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Autore: 1rebeccam    24/11/2014    10 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 53
 

 
La sala d’attesa è illuminata solo da qualche faretto posto agli angoli del soffitto.
I neon, che di solito fanno luce a giorno tutto intorno, sono spenti e dal finestrone che sporge sul parco interno dell’ospedale, entra il chiarore di una luna sbiadita.
Gli agenti del 12th che hanno partecipato alla cattura di Dunn, oltre quelli posti di guardia al piano, sono ancora al loro posto nonostante l’emergenza sia rientrata; probabilmente aspettano ordini dal capitano Gates, ancora impegnata con i giornalisti.
Esposito si è sistemato nella sedia più lontana della sala, proprio vicino all’ascensore. Con le braccia appoggiate sulle gambe si strofina le mani sul viso, come a voler scacciare la tensione e la stanchezza solo con quel gesto. Solleva lo sguardo su di lei e digrigna la mascella. E’ ancora arrabbiato. Dalla sua espressione potrebbe anche non perdonarla mai.
Nemmeno Ryan si decide a tornare a casa.
La sua attenzione però, viene catturata dall’uomo in giacca e cravatta davanti alla camera di Castle. Corruccia la fronte storcendo le labbra irrigidendosi, cosa che non sfugge ad Alexis.
-E’ arrivato mentre Lanie ti faceva il prelievo.-
Le dice piano per non farsi sentire e Kate solleva un sopracciglio continuando a fissare le spalle dell’uomo, che ha lo sguardo fisso e corrucciato al di là del vetro, sull’attrice dai capelli rossi che stringe la mano dello scrittore.
-Mi daresti un paio di minuti?-
Le chiede senza distogliere lo sguardo dal direttore della CNN e Alexis annuisce, staccandosi dal suo abbraccio.
-Ti aspetto da papà.-
Le dice aprendo la porta. Bell sposta lo sguardo su di lei e la saluta con un cenno della testa.
-La avverto signor Bell. Se sta facendo delle fotografie con un mini accendino nascosto, la disintegro.-
L’uomo tira fuori le mani dalle tasche dei pantaloni e le alza in segno di difesa.
-Ho già avuto il mio scoop… perché rovinare tutto e ritrovarmi disintegrato!-
Beckett continua a guardarlo sospettosa e per niente divertita dal suo lato spiritoso.
-Dico sul serio. Ho avuto più di quello che avrei mai potuto sperare in una vita intera…-
 
-Non se ne parla nemmeno capitano. Se le cose dovessero andare male, potrei anche essere sollevato dalla mia posizione.-
Il direttore Bell aveva ascoltato il piano del capitano Gates in silenzio, ma alla fine aveva sbottato allontanandosi d’improvviso dalla sua scrivania. La Gates aveva sorriso e si era seduta dall’altra parte accavallando le gambe, senza distogliere lo sguardo da quello dell’uomo.
-Andiamo signor Bell! Sappiamo benissimo entrambi che comunque vadano le cose, non solo avrà uno scoop praticamente in diretta, ma anche la parte da protagonista. Tutti sapranno che lei, in quanto direttore di un’importante emittente televisiva nazionale, ha rischiato il tutto per tutto per aiutare la polizia ad arrestare un pericoloso criminale e salvare la vita ad un personaggio importante della New York che conta… amico intimo del Sindaco…-
Aveva lasciato la frase in sospeso sollevando un sopracciglio sul sorriso impercettibile che si era disegnato sulle labbra di Bell mentre si immaginava la scena.
-Sarà pure una notizia falsa da dare al mondo, ma la finta morte del signor Castle potrebbe portarci velocemente a Dunn. Questo ci permetterebbe di salvargli la vita. Ci pensi bene signor Bell, pensi a cosa succederà quando dirà al mondo che era una trappola e che lei è stato un tassello importante per portarla a termine.-
Bell si era rimesso a sedere storcendo le labbra.
-Come dovremmo agire?-
-Le farò avere accesso al reparto in cui è ricoverato, la sorveglianza ‘non si accorgerà di lei’ e non la fermerà. Assisterà ‘alla morte di Castle’ e naturalmente farà di tutto per dare la notizia il più presto possibile. Dovrà essere una cosa immediata in modo che Dunn non abbia il tempo di riflettere e agire d’impulso.-
Il direttore Bell aveva annuito, incrociando le mani sulla scrivania.
-Voglio esserci!-
Le aveva detto sorridendo e il capitano Gates si era raddrizzata guardandolo dura.
-Signor Bell…-
Aveva cominciato a dire, ma il direttore l’aveva bloccata subito.
-Voglio essere sul posto con lei e la sua squadra. Voglio fare parte della fine di questa storia, qualunque essa sia. Voglio sentire tutto e vedere tutto in prima persona. Non accetterò in altro modo.-
Contrariamente a quanto pensava, il capitano aveva annuito e lui si era ritrovato a sorridere, ma aveva smesso di colpo quando la donna aveva appoggiato le mani sulla scrivania, sporgendosi verso di lui.
-Si atterrà solo ai fatti, senza forzature e senza gonfiare le notizie. Obbedirà alle mie disposizioni senza fiatare e si muoverà soltanto quando tutto sarà finito.-
Aveva inspirato profondamente stringendo le labbra, cercando di immaginarsi un lieto fine, poi aveva scosso la testa.
-Niente interviste a me, a Beckett o a chiunque altro della squadra o della famiglia Castle. Non accetterò in altro modo.-
Il direttore Bell aveva teso la mano sorridendo, mentre la Gates gliel’aveva stretta senza un minimo movimento del viso.
Si era voltata per andarsene e dopo aver aperto la porta lo aveva guardato.
-Il detective Esposito si occuperà di farla entrare in ospedale senza che nessuno la veda… si tenga pronto.-
Era uscita chiudendosi la porta alle spalle. Si era soffermata un momento chiudendo gli occhi e aveva stretto le mani in un pugno.
Non le piaceva.
Non le piaceva il piano. Non le piaceva lasciare Beckett sola con quello psicopatico anche solo per cinque minuti. Non le piaceva doversi portare dietro Trenton Bell.
Ma non doveva farselo piacere, doveva solo farlo funzionare per dare anche solo una possibilità di sopravvivenza a Richard Castle.
Aveva sospirato, rilassato le mani sistemandosi la giacca del tailleur e si era incamminata verso l’uscita a testa alta e pronta a tutto…
 
-…le sembrerà strano, ma sono un uomo d’onore. So stare ai patti.-
Bell abbassa le mani e le osserva il viso.
-Anche se una foto del suo profilo viola a tutto schermo sarebbe fantastica!-
Kate solleva un sopracciglio e lui si volta a guardare ancora dentro la stanza di Castle.
-Nessuna foto e nessuna intervista. Ho promesso… e mi sono anche appuntato mentalmente di non giocare mai a poker con lei.-
Kate corruccia la fronte e Bell si chiude nelle spalle.
-Per un attimo ho avuto davvero l’impressione che volesse bere quel veleno…-
Sussurra l’ultima frase corrucciando la fronte, ma poi torna a sorridere, tendendole la mano.
-E’ stato un piacere lavorare con tutti voi. Se aveste ancora bisogno di un cuore di pietra pronto a vendersi la madre per l’audience… a disposizione.-
Kate gli stringe la mano guardandolo seria.
-Grazie signor Bell!-
Il tono di Kate è sincero e il direttore sposta lo sguardo sullo scrittore, annuendo.
-Sono felice di essere stato utile. Adesso vado ad affrontare le iene che stanno tormentando il capitano Gates perché sono invidiosi della nostra collaborazione.-
Si sistema la cravatta e si passa le mani sui capelli, sporgendosi verso di lei con fare cospiratorio.
-Sto per scoprire il prezzo che c’è da pagare nel trovarsi nel mirino della stampa!-
Riesce a strapparle un sorriso e si dirige all’ascensore, ma mentre aspetta che arrivi al piano si volta ancora verso di lei.
-Ah, detective Beckett, per quell’offerta di lavoro alla mia redazione… non se ne fa nulla!-
Kate storce le labbra.
-Non mi ritiene più così grandiosa?!-
Bell solleva le spalle, scuotendo la testa.
-Perché trasformare un ottimo poliziotto in un pessimo giornalista!?-
Kate si ritrova a sorridere senza volerlo, mentre Bell la saluta un’ultima volta prima di sparire dietro le porte dell’ascensore.
Si volta per andare finalmente da Rick, ma si ritrova davanti suo padre che la guarda serio.
-Non dirmi che non è viscido come sembra. Potrebbe cadermi un mito!-
Esclama in tono fintamente preoccupato e lei scuote la testa.
-Mhh… viscido è viscido, ma non sono più così sicura che si venderebbe la madre per uno scoop…-
Sorridono insieme, ma quando padre e figlia si ritrovano occhi negli occhi, cala il silenzio per qualche attimo.
Jim solleva la mano e le sfiora la tempia, ormai color melanzana, lasciandole poi una carezza sulla guancia.
-Sto bene papà.-
Sussurra lei quando Jim sospira abbassando la mano. Il padre annuisce come rassegnato.
-Ne sono sicuro. Hai la testa dura… come tua madre!-
Le prende le mani inclinando la testa. Ha gli occhi lucidi, deglutisce un paio di volte senza riuscire a dire altro e Kate gli stringe le braccia intorno alla vita. Quando gli appoggia l’orecchio sul petto il suo cuore batte veloce. Lo sente sospirare e sciogliere la tensione, come se quell’abbraccio gli avesse finalmente dato la certezza che in un modo o nell’altro era tutto finito e che la sua bambina era salva.
La stringe a sé, appoggiando la guancia alla sua, continuando a stare in silenzio. Il battito del suo cuore parla per lui e anche lei sente la tensione sciogliersi del tutto.
Si scosta per guardarla, le mette ancora la mano sul viso e finalmente accenna un sorriso su quegli occhi così simili a quelli di sua madre e che gli tolgono il respiro. Le posa un braccio intorno alle spalle e si avvicinano alla finestra che mostra l’interno della stanza di Rick. La scena non è cambiata. Martha continua a stargli vicino stringendogli la mano.
-Papà, grazie di essere rimasto con loro.-
Sussurra senza distogliere lo sguardo da quello che sembra un dipinto dentro la cornice del vetro che li divide.
-Sai Katie, ho sempre avuto le idee chiare su Rick, ho sempre pensato fosse l’unico uomo abbastanza fuori di testa da non arrendersi con te…-
Kate scuote la testa sorridendo, mentre Jim continua a guardare Castle e sua madre.
-…ma qualunque dubbio potessi ancora avere, dentro quella stanza è svanito. Per ore ha sopportato il dolore, la paura, la rabbia e l’unico suo pensiero sei sempre stata tu.-
Kate si gira a guardarlo. Il suo profilo è serio, l’ansia e la preoccupazione delle ultime ore hanno segnato il suo viso, marcando le rughe attorno agli occhi e alle labbra.
-Dentro quella stanza c’è un piccolo mondo Kate.-
Lei riporta lo sguardo oltre la finestra, ascoltando la voce calma e calda di suo padre.
-Rick è il centro e Martha ed Alexis sono il suo contorno. Il suo passato ed il suo futuro. Quello che lui è diventato e quello che ha seminato per il futuro con sua figlia… tre meravigliose generazioni di cui tu hai l’onore di far parte Katie.-
Finalmente distoglie lo sguardo puntandolo su di lei, che lo guarda con gli occhi lucidi.
-Quell’uomo ti ama Kate, di un amore sconfinato e, se hai rischiato la vita per questo… beh, non mi fa piacere e non sono certo contento, ma non posso che esserne fiero.-
Lei annuisce abbassando lo sguardo.
-E se non fosse servito a nulla? Se fossimo arrivati tardi con l’antidoto? Prima Alexis mi fatto la stessa domanda ed io le ho risposto sicura che andrà tutto bene, ma…-
Torna a guardarlo e lui le sorride togliendole una ciocca di capelli impigliata nella medicazione sulla tempia.
Piccola e fragile come quando combinava un guaio da bambina e fingeva di non avere paura né del dolore, né delle punizioni dei genitori, mentre i suoi occhi chiedevano solo certezze e abbracci.
-Andrà tutto bene!-
Le dice stringendola ancora a sé.
-Devi solo entrare lì dentro e non lasciarlo più… vuole solo questo Kate. Ha sopportato tutto solo per questo.-
Si voltano entrambi verso l’ascensore, quando sentono il campanello che annuncia l’apertura delle porte. Jim riporta lo sguardo sulla figlia e scioglie l’abbraccio.
-Vedo se riesco a convincere Martha a riposare qualche ora. Tu fa con comodo.-
Kate lo guarda rientrare nella stanza, riportando subito lo sguardo sul capitano Gates, ormai a metà corridoio.
-L’hanno lasciata andare finalmente!-
Le dice mentre lei si guarda intorno, posando lo sguardo poi su Castle.
-Gli hanno già dato l’antidoto?-
-Una dose intera. Terapia d’urto l’ha definita il dottor Travis, ma nelle prossime ore continueranno con altre piccole dosi.-
La donna annuisce tornando a guardarla.
-E a te… l’hanno dato l’antidoto?-
La voce stavolta è più tagliente e Kate scuote la testa.
-Aspetto Lanie con il risultato dell’analisi del mio prelievo… ma non ho nessun sintomo, non dovrei avere problemi.-
-Se lo dici tu!-
Kate si sporge a guardare Esposito che continua a fissarla e il capitano fa lo stesso, sorridendo appena…
 
Due squadre di tre uomini della Speciale erano pronte ad entrare in azione.
Tori era l’unica del 12th al corrente della messa in scena, si sarebbe occupata della trasmittente e di tenere i contatti tra i colleghi. Il capitano Gates aspettava appoggiata alla scrivania, con le braccia conserte e lo sguardo fisso sul monitor del trasmettitore ancora spento. Ryan giocherellava con il telefono rigirandoselo tra le mani, invece Esposito sembrava una belva in gabbia, mentre andava avanti e indietro nello spazio ristretto della sala radio. Esasperata, il capitano aveva guardato l’orologio per l’ennesima volta e con molta calma si era avvicinata a Tori.
-Accendi!-
I tre l’avevano guardata. I quarantacinque minuti stabiliti non erano ancora passati, ma il capo aveva fatto un cenno perentorio con la testa e la ragazza aveva acceso la trasmittente.
‘Mi hai rubato la vita Nikki e c’è stato un momento in cui ho pensato che sarebbe stato meglio morire…’
La voce limpida di Dunn aveva fatto eco per la stanza e sul monitor erano apparse linee colorate che in pochi secondi avevano fatto il monitoraggio di tutta la città, fino a fermarsi in un punto concentrico rosso, mostrando un indirizzo.
-1576 48th Ave...-
Aveva cominciato Tori, ma Esposito l’aveva bloccata sporgendosi in avanti.
-Maledetto psicopatico. L’ha portata nel palazzo abbandonato in cui l’hanno fermato lei e Castle!-
-Andiamo!-
Era stato l’ordine perentorio della Gates e in pochi minuti si erano trovati parcheggiati proprio ad un isolato dal palazzo, in compagnia del direttore della CNN ad assistere in prima fila.
Avevano ascoltato in silenzio ogni parola. Beckett sembrava al sicuro, ma la tensione in auto si tagliava col coltello.
‘E’… è strano. Chissà perché pensavo fosse amaro, invece è… dolce…’
A quella frase si erano immobilizzati, perfino Trenton Bell aveva trattenuto il respiro. Il capitano aveva stretto i pugni.
-Non l’avrà fatto sul serio? Sta… sta bluffando!?-
Aveva esclamato Ryan sgranando gli occhi, ma prima che potessero elaborare una risposta, Esposito aveva già messo un piede fuori dall’auto.
Il capitano lo aveva fermato, ma lui aveva sbattuto il pugno sul cruscotto.
-Ha capito che sta facendo?-
La donna lo aveva guardato gelida.
-Ho capito benissimo, ma non ha detto la parola d’ordine, significa che si sente al sicuro e che sa quello che fa.-
-Capitano, Beckett non sa quello che fa… in questo momento…-
-In questo momento ha bisogno solo del nostro supporto, quindi calmati o ti mando via! Non sto scherzando…-
-Si signore!-
Esposito aveva risposto sibilando, chiudendosi poi in un silenzio assoluto, fino a quando non aveva puntato la pistola alla nuca di Dunn...
 
-Quando abbiamo capito che avevi assaggiato davvero la tossina siamo rimasti di ghiaccio, tranne Esposito. Ha aperto lo sportello dell’auto ed era già con un piede fuori pronto alla guerra. Se non lo avessi fermato io, sarebbe entrato in quel magazzino, ma non credo che avrebbe ucciso Dunn, penso più che avrebbe picchiato te.-
Torna a guardarla scuotendo la testa.
-Non ha più detto una parola da allora. Penso sia arrabbiato anche con me adesso.-
Kate sposta lo sguardo su Castle e sospira.
-Sarebbe tanto chiederle di aspettare qualche ora per la ramanzina e per i richiami ufficiali? Sono davvero stanca…-
-Ramanzina!?-
Kate torna a guardarla e alla sua espressione corrucciata solleva le spalle.
-Per  non avere detto la parola d’ordine. Per essermi messa in pericolo con le mie mani.-
Il capitano scuote la testa avvicinandosi di più al vetro.
-Sarei incoerente se lo facessi.-
Kate le si mette accanto con gli occhi fissi su Rick e su quel monitor le cui linee ritmiche continuano a ripetere che il suo cuore batte e la Gates, osservandola sott’occhio, sorride impercettibilmente.
-Fin dall’inizio ti ho detto che saresti stata l’unica a sbrogliare la matassa e sin dall’inizio ti ho dato carta bianca per questo. Per quanto abbiamo cercato di essere distaccati, questo non era un caso come gli altri. Soprattutto non era un caso… ho accettato questa farsa controvoglia, ma era l’unica cosa da fare.-
Si gira a guardarla, mentre Kate resta ferma con lo sguardo sempre nello stesso punto. Il suo profilo mostra la benda sulla tempia e il colorito violaceo sotto che si sparge pian piano anche più in basso verso lo zigomo.
-Sapevamo che una volta nelle sue mani avresti dovuto agire da sola e lo hai fatto con le armi che avevi. Non hai messo in pericolo i colleghi, hai pensato a mettere al sicuro Abraham e hai anche evitato di uccidere Dunn…-
All’ultima frase Kate sussulta senza però spostare lo sguardo.
-…direi che hai fatto quello che c’era da fare. La priorità era entrare in possesso del veleno, quindi non ho nessuna ramanzina e nessun richiamo ufficiale da fare.-
Kate annuisce stringendo le labbra. Deglutisce vistosamente e il capitano non la forza a dire nulla, cambiando decisamente discorso.
-Mi sono appena resa conto che oggi è sabato e i miei sono tutti a casa.-
Sospira guardando l’orologio.
-Non li vedo da giorni, credo che starò un paio di ore con loro prima di tornare al distretto per i rapporti e le pubbliche relazioni. Troverò un modo zen per non replicare alla ramanzina che farà a me il Capo della Polizia per il nostro teatrino.-
Solo in quel momento Kate si decide a guardarla senza comunque riuscire a dire nulla, mentre lei invece si guarda intorno.
-Prima darò ordine alle truppe di ritirarsi, non credevo fossero ancora tutti qui.-
Sta per andarsene, ma Kate la ferma mettendole la mano sulla sua, ancora appoggiata alla cornice del vetro.
-Signore, grazie!-
La donna la guarda corrucciando la fronte.
-Perché non ci sarà nessuna ramanzina?-
Kate scuote la testa e il capitano solleva le spalle.
-Ho fatto solo il mio lavoro, come tutti.-
La tensione di quel momento sembra allentarsi e Kate finalmente sorride inclinando la testa.
-Scendendo in campo in prima persona? Inimicandosi la stampa e mettendosi contro un giudice federale?-
Il capitano sbuffa sventolando la mano in aria, come a non voler pensare alle mummie del club maschilista.
-Obbedendo ai miei ordini senza fiatare?!-
A questa esclamazione si guardano serie per un attimo per poi scoppiare a ridere, poi Kate riporta lo sguardo su Rick.
-Gli è stata vicino e si è presa cura di Castle quando io non c’ero. E’ stato importante per lui non essere estromesso dalle indagini… questo va oltre il lavoro e le sue competenze.-
La Gates annuisce seria.
-Mettiamo bene in chiaro una cosa. Quando tornerà al distretto continuerò a non farmelo piacere.-
Kate scoppia a ridere, ma ha gli occhi pieni di lacrime.
-Credo che questo lo renderà felice!-
Incatena di nuovo lo sguardo al suo stringendo le labbra e corrugando la fronte, come per trovare le parole giuste da dire.
-Ho amato il capitano Montgomery. E continuo ad amarlo e a sentirmi legata a lui… nonostante tutto.-
Anche la Gates corruccia la fronte, stupita da quella strana affermazione.
-Quel nonostante tutto è un macigno per me e lei quel giorno lo ha capito e ha lasciato correre. Fiducia e rispetto si guadagnano dando fiducia e rispetto. E’ questo che fa di lei un capo. Un capo che si è meritata il mio rispetto e la mia fiducia incondizionata… e non solo per quello che è stata capace di fare per Castle negli ultimi giorni…-
Restano a guardarsi serie. Adesso è proprio il capitano Gates che non riesce a rispondere. Non se lo aspettava. Non in quel momento. Non che Beckett la paragonasse proprio al capitano Montgomery.
Si schiarisce la gola visibilmente emozionata.
-Siamo una bella squadra, Kate!-
Esclama stringendole le mani.
-Se ci sono novità di qualunque tipo chiamami subito, io tornerò qui appena mi libererò delle scartoffie.-
-Si signore…-
Il silenzio della sala d’attesa viene rotto da una voce ad alto volume e con tono preoccupato, tanto che perfino Esposito, seguito da Ryan e dagli altri agenti ancora presenti, si avvicinano all’uomo che adesso è davanti al capitano e si stritola le dita nervoso, saltellando prima su un piede e poi sull’altro.
-Signore… capitano… mi scusi ma io devo andare… devo proprio andare…-
La Gates lo guarda allarmata.
-Agente Lowell! Si può sapere che ti urli? Che succede?-
-Devo proprio andare, so che non ci ha ancora dato il permesso di rientrare, ma io devo andare… adesso. Subito!-
L’agente continua a saltellare nervoso e il capitano cerca di calmarlo.
-Lowell vuoi dirmi che succede?-
-Mia moglie ha le doglie… anzi no, è già in sala parto, mi hanno appena chiamato, se non mi sbrigo non arriverò mai…-
Tutti intorno sorridono e la Gates alza gli occhi al cielo.
-Cerca di calmarti Lowell. Dov’è il problema? Vai!-
-Grazie capitano!-
Fa per andarsene, ma la Gates lo ferma afferrandolo per il braccio.
-Lowell dove devi andare esattamente?-
Il giovane corruccia la fronte completamente confuso e nel pallone.
-In quale ospedale nascerà tuo figlio?!-
Chiede esasperata il capitano tra le risate sommesse di tutti.
-Al Saint Andrew!-
Lowell continua ad essere confuso, con l’unico pensiero di andare via, ma quando la Gates solleva un sopracciglio aprendo le braccia e guardandosi intorno, il giovane si immobilizza sul posto.
-Oh… siamo già al Saint Andrew!-
Esclama arrossendo visibilmente e mentre le risate intorno aumentano, il capitano annuisce.
-Quindi?!-
Esclama fulminandolo con lo sguardo.
-Quindi devo solo prendere l’ascensore e scendere di due piani.-
Scoppiano tutti a ridere, compresa Kate e la Gates gli fa segno con la testa di andarsene.
-Lowell… prendi le scale così ti rilassi un po’, non vorrai mettere ansia a quella povera donna che sta per partorire?!-
Il giovane arrossisce ancora di più per quanto possibile e il capitano guarda il suo collega di pattuglia.
-Accompagnalo, prima che si perda per le scale.-
L’agente annuisce correndogli dietro e il capitano dà ordine a tutti di tornarsene a casa fino a nuovo ordine.
Ryan è imbambolato a guardare la porta che dà sulle scale e alla fine si passa la mano dietro la nuca.
-Ci si rimbambisce così quando si sta per diventare padre?!-
Lo chiede più a se stesso che ai colleghi, ma Esposito lo guarda torvo.
-Non lo so… suppongo ci darai tu la risposta tra qualche mese…-
Lascia la frase in sospeso passandogli davanti senza guardare nessuno e Ryan corruccia la fronte guardando Beckett, che allarga le braccia.
-Io non ho detto niente…-
-Adesso è arrabbiato anche con me!-
Esclama Ryan correndo dietro l’amico, mentre la Gates solleva un sopracciglio guardando Kate.
-Mi sono persa un’altra puntata della soap?-
Kate si chiude nelle spalle storcendo le labbra e il capitano scuote la testa sorridendo.
-Beh… sembra arrivato il tempo delle buone notizie, finalmente! Vedi di riposare anche tu Beckett…-
Si, signore…
Risponde lei silenziosamente, mentre la donna si dirige con calma verso l’ascensore.
 
La sala d’attesa si è svuotata dopo che gli ultimi colleghi sono andati via.
Le sedie vuote le provocano uno strano nodo allo stomaco.
Si sofferma ancora un attimo all’interno della stanza in cui Rick continua a dormire. Appoggia la mano al vetro e il nodo allo stomaco si ripresenta puntuale. Sorride nel vedere suo padre chino su Martha. Conoscendo le sue espressioni sembra stia cercando di fare opera di convincimento, con molta pazienza. Evidentemente Martha non intende andare a riposare e quando Alexis la guarda, alzando gli occhi al cielo, si decide ad entrare.
Martha le sorride dolcemente, mentre aumenta la stretta di entrambe le mani su quella di Rick come se si aggrappasse a lui per impedirsi di piangere, ma gli occhi le diventano lucidi.
-Sono davvero sfinita! Dovrei riposare un po’.-
Esclama all’improvviso, lasciando la mano di Rick e alzandosi di colpo rivolgendosi a Jim.
-Ho notato un bel divano proprio in fondo al corridoio, mi accompagni?-
L’uomo si acciglia sospirando.
-Ma se fino ad un attimo fa hai detto che non ti saresti mossa da questa stanza nemmeno se…-
Si zittisce di colpo quando Martha gli volta le spalle, rivolgendosi a Kate sorridendo.
-Prenditi cura di lui in mia assenza, tesoro. So che sei stanca anche tu, ma ho bisogno di chiudere gli occhi mezz’ora!-
Kate guarda prima suo padre, che a questo punto sembra rassegnato e poi annuisce a Martha che l’abbraccia tanto forte da sentire di nuovo il corpo urlare di dolore ovunque.
Quando la lascia le accarezza il viso e, senza dirle altro, si dirige alla porta.
-Non volevi accompagnarmi, Jim!?-
Papà Beckett esce dopo di lei, non prima di avere allargato le braccia verso la figlia, sollevando gli occhi al cielo.
Alexis invece, si avvicina al padre, gli accarezza i capelli e gli lascia un bacio sulla fronte.
-Io non troverò nessuna scusa per lasciarti sola con lui, andrò semplicemente a prendere un caffè. Se ti serve qualcosa, sarò qui fuori.-
Kate scuote la testa, continuando però a tenere lo sguardo su Rick.
-Non serve che esci.-
-Si invece, ne avete bisogno entrambi…-
Le risponde la ragazza, lasciandola finalmente da sola insieme a lui.
Rimane ferma a guardarlo dai piedi del letto. Il suo viso ha i lineamenti più distesi, non sentendo dolore è normale sembri più tranquillo, ma il suo colorito non lascia dubbi sulla sua sofferenza.
Ha ragione Alexis. Ha bisogno di stare sola con lui.
Si avvicina piano, come se avesse paura di disturbarlo, gli tocca la fronte e sospira. E’ ancora più caldo del momento in cui la loro sceneggiata era iniziata. Solleva lo sguardo sulla flebo che continua ad idratarlo e tenerlo sedato, chiudendo gli occhi…
 
L’avevano lasciata sola con Rick come da copione.
Il dottor Travis aveva iniettato le medicine nella flebo e, nel giro di una decina di minuti, Rick si sarebbe addormentato.
Era stremato. Stanco e spossato, divorato dal dolore… e arrabbiato. Glielo aveva detto subito, come se temesse di non poterlo più fare. Si sentiva in colpa per non aver mirato alla testa di Scott Dunn tre anni prima, non solo per le conseguenze che questa sua scelta stava avendo su di lui, ma soprattutto per la morte di quelle tre giovani donne che avevano sogni, speranze ed una vita da vivere… e si sentiva in colpa perché lui, in un modo o nell’altro era ancora vivo e stava lottando in ogni modo per cercare di sopravvivere.
Era teso, il monitor, non ancora manomesso, segnava le sue reali pulsazioni e non riusciva a calmarsi in alcun modo. Sperava di risvegliarsi, ma aveva paura per quello che stava per succedere.
-Promettimi che… che  starai attenta. Non fare niente di… stupido Kate, ti prego… non me lo perdonerei mai.-
Continuava a ripeterglielo mentre lei sentiva un peso sul petto che le impediva di dare aria alla voce. Non gli aveva risposto, continuava solo ad accarezzarlo ripetendosi mentalmente che avrebbe fatto di tutto per salvarlo.
Rick aveva tossito e quando si era calmato era rimasto in silenzio anche lui a guardarla.
Piangeva… non avrebbe voluto, perché stringeva le labbra digrignando la mandibola, ma era un’altra cosa fuori dal suo controllo.
Piangeva e quando lei gli aveva asciugato le lacrime con il dorso della mano aveva sospirato, cercando di rilassare la tensione.
Era rimasta con lui per quasi dieci minuti e non era riuscita a dirgli nulla, sapeva benissimo che quello che stava per succedere era una finzione, ma lui soffriva sul serio e se il loro piano fosse andato male, Rick non si sarebbe più risvegliato e questo le impediva di pensare, di parlare, di essergli di conforto in quel momento in cui lui era così fragile.
La guardava come un bambino impaurito, pensava anche lui la stessa cosa. Sapeva che quelle carezze potevano essere le ultime che sentiva sulla pelle se Dunn avesse avuto la meglio, ma sapeva anche che Kate era in pericolo e questo lo attanagliava ancora di più.
I brividi avevano cominciato a scuoterlo e lei lo aveva sollevato su di sé.
-Tienimi stretto, Kate… tienimi stret…-
La frase gli era morta sulle labbra e lei si era sentita gelare.
Sapeva perfettamente che era solo l’effetto della terapia farmacologica, ma aveva continuato a stringerlo a sé piangendo senza riuscire a fermarsi.
Non voleva provare quel dolore. Non voleva sentire quella lama che l’avrebbe uccisa pur lasciandola in vita.
Aveva finalmente premuto il pulsante d’emergenza, il segnale che avrebbe fatto capire a Ben che doveva entrare in azione.
Il resto era stato tutto come previsto, ma più doloroso di quanto avesse mai immaginato…
 
Gli prende la mano e gli poggia sul palmo la boccettina vuota del veleno, ricoprendola con la sua.
-Ti ho portato il suo scalpo.-
Gli accarezza dolcemente i capelli chinandosi a baciarlo sulla fronte. Appoggia le labbra al suo orecchio e chiude gli occhi.
-E’ finita Castle! Dunn non nuocerà più a nessuno. Ma non ho intenzione di parlare di questo adesso, avremo tempo per lui…-
Prende dalla tasca del cappotto la lettera che le ha scritto, la apre con cura e accarezza le parole con i polpastrelli.
-…adesso voglio farti una confessione… ora che hai gli occhi chiusi, perché con il tuo sguardo addosso non sono sicura che riuscirei a farlo.-
Rilegge mentalmente le parole di Rick, fino a fermarsi alla frase che la interessa.
-Non so esattamente quando è successo, non so nemmeno se tu te ne sia mai resa veramente conto, ma un giorno hai cominciato a sorridere davvero, Kate ed è successo grazie a me. Non scuotere la testa pensando che sono il solito egocentrico, perché non è vero. Sono realista e, almeno questo, me lo devi…-
Pronuncia sottovoce quella frase e solleva lo sguardo su di lui.
-Quando Ben mi ha chiusa fuori da questa stanza, sapevo che stavamo solo fingendo, eppure mi sono estraniata davvero. Per qualche secondo non sono riuscita a sentire nulla. Vedevo quello che succedeva intorno a me, la Gates che fingeva di litigare con Bell, il via vai continuo di infermieri e poliziotti, eppure non riuscivo a sentire nessun rumore.-
Posa la lettera sul comodino e si avvicina di più a lui, stringendogli la mano.
-Ero davanti alla porta chiusa e l’unica cosa che mi tornava in mente era questa lettera. Le tue parole…-
Solleva la sua mano e chiudendo gli occhi, se l’appoggia sulla guancia.
-Hai ragione, Castle! Io ti devo ogni piccolo sorriso degli ultimi cinque anni. Ho ricominciato a ridere senza accorgermene. Senza rendermene conto sorrido anche solo pensando alle stupidaggini che sei capace di dire o fare. Mi hai fatto vedere il sole ogni volta che mi sono persa nell’oceano che sono i tuoi occhi.-
Sorride chinando la testa per assaporare meglio la pelle calda della mano di Rick sul viso.
-Qualche giorno fa ho detto a mio padre che dipendo da te e la cosa mi spaventava… anzi no, quasi mi infastidiva. Ma mentre parlavo con lui mi sono resa conto che invece mi piace. Mi piace pensare di dipendere da te, dal tuo sorriso, dalla tua voce, dalla tua presenza e anche dalla tua assenza. Mi piace pensare di avere bisogno di te, delle tue braccia che mi stringono per proteggermi e per amarmi con passione. Mi piace sapere che vegli su di me…-
Le lacrime le offuscano la vista, per un attimo vede il suo viso sfocato e sorride ancora, mentre le asciuga.
-Mi piace pensare che anche tu dipendi da tutto questo… che hai bisogno delle mie braccia sempre pronte a stringerti e amarti…-
Senza accorgersene si ritrova a singhiozzare. Non riesce a trattenersi, quella tensione che credeva passata, si è ripresentata davanti al suo viso sofferente.
-…ed è questo che non ha messo in conto Dunn, perché al contrario di quello che pensava lui, lo scrittore non mi ha resa debole e fragile. Lo scrittore mi ha resa libera…-
Sorride accarezzandolo, mentre le lacrime continuano a bagnarle il viso e la mano di Rick.
-…libera da quella parte di me che si accontentava di sopravvivere. Te l’ho promesso Castle. Non smetterò mai più di sorridere. Qualunque cosa accada, non mi accontenterò più…-
Scuote la testa sospirando, si asciuga ancora le lacrime e si alza per baciarlo sulle labbra. Gli mette entrambe le mani sul viso, muovendo i pollici sulla barba ormai ispida. Resta china a guardarlo, deglutendo per ingoiare le lacrime che premono ancora nei suoi occhi e appoggia la fronte sulla sua.
-Ho ancora una cosa importante da dirti, ma per quella dovrai essere sveglio e attento.-
Sussurra sulle sue labbra.
-Quindi riposati quanto ti pare, ma vedi di svegliarti e non fare scherzi!-
Si rimette seduta, senza smettere di stringergli la mano in cui ha messo la boccettina vuota.
Alexis ha ragione. Sembra così indifeso.
Appoggia la testa accanto alla sua sul cuscino e chiude gli occhi.
Non si è mai sentita amata come in quelle ultime ore e non ha mai amato come in quelle ultime ore.
Sospira lasciando che il suo cuore si calmi definitivamente e sincronizzi i suoi battiti con quelli regolari di Castle.
Lo bacia ancora una volta sulla guancia e appoggia la mano sul suo petto.
Quel vuoto pieno di paura e rabbia si è improvvisamente riempito di consapevolezza, una consapevolezza che l’accompagna da mesi, ma che ancora le faceva effetto perché non ci si riconosceva.
Quel battito lento e ritmato sotto le sue dita le ripete, sussurrando, che ha trovato il suo posto.
Kate Beckett è finalmente a casa…


Angolo di Rebecca:

Dite la verità, quante di voi hanno pensato che il titolo si riferisse a Riccardone che guarisce e torna a casa???
E Trenton Bell è diventato mezzo simpatico, e la Gates si è commossa (grande Iron) e Jim è coccolone e Martha ahhahah... Martha la sa lunga e ci vuole pazienza!
Finalmente, dopo essere stata fermata da chiunque, Kate si è ritrovata sola con il suo scrittore e ha parlato, tanto... anche se lui non può sentirla. Ma vebbè... è innamorata *-*

Buona visione del Castle Monday, oggi sarà tosto ;)
Baci! <3

 
  
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