuo futuro. Certo il passato continuerà a condizionare le tue scelte, ma devi sapere Bimba mia, che anche se smettiamo di guardarci indietro noi siamo parte del passato perchè è lui che ci ha fatto diventare ciò che siamo. Tesoro smettila di guardarti allo specchio e di vederti imperfetta. Tu sei la mia piccola Bimba, con i suoi difetti ed il suo brutto carattere e non potrei mai desiderare nipote migliore. Bimba mia smettila di farti mettere i piedi in testa dalla gente e ribellati. Ma non da sola, chiedi aiuto Bimba, smettila di sentirti inadeguata e inutile, perchè tu sei il più bel regalo che una persona possa ricevere. Perchè? Sono certa che te lo stai chiedendo. Guardati dentro, Bimba mia. Che cosa vedi? Tutto nero? Forse. Ma io vedo altro, vedo un cuore grande che se vuole può donare al mondo tutto l'amore che manca nonostante sia un cuore più volte calpestato e fatto a pezzi. Vedo una grande sincerità, non hai peli sulla lingua e questo a volte può essere pericoloso, è vero, ma è un grande dono. Sei leale, se prendi a cuore qualcuno potresti morire per lui, anche se forse loro non farebbero lo stesso per te, è una lama a doppio taglio ma troverai qualcuno, te lo prometto. Ci sono tante altre cose che potrei dirti, Bimba mia, per cercare di farti capire quello che sei, ma a nulla serviranno queste parole, ti conosco.

Per questo proverò con altre parole: tu sei come un bruco, indeciso, insicuro, indifeso. Tutti hanno paura di lui perchè è diverso. Ma questo bruco crescerà e si formerà addosso un bozzolo, l'armatura che lo protegge durante la sua trasformazione. Come sarà quando uscirà dal suo bozzolo? Sarà una bellissima farfalla dai colori sgargianti che nessuno avrà il coraggio di uccidere o ferire, perchè una bellezza del genere non si può alterare. Mai sai qual'è la cosa strana, Bimba mia, quella farfalla non ha mai visto le sue ali e la sua bellezza. Tu sei quella farfalla, una meraviglia che non sa di essere tale.

Tesoro non sarai mai sola, io sarò sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa succeda io sono accanto a te. Se avrai bisogno di un abbraccio io ci sarò, lo sai Bimba mia. Io sarò sempre con te, non ti abbandonerò mai anche se non sarò più qui, su questa terra, io ti sarò vicina in qualche modo ti starò accanto. Sappi soltanto Bimba mia che io non voglio vederti piangere per la mia morte. Non dovrai piangere. Dovrai essere serena e capire ciò che devi fare anche senza di me. Tu sei una persona unica e particolare, sei intelligente e bellissima. Ogni volta che ti vedo sei come un eclissi. La tua presenza oscura il sole, per questo molte persone ti considerano in modo sbagliato, hanno paura di te, Bimba mia. Come te un'eclissi è unica e particolare, sempre diversa e meravigliosa. Tu sei una piccola eclissi portatile, dove passi tu il sole si oscura ed anche la stella più luminosa si inchina al tuo passaggio, per il tuo spirito puro. Ecco cosa sei, Bimba mia, una meravigliosa eclissi. Quindi smettila di sentirti inferiore, tu sei meglio di chi ti giudica.

Promettilo Bimba mia, promettimi che andrai avanti anche senza di me, promettimi che sarai forte e che andrai avanti nella tua vita. Promettimelo mia piccola Eclissi, promettimi che sarai forte, perchè se lo sarai riuscirai a guardarti intorno per trovare qualcuno che ti accompagni nella tua vita. Te lo prometto piccola Eclissi, non sarai sola per sempre.

Ti voglio tanto bene, Bimba mia, e sono e sarò sempre fiera di te, Marcella.

Con tanto amore, nonna Carla Francesca.”

 

Stavo piangendo. Mi mancava così tanto. Forse lei aveva ragione ma era così difficile credere nelle sue parole. Riposi la lettera nella scatola e tutti i miei ricordi e la chiusi sorridendo. La riposi al solito posto e chiusi l'asse. Le note di Stairway to Heaven riempivano ancora la stanza ed io ero seduta a terra, appoggiata al letto. Stavo ripensando alle parole di mia nonna, ed una domanda albergava nella mia mente: qual'era il mio sogno? Non ne avevo idea. Alzai lo sguardo e vidi la mia chitarra. Mi alzai di scatto e la presi. L'attaccai all'amplificatore e mi sedetti sul letto. Spensi lo stereo e cominciai a strimpellare senza sapere quello che stavo suonando. La melodia mi piaceva eppure non l'avevo mai sentita. Presi un foglio e la segnai per poi poggiare la chitarra ed andare a cambiarmi. Era tardi e come al solito non avevo mangiato. Il polso non mi aveva fatto male e ringraziai il cielo. Significava che non era rotto. Andai a letto e mi rannicchiai tra le coperte. Speravo che almeno quella notte gli incubi mi lasciassero in pace. Ma non fu così.

 

Correvo per un corridoio illuminato a giorno. Non vedevo nulla, nemmeno la mia ombra. Arrivai in una stanza ed al centro di essa c'era un uomo senza volto. Indietreggiai per scappare ma la porta era stata chiusa alle mie spalle. L'uomo senza volto cominciò a ridere ed io caddi a terra terrorizzata tenendo le mani sulle orecchi. Basta! Non volevo sentire la sua voce. Non volevo sentirla ancora una volta. Lui tese la mano verso di me ed io cominciai a urlare. Non volevo farmi prendere da lui! Non volevo le sue mani addosso, basta. Non le volevo più! Una musica riempì la stanza ed io smisi di urlare. Era una musica mai sentita ma l'uomo sembrava conoscerla perchè si tappava le orecchie. Era una voce nasale e bellissima, contornate da delle splendide chitarre e con il tempo ritmato da una batteria perfetta e da un basso meraviglioso. Non riuscivo ancora a distinguerne le parole ma lentamente diventavano sempre più forti. E l'uomo senza volto lentamente svaniva. Ascoltai le parole della canzone e lentamente cominciai a svegliarmi:

sometimes when we're young

and always on the run

it gets so dark and

I know that place yeah

so don't be too concemed

you've got a lo to learn

well so do I land we've got plenty time yeah

don't fall off the track yet

with so many races to go

hold on

 

Mi alzai di scatto dal letto e mi sedetti per ascoltare meglio quella canzone. Che cosa mi stava dicendo? Comparavano la vita ad una corsa e questa corsa a volte portava a posti oscuri. Che stesse riferendosi a me? Ma come era possibile? Non sapevo di chi fosse questa canzone ma volevo scoprirlo, forse avevano ragione, ho così poco tempo per imparare tutto quello che devo ho tante altre cose da scoprire. Mi dicevano di non mollare, di non lasciare la mia strada, di resistere.

 

this ride that takes me thruogh life

leads me into darkness

but emerges into light

no one can ever slow me down

I'll stay unbound

 

Forse alla fine di tutto questo buio, di tutto questo dolore sarei rinata più forte di prima, nella luce, ma come poter credere ad una cosa del genere. Era facile da dire, era facile dire che nessuno mi avrebbe mai abbattuto. Molte volte me lo ero ripetuto ma non riuscivo, non riuscivo a seguire le mie idea, ad oppormi a tutto quello che mi stava succedendo. Eppure avrei tanto desiderato essere libera. Dopotutto me lo meritavo anche io.

 

some live so wrong, with what

we do is each his pwn

but living in fear, endless shame

for contless years

I never lived in fear

I knew I'd die another

I never viwed my life as something

slipping away

 

Non era vero quindi? Le persone non agiscono solo per i loro interessi? Allora sto sbagliando io? Eppure a me sembra di essere stata circondata soltanto da persone egoiste? Io vivo nel terrore sono quindi una vergogna? In molti lo credono, devo crederlo anche io? Che cosa mi state dicendo? Forse devo smettere di avere paura. Forse devo smettere di desiderare di andarmene. Questa è la mia vita. La devo rendere sempre più mia, devo seguire la mia strada. Non devo avere paura. La mia vita è qui, non devo farla sfuggire tra le dita come un pugno di sabbia.

 

there's nothing here

to take for granted

with each breath taht we take

the hands of time

strip youth from our bodies

and we fade

memories remain,

as time goes on

 

we fade away

 

Nulla deve essere dato per scontato. Avevo già sbagliato una volta, non lo avrei fatto una seconda. Avevo dato per scontato mia nonna troppe volte ed ora ero sola. Non avrei più fatto lo stesso errore. Non devo perdere il tempo che mi è rimasto. La vita è una sola e va vissuta, ora lo so. Ogni respiro fatto è ormai perso, ogni secondo passato non tornerà indietro. Lentamente svaniamo, ma non devo svanire quando sono ancora viva. Io sono qui e devo farlo sapere al mondo. Lascerò un ricordo dopo che avrò finito di calcare questa terra. Sarà grande o piccolo non importa. Importa soltanto che io lo lasci a qualcuno, come la nonna lo ha lasciato a me.

Mi alzai di colpo dal letto, tanto ormai non avevo più sonno e accesi il computer. Cercai il testo della canzone e scoprì a chi apparteneva. Avenged Sevenfold. Passai la notte ad ascoltare le loro canzoni, a guardare i loro video su you tube. Piansi mentre cominciavo a conoscere The Rev, sapendo che non avrei mai potuto incontrarlo, incontrare il poeta che mi stava salvando la vita. La mattina dopo non andai a scuola e continuai a cercare informazioni su di loro, scoprendo tutto quello che potevo sapere sul lor conto. Ora di sera conoscevo a memoria ogni loro singola canzone. In piccole parti ogni canzone mi stava salvando la vita, mi stavano insegnando a vivere. Molte persone possono considerarla una cosa stupida ma grazia alle loro canzoni, ai loro video, alla loro vitalità io stavo ricominciando a sorridere e vivere. Dopo due giorni ininterrotti al computer ormai conoscevo tutto di loro e, sorridendo dopo anni, presi un pennarello e cominciai a scrivere sul muro.

Le pareti nere vennero sporcate di bianco ed ogni volta che mi giravo vedevo una frase che mi risollevava l'animo. Sorridendo cominciai a rileggerle tutte.

You've turned away from me, the future's much too far away to see.

Era vero, dopo che la nonna se ne era andata il futuro era sembrato sempre più lontano, ma ora non era più così.

Raise your head and taste the courage.

Era quello che dovevo fare ora. Alzare la testa e tirare fuori il mio coraggio. Dovevo tirare fuori le unghie e combattere.

Learned from years gone by, no one will care what happenes to me.

Ho passato anni sola, consapevole che a nessuno importasse di me. Ma le cose stavano per cambiare. Lo sapevo bene.

And in the end you're all dead to me.

Per questo tutte le persone che mi avevano voltate le spalle erano come morte per me. Non avevo più motivo di rivolgere loro la parola.

Nothing can take away the time and the memories we had.

Tuttavia il tempo non sarebbe tornato in tempo. Il tempo trascorso non poteva essere riavvolto. Il tempo, come le memorie, nessuno avrebbe mai potuto strapparmelo.

Seize the day or die regretting the time you've lost.

Avrei dovuto cogliere l'attimo. Non volevo rimpiangere il tempo che per paura avrei perso.

Silence, you lost me, non chance for one more day.

Chi mi aveva voltato le spalle avrebbe dovuto stare in silenzio, non avrebbe mai più avuto occasioni per riportarmi indietro.

Lend me your courage to stand up and fight.

Non sarei riuscita ad andare avanti solo con il mio coraggio, quella era una preghiera, stammi vicina e prestami il tuo coraggio così sarò in grado di alzarmi e combattere per i miei sogni. Lo hai sempre fatto, nonna, e sentivo che ciò che mi hai dato in tutti questi anni poteva aiutarmi ad andare avanti.

'Cause we all need a reason, a reason just to stay.

Tutti hanno bisogno di un motivo per rimanere ed io avevo finalmente trovato il mio. Volevo renderti fiera di me, volevo raggiungere i miei sogni. Te lo promisi, ed ero intenzionata a mantenere la mia parola.

Mi voltai verso l'ultimo muro rimasto e riaccesi il dekstop del computer. Sullo schermo l'ultima canzone scritta da The Rev, Fiction. La mia canzone preferita, quella che mi faceva scendere le lacrime solo ad ascoltarla. Non lo consideravo solo l'ultima canzone di un genio, ma anche le parole di addio che chi mi aveva lasciato avrebbe potuto pronunciare prima di andarsene. Stappai il pennarello e comincia a scrivere.

Now I think I understand

How this world can overcome a man

Like a friend we saw it through

In the end I gave my life for you

 

gave you all I had to give

Fuond a place for me to rest my head

While I may be hard to find

Heard there's peace just on the other side

 

Not that I could

Or that I Would

Let it burn

Under my skin

Let it burn

 

left this life to set me free

took a piece of you insiede of me

all this hurt can finally fade

promise me you'll never feel afraid

 

Not that I could

or that I would

Let it burn

Under my skin

Let it burn

 

I hope it's worth it

Here on the higway, yeah

I know you'll find your own way

when I'm not with you

So tell everybody

the ones how walk beside me, yeah

I hope you'll find yur own way

When I'm not with you tonight

 

I hope it'worth it

what's left behind me, yeah

I know you'll find your own way

when I'm not with you

So tell everybody

the ones how walk beside me, yeah

I know you'll find yur own way

When I'm not with you tonight

 

Mi sedetti a terra e mi addormentai. Finalmente dopo anni la mia notte non fu tormentata dagli incubi. Per la prima volta il mio sonno fu ristoratore e sognai di camminare sulla mia strada accompagnata da cinque geni e un angelo.

 

La mattina dopo mi svegliai serena, anche se un poco indolenzita. Non avevo fame anche se non mangiavo da un paio di giorni. Sospirai e mi sdraiai per terra fissando il testo di Fiction. Amavo quella canzone. Passai una mano sul volto ed una voce mi fece sobbalzare.

«Dovresti mangiare qualcosa, sei veramente troppo magra.» conoscevo quella voce ma era impossibile che lui fosse qui. Mi alzai di scatto e mi voltai verso la voce. Spalancai gli occhi e scossi il capo.

«È un sogno. Non può essere vero.» lui rise e la sua risata riempì l'aria.

«Non posso fare visita ad una mia fan?» io scossi il capo.

«Non sto dicendo questo, anche se mi domando come tu possa sapere di me. Ma tu sei morto, Jimmy.» lui sgranò gli occhi e si posò una mano sulla bocca e poi scoppiò a ridere.

«No guarda, non lo sapevo. Ti domandi come posso essere qui perchè sono morto ma non perchè parlo italiano?» io risi, e scossi il capo.

«Sai è strano parlare con il batterista morto della band che ti ha risollevato dal fondo.» lui rise sguaiatamente. Era una persona con la risata facile.

«Effettivamente.» calò il sienzio. Poi parlai.

«Che cosa ci fai qui?» lui alzò le spalle.

«Mi andava di fare un giro.» io alzai un sopracciglio e lui sospirò sempre sorridendo. «A casa nessuno mi vede e mi sono fatto un giretto per il mondo a verificare quale dei miei amatissimi dethbat mi può vedere.» io sorrisi.

«Molto probabilmente sto delirando.» lui annuì, e mi indicò.

«Possibile, sei magrissima. Da quanto non mangi?» io abbassai lo sguardo e giocai con le mani. Lui scosse il capo e mi fece alzare.

«Forza, in cucina, donna.» io risi e mi feci accompagnare al piano di sotto.

«Cucina.» io incrociai le braccia e lo guardai.

«Scordatelo.» lui si avvicinò e si abbassò al mio 1.60 di bassezza.

«Ti ritiro ogni singolo disco nella tua camera, e ti blocco ogni minimo accesso ad internet per ascoltare la musica. Come la mettiamo?» io spalancai la bocca offesa e sbuffai. Presi qualcosa dal frigo e preparai della pasta per due. Quando mi voltai guardai Jimmy e mi diedi dell'idiota. Come poteva mangiare un fantasma? I suoi occhi si illuminarono.

«Cibo anche per me! Che bello!» mi rubò i piatti e cominciò a mangiare. Io mi strofinai gli occhi e poi scossi il capo. Stavo impazzendo. Mangiammo parlando come vecchi amici e presto Jimmy guardò l'orologio. Erano oramai le18:00. Lui si alzò in piedi e mi scompigliò i capelli.

«Devo andare dai ragazzi. Da loro sono le 10 del mattino.» io annuì e lo abbracciai.

«Sono stata felice di conoscerti.» lui annuì e mi baciò la testa per poi svanire. Eravamo in camera mia e la posizione era la stessa di prima. Chiusi gli occhi e mi addormentai.

Il cellulare squillava ed io mi avvicinai alla borsa per prenderlo. Sul display leggevo il nome di Katia. Risposi e le sue urla isteriche mi spaccarono i timpani.

«Dove sei stata? Dovevi portarmi il mio compito di italiano ed ho preso una nota per colpa tua.» io sbuffai e mi alzai dal pavimento.

«Veramente è stata tutta colpa tua. Io non ci sarò per il prossimo mese, ti conviene cominciare a studiare.» lei rimase un attimo in silenzio.

«Perchè te ne stai a casa?» io alzai le spalle.

«Non voglio avere più nulla a che fare con te e con tutti gli altri. Mi presenterò tra un mese alla maturità.» lei cominciò ad urlare ed io le appesi il telefono in faccia. Avevo altro da fare. Scesi in cucina ed aprii il frigo per prendere il latte e berne un sorso. Non lo facevo da anni, ma dopo il sogno con Jim mi era tornata la fame. Misi il bicchiere del latte nel lavandino e vidi due piatti sporchi sommersi dall'acqua. Io sbiancai. Non era stato un sogno. Jimmy era venuto da me. Sorrise e risalii le scale. Presi i libri e cominciai a studiare. Volevo uscire con il massimo dei voti. Ed ero sicura che ce l'avrei fatta.

 

Dopo diverse ore un mano mi venne poggiata sulla spalla ed io sobbalzai. Mi voltai di scatto e mi rilassai. Jimmy era dietro di me e sorrideva.

«Credevi forse che non sarei più tornato? Cucini troppo bene.» io scoppiai a ridere e scossi il capo.

«Vieni da me solo per il cibo.» lui mi abbracciò ed io sorrisi sulla sua spalla.

«Yes baby. Ed ora mi fai qualche altra delizia italiana? Ti prego, ti prego, ti prego.» io scoppiai a ridere correndo verso la cucina.

 

Il mese passò in fretta ed io studiavo tutto il giorno nonostante Jimmy tentasse di distrarmi. Mi presentasi a scuola per l'esame e nessuno osò toccarmi. Forse era perchè Jimmy mi aveva accompagnato ma non credo. Nessuno poteva vederlo ma ero ancora più certa della sua presenza da quando Mark si era fatto un bel volo dopo la spinta di Jimmy. Io risi soltanto una volta arrivata a casa dopo aver fatto il tema di italiano. Non ebbi problemi nemmeno per la seconda e la terza prova e l'esame orale passò senza problemi. Non feci grandi errori ma sapevo bene che non avrei ottenuto il massimo dei voti. Jimmy mi prendeva sempre in giro ed io lo rincorrevo con il mattarello in mano quando mi rubava il cibo mentre lo cucinavo. Quando uscirono i risultati la mia felicità raggiunsi i limiti storici. Non ero uscita con il massimo dei voti ma avevo ottenuto un punteggio migliore di chi mi aveva seviziato per tutte le superiori. Con il passare del tempo avevo ricominciato a suonare la chitarra ed a seguire la mia vera passione, il disegno. Jimmy era sempre più sorpreso delle mie doti di disegnatrice e spesso mi chiedeva perchè non aprissi uno studio di tatuaggi. Io alzavo sempre le spalle e gli sorridevo dicendo che non era importante. Ma lui ormai mi conosceva.

 

Quella mattina il postino aveva suonato prima del solito ed io ero corsa in giardino per recuperare la posta. Era una lettera dei miei genitori che mi mandavano le foto della loro nuova casa in Australia. Avevano deciso di rimanere lì grazie al lavoro di papà e ci tenevano a dirmi un paio di cose scritte nel foglio più interno. Ringraziai il postino e tornai in casa. Mi sedetti in cucina e Jimmy mi raggiunse.

«Che è quella lettera?» io sospirai.

«Una lettera dei miei genitori. Hanno deciso di rimanere in Australia.» Jimmy annuì.

«Leggila.» Io presi la lettera con mani tremanti e la svolsi. La carta era vergata con l'elegante scrittura di mia madre e Jimmy mi pose una mano sul braccio vedendomi indecisa nel leggerla. Sospirai e cominciai a leggere.

Cara Marcella,

so che non ti aspettavi questo da noi, ma è quello che abbiamo deciso di fare per il tuo bene. Da quando mia madre è morta il mondo ti è crollato addosso e noi ce ne siamo accorti. Credevamo tu avessi bisogno di capire quello che volevi per questo non ti facevamo domande. Perdonaci. Non abbiamo capito che in verità volevi soltanto un abbraccio. Per questo abbiamo deciso di trasferirci in Australia, per darti la possibilità di scegliere da sola della tua vita. Scegliere di seguire i tuoi sogni. L'Australia non è il posto per te. Ci sono troppi ragni, non sopravviveresti un giorno con la tua fobia. Per questo ti spiego perchè non ti abbiamo proposto di raggiungerci. Non volevamo che tu dovessi scegliere tra noi ed i tuoi sogni perchè sapevamo che ti saresti sempre sentita in colpa per una scelta o per l'altra. Per questo ti abbiamo lasciato la casa ed i soldi nella cassaforte. Sono tanti e saranno abbastanza per farti seguire i tuoi sogni. Fallo Marcella e ti assicuro che sarai felice e che noi saremo sempre fieri di te. Per sempre. Qualsiasi sia la tua scelta. Segui i tuoi sogni e diventa grande, fai quello che io non ho avuto il coraggio di fare. Segui i tuoi sogni.

So che non siamo stati dei genitori modello, lo sappiamo bene, ma una cosa vogliamo dirti. Ti vogliamo bene. Te ne abbiamo sempre voluto ma forse non siamo stati in grado di dimostrarlo. Perdonaci per questo. Sei la nostra piccola Eclissi, come ti chiamava spesso mia madre quando parlava con noi. La nostra piccola Eclissi, unica e bellissima. Segui i tuoi sogni e sii felice, figlia mia. Il tuo sorriso è così radioso, non farlo spegnere.

Ti vorremo sempre bene,

con Amore,

Mamma e Papà”

 

Stavo piangendo. Mi sarebbero mancati ma avrei seguito i miei sogni. Avrei trovato il modo. Jimmy mi abbracciò e mi cullò lentamente facendo smettere i miei singhiozzi. Poi mi sorrise ed asciugò le mie lacrime.

«Finalmente so il tuo vero nome, nana.» io sorrisi e mi strinsi al suo petto. Lui mi baciò la testa e mi cullò ancora.

«Non capisco perchè non lo usi.» io alzai le spalle.

«Non mi è mai piaciuto. I suoi diminutivi sono bruttissimi.» lui alzò un sopracciglio e scosse il capo.

«Come ti chiamano i tuoi?»

«Marcy» lui aggrottò le sopracciglia.

«Effettivamente non è bellissimo. Eclissi invece mi piace. Anche se in inglese suona meglio. Eclipse.» io sciolsi l'abbraccio e lo guardai stranita.

«Che cosa stai farneticando?» lui fece una faccia assurda. Sembrava che io lo avessi beccato a fare qualcosa che non doveva.

«Chi? Io? Assolutamente nulla» io alzai un sopracciglio e scossi le spalle.

«Se lo dici tu.»

 

Erano passati mesi ed io non avevo ancora avuto il coraggio, dopo corsi su corsi di tatuatore, di aprire un negozio tutto mio. Ero seduta su divano a mangiare gelato quando apparve Jimmy. Aveva una faccia diabolica, di chi sta organizzando di stravolgerti la vita. Il campanello suonò ed il suo sorriso si allargò. Lo guardai sorpresa e poggiai il gelato che venne subito rubato da lui. Andai alla porta e fui sorpresa di vedere il postino. Era passato anche quella mattina. Lui sorrise.

«Raccomandata.» io firmai la ricevuta e presi il pacco postale. Entrai in casa e lo poggiai sul tavolo. Aveva il timbro estero. Veniva dalla California. Girai la busta ed il mio nome mi sorprese:

Marcella “Eclipse” Mauri

Lanciai un'occhiataccia a Jimmy. Sentivo che ci fosse il suo zampino. Aprii la busta e spalancai la bocca. Era una lettera spedita da un negozio di tatuaggi in California. Lessi la lettera tremando.

Gentilissima Marcella,

siamo lieti di informarla che la sua richiesta di lavoro è stata accettata. I suoi disegni sono eccellenti e saremo felici di avere una tatuatrice giovane e del suo talento al lavoro con noi. Sappiamo che ci vorrà del tempo prima che lei possa raggiungerci in California ma siamo certi che ci raggiungerà il prima possibile.

In fede

Markus Stevens”

 

Ero meravigliata. Una lavoro da tatuatrice in California. Un sogno che si avverava. Grazie a Jimmy.

«James Owen Sullivan!» lui apparve sulla porta.

«Chiamato?» io sorrisi.

«Non fare Learch della famiglia Addams.» lui rise e si avvicinò a me.

«Dimmi nana.» io gli lanciai il mattarello in testa, tanto non si sarebbe fatto male, e lui sorrise.

«Prego nana, sono felice che ti sia piaciuto il mio regalo per i tuoi 19 anni» io spalancai la bocca.

«Tu come fai a saperlo?» lui rise e prese la lettera dei miei genitori arrivata il giorno prima.

«So leggere nana.» io scossi ancora la testa e gli saltai al collo abbracciandolo.

«Grazie, grazie, grazie, grazie.» lui sorrise e mi lanciò sul divano cominciando a farmi il solletico.

«Devo prenotare l'aereo!» lui scosse il capo.

«Devi preparare le valige. Hai l'aereo domani sera.» io spalancai la bocca e corsi nella mia camera per preparare i miei vestiti.

La sera seguente ero sull'aereo che mi avrebbe portato verso il mio futuro.

 

Quando atterrai ero tremendamente agitata. Come avrei fatto a trovare una casa ancora non lo sapevo ma Jimmy mi stava trascinando per le strade della California fino a raggiungere Huntington Beach. Mi fece fermare davanti ad un negozio di tatuaggi e mi spinse verso la porta sorridendo.

«Forza nana, entra.» io feci un profondo respiro e spinsi la porta. Fortunatamente io e Jimmy avevamo deciso di parlare in inglese tra di noi. Ero convinta che lui avesse organizzato tutto. Un uomo mi venne incontro sorridendo.

«Ciao, benvenuta al Dragon's Tattoo, che cosa desidera?» io feci un profondo respiro.

«Sono Marcella Mauri. Sono qui per lavorare come tatuatrice.» il suo sguardo si illuminò.

«Sei quella nuova. Hai un nome veramente strano.» io alzai le spalle.

«è un nome italiano. Volevo parlare con il signor Stevens.» lui annuì e mi indicò una porta chiusa.

«Deve essere nel suo studio, prova a bussare.» Jimmy apparve al mio fianco e mi sorrise facendomi cenno di entrare. Bussai alla porta e la voce forte di un uomo mi rispose.

«Avanti!» aprii la porta e feci un passo all'interno.

«Salve.» lui aggrottò la fronte.

«Lei chi è?» io sbiancai. Jimmy mi sorrise.

«Usa il soprannome.» io feci un profondo respiro e risposi.

«Sono Eclipse Mauri.» lo sguardo dell'uomo si illuminò mentre si alzava e mi stringeva la mano.

«Markus, ma ti prego chiamami Mark. Vieni ti accompagno al tuo appartamento, sia mai che tu alloggi in albergo.» io sorrisi sorpresa e lo seguii. Presi le mie valige ed uscimmo dal negozio per poi entrare nell'edificio di fronte. Prendemmo l'ascensore e Mark si fermò davanti alla porta del mio nuovo appartamento. Mi porse le chiavi ed io le presi.

«Benvenuta in California, Eclipse.» io sorrisi ed entrai essendomi messa d'accordo per l'orario del giorno seguente. Jimmy stava saltando sul letto ed io scoppiai a ridere vedendolo.

«Hai visto quanto è bella la California?» io scoppiai a ridere ancora e scossi il capo. Lui corse giù dal letto e mi abbracciò stretta. Ringraziai il cielo che lui fosse un fantasma altrimenti con la sua grazia di un elefante mi avrebbe demolito l'appartamento.

«Benvenuta nella tua nuova vita, nana.» io sorrisi. Non ero mai stata così felice.

 

Mesi dopo avevo già un discreto successo come tatuatrice. Molti chiedevano di me e spesso passavo le nottate a disegnare nuovi tatuaggi per i miei clienti abituali oppure quello che una canzone mi ispirava. Jimmy era sempre nei dintorni e spesso passavamo le giornate insieme come quando eravamo in Italia. Stavo disegnando quando Jimmy apparì nel centro della sala saltando.

«Mi sento potente! Si signori! È questo quello che può fare The Reverend Tolomew Plague!» io scoppiai a ridere e lo raggiunsi.

«Jimmy, che cosa hai fatto di così spettacolare?» lui continuando a saltare mi porse il biglietto di un concerto.

«Sono riuscito a comprarlo su internet. Dimmi che sono bravo, dimmi che sono bravo!» io guardai il biglietto e cominciai a saltare con lui. Era un biglietto per il concerto degli Avenged Sevenfold e come se non bastasse avevo il permesso per andare nel backstage. Ero felicissima. Abbracciai Jimmy di slancio e saltammo insieme.

«Sei stato grande Jimmy! Ti adoro!» lui fece una riverenza e scoppiammo a ridere insieme. Sarei andata al concerto dei Sevenfold. Sarei andata al concerto di chi mi aveva risollevato dal baratro. Quando smettemmo di ridere guardai il giorno del concerto e mi alzai in piedi di scatto.

«Ma è domani!!» Jimmy annuì.

«Sono un ottimo attore. È al campo da football della Huntington Beach Hig School. È a dieci minuti da qui.» io corsi in camera e lui mi seguì stupito.

«Tu non capisci! Devo andare a fare la fila, devo essere sotto le transenne domani sera!!» in meno di dieci minuti ero pronta e corsi giù dalle scale per raggiungere Mark al negozio. Lui mi sorrise.

«Domani non ci sarò Mark. Vado al concerto dei Sevenfold!» lui scoppiò a ridere e mi fece un cenno d'assenso mentre mi vedeva correre via. Jimmy correva accanto a me e ridevamo come due idioti. Ero felice. Quando arrivai ai cancelli della scuola vi erano solo poche persone. Fortunatamente era piena estate così potei rimanere seduta a terra a guardare le stelle mentre sentivo Jimmy raccontarmi di quanto fossero grandi i ragazzi e di quanto fosse felice che io li potessi conoscere. La mattina seguente la folla era aumentata e quando mi videro disegnare alcune cose sulle mie braccia in molti mi chiesero di fare della body art disegnando alcuni album dei Sevenfold sui loro petti. Un ragazzo volle persino un deathbat sulla schiena con le ali sulle braccia per farlo volare mentre si muoveva. Erano tutte delle ottime persone e mi divertii davvero molto. Presto vennero aperti i cancelli e dopo che il mio biglietto venne controllato cominciai a correre come un'ossessa verso le transenne che vedevo in fondo al campo. Sembrava che volassi. Raggiunsi le transenne in un attimo ed aspettai con trepidazione che facessero il loro ingresso. Erano ormai le nove di sera quando le luci vennero accese ed i Sevenfold fecero l'ingresso sul palco tra le nostre urla. Jimmy al mio fianco lanciava insulti ai suoi migliori amici che ogni tanto si guardavano intorno sorpresi. Jimmy era un diavolo, si divertiva a far loro “fischiare le orecchie”. Matt si avvicinò al microfono e la fola urlò.

«Hi Huntington Beach, noi siamo gli Avenged Sevenfold e questo sarà il momento più bello della vostra fottutissima vita!» la musica cominciò ed io venni presa nuovamente dalle note e dalle parole delle loro canzoni che come avevano fatto la prima volta continuavano a salvarmi. Era passata più della metà del concerto quando un ragazzo che avevo dipinto scavalcò le transenne e venne ributtato indietro dai bodygrad, ma Matt aveva visto il disegno di City of evil sul petto del ragazzo. Dopo la canzone Matt sorrise alla folla cercò altri ragazzi con gli album dipinti sul corpo. Mi stavano circondando, dato che avevamo legato nell'aspettare il concerto.

«Vedo che molti di voi qui davanti hanno i nostri album dipinti sul petto. Ottima body art, chi l'ha fatto? Sono curioso.» i ragazzi intorno a me cominciarono ad urlare il mio nome e Matt fece cenno di stare zitti.

«Non capisco nulla se urlate diversamente. Tutti insieme!»

«Eclipse!» quello che era ormai diventato il mio nome riempì il campo e Matt sorrise.

«Vieni su!» Jimmy mi spinse e un bodyguard mi aiutò a scavalcare le transenne e mi fece salire sul palco. Matt sorrise.

«Brava e pure figa» la folla rise ed io arrossii. «Come ti chiami?»

«Eclipse.» lui aggrottò la fronte.

«Che nome è?» io sorrisi.

«Perchè? Shadow che nome é?» tutti scoppiarono a ridere ed Arin fece il tipico rullo dopo una battuta. Zacky Vee rise sguaiatamente e Syn si avvicinò al microfono.

«La ragazza non ha torto.» il pubblico rise e Jimmy apparve di fianco a me.

«Sai cantare Eclipse?» io annuii.

«Bene, allora facciamo Buried alive!» io annuii e dopo che la musica cominciò iniziammo a cantare.

 

Dopo il concerto io stavo vagando per il backstage cercando la stanza dove i Sevenfold accoglievano i fan. Jimmy era forse più eccitato di me.

«No, nana. Non puoi capire, hai cantato da dio! Non sapevo avessi una voce del genere, sei una disgraziata nana, potevi dirmelo.» mentre parlavamo eravamo arrivati davanti alla porta dei Sevenfold e lentamente bussai. La porta venne aperta da Arin che sorrise e si fece da parte.

«Quindi la nostra Eclipse aveva anche il pass per il backstage!» io arrossii ed entrai spinta da Jimmy. Era triste sapere che li dentro solo io ero in grado di vederlo. Zacky mi sorrise e mi indicò una birra

«Serviti pure.» Io ringraziai e presi un birra bevendone un sorso. Brian annuì.

«Siediti, mica ti mangiamo.» io arrossii ancora e mi sedetti di scatto.

«Dicci, che cosa fai per vivere?» io sorrisi e presi un profondo respiro. Jimmy mi fece cenno di stare tranquilla e mi tranquillizzai, che diavolo avevo cantato davanti ad una sacco di gente, perchè avrei dovuto aver paura di parlare con loro.

«Sono una tatuatrice al Dragon's Tattoo.» loro scoppiarono a ridere e mi squadrarono.

«Sei seria? Avrai a mala pena 19 anni e già tatui?» io annuii.

«L'età non vuol dire nulla. Se sono brava, lo sono e basta.» Brian annuì.

«Ho fatto anche io il tatuatore per un certo periodo di tempo. Si deve essere bravi per iniziare così presto.» mi sorrise e mi indicò il tatuaggio sul polso sinistro. Mi ero tatuata due parole intrecciate come un bracciale: foREVer free.

«Bel tatuaggio, l'hai fatto tu?» io annuii.

«é stato uno dei primi.» lui annuì e Arin mi porse un'altra birra.

«Eddai ragazzi cos'è? Un interrogatorio?» Jhonny annuì.

«Dobbiamo scegliere bene i nostri tatuatori di fiducia, lei è un'ottima candidata.» il mio cuore fece una capriola come il mio stomaco. Tatuatrice ufficiale dei Sevenfold, sarebbe stato bellissimo.

«Cala Jhonny, prima dobbiamo trovare un illustratore. Il nostro ci ha silurato.» Jimmy cominciò a saltare alle mie spalle.

«Digli che disegni, digli che disegni.» io sorrisi.

«Se volete io ho fatto dei corsi di illustrazione. A tempo perso faccio dei lavori come insegne e cose del genere.» Arin sorrise.

«Disegna qualcosa. Qui c'è una penna e qui un foglio.» mi alzai e presi ciò che Arin mi porgeva. Mi sedetti al tavolo e cominciai a disegnare. I ragazzi ridevano ed ogni tanto venivano a disturbarmi mentre lavoravo. Brian aveva ricevuto in testa quattro penne ed una scarpa, mentre avevo dovuto inseguire Zacky con l'altra per farmi ridare la scarpa incriminata. Dopo una ventina di minuti ero finalmente riuscita a finire. Sul foglio c'era la vecchia formazione degli Avenged Sevenfold con Jimmy alla batteria ed un Arin bambino che con una batteria giocattolo imparava a suonare. I Sevenfold erano sorpresi ed io sorrisi.

«Così ci siete tutti.» mi abbracciarono di slancio ed io venni sommersa da cinque paia di braccia che mi stritolarono felici. Matt sorrise agli altri che annuirono. Si avvicinarono a me e mi sollevarono in aria come se avessi segnato il punto per vincere la partita. Quando mi riabbassarono ero molto sorpresa. Brian mi sorrise mi scompigliò i capelli mentre tutti gli altri, compreso Jimmy sorrisero.

«Welcome to the family» io sorrisi. Finalmente ero a casa.

n.d.a.
So che forse questa storia non piacerà a tutti. Forse può non avere ne capo ne coda ma sentivo di doverla scrivere. Mi ronzava in testa da troppo tempo. Troppo persone dicono di essere state salvate dalla musica, da una canzone. In questa One Shot  ho semplicemente voluto descrivere una di quelle persone. Una sempice ragazza, potrebbe essere chiunque, che con la musica riesce a lenire il dolore e riuscire ad andare avanti, almeno per un poco ancora. Ho voluto dare a Marcella un lieto fine, dopotutto se lo meritava. Non ho specificato che cosa ha subito nel suo passato, ho preferito lascaire quell'uomo senza volto, come simbolo delle sue paure più grandi, dei suoi incubi. Sta a voi immaginare i suoi lineamenti e le sue fattezze, potrebbe essere chiunque, potrebbe essere qualasiasi cosa. Forse ho messo qui dentro anche qualcosa di mio, ma questo non è un problema, chiunque subisce perdite di persone importanti. Bisogna soltanto rialzarsi e provare ad andare avanti. Non nego che sia faticoso, ma è quello che i nostri Cari vorrebbero per noi, anche se non lo danno a vedere. è qui che entrano in gioco i sogni ed i desideri. Senza quelli che cos'è l'Uomo? Marcella lo ha capito. I sogni sono tutto quello che rimane in questo mondo vuoto. A noi resta il compito di accudirli e farli crescere, intrecciati al ricordo di chi ci ha lasciato. 
Forse il tratato filosofico qui in fondo potevo anche risparmiarmelo, ma sentivo la necessità di spiegarvi il perchè di questa storia. Spero che vi sia piaciuta in qualsiasi caso. Fatei sapere quello che ne pensate, siano pensieri positivi o negativi, possono soltanto migliorare il mio metodo di scrittura e sono sempre gradite anche le critiche. 
A questo punto vi saluto, ci si vede al prossimo delirio.
Darkness Raven

 

  
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