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Autore: Anne Elliot    25/11/2014    13 recensioni
Ciò che vide fu solo un foro. Un foro che ora divideva lei e suo padre nella foto alla sua laurea in medicina; l’ultima foto che avevano insieme. Vide il foro di quel fantomatico proiettile per cui lei era corsa giù per le scale, preoccupata. Preoccupata per Sherlock, preoccupata per quella stessa identica persona che, nonostante ciò che lei pensava di aver sentito in quegli ultimi giorni, la considerava solo e soltanto un mezzo per indebolirlo. Solo un mezzo.
- Seguito di "The third brother" -
Mi farebbero piacere le vostre critiche ^^
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The third brother'
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L'errore di Sherrinford

Nota autore: Per prima cosa, salve a tutte/i! ^^
Sono tornata (per vostra fortuna o sfortuna) con il seguito di “The third brother”. Prima di iniziare volevo di nuovo ringraziare chi ha commentato quella storia perché, come ormai sapete, mi avete regalato delle parole bellissime, dei pensieri e degli scambi di opinioni interessanti e stimolanti e perché avete amato Sherry quanto se non più di me. ^^
Ed ora, come al solito, una mia premessa biblica che siete liberi di ignorare.
Ho deciso di continuare questa storia, a differenza dei miei racconti precedenti, perché i tempi ed i cambiamenti dei personaggi, questa volta, sono stati lenti e più fedeli a quelli della BBC (o almeno credo!). Per quanto io sia legata alla mia prima ff ed a “Perché non provi Sherlock?”, entrambe hanno un finale preciso che non vorrei travalicare perché il rischio dell’OOC sarebbe veramente alto e non voglio rovinare un bel ricordo che quelle storie hanno lasciato in me e nelle persone che le hanno seguite. La storia di Sherry, al contrario, è stata meno “violenta” verso l’IC dei personaggi, soprattutto per quanto riguarda Sherlock e Molly, ed ho ancora un margine per scrivere altro e completare l’insoluto rimasto dopo la fine. Questo non elimina il fattore “ma sei sicura? Guarda che sta venendo una schifezza? Ma dai, è irreale? Vergognati!” che mi urla contro la mia anima critica/paranoica.
Al termine di questo discorso prolisso e per certi versi illogico, cosa intendo dire: spero che questa storia non sia una schifezza e che riesca a mantenere lo stesso interesse/affetto della prima storia. ^^
Ma ora, basta blaterare e, come al solito, a voi l’ardua sentenza! Mi raccomando, criticate!
A presto,
Anne ^^

Ps: Per chi non avesse letto la storia precedente e non ne abbia voglia, la trama base è: il terzo fratello nominato da Mycroft durante l’ultima puntata della terza stagione, in realtà, è una donna di nome Sherrinford (anche se lei preferisce esser chiamata Sherry) ed è mediana dei due Holmes. Ha passato gli ultimi 16 anni della sua vita in un ospedale psichiatrico, non perché sia realmente pazza ma perché così facendo si è salvata dalla pena di morte. Del suo passato si sa che si è innamorata e fidata di un uomo sbagliato e che per colpa di questo fantomatico uomo è stata accusata di alto tradimento. E’ molto legata ad entrambi i fratelli, anche se ha un affetto speciale per il “piccolo di casa” ed è preoccupata dell’incapacità dei due Holmes di rapportarsi sentimentalmente con gli altri. Alla fine di “The Third Brother” lascia in fretta e furia casa Holmes, doveva aveva trascorso il natale insieme alla sua famiglia, ai Watson e a Molly, per un non specificato problema…

 

 

 

L’errore di Sherrinford Holmes

 

 

Selrock Hommles

 

Molly Hooper era seduta da almeno un’ora in un angolo di quella grande sala.
Era eccezionalmente truccata, eccezionalmente elegante ed eccezionalmente triste. Le unghie laccate intente a strappare in pezzi minuscoli un tovagliolo di carta rosso, le labbra, con ormai solo un’ombra del rossetto che aveva messo, erano inespressive e gli occhi lanciavano sguardi  al cellulare poggiato accanto a sé che tuttavia non reagiva. Non si aspettava grandi cose ma almeno la risposta agli auguri di buon anno, si.
Il telefono vibrò e lo sguardo della patologa si illuminò.

To Molly Hooper:
Buon anno cara.
Un abbraccio,
Mr & Mrs Holmes

Nonostante la delusione per il mittente differente dallo sperato, la patologa accennò un sorriso ed iniziò a rispondere al messaggio.
Una donna, chiaramente alticcia, si buttò, più che sedersi, sulla sedia di fianco alla sua. Molly le lanciò uno sguardo fugace prima di tornare a dare attenzione al proprio telefono. L’altra si avvicinò maggiormente facendo stridere le gambe della sedia sul pavimento di marmo. La patologa sospirò pesantemente.
«Si, Meena*?»
La donna guardò prima l’amica e poi il telefono.
«E’ lui?» Il fiato alcolico non sfuggì alla patologa che inviò il messaggio e la guardò con disapprovazione.
«Credo sia ora di andare!»
Meena si alzò con aria innervosita.
«No! E’ ancora presto e poi tu hai passato gran parte della serata seduta qui senza interagire con nessuno.»
Molly mise il telefono nella borsa, e si alzò lentamente.
«Meena, io domani devo lavorare e anche tu.»
La donna sbuffò annoiata ma poi le si avvicinò con fare speranzoso.
«Ma, almeno, ti interessa qualcuno degli uomini che ti ho fatto conoscere?»
Molly sbatté le palpebre con fare dubbioso. In realtà le aveva presentato
qualsiasi tipologia di uomo single presente: cinquantenni depravati (“è un uomo stabile, Molly!”), trentenni depressi (“sai, è un intellettuale…molto introverso…affascinante, no?!”), avvocati sovraeccitati, con la cravatta e l’abito a righe anche a capodanno (“Soldi, Molly!...Tanti, tantissimi soldi!!”).
La patologa scosse amaramente la testa e spostò la sedia incamminandosi verso l’uscita.
«Forza andiamo, io intanto chiamo un taxi.»

 
Non appena l’auto si fu accostata di fronte al suo palazzo Molly scese rapidamente e stava per salutare l’amica quando quest’ultima la seguì uscendo con decisamente poca eleganza dal taxi. La patologa corrugò le sopracciglia.
«Che stai facendo? Abiti a tre isolati da qui.»
La donna rise traballando sui tacchi e poi le si avvicinò con occhi sbarrati ed aria divertita. La voce che avrebbe dovuto essere un sussurro per le sue orecchie alticce si propagò fino ad arrivare all’autista.
«Lo sooooo. Pensavo di dormire da te. E’ che non ho più soldi e non vorrei che quel grassone mi facesse problemi.»
L’uomo si voltò con aria irata in direzione delle due donne. Molly lo guardò con un sorriso nervoso e imbarazzato e tacitò l’amica.
«Va bene, va bene.»
La patologa pagò l’autista scusandosi ma tutto ciò che ebbe in cambio fu un grugnito nervoso e il motore dell’auto che partiva rapidamente.
Molly Hooper alzò gli occhi a guardare il cielo nero. Da lì non si vedeva neanche una stella.
Un tonfo sordo alle sue spalle la fece voltare di scatto. L’amica era rovinosamente caduta a terra mentre tentava di salire i gradini che portavano al portone.
La patologa espirò profondamente prima di correre in suo aiuto. Come inizio dell’anno era a dir poco pessimo!
 

«Che stronzo!»
«Meena! Smettila di urlare o sveglierai tutti!»
«E’ capodanno, nessuno dorme a capodanno, tutti sono felici a capodanno, tutti sono gentili a capodanno. Tutti tranne quel pomposo Selrock Hommles!»
La patologa alzò gli occhi al cielo. Stava faticosamente aiutando l’amica a salire le rampe di scale che portavano al suo appartamento e, a quanto pare, la donna non aveva avuto idea migliore che affrontare la vita sentimentale della patologa urlandola nelle tromba delle scale.
«Meena, si chiama Sherlock Holmes e ora, per favore, potresti abbassare il volume della voce.»
La donna sbuffò sonoramente.
«Non mi importa come si chiama, so solo che è uno stronzo. Non ti ha risposto per capodanno: è un segno rivelatore.»
La patologa si fermò un attimo prima di riprendere a salire le scale. Un po’ per la fatica del sostenere l’amica un po’ per capire che cosa intendesse dire.
«Segno rivelatore di cosa?»
Meena spalancò gli occhi come a sottolineare qualcosa di ovvio.
«Di stronzaggine, è evidente!» La patologa sorrise e riprese a salire le scale. «Ammettilo Molly è così. Prima passi il natale a casa dei suoi genitori, cioè capisci a casa dei suoi, e poi non ti risponde neanche…»
Molly si era bloccata. La voce dell’amica era diventata un sottofondo lieve che ronzava nelle sue orecchie disattente.
C’erano delle gocce di sangue! Sugli scalini di fronte a loro c’erano delle gocce di sangue.
Meena smise di parlare non appena percepì il disinteresse dell’amica e ne seguì lo sguardo. Si sentì trascinare dalla patologa per i gradini che li separavano dal pianerottolo.
Le gocce aumentavano sino a raggiungere una figura che dava loro le spalle. Appoggiata con una spalla alla porta di casa sua, si voltò non appena percepì lo sguardo delle due donne.
Molly sorrise istintivamente ma ben presto capì che qualcosa non andava.
«Ciao Molly. Perdona l’invadenza ma non potevo che venire qui.»
Molly vide quell’ammasso di vestiti scuri iniziare ad accasciarsi lentamente ed istintivamente le corse incontro urlando un preoccupatissimo “Sherry!”.

 
Aveva sempre saputo che lavoro facesse Molly ed ormai si era decisamente abituata all’idea ma un conto era la teoria ed un conto la pratica. Certo, quella donna che Molly aveva fatto sdraiare sul tavolo di cucina non era un cadavere ma non ci voleva un genio per capire che se avesse continuato a sanguinare a quel modo lo sarebbe presto diventata.
«Meena, aiutami!»
La donna si riscosse alla voce perentoria dell’amica. Molly aveva un tono perentorio, quindi? Non glielo aveva mai sentito usare.
Si avvicinò lentamente al tavolo osservando quella donna che vi era distesa sopra a pancia in giù. Gli occhi chiari della Holmes si posarono su di lei ed accennarono un sorriso.
La patologa rientrò nella stanza con tutto il necessario per la medicazione e notò lo sguardo imbarazzato dell’amica.
«Meena, Sherry.»
«No, grazie»
Molly e Sherrinford si guardarono per poi guardare con aria interrogativa la donna. Lei si strinse nelle spalle.
«Beh, cosa c’è?! Sono già abbastanza sbronza, se prendo pure uno cherry stai pur certa che non ti sarò di alcun aiuto!»
Molly scoppio a ridere seguita dalla bella Holmes che tuttavia si bloccò emettendo un suono basso. La patologa si ricompose immediatamente e scoprì la ferita che la donna aveva precedentemente bendato.
Un taglio non particolarmente profondo ma netto e preciso le deturpava parte della schiena. Meena si avvicinò osservando con vivo raccapricciò la scena ed emettendo un sibilo basso per accompagnare il lento scoprire della ferita.
La patologa guardò attentamente il tutto ed iniziò a disinfettare con cura e delicatezza il taglio.
«Non è profonda ma deve comunque essere ricucita. Dobbiamo portarti in ospedale.»
Sherry voltò la testa, le braccia incrociate sotto di essa.
«No Molly, non posso.» La patologa arcuò le sopracciglia con fare interrogativo e la donna sospirò. «Diciamo che avendo “contrattato” la mia uscita da tu sai dove, non sono proprio regolare, ecco.»
Meena guardò Molly con un’espressione sorpresa e confusa. Ma di che stavano parlando?!
La patologa lanciò un’occhiata alla ferita e poi tornò a guardare la sua paziente.
«Non ho l’anestetico.»
«Non preoccuparti. Ho un’alta soglia del dolore.»
«Non lavoro su persone vive da anni.»
«Hai sicuramente più esperienza di taglio e cucito tu che un dottorino qualsiasi di pronto soccorso.»
Molly era ancora incerta.
«Chiamo John!»
Sherry la guardò con aria vagamente spaventata.
«No! Sherlock non deve sapere che sono qui e John non saprebbe tenere il segreto.»
Meena aggrottò le sopracciglia: che ruolo aveva quello stronzo in tutta quella storia?
«Pensi veramente che non lo chiamerò non appena avrò finito?»
Sherry la guardò con malizia.
«Quindi stai ammettendo che mi ricucirai, Dottoressa Hooper?»
La patologa la guardò con finto rimproverò e portò la sua attenzione alla ferita.
«Meena, reggi il filo e tampona dove ti indico.»
La donna ingoiò sonoramente ma, presa un’espressione decisa, si accostò completamente al tavolo per aiutare l’amica.
Molly stava per iniziare a lavorare quando si bloccò.
«Sei sicura che non vuoi nulla per il dolore? Magari qualcosa di alcolico?»
La bella Holmes, che era tornata a guardare di fronte a sé, sorrise.
«Magari uno cherry.»
Meena guardò con aria interrogativa prima l’una e poi l’altra di quelle due donne che ridevano senza che lei sapesse il perché.
 

Molly chiuse lentamente la porta della sua camera dove la Holmes dormiva ormai serena. Meena uscì dal bagno, dove era andata per ripulirsi.La patologa le fece segno di seguirla ed andarono in salotto.
Meena osservò l’amica estrarre il cellulare dalla borsa.
«Che stai facendo?» Molly non le prestò attenzione intenta a cercare un numero nella rubrica ma l’amica le si avvicinò con aria minacciosa. «Non dirmi che lo stai chiamando?! Quella donna ti ha chiesto di non farlo, era terrorizzata solo all’idea che quell’uomo sapesse che fosse qui. Chissà che cosa le ha fatto!»
La patologa sorrise e la guardò con aria divertita.
«Meena, Sherlock non le ha fatto proprio nulla.»
La donna mise le mani sui fianchi.
«E tu come fai a saperlo?» Molly sbatté le palpebre con fare dubbioso. «Si, non puoi saperlo. Tu ne sei convinta solo perché stravedi per quel tizio, nonostante il modo orribile in cui ti tratta. Magari è stato lui a farle del male!»
La patologa scosse la testa.
«Non essere irrazionale. E’ solo che non vuole che lo venga a sapere perché sa che lui le rimprovererà di essere venuta qui invece di andare in ospedale.» L’altra fece per risponderle ma Molly alzò un dito per tacitarla ed avvicinò l’apparecchio all’orecchio. «E comunque devo avvertirlo. Adesso sta bene ma potrebbero esserci delle complicazioni.»
Meena strinse le labbra innervosita.
«Beh, se ci dovessero essere delle complicazioni tu sei un medico e lui no!»
Molly sorrise.
«Si, ma io non sono suo fratello.»
La donna spalancò le labbra per la sorpresa e rimase con la medesima espressione anche quando una leggermente incerta Molly iniziò a parlare.

 
Il rumore all’altro capo del telefono era confuso. Un insieme di voci e suoni facevano da sottofondo alla voce di Sherlock Holmes.
«Si, Molly, auguri anche a te. Ora devo lasciarti, a quanto pare qualcuno si è preso la briga di venire a svaligiare Baker Street.»
La patologa tentennò un attimo. Lui pensava che lei lo avesse chiamato per redarguirlo della mancata risposta al suo messaggio?! Egocentrico! Il pensiero fu subito rimpiazzato da un altro.
«Qualcuno è entrato in casa?»
L’uomo sbuffò sonoramente.
«A quanto pare qualche ora fa, si. Mrs Hudson ha ritenuto bene di chiamare la polizia invece di informarmi ed ora Lestrade con tutti i suoi esseri inutili sta ficcando il naso ne….ehi, tu! Mettilo subito giù: è del 600, con il tuo quoziente intellettivo non saresti in grado neanche di toccarlo, figurarsi leggerlo!»
Molly percepì la risposta nervosa dell’agente e la voce di Lestrade a tentare di calmarlo. Poi il consulente investigativo si rivolse nuovamente a lei.
«Devo andare!»
La patologa si riscosse.
«No Sherlock, aspetta!» Il silenzio dall’altra parte dell’apparecchio le fece capire che lui, seppur controvoglia, era in attesa di ciò che lei voleva dirgli. Se c’era una cosa che più o meno conosceva di quell’uomo, erano i suoi silenzi. «Tua sorella è qui da me. E’ ferita.»
Una leggera incertezza e dei passi rapidi fecero capire alla patologa che l’uomo si doveva essere allontanato dagli altri per prestarle maggiore attenzione.
«Da quando? E’ grave?»
Molly sorrise di quella preoccupazione che Sherlock manifestava così raramente.
«No, non è grave. Ha un taglio di una ventina di centimetri sulla parte sinistra della schiena ma non è profondo e l’ho ricucito senza problemi.» Riprese fiato e sentì lui fare la medesima cosa. «Sono rientrata un’ora fa e l’ho trovata di fronte alla mia porta…»
Sherlock percepì l’insicurezza della donna e prese un tono più gentile.
«Molly, che altro c’è?»
La patologa si morse il labbro.
«Mi aveva chiesto di non dirtelo.»
Sentì l’uomo ridere sommessamente per poi parlare con voce quasi carezzevole.
«Non preoccuparti Molly, non potrebbe mai avercela con te per questo.» La patologa espirò pesantemente. «Sarò lì fra 20 minuti.»
La donna si ricompose e schiarì la voce.
«Va bene».
Chiusero entrambi la conversazione senza salutarsi, non era necessario.
Molly sorrise osservando il proprio telefono ma lo sguardo di rimprovero che percepì sulla propria nuca la riscosse dai suoi pensieri.
Meena la guardava con nervosismo e biasimo.
«Non posso crederci! Di là c’è una donna ferita, la tua cucina sembra un mattatoio e tu, tu sei felice perché lui sta venendo qui. Non ho parole, veramente!»
Le due donne si guardarono per qualche attimo prima di scoppiare a ridere sommessamente.
Meena si sedette sul divano e Molly le si mise accanto. La prima lanciò un paio d’occhiate alla seconda prima di parlare.
«E quindi…quella è sua sorella.»
«Già.»
«Più giovane, suppongo.»
Molly si morse un labbro e sorrise in direzione dell’amica.
«No, più grande di 5 anni.»
L’amica strabuzzò gli occhi.
«Che cosa?! Quella donna…» Molly annuì divertita e Meena arcuò un sopracciglio. «Devo chiederle che crema viso usa!»
Scoppiarono a ridere nuovamente.
«E, come si chiama?»
Molly sorrise.
«Sherry.»
«Come il liquore?!»
«No, Sherry con la esse.»
Meena fece vagare lo sguardo per la stanza con fare sorpreso.
«Mi domando che problema avessero i loro genitori.»
Molly corrugò le sopracciglia.
«Che intendi dire?»
L’altra si strinse nelle spalle.
«Beh, un figlio l’hanno chiamato Sherlock, l’altra Sherry. Non sono proprio dei nomi normali, ecco.»
La patologa sorrise passando le dita sullo schermo del telefono con noncuranza.
«Beh, tecnicamente il suo nome completo è Sherrinford.» Meena corrugò la fronte con aria disturbata. «Ma a lei non piace, le sembra poco femminile.»
La donna annuì con fare deciso.
«Assolutamente! Sherry è decisamente meglio.»
La patologa sorrise e poi le lanciò un ennesimo sguardo divertito.
«Se è per questo, il fratello maggiore si chiama Mycroft.»
La donna spalancò nuovamente gli occhi per poi appoggiarsi pesantemente sullo schienale del divano.
«Ed io che pensavo che il mio nome fosse assurdo.»
Le due donne si ritrovarono a ridere ancora una volta. I tre fratelli Holmes non avrebbero mai potuto pensare di poter essere così divertenti!

 
Quando il campanello suonò con tono alto e deciso, sussultarono entrambe.
Molly corse al citofono per aprire il portone e poi tolse il chiavistello e socchiuse la porta del suo appartamento. Sentì i passi di Sherlock salire le scale rapidamente.
Perché si sentiva in ansia? Perché era così imbarazzata? Non era la prima volta che veniva a casa sua, dopotutto.
Molly intravide prima i suoi capelli far capolino dalle scale e poi tutta la sua figura. Lui accennò un sorriso nella sua direzione e lei fece la medesima cosa. Beh, dopotutto, era un miglioramento rispetto al passato!
Entrò in casa e senza degnare d’attenzione l’amica della patologa, che seduta a gambe accavallate sul divano lo guardava con astio, scrutò dalle finestre il marciapiede e la strada sotto di loro.
«Dov’è?»
Molly si irrigidì un attimo per il tono basso dell’uomo.
«E’ in camera mia. Sta dormendo.»
L’uomo si voltò ed andò con passo sicuro verso la camera. Molly lo stava seguendo con lo sguardo quando Meena la strattonò per un braccio, gli occhi ridotti a due fessure e la voce pari ad un sussurro.
«Perché sa dov’è camera tua?»
Molly guardò prima lei e poi l’uomo che, senza alcuna esitazione, apriva la porta della camera per poi richiuderla dietro le proprie spalle.
«Ma l’hai visto questo appartamento?! E’ piccolo, non ci vuole un genio per…»
L’altra la bloccò guardandola con disapprovazione.
«Non provarci Molly! Sarà anche piccolo ma non così tanto da non potersi sbagliare. Lui sapeva dove andare!» La patologa si liberò ed andò verso la camera. La voce dell’amica, ancora un sussurro seppur leggermente più alto, la raggiunse.
«Lui è già stato qui! E’ già stato qui e non mi hai detto niente!»
La patologa le lanciò uno sguardò per farla tacere e stava per raggiungere la camera dove erano i due Holmes quando la porta si aprì ed una traballante Sherry uscì seguita da uno Sherlock a dir poco irritato.
«Molly, perché lo hai chiamato?»
La patologa si sentì in colpa per via del tono supplichevole e triste della donna e stava per scusarsi quando la voce dell’uomo la interruppe.
«Secondo te perché, Sherry?! Ti sembra una cosa normale tornare a casa e trovarsi una moribonda alla porta?»
La donna si voltò e lanciò uno sguardo astioso al fratello.
«Ma senti da che pulpito! Io almeno non sono scappata da un ospedale.»
L’uomo la ignorò e la superò per andare ad aprire la porta di casa. Lo sguardo irrequieto e nervoso.
Sherry, nonostante l’implicito invito del fratello a sbrigarsi, si fermò per salutare le due donne.
«Grazie Molly e scusami per il disturbo.»
La donna le sorrise scuotendo la testa.
«Nulla, piuttosto perdonami tu per…»
La patologa lanciò uno sguardo all’uomo e Sherry fece lo stesso, per poi tornare a guardarla e a sorriderle con benevolenza.
L’uomo sospirò pesantemente.
«Guardate che io sono qui!»
La bella Holmes sbuffò divertita in direzione delle due donne per poi voltarsi ed incamminarsi traballante oltre la porta.
Una volta arrivata alle scale, Sherry si bloccò e guardò il fratello con l’aria di chi attende qualcosa. Lui le donò un sorriso falso, non intendeva aiutarla.
Le altre due donne, ancora sulla porta di casa, guardavano la scena preoccupate. Molly percepì la voce di Meena sussurrarle “hai visto che stronzo, si?!”.
Sherry rese il suo volto una maschera seria e decisa ed iniziò a scendere i gradini con incalcolabile lentezza.
Molly trattenne una risata quando vide l’uomo  irrigidire la mascella per poi prendere la sorella fra le braccia con aria palesemente irata. La donna, tuttavia, invece di ringraziarlo gli sorrise malignamente.
«Mi sono dimenticata il cappotto!»
Lui stava per risponderle malamente quando la voce di Molly evitò la lite.
«Ci penso io.»

 
«Non ci posso credere! Che ci fai qui?»
Mycorft Holmes, completo d’alta sartoria, ombrello fedele e postura elegante le sorrise sarcasticamente.
«Si, Sherrinford è un piacere anche per me rivederti così presto!»
La donna lanciò un’occhiata al fratello minore che per tutta risposta la mise a terra guardandola con aria disinteressata.
«Siete veramente incredibili voi due. Normalmente non vi sentireste neanche per Natale ma se dovete allearvi contro di me fate a gara.»
Il maggiore degli Holmes le si avvicinò con aria cordiale.
«Ci preoccupiamo per te.»
La donna lo guardò con fare divertito.
«Si, certamente…e comunque no, non sta succedendo nulla che possa interessare i tuoi protetti Mike.»
L’uomo si irrigidì al soprannome ma per tutta risposta aprì la portiera della macchina nera per farla salire.
La Holmes si voltò verso le due donne che li avevano seguiti. Prese il cappotto che Molly le porgeva con un sorriso, l’abbracciò, lanciò un finto sguardo d’odio al fratello minore e salì.
Mycroft si voltò verso il fratello.
«Suppongo tu voglia tornare a Baker Street.»
Il detective incrociò le mani dietro la schiena e sorrise sarcasticamente.
«Precisamente, divertiti a fare la tata.»
«Quanta simpatia!»
La voce di Sherry riecheggiò nella strada vuota.
Il maggiore degli Holmes strinse le labbra innervosito prima di riprendere uno dei suoi sorrisi di circostanza.
«Vuoi un passaggio?»
Il detective gli rispose con la medesima espressione.
«No, ti ringrazio. Prenderò un taxi.»
Molly guardò prima l’uno e poi l’altro. Era ovvio che Mycroft volesse coinvolgerlo in qualche modo in quello che stava succedendo ed era anche altrettanto ovvio che Sherlock non ne avesse alcuna intenzione.
«Io invece un passaggio lo accetterei volentieri!»
La voce di Meena fece voltare tutti i presenti verso di lei. Molly alzò un sopracciglio con fare dubbioso.
«Non volevi restare da me?»
La donna scosse le spalle ed arricciò le labbra per il ribrezzo.
«Non in quella casa, con tutto quel» mosse la mano come per cancellare l’immagine dai suoi occhi «sangue.»
La patologa la guardò scuotendo la testa ma Mycroft si ricompose e le sorrise con educazione.
«Credo non ci abbiano presentati Miss…?»
La donna sorrise porgendogli la mano.
«Meena!»
Molly trattene una risata per l’espressione quasi sconvolta dell’uomo al non rispetto dell’etichetta da parte dell’amica.
Sherry si affacciò, sorrise e fece segno alla donna di salire.
Sherlock indietreggiò di qualche passo sino ad essere vicino alla patologa e mentre lei salutava con un sorriso le due donne e Mycroft, lui sorrideva con malizia al nervosismo palese del fratello maggiore.
Non appena la berlina fu partita, il detective si riavvicinò al marciapiede guardando in entrambi i sensi di marcia alla ricerca di un taxi senza, tuttavia, alcun successo. Prese il cellulare per chiamare la società competente ma si bloccò quando vide la patologa allontanarsi con un sospiro dal portone di casa e prendere anche essa il cellulare. La guardò con un sopracciglio arcuato e fare interrogativo, lei sorrise, telefono all’orecchio.
«Le chiavi…sono a casa.»
Il detective comunicò l’indirizzo al centralinista ed attaccò l’apparecchio avvicinandosi alla porta. Molly lo guardò con aria interrogativa e premette il tasto rosso del telefono.
Lo vide guardarsi intorno con aria circospetta mentre estraeva un astuccio nero dalla tasca del cappotto; poi si avvicinò alla porta e dopo qualche tentativo fallito girò la maniglia ed il portone si aprì.
Molly guardò alternativamente la porta spalancata e l’uomo che accennava un sorriso.
«Prego, dopo di te.»
Lei lo redarguì con uno sguardo.
«Avrei chiamato i pompieri.»
«Sono le 5 di mattina del primo dell’anno…»
Molly sorrise scuotendo leggermente la testa ed entrò. Si guardarono per qualche attimo poi le distolse lo sguardo e lo riportò nuovamente su di lui.
«Quanto devi aspettare?»
Sherlock alzò il bavero guardandosi in giro.
«Mezz’ora….assurdo!»
Molly accennò una risata.
«Sono le 5 del mattino del primo dell’anno….»
L’uomo arcuò semplicemente un sopracciglio con aria divertita.
«Sali per un caffè?»
Lui la scrutò con espressione leggermente sorpresa e lei non poté evitare alla proprie guance di colorarsi. Come le era uscito? Era impazzita o cosa?
Si guardò in giro imbarazzata.
«Cioè, dato che devi aspettare, si, insomma fa freddo, ecco.»
Lui accennò un sorriso mentre l’attenzione della patologa era altrove e si avvicinò di un passo.
«Suppongo ti serva il mio aiuto per entrare in casa, non credi?!»
Lei sorrise e si incamminò su per le scale mentre Sherlock chiudeva il portone dietro di sé e la seguiva.

 

Nota autore:
*Meena viene citata, come amica/confidente, nel “Blog di Molly Hooper” appositamente creato dalla BBC successivamente alla serie. L’ho trovato per caso e sinceramente mi sembra un po’ troppo ridicolo per ciò che riguarda Molly o comunque per come si è evoluto il suo personaggio nelle serie successive (da quello che ho potuto capire il blog fa riferimento solo alla prima serie) ma ovviamente mi attengo ai fatti; del resto io ho creato una sorella per Sherlock. ^^
So che per essere un primo capitolo è poco “appariscente” ma mi rifarò con il prossimo…purtroppo.
L’aggiornamento temo non sarà costante ma cercherò di fare del mio meglio.
A presto,
Anne ^^

  
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