Fanfic su artisti musicali > Altri
Ricorda la storia  |      
Autore: Ronnie92    24/11/2014    2 recensioni
[Jimi Hendrix]
Non divinità ma uomo fui, ma quante volte caddi nella tentazione di esserlo. Almeno nell’ego, quando impugnavo la mia chitarra.
Mai avuto paura delle autorità, mai avuto paura della morte.
Il destino è stato mio nemico ma io l’ho vinto, superando la morte per sempre, entrando nella leggenda.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non divinità ma uomo fui, ma quante volte caddi nella tentazione di esserlo. Almeno nell’ego, quando impugnavo la mia chitarra.
Mai avuto paura delle autorità, mai avuto paura della morte.
Il destino è stato mio nemico ma io l’ho vinto, superando la morte per sempre, entrando nella leggenda.

Racconterò un po’ di me, ma non cadrò nel solito cliché di chi racconta la propria storia con imbarazzo, io sono Dio per quanto vi riguarda*, almeno nel mio mondo.

Ho viaggiato in lungo e in largo in quel mondo tanto bello e tanto crudele che ora voi abitate senza remore. La vostra follia non vi porterà mai da nessuna parte, lasciatevi guidare, perché: “La conoscenza parla, ma la saggezza ascolta”.

Per una sera, solo per questa sera, mi esibirò per voi in questo mondo senza corde … lo chiamano Paradiso, ma per me è l’inferno.
Ero bravo in quello che facevo, dannatamente bravo, ma quello ciò che ho fatto in vita è stato più che semplice musica.
D’altronde: “Noi facciamo della musica libera, dura, che picchi forte sull’Anima in modo da aprirla”. Almeno così credevo, e per quello sono vissuto.

Nacqui in un periodo alquanto tumultuoso, a cavallo di una guerra senza pace, ricca di morti. Seattle vide i miei natali, il 27 novembre 1942, qualche giorno prima che un certo Sr. Fermi realizzasse la prima reazione nucleare della storia, il disastro più autentico dell’uomo.
Non vorrei molto parlare dei miei, soprattutto di mia madre, per ovvie ragioni personali. Anche se non furono costantemente presenti, la loro vita, i loro sacrifici, le loro assenze,  mi spinsero verso la musica, e forse questa è l’unica cosa che dovreste sapere.
Fu ascoltando alcuni dischi di mio padre che compresi quanto la musica suscitasse in me emozioni così forti.
E la prima volta che mi fu comprata una chitarra, sempre da mio padre, a un prezzo non tanto modico per le nostre tasche, capii che non potevo separarmi mai più dalla musica, e soprattutto dalla mia chitarra. Come un mantra, quando le cose non andavano come volevo, continuavo a ripetermi sempre:
Qualche volta tu vorrai rinunciare a suonare la chitarra, tu odierai la chitarra. Ma se le sarai fedele, lei ti ricompenserà.”
E anche se la mia ricompensa è arrivata troppo dopo, è giunta per sempre per tutti voi. Come un tatuaggio che marchia a vita.
Dio volle che nascessi mancino, ma la mia prima chitarra (quella regalatami da mi padre) era per destrorsi. Il lampo di genio mi colse di sottecchi, come nelle giornate primaverili, girandola al contrario stravolsi il mio concetto di musica e forse il concetto della musica stessa.


Ripeto, mi imbarazza raccontarmi, ormai sapete tutto ciò che c’è da sapere. Per questo vorrei concentrarmi poco sui dettagli della mia vita e parlare di ciò che mi ha reso il chitarrista che ero, anche se: “ Tecnicamente non ero un chitarrista, tutto quello che suonavo era verità ed emozione”.

Non sono molto felice di ricordare certi aspetti della mia gioventù, soprattutto per la malinconia e il dolore, anche se raccontarli oramai non è più un problema insormontabile.
In questo posto il senso del pudore è vittima del padrone più alto.
Forse il mio credo va al di là della pura spiritualità, nell’ammettere che tutto dipende da noi: “ Quando il potere dell’amore supererà l’amore per il potere si avrà la pace”.
Mi costrinsero ad arruolarmi per sanare i miei problemi con la legge, ma la mia anima si rifiutava di partecipare a quello scempio che chiamavano guerra.
Negli spazi vacanti della mia mente non ricordo con fermezza quale motivazione misi in ballo per uscire da quella situazione bollente, ma mi feci congedare e me ne tornai a casa mia, così da potermi dedicare anima e corpo alla mia vita: la musica.

Di certo la musica che sconvolse il mio cuore fu quella di Bob Dylan. Ascoltando il suo album Highway 61 Revisited, la mia strada fu tracciata ancora di più, verso quel cammino che piano piano stavo disegnando.
Girai non solo fra gli USA (agli Isley Brothers devo molto del mio peregrinare in varie parti degli USA e il contatto con il mainstream, che mi permise di entrare in contatto con i migliori musicisti della mia epoca, IB compresi!), ma anche in Europa.
Difatti alcuni momenti belli sono sicuramente legati alla band, a Noel, Mitch e  a Londra, nonostante le divergenze (forse non capirono molto le mie modalità di musica, per me la musica era la vita).

Non posso dimenticare mai l’esibizione al festival di Monterey, dopo essere tornato a casa, dove incendiai la mia chitarra.
Molti mi chiesero perché, perché arrivai a tanto.
Non mi venne nulla di più spontaneo che rispondere: “La volta in cui ho bruciato la mia chitarra fu come un sacrificio. Si sacrificano le cose che si amano. Io amo la mia chitarra.
E’ così facile allibire il cuore inconsapevole di chi non comprende un sacrificio così grande.

Ma di sicuro il momento più bello, a cui ho legato tutta la mia carriera è Woodstock 1969.
L’esibizione di maggiore impatto in tutta la mia vita. Migliaia di persone innanzi a me, eppure solo la musica mi teneva legato al palco.
Quel riarrangiamento cacofonico uscì spontaneo, senza peli, senza vincoli, come solo la musica sa donare.
Allora compresi che: “ La pazzia è come il paradiso. Quando arrivi al punto in cui non te ne frega più niente di quello che gli altri possono dire … sei vicino al cielo”.

E se è vero che: “la luce che brilla il doppio dura la metà” , la mia luce ci mise davvero poco a spegnersi.
Il 30 Agosto 1970 mi esibii al Festival dell’Isola di Wight, la mia ultima esibizione apprezzata.
Quando nel settembre sentii i fischi dei fan non riuscii a reggere il peso di quella malinconia e di quella amarezza dissacrante.
Era la sera del 17 settembre, dopo poche settimane avrei compiuto 28 anni, ma non sarei arrivato a vedere oltre il dannatissimo 18, quando ritrovarono il mio corpo. La mia morte fu dura a digerirsi, dopo che alcool e pasticche mi tranquillizzarono, forse fin troppo bene.  Lasciai mio padre nel dolore di un mondo urlante, mentre io andavo via nel silenzio della mia stanza.
Il mio ultimo ricordo va a Carol, non tanto per la sua importanza spirituale, ma perché fu la prima a regalarmi l’amore della mia vita: la mia prima Fender Stratocaster, che incisero anche sulla mia lapide, in memoria del nostro legame.



Non divinità ma uomo fui, ma quante volte caddi nella tentazione di esserlo. Almeno nell’ego, quando impugnavo la mia chitarra.
Mai avuto paura delle autorità, mai avuto paura della morte.
Il destino è stato mio nemico ma io l’ho vinto, superando la morte per sempre, entrando nella leggenda. Io sono Jimi Hendrix.

* Nel 2011 è stato riconosciuto come il più grande chitarrista della storia. (n.d.r.)


Nota dello scrittore:
Vorrei scusarmi per tutte quelle imperfezioni che non sfuggiranno agli occhi attenti dei fans.
Scrivere di Jimi è come scrivere di Dio, un’impresa biblica.
Voglio ringraziare tutti quelli che sono arrivati fino in fondo, che hanno apprezzato e commenteranno (positivamente o negativamente). Vi ringrazio di cuore. “Jimi is bold as love”
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Altri / Vai alla pagina dell'autore: Ronnie92