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Autore: Eneri_Mess    25/11/2014    2 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo III -
[Minacce]
 
 
 
 
Do what you want ‘cause a pirate is free,
You are a pirate!
 
[You are a pirate – Lazy Town]
 
 
 
 
Grand Line.
Red Jack Island.
Promontorio dominante la città di Fulham.
 
 
 
 
La temperatura dell’aria era un solletico fresco sulla pelle ancora calda di letto. Si strinse nelle spalle, tirando meglio su la vestaglia che si era messa sulla mise leggera da notte. Non che risolvesse molto: i brividi le avevano fatto venire la pelle d’oca, ma veder sorgere il sole dal mare, seduta comodamente al tavolo della terrazza, era uno spettacolo che valeva le poche ore di sonno. La distrazione, per quanto bella, tuttavia non cancellò il senso di irrequietezza che l’aveva privata del riposo. Dopo qualche minuto, con un sospiro, tornò a fissare il giornale – edizione speciale della sera prima – e la prima pagina, su cui capeggiavano due foto.
La prima sulla sinistra era il reportage di quella che doveva essere stata una base della Marina. I resti testimoniavano una sorta di esplosione, come se le gigantesche mani capricciose di un bambino si fossero abbattute sulle pareti e avessero sparpagliato mattoncini ogni dove. Sulla destra della pagina invece, con un’espressione per nulla divertita e che sembrava trafiggere dalla carta stampata, vi era il manifesto aggiornato di Gol D. Bryan, trecentottanta milioni di berry a pendergli sulla testa.
Il titolo accusava “L’Erede distrugge la 74a Divisione – Marines seppelliti vivi”.
Erano passati quattro anni dalla prima volta che aveva visto apparire quel volto segnato dalla rabbia sulle notizie del mondo. In quel lasso di tempo aveva letto di alcune sue imprese che gli erano valse l’aumento graduale della taglia, ma la foto era sempre rimasta invariata, quella di un quattordicenne dietro la cui sorpresa del momento si celava un senso di angoscia.
Questo fino alla sera prima, quando aprendo l’inatteso giornale aveva potuto vedere, prima di mettere a fuoco la notizia in sé, come il ragazzo fosse cresciuto: niente più espressione spaventata, i lineamenti si erano affinati e induriti insieme allo sguardo, i capelli erano un po’ più lunghi e il fisico era maturato. Passò le dita sull’immagine, come se con quel gesto avesse potuto raggiungerlo realmente. C’era qualcosa che non le piaceva per niente e la rattristava: era la foto di una persona intaccata dal risentimento, furiosa, ed era ciò che le aveva dato pensiero tutta la notte. Avrebbe voluto fare qualcosa. Ma, soprattutto, capire.
Perché Bryan, di punto in bianco, aveva cancellato una base della marina con tanta ferocia?
Non lo conosceva direttamente, eppure aveva appreso da più fonti che un’azione del genere non sembrava proprio da lui. Se la sua taglia era maturata nel tempo era dovuta a scontri con altri noti pirati, o alla sopravvivenza a tutti quei pluridecorati marines e famosi cacciatori di taglie che avevano tentato di accaparrarsi la gloria cercando di catturarlo. L’unico fatto fuori dall’ordinario che ricordasse era stato il rapimento di una delle principesse di Arba, ma confidava nel fatto che la storia raccontata dai giornali mancasse di parecchi dettagli.
Tirando le somme, l’Erede si era dimostrato molto diverso dalla minaccia profetizzata dall’opinione pubblica ai tempi di Salmoa, quando il suo nome era risuonato addirittura fino in cielo.
E radere al suolo un quartier generale, lasciando decine di uomini a morire in quel modo, non pareva rientrare minimamente nel suo modus operandi. Eppure le tracce rimaste e le testimonianze – troppe per essere state inventate – puntavano il dito accusatore contro il ragazzo, senza altre soluzioni.
Era una faccenda che doveva cercare di appianare quanto prima. Se c’era qualcosa sotto, come era sicura che fosse, se ne sarebbe occupata. L’ultima cosa che desiderava era vedere il giovane volto trasformarsi in quello di un pirata senza scrupoli, di cui il mondo al momento era in sovrabbondanza. E l’unica cosa in cui sperava – per cui prese un lungo respiro per calmarsi – era non essere, di nuovo, la causa dell’accaduto.
« Per tutte le sirene, si gela! Che ci fai vestita così qui fuori!? »
La quiete della prima mattina fu spezzata dal gracchiare preoccupato dell’anziano proprietario della villa, appoggiato a un nodoso bastone dal pomello a rostro sull’ingresso della terrazza. A differenza della donna, la vestaglia dell’uomo era in lana pesante ma di un colore giallo canarino improponibile.
« Ti assicuro che ho visto aurore molte più fredde di questa » scherzò lei, non senza strofinarsi le braccia dopo aver riposto il giornale sul tavolo.
Il vecchietto le agitò il bastone davanti, ma sembrò indeciso su come rimbrottarla. Piroettò su se stesso e zoppicando – in una maniera così vistosa da essere palesemente finta – sparì nella stanza retrostante, per tornare fuori qualche minuto dopo con un plaid che buttò con poche cerimonie in testa alla sua ospite.
« Se ti buschi qualcosa poi io sentirò i morti lamentarsi per tutta la notte! » proruppe scontroso, sedendosi anche lui al tavolo, battendo il bastone in terra come a sottolineare che il suo dovere l’aveva fatto. Poi la guardò meglio, mentre questa si sistemava la coperta sulle spalle con un piacevole sospiro. Le sue sopracciglia cespugliose si aggrottarono così tanto che gli occhi parvero sparire. « Sciagurata! Non hai neanche dormito! »
Lei stirò le labbra in un sorriso mesto, spingendogli il giornale sotto il naso come miglior spiegazione che potesse fornirgli.
Intanto che lui se ne appropriava, sgridandola su come gli avi di lei avrebbero torturato il suo sonno, dalla stanza sbucò una delle cameriere della villa con il carrello della colazione. Il borbottio dell’anziano andò scemando e venne sostituito dal tintinnio della porcellana posta sul tavolo, insieme ai vasetti di marmellata, il cestino dei croissant, le teiere fumanti e una bottiglia di brandy.
Dopo che la domestica si fu congedata con un inchino, la donna stretta nel plaid attese paziente la reazione dell’anziano alla lettura del giornale, nonostante sentisse lo stomaco brontolare sommessamente al profumino dei cornetti caldi.
« Sante baldracche, ma che gli è preso!? » fu il sospiro di risposta nell’apprendere le azioni disastrose dell’Erede. « Credevo si fosse dato una calmata… »
« C’è gualcosa zotto » spiegò sicura lei, masticando con quanto più contegno potesse una delle brioche, trovando nel dolce un po’ di conforto ai brutti pensieri. Prima di continuare, tuttavia, si liberò la bocca ingoiando. « La 74a divisione non è troppo lontana da raggiungere… » soppesò, versandosi del tè caldo.
« No, ma ricordati che Bryan ha una di quelle navi della Triade del Mare… chissà quante leghe avrà macinato nella notte. E se non è così idiota come dice il giornale… » e nel dirlo, l’anziano si versò nella tazza una generosa quantità di brandy, correggendolo poco dopo con un po’ di caffè « sarà andato a rifugiarsi in una fascia di bonaccia »
« Cosa suggerisci? »
« Vuoi immischiarti!? Ma non impari mai!? »
L’occhiata eloquente e offesa di lei zittirono il vecchietto, che borbottò nella tazza qualche altro rimprovero.
« Spedisci una lettera a Sabaody e lascia fare a chi di dovere. Più stai lontana da questa storia, meno rischierai di finire nella tela del ragno » bofonchiò dopo un po’, pressato dallo sguardo impaziente della sua ospite, sul cui viso si dipinse un’espressione confusa.
« Pensi che sia una trappola per me? »
Il sospiro pesante dell’anziano fu piuttosto serio.
« Ascolta bambina. Bryan può aver scapocciato e deciso che quella base della Marina gli stava sul gozzo, ma sarai d’accordo che come spiegazione è peggio di un colabrodo in mezzo a una sparatoria. Il ragazzo ha dimostrato di aver preso molto bene la vita da pirata. Ogni tanto fa qualche stupidaggine come quella della principessa di Arba, ma per il resto è a posto, no? »
Lei annuì, dando un morso a un altro croissant.
« Concordato questo, sappiamo che non avrebbe distrutto così a cuor leggero quel posto. Dai toni del giornale, per quante panzane scrivano, e dalla nuova foto… beh, direi che c’è un problema sotto, un problema così grave da averlo portato a fare una cosa del genere. E sappiamo che “problema” ed “Erede” insieme significano… »
« … Shirami »
La donna aveva seguito il resto del ragionamento con in mano la tazza calda, osservando sovrappensiero la superficie del tè incresparsi mentre la sua presa si irrigidiva nell’ascoltare ognuna di quelle parole che nella sua testa formarono un’addizione perfetta e per cui la sua mascella si indurì.
Aveva intuito bene dall’inizio. Il problema era lei, di nuovo, perché di mezzo c’era lo zampino di quell’uomo. Se c’era la possibilità di qualche dubbio che le riflessioni dell’anziano potessero essere fuori strada, questi sparirono in breve, mentre nella sua testa molti di quei pezzi di informazioni appresi dal quotidiano cominciarono a formare una cornice nitida.
Non sapevano ancora quale fosse il perché di fondo che avesse posto Bryan di fronte all’unica soluzione di sterminare una base della Marina, ma riconoscere le tracce di quel finto Vice Ammiraglio le bastò per voler scoprire cosa ci fosse dietro, quale ennesima macabra trovata si fosse inventato per dissetare la sua brama.
« … Eve? Ohi, Eve? Ti sei persa!? »
La donna si riscosse, tornando alla realtà e quasi bruciandosi con il tè caldo che colò dalla tazza vacillante tra le sue mani.
« Ahi… scusa Jougen, dicevi? » 
« Che ne devi stare fuori! Stai già pensando a cosa fare, nevvero? Scordatelo! »
« Non posso ignorare questa cosa »
« Oh sì che puoi! Fai i bagagli e te ne torni a Heaven Ville! Io contatterò Rayleigh e se la vedrà lui »
Eve lo ignorò, sorseggiando il tè con un sospiro rapito dal buon sapore della bevanda.
« Sfrontata e impulsiva d’una ragazzina! I morti mi perseguiteranno! Sento già il lamento di tua madre… »
« Dacci un taglio, Jougen. Questa storia deve finire, e non continuare a trascinarsi finché non saremo tutti all’altro mondo e Shirami avrà consumato nel suo odio vite come quella di Bryan… o la mia » il tono era fermo e collerico allo stesso tempo, tanto che il vecchio, nonostante l’età, sentì un brivido percorrergli la schiena, che riuscì a mascherare abilmente. Tuttavia, sostenere lo sguardo color oro di lei fu troppo, e distolse il proprio simulando un colpo di tosse come a schiarirsi la gola. Il senso di colpa di essersi arreso, anni prima, tornò ad affacciarsi, e si sarebbe afflosciato sulla sedia, esausto, se non fosse stato distratto dalla mano di lei che copriva la sua, rugosa e debole.
« So che ti preoccupi, ma ho dimostrato di saper badare a me stessa, non trovi? » il suo sorriso era sincero e, lui non capì il perché, pieno di gratitudine. « Ora però ci sono loro che hanno bisogno che qualcuno vegli affinché realizzino i propri sogni. Non voglio che vivano dovendosi guardare costantemente le spalle dal mondo. L’hai detto anche tu: nonostante tutto, Bryan è sulla buona strada » il suo sorriso si ritrasse gradualmente e il suo sguardo si fece serio. « Però sappiamo che c’è chi gioca sporco. Non voglio diventare una martire se è questo che ti preoccupa. Ho già sacrificato troppo per voler aggiungere altro dolore. Quello che mi preme è che loro non debbano patire altrettanto, mi capisci? »
Jougen aprì e chiuse la bocca diverse volte, cercando di articolare la giusta risposta, nonostante la domanda fosse retorica. Si sentiva in dovere di dire qualcosa, di essere utile.
« Bambina per favore… non cacciarti nei guai, non lo sopporterei » riuscì solo a dire, neanche guardandola in faccia e avvertendo il peso di tutti i propri anni gravargli addosso. Quando sentì la mano di lei stringere salda la sua, dovette rialzare lo sguardo.
Eve sorrideva senza esitazioni, come se le fosse stato fatto un complimento.
« Tranquillo vecchio Lingua Lunga, non lascerò che i morti ti tormentino »
Jougen riuscì a esprimere un mesto sorriso, prima di rimproverarla sull’uso scorretto del suo soprannome.
 
 
 
 
« Eveeeee-saaaan »
Il nome della donna rimbalzò per la stanza fino alla terrazza con tono squillante e vivace, e la proprietaria alzò lo sguardo dalla lettera che stava scrivendo. Voltandosi, vide arrivare una scarmigliata ragazzina di non più di tredici anni che tra le braccia stringeva un pacco di fogli sgualciti.
Il sole era ormai alto, erano probabilmente quasi le undici di mattina. Eve aveva utilizzato le ore dopo la colazione per lavarsi e vestirsi, per poi prendere carta e calamaio e adoperarsi. Jougen, conclusasi la loro chiacchierata, era sparito, tornando diverso tempo dopo anche lui vestito a puntino… ma stavolta di un agghiacciante color pompelmo. E fu proprio lui ad apostrofare la nuova arrivata.
« Sul buon nome di famiglia, Clara! Non girare per casa con quei cosi ai piedi! »
Jougen dimostrava di avere una predisposizione naturale per le perifrasi evocative e molto fantasiose, e soprattutto i toni giusti da abbinarci. I “cosi” così chiamati erano un paio di vecchi, logori e sporchi anfibi che la ragazzina sfoggiava belli slacciati. Non che il resto del vestiario indicasse una cura maggiore: sembrava essersi tuffata nell’armadio, ed essere finita dentro a una gonna a pieghe con tartan rosa shocking e un top giallo a rombi arancioni. Il tutto corredato di borchie a teschio qua e là.
« Sei noioso, nonno! » lo rimbeccò la ragazzina, facendogli la linguaccia e tornando a rivolgersi alla loro ospite con un sorriso così entusiasta che sembrava le brillassero gli occhi.
« Eve-san! Questi me li ha dati Baba per te! » e dicendo ciò, fece scivolare sul tavolo con poca grazia il pacco di volantini che aveva abbracciato fino a poco prima. I fogli della lettera che la donna stava scrivendo finirono dispersi, mentre lei aggrottava la fronte davanti a tutti quei volti di ricercati che la fissavano in maniera poco rassicurante.
« Clara… ne avevo richiesti alcuni specifici… » iniziò, girandosi a guardare la teenager che le rimandò uno sguardo così gioioso neanche stesse fissando l’incarnazione del suo gelato preferito.
« Baba non si ricordava, così me li ha dati tutti » spiegò facendo spallucce.
« A che bicchiere è arrivata quella vecchia ubriacona? » si interessò Jougen, spingendo parte dei volantini verso il centro del tavolo, e gracchiando rimbrotti a caso ad alcuni dei pirati raffigurati.
« Bho? Aveva un boccale in mano! »
La risposta fu più che esaustiva.
Eve iniziò a raccogliere alcuni dei wanted, guardandoli dubbiosa. Ce ne erano di tutti i tipi: alcuni così vecchi e scoloriti che i tratti dei volti si distinguevano malamente, e riconobbe alcuni pirati ormai passati a miglior vita; altri invece parevano freschi di stampa e…
« Clara… hai disegnato tu questi cuori? » la interrogò la donna, non riuscendo a trattenere un risolino alla vista dei tratti rossi su alcuni volantini.
La ragazzina, che si era seduta a uno dei lati del tavolo, annuì imbarazzata, raccogliendo un paio di quei fogli incriminati.
« Il nonno non me li fa appendere in camera… » confessò, lanciando un’occhiata corrucciata al vecchio di fronte, che di nuovo contrasse le sopracciglia così tanto da far sparire gli occhi.
« Non è roba per mocciosette della tua età! » battibeccò, agitando il bastone.
« Io diventerò una piratessa e un vecchietto come te non potrà impedirmelo! » rispose a tono lei, facendogli le boccacce e tirandosi la pelle del viso con le dita come a volerlo insultare.
Eve non riuscì a trattenere le risate, riprendendo i volantini marcati dai cuori di Clara.
« Però te li scegli bene, eh piccola? Portuguese D. Ace, Rudy Fenris, Trafalgar Law, Cavendish, Occhi di falco… » elencò, vedendo come il livello di gradimento si capisse dal numero di cuoricini che ricoprivano la foto.
« Eve-san! Perché non mi porti con te? Così potrei conoscerli! » propose la ragazzina con un tale entusiasmo che nel gesticolare fece volare via alcuni wanted. « Posso esserti d’aiuto! Mi infiltrerò nei covi dei delinquenti e raccoglierò informazioni… » nel dirlo simulò un’aria circospetta e unì le dita a formare una pistola finta. « Sbaraglierò tutti i cattivi che vogliono farti del male… bang bang! »
« Santa sia la pazienza di Nettuno, Clara! Smettila con queste stupidaggini! Finché tirerò a campare scordati pure scemenze simili e piratuncoli da strapazzo! » la redarguì Jougen con le vene del collo pulsanti e il viso paonazzo, sputacchiando saliva. « Pace all’anima dei tuoi genitori, non mi farò perseguitare da loro perché tu farnetichi su questi tipacci imbellettati! »
Clara non sembrò minimamente toccata dal rimprovero, e ricambiò quei rimbrotti con aria annoiata e un sospiro alla “non capisci proprio niente, vecchio!”.
La donna mora, dal canto suo, non riuscì a non scoppiare a ridere, guadagnandosi un’occhiataccia.
« Scusa scusa… è che sentire un rimprovero simile da te – e nel dirlo pescò dal mucchio delle taglie uno dei fogli più vecchi, con un aitante uomo che sorrideva fin troppo pomposo, e lo sventolò in aria – grande Jabber “Lunga Spada” Jougen… è un po’ buffo »
Il silenzio fu breve. Clara, con l’espressione più sorpresa che avesse mai avuto, fece per tendere la mano e vedere meglio la foto, ma il nonno dimostrò una rapidità fulminea nel strappare il wanted alla bruna e infilarselo nelle pieghe del kimono, ancora paonazzo e borbottante come una teiera.
« Tu eri un pirata! » trasecolò la piccola, con una sorta di espressione inorridita in faccia. « Impossibile! »
« Erano altri tempi! I tempi migliori della pirateria, con uomini veri! Non questi bellimbusti che pensano più a cosa mettersi addosso e a creare casini! » gracchiò Jougen, non riuscendo tuttavia a riappropriarsi di un colorito normale. « E comunque non servono altri pirati in famiglia piccola teppistella, quindi basta! »
« Ma sei andato per mare sul serio? Hai trovato dei tesori? Hai combattuto fino all’ultimo sangue? »
Nonno e nipote finirono col parlare della carriera del primo sotto il Jolly Roger. La donna ridacchiò tra sé per la piega presa dalla discussione, soprattutto su come Jougen usasse parole altisonanti e magnifiche nel descrivere le proprie imprese, mentre la teenager ascoltava rapita, dimentica dei suoi modi poco rispettosi e affamata di informazioni. Trovando in quel siparietto un attimo di tranquillità, Eve tornò a sfogliare i vari volantini, prendendo quelli che le interessavano, ma non senza prestare attenzione ad altri.
Conosceva quasi tutti i volti riportati: di molti aveva solo sentito parlare, alcuni aveva avuto modo di trovarcisi faccia a faccia, altri… due in particolare, sempre scarabocchiati da Clara – su uno di questi aveva disegnato una faccina stupita seguita da un “DAVVERO!?”– attirarono la sua attenzione e le strapparono un sorriso malinconico. Li pose a parte, riprendendo a cercare gli altri che le interessavano. Uno strano senso di eccitazione le formicolava addosso, mentre con dita rapide e lo sguardo concentrato analizzava e divideva i fogli. Era parecchio che non si muoveva. Oltre la storia dell’Erede, aveva altre faccende di cui voleva occuparsi e andare a fondo, e dopo qualche mese di inattività l’idea la elettrizzava.
Aveva quasi finito di sistemare in vari mucchi tutti i wanted, continuando a sogghignare nel trovare divertenti gli scarabocchi della piccola peste: Roronoa Zoro e Eustass Kidd sfoggiavano zanne, corna e lingue biforcute; peggio, a suo giudizio, era toccato al vecchio wanted di Donquixote Doflamingo, dove fiocchetti e fronzoli simili adornavano l’uomo già agghindato di suo nel pellicciotto rosa; il volto rovinato di Sanji “Gamba Nera” era stato coperto da scarabocchi incomprensibili mentre a Killer “Il Massacratore” erano toccati tanti punti interrogativi.
Alla fine, l’ultima taglia a cui puntava lì in mezzo non c’era, ironia della sorte.
« Secondo me ti stai inventando tutto, vecchio rimbambito. Tu che combatti al fianco del Re dei Pirati? Non ci crederò mai! » esclamò scettica Clara, gonfiando le guance. Poi si volse e riattaccò con le sue suppliche. « Eve-san, portami con te! Ti prego! »
La donna bruna fu salvata dal rispondere dall’arrivo di una delle cameriere e di un voluminoso pacco. L’espressione della domestica era dubbiosa.
« Jabber-sama, è arrivato questo poco fa, senza destinatario. Baba-san ha… ecco… farfugliato qualcosa a proposito della signorina Eve » spiegò, insicura sui termini da usare.
Il proprietario della villa e la sua ospite si scambiarono uno sguardo. La donna prese il bigliettino che la cameriera le stava porgendo, mentre il vecchio prese il pacco e lo ispezionò con perizia, soppesandolo e scuotendolo appena.
« Cos’è? Cos’è? » si interessò subito Clara, sporgendosi dalla sedia per leggere anche lei il contenuto della missiva:
 
Mon amie,
sai a chi farlo indossare.
S.F. 21+7
D.
 
« Un messaggio in codice! E’ un pirata!?  Che significa monàmie? »
« No tesoro, nessun pirata, peggio… » rise Eve, riconoscendo all’istante il mittente.
« Bah, non sembra contenga roba nociva, o almeno non ticchetta » interloquì Jougen dopo la sua ispezione preliminare, passando il pacco alla donna che slacciò i nastri di raso blu e aprì la scatola.
Per riuscire a vedere bene il contenuto dovette alzarsi in piedi, tirandone fuori un lungo e sgargiante abito blu pavone, rifinito nei dettagli dalle piume dello stesso animale. La scollatura davanti era esageratamente profonda, mentre quella sulla schiena era coperta da un pizzo finissimo degli stessi colori cangianti delle piume. La gonna scendeva morbida con un generoso spacco sul lato sinistro. In fondo al pacco spiccavano una maschera per gli occhi finemente decorata in tono col vestito, e scarpe col tacco anch’esse in pendant.
« Ha proprio pensato a tutto… » fu il commento sbigottito della donna.
« D.? Chi sarebbe? » domandò il vecchio, leggendo il messaggio con cipiglio contrariato.
« Lunga storia… ma mi chiedo come faccia a sapere sempre dove mi trovi » ragionò la mora, continuando a rimirare l’abito. In cuor suo ringraziò che D. non fosse un cacciatore di taglie, perché quella sua assurda capacità di stanarla ogni volta era preoccupante.
« Un ammiratore segreto! » sospirò estasiata Clara, lasciandosi andare sulla sedia con un paio dei wanted che aveva scarabocchiato a cuore, rimirandoli. « Voglio diventare una piratessa bella e coraggiosa come te Eve-san »
A quel complimento la bruna le scompigliò i capelli pel’ di carota, sogghignando.
« Intanto pensa a crescere, poi ne riparliamo »
Jougen bofonchiò qualcosa sul non impicciarsi levando le mani al cielo, arrendendosi a quelle discussioni infantili.
« Sembra che avrò la settimana piena » riassunse in fine tra sé Eve dopo aver risistemato l’abito nel pacco e aver riesumato la lettera che stava scrivendo prima dell’arrivo di Clara.
Aggiunse un paio di righe, firmando con il suo nome completo, per poi prendere un altro foglio e intingere di nuovo la penna d’oca. Sapeva che ciò che stava per scrivere sarebbe stato rischioso, ma quado iniziò a grattare la carta con la punta il pensiero venne accantonato. Trascrisse coordinate, data e ora dal messaggio arrivato a lei senza aggiungere altro se non le sue iniziali. Quando scrisse sulla busta il destinatario, Jougen la guardò con uno sguardo preoccupato, stringendo il pomello a rostro del proprio bastone.
« Sicura bambina? »
Lei annuì, consegnandogli sia l’ultima lettera che quella per Rayleigh.
« Mi fido della tua rete postale. Solo… stavolta manda una delle tue colombelle, che il falco dell’ultima volta ha quasi scatenato una rissa » disse ironica, nonostante lo sguardo fosse serio.
« Che l’anima di Roger vegli su di noi »
Eve ridacchiò un’ultima volta.
« Camperai ancora cent’anni, vecchio Lingua Lunga, fidati »
 
 
 
 
Grand Line.
A confine con una delle Calm Belt.
 
 
 
Il Den Den Mushi riprese la sua cantilena di “blblblbl” nella penombra della sala comune della nave, gli occhietti tondi spalancati e sofferenti.
Era dalla sera prima che suonava a intervalli regolari senza che nessuno rispondesse. Le intenzioni c’erano state e non era difficile indovinare chi potesse essere a cercarli con tanta insistenza. Un gesto del capitano era però stato sufficiente a sedare qualsiasi iniziativa per tutta la giornata, finché dall’altro capo non capirono che nessuno avrebbe dato retta alla telefonata.
Eppure ora eccoli di nuovo lì, con il lumacofano supplicante di attenzioni e la consapevolezza che quella conversazione non potesse essere rimandata oltre.
Il capitano, seduto su una delle poltrone della stanza, quasi totalmente nell’ombra, fece un cenno di assenso col capo e la ragazza sganciò la cornetta, senza tuttavia dire nulla.
L’espressione dello snail mutò improvvisamente in una palesemente alterata.
« BRYAN! » fu l’urlo collerico che rimbalzò per la cabina. « Dove diavolo eri!? »
« Ciao Lewis, sono Gloryanne » rispose piatta la brunetta che aveva il ricevitore stretto tra le dita, lanciando un’occhiata di sottecchi all’Erede, immobile nella sua posizione. Dietro di lei, accucciati sul pavimento, la lupa bianca e il lupo rossiccio sembrarono scambiarsi un’occhiata. Il loro padrone, stravaccato contro il muro, rimase a sguardo basso, le mani fasciate inermi sulle cosce.
Dall’altro lato seguì un attimo di silenzio.
« Ciao Anne. Passami Bryan prima che mi incazzi sul serio »
La minaccia risuonò come un sibilo per la stanza, facendo rizzare le orecchie agli animali.
Non ci furono risposte. Gloryanne guardò il capitano con espressione indecifrabile, aspettando anche lei di sentire la sua voce.
Era rimasto chiuso nella sua cabina tutto il giorno, ordinando che nessuno lo disturbasse, ma era stato insopportabile non intervenire sentendolo accanirsi sugli oggetti della camera, distruggendo ogni cosa gli capitasse a tiro. E intanto il Den Den Mushi aveva squillato ininterrottamente, e lei sapeva essere Lewis fin dall’inizio. Avrebbe voluto che fosse lì, per calmare il suo capitano. Ma si rendeva conto che non sarebbe stato come le altre volte, che due chiacchiere non avrebbero risolto la questione. No, era probabile che quella volta la loro amicizia, già sul filo del rasoio per via dei rispettivi ruoli, sarebbe stata a un bivio.
« Sono qui »
L’inaspettata risposta di Bryan riscosse Anne, malgrado il tono risultasse alla stregua di una lama ghiacciata. Anche Lewis se ne accorse, ma questo non lo fermò dal riprendere a sbraitare. Per quelli che lo sconoscevano bene, si poteva percepire una vena di tormentata preoccupazione nelle sue parole.
« Ti ha dato di volta il cervello!? Che accidenti di scusa hai per quello che hai fatto ieri!? »
Nessuno all’interno della sala rispose. La mano di Gloryanne tremava leggermente nello stringere troppo forte il ricevitore.
« Le squadre di soccorso stanno ancora tirando fuori i marines dalla terra! Li hai seppelliti vivi! VIVI DANNAZIONE! » e nel sottolinearlo seguì un’imprecazione masticata, che parve quietare un po’ il suo tono. « Hai idea del casino che ne sta venendo fuori? Sarai fortunato se non ti metteranno alle costole un Ammiraglio »
Ancora, dall’altra parte, nessuno diede cenno di voler ribattere.
« Bryan vedi di capirlo una volta per tutte. Qui funziona che ogni tua azione viene penalizzata due volte » ricominciò, stavolta calmo e concentrato, sebbene con la mano libera si massaggiasse una tempia. « Tutti temono di vederti diventare un secondo Gold Roger e non vogliono che la faccenda sfugga loro di mano. Finora non hai creato enormi problemi – a parte portare via Gloryanne da Arba – ma questo sta facendo agitare tutte le alte sfere. Per loro è un campanello d’allarme e stanno valutando come affrontare la cosa »
Un risolino per niente divertito scosse le spalle di Rudy Fenris, ancora sbracato a terra vicino ai suoi lupi. Strinse le mani così forte sulla stoffa dei pantaloni che le ferite sulle nocche fasciate si riaprirono. La ragazza sentì una fitta al cuore, trovandosi impotente.
« Ohi Bryan! Stai ascoltando quello che dico!? » strepitò Lewis, perdendo di nuovo la pazienza nel sentire i suoi discorsi vagare nel vuoto.
« Ti sto ascoltando » fu la laconica risposta che ricevette dall’interpellato, le cui dita erano salde sui braccioli della poltrona alla stregua di quelle di Rudy.
« Visto che non hai perso l’uso della parola, spiegami che diavolo è successo! Te lo ripeto se non ti è chiaro: qui tira una pessima aria e non posso aiutarti se non mi racconti nulla »
Lo sguardo ardente con cui l’Erede fissò il pavimento spinse Gloryanne a riprendere la parola.
« La Marina ci ha teso un’imboscata » cominciò, cercando di reprimere la voglia di urlare al ricordo di quello che stava raccontando. « Erano troppi e sono riusciti a metterci alle strette… » e c’erano così tante cose che avrebbe potuto dire, per prolungare l’inevitabile e riportarlo a galla, ma tagliò corto. « Hanno portato via Bonnie »
« … cosa? »
Era inutile girarci intorno.
Anche se avesse raccontato per filo e per segno cosa fosse avvenuto, come la lotta si fosse protratta e avessero impiegato tutte le risorse disponibili, il racconto non sarebbe finito diversamente. Erano stati sconfitti e la sorella del capitano portata via di fronte la loro impotenza. Sentiva che sarebbe scoppiata a piangere, gli occhi che le pizzicavano furiosamente mentre la sua mano stringeva convulsa la cornetta, se suo padre non le avesse insegnato con durezza che una principessa di Arba non poteva permettersi di versare lacrime e mostrarsi debole.
Lewis impiegò quasi un intero minuto per registrare quanto ascoltato. La frustrazione che aveva provato nei vani tentativi di mettersi in contatto con Bryan per capire perché il suo migliore amico avesse compiuto una strage per lui insensata si dissiparono come una bassa marea, lasciandogli un senso di vacua incredulità. Nella sua mente emerse il viso tranquillo e rassicurante della sua sorellastra, accompagnato dall’avvertire qualcosa di profondamente sbagliato in quello che aveva appena udito.
Dall’altra parte del ricevitore il moretto sentì un fruscio e poi un’accusa esplodere rabbiosa.
« Cos’è, non rispondi più!? Che cazzo avete in mente di fare a Bonnie!? »
Lewis riconobbe la voce di Rudy, sentendo un istintivo moto di irritazione coglierlo.
« Frena un attimo! Mi stai accusando!? »
« Sei tu il galoppino della Marina! »
« Fottiti cagnaccio! Se avessi saputo qualcosa del genere vi avrei avvertiti! »
« E perché diavolo dovremmo fidarci di te!? »
« Smettetela subito tutti e due! Non siete d’aiuto! »
Gloryanne allontanò il ricevitore dal volto del compagno e questo sollevò le mani in un gesto esasperato, imprecando. Il malumore e il senso di sconfitta gli stavano macerando i nervi e tutti quei rimbrotti di poco prima erano stati la goccia che aveva fatto traboccare la sua esigua pazienza. Quel Lewis Armstrong poteva anche essere il fratellastro del suo capitano, ma il suo istinto animale non riusciva a farglielo piacere. Puzzava di idiota.
« Anne » il tono stanco del marine cercò di essere il più pacato possibile nell’ignorare il nervosismo imperversante e si rivolse all’unica persona ragionevole su quella nave. « Cosa ricordi dell’attacco? Ho bisogno di avere qualcosa su cui indagare »
La ragazza prese un profondo respiro, grata che finalmente provassero a fare qualcosa di concreto. Non le fu difficile fare mente locale, tanto gli avvenimenti fossero impressi nitidi nella sua mente e nelle ferite ancora doloranti.
« È accaduto due giorni fa. Tre navi ci hanno affrontati da prua e mentre eravamo intenti a difenderci su quel lato, da poppa sono emersi due sottomarini, sempre della Marina anche se camuffati. Ci hanno accerchiati. Erano riusciti a intrappolare Bryan con l’agalmatolite… ma non l’hanno catturato. Hanno aspettato che anche l’ultimo dei nostri non si reggesse più in piedi per portare via Bonnie » raccontò, mentre le immagini scivolavano l’una dietro l’altra vivide e crudeli. Con la coda dell’occhio vide Bryan alzarsi silenzioso dalla poltrona e avvicinarsi, senza proferire parola. Rimase con lo sguardo scuro di fianco a lei, assorto nel guardare il Den Den Mushi la cui espressione si era fatta via via più sconcertata a ogni parola che Lewis udiva.
Il primo pensiero del moro fu un più che ovvio “Qual è il deficiente che riesce a mettere ko l’Erede e poi lo lascia lì!?” ma si rese subito conto che la domanda era già di per sé una risposta: qualcuno che avesse ben altro in mente. Quando parlò, preferì chiedere forse l’informazione più utile.
« Sottomarini della 104a o della 187a divisione? Sei riuscita a vedere il numero? » domandò, pronto a restringere il campo. La marina non era dotata di molti sommergibili - per quanto in realtà potessero ritornare utili - e ciò era dovuto ad alcuni accordi presi col Regno di SubAquaea riguardo all’essere “invasivi”.
« Divisione 92 » rispose sicura Anne. Quel numero era impresso nella sua mente peggio di un qualsiasi Jolly Roger nemico avesse mai potuto odiare.
« Non è possibile »
Il tono sconcertato di Lewis prese alla sprovvista tutti.
« … non esiste nessuna divisione 92 » chiarì, rendendosi conto che più elencava tra sé i reparti che conosceva, più quello mancasse. Non esistevano sezioni della Marina compresi tra il novanta e il novantanove.
« Questo ci sta prendendo per il culo! » esplose Rudy da in fondo la sala, non riuscendo a calmarsi minimamente.
« Piantala di aprire la bocca, cane rabbioso. Questa cosa non ha alcun senso. Siete sicuri che non fossero pirati? » lo rimbeccò il marine, la mascella serrata che faceva difficoltà a non imprecare. Gli sembrava di essere finito nelle sabbie mobili: la situazione lo agitava man mano che i dettagli sfuggivano al suo controllo. Si sentiva affondare, mentre la flebile speranza di risolvere quella situazione in breve tempo si allontanava.
« A differenza di voi subdoli marines, noi pirati le nostre intenzioni le sbandieriamo apertamente! E se lo fossero stati, il capitano non avrebbe ancora la testa sul collo! » tornò a ringhiargli contro l’uomo-lupo, nella cui bocca i canini si erano fatti più acuminati.
« Rudy ha ragione… » convenne Gloryanne, desolata. Se aveva sperato nell’aiuto di Lewis, quel flebile desiderio cominciava a farla dubitare.
« Ok, ok… ora però non mi è chiara una cosa: perché accidenti avete distrutto quella base della marina, la 74a? »
« Stavamo attraccando nel porto della città per riparare i danni e curare i nostri feriti quando- »
« Quando quei coglioni hanno pensato bene di approfittarne e darci il ben servito. Hanno sbagliato giorno per attaccar briga e fare i fenomeni » concluse di nuovo Fenris interrompendo bruscamente Anne, per niente pentito.
Lewis dovette tacere. Quattro anni nella Marina non lo avevano coinvolto sufficientemente a fargli credere ciecamente nell’ideale di “Giustizia” che tutti i suoi colleghi sbandieravano apertamente, dandogli però il significato più consono a seconda della situazione – o del proprio giudizio. Per lui la Giustizia era morta quattro anni prima insieme a sua madre e al giorno in cui era stato separato da Bryan e Bonnie con la forza e la violenza. Si erano ritrovati, era vero, ma nessuno di loro tre avrebbe voluto ricoprire il ruolo che si trovavano a interpretare. Loro due eredi di un Re dei Pirati che non avevano mai conosciuto, lui obbligato a diventare marine per soddisfare i desideri di un nonno per cui contava solo perpetuare le tradizioni e l’onore della famiglia.
Per questo non si sentì di biasimare ulteriormente l’operato del suo fratellastro, ora che conosceva i retroscena. Sapeva che Bryan non avrebbe mai ucciso nessuno per divertimento, ma ricordava anche come stuzzicare la sua collera fosse una chiara dichiarazione di guerra, soprattutto se venivano coinvolti i suoi compagni o quel che rimaneva della sua famiglia.
« Rapire Bonnie a che scopo? Per far leva su Ian? La possibilità di catturarlo l’hanno avuta e l’hanno lasciato andare… » cercò quindi di ragionare il moretto a voce alta, tornando a massaggiarsi le tempie sentendo un mal di testa da stress avanzare. Doveva pensare, pensare, pensare e trovare un collegamento, un indizio, qualcosa che gli dicesse “deficiente, la strada da seguire è questa!”.
E fu Bryan, prendendo la parola seriamente per la prima volta, a trovare quella connessione. O probabile tale.
« Lew, ti ricordi il Vice Ammiraglio di quattro anni fa? »
« Certo. Ho avuto incubi per mesi di quel giorno… » confessò l’amico.
« C’è lui dietro »
L’affermazione fu lapidaria, ogni sillaba pronunciata con un odio denso eppure controllato. Gloryanne e Rudy guardarono il proprio capitano senza capire, ma egli perseverò a fissare lo snail, in attesa.
« Da quando sono in Marina non l’ho mai visto. Chiedendo di lui in giro nessuno è in grado di fornire informazioni precise. Ho dovuto smettere quando ci si è messo di mezzo il nonno intimandomi di lasciarlo perdere. E in questi quattro anni non ho letto alcun rapporto o sentito voci di sue missioni. Però all’epoca… sembrava saperla lunga su di voi »
I primi tempi in Marina, essendo molto più giovane degli altri cadetti e poco incline a tutti quegli allenamenti pesanti, Lewis aveva dedicato la sua attenzione al cercare la verità sul giorno che aveva segnato la sua vita. Il problema era che di quell’operazione a Salmoa nessuno pareva sapere niente, e quei pochi a conoscenza consideravano l’argomento tabù. Per quanto fosse testardo, Lewis si era ritrovato con un pugno di niente e la sensazione di qualcosa di ingiusto, ma aveva dovuto abbandonare le sue ricerche quando qualcuno aveva insinuato che volesse quelle informazioni per aiutare l’Erede. Suo nonno era andato su tutte le furie, facendogli capire che doveva dimenticarsi del suo passato o sarebbe stato accusato di complicità, nonostante la giovane età. Lewis però era sufficientemente ostinato e intelligente da aver trovato altre vie per non perdere almeno i legami con quelli che considerava i suoi fratelli. 
« Voglio sapere dove si trova » Bryan interruppe i suoi pensieri, con lo stesso tono monocorde.
« Scoprirò qualcosa, stanne certo » promise, avendo voglia di poterglielo giurare di persona. Soprattutto per enfatizzare le parole successive. « Tu non fare nient’altro di avventato, rimani tranquillo in qualche posto isolato, ok? Se ti mandano contro uno dei tre Ammiragli, dovrai arrivare in capo al mondo con la Mermaid’s Melody per potergli sfuggire »
Era preoccupato, perché le espressioni e i discorsi dei suoi superiori avevano lasciato ben intendere che stroncare una minaccia sul nascere era meglio che lasciarla libera di maturare e peggiorare in futuro. Ergo, sbarazzarsi delle ultime gocce di sangue di Gold Roger sarebbe stata la soluzione ottimale. E Lewis avrebbe ritardato – e impedito – quella decisione con tutte le sue forze, anche a costo di gettare via quegli anni di carriera.
Poi un pensiero lo fulminò, una porticina rimasta in disparte e socchiusa, a cui non pensava da molto tempo.
« Ian… credo dovresti andare a parlare con tuo padre » iniziò calmo, cercando di dosare un tono ragionevole nella frase. In una risposta istintiva, poteva immaginarsi l’interpellato irrigidirsi sul posto più di quanto potesse esserlo già. « Lo so che lo odi e che lo ammazzeresti volentieri, ma non abbiamo ancora capito perché questa 92a divisione fantasma abbia voluto per forza Bonnie… forse all’epoca non ti disse tutta la verità » finì, deglutendo suo malgrado. Poteva intuire che in una situazione delicata come quella andare alla ricerca del padre fosse l’ultimo pensiero che sarebbe mai passato dalla testa di Bryan. Però Lewis la vide come un percorso che sarebbe stato stupido evitare di sondare: in fondo, tutto a Salmoa era cominciato col comparire di Irwin e lo scoprire da lui il legame con Gol D. Roger. Forse avrebbe potuto trovare qualcosa sul perché la marina potesse aver voluto catturare Bonnie e non il ragazzo di cui tutto il mondo parlava.
Per l’ultima volta, Bryan fu secco nell’interrompere il flusso di pensieri dall’altro capo, come lo fu nell’ultima minaccia che concluse quella telefonata.
« Tu trova Shirami, Lew. E ti avverto. Se qualcuno torcerà un capello a Bonnie, farò sprofondare l’intera Linea Rossa »
 
 
 
To be continued
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
- Red Jack: il Jack Rosso. Mi piaceva l’accostamento =D
- Fulham: è un tipo di dado truccato. In questo caso, il nome della città principale di Red Jack.
- Jabber Jougen: dall’inglese jabber “chiacchiericcio, ciarle” e dal giap. jougen “pettegolezzi, dicerie”. Uno a cui piace dare fiato alla bocca XD
- - san: suffisso onorifico, sta pressappoco per il nostro “signor”/”signora”.
- Mon amie: dal francese. “amica mia”.  
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
Amo questo capitolo *sbrilluc* Ho adorato scriverlo, perché è un crescendo ed è ricco di pezzettini e dettagli che torneranno più avanti!
Un capitolo tra l’altro interamente dedicato ai personaggi inventati da me…!
La primissima parte è riservata al personaggio che da il nome alla storia: Eve, la mia bella Eve! Spero che la sua descrizione (caratteriale) tra le righe vi sia piaciuta =)
Sul finire invece tornano Bryan, Lewis e Bonnie cresciuti *__* Scusate l’emozione, ma mi sento una mamma orgogliosa di loro e molto sadica *smile
 
Prima delle noticine facoltative sul cap vorrei ringraziare Keyra Hanako D Hono e jillianlughnasad che continuano a seguire e commentare la storia! Spero che presto qualcun altro si aggiunga a loro 0=)  
 
 
Not(e)ce me, senpai:
 
- Jabber Jougen, Clara e Baba: tre nuovi OC! =) Jougen viene direttamente dalla prima pubblicazione della storia. Proprietario di una villa a Fulham, è un vecchio pirata in pensione che ora si occupa della miglior rete postale (losca!) che si possa avere nella Grand Line. Suoi sono i “Falchi” e le “Colombelle” citati da Eve. Come dice il suo nome (ciarle e pettegolezzi) e il suo soprannome storpiato (da Lunga Spada a Lingua Lunga) sa parecchie cose e come usarle. Ha a cuore la sorte di Eve, più avanti verrà spiegato il perché =)
Clara è sua nipote, orfana dei genitori. Tredicenne, ha la passione per i bei pirati, come si capisce dalla scena dei volantini XD È stato un pezzo divertentissimo da scrivere…!
Baba è la cuoca della villa, ubriaca da mane a sera… mi piacerebbe riproporla un po’ più in là con qualche siparietto tra lei, Jougen e la nipote XD
 
- Heavenly Eve: seconda apparizione… perché, per chi ha avuto intuito, compare per la prima volta alla fine del prologo =D La moretta della parte su “Heaven Ville” ;)
 
- Rayleigh: Solo nominarlo mi manda in brodo *love* Come annunciato nelle note del prologo, lui è uno dei personaggi “recenti” del manga che ho deciso di inserire perché, obiettivamente… è troppo figo! Scherzi a parte, si sta costruendo il suo ruolo nella storia, e ne sono davvero lieta. (per la serie… i personaggi si scrivono le parti da soli XD)   
 
- Lettera da D.: non sono molto brava nello scrivere messaggi in codice o simili. Ma vediamo… qualcuno, dai pochi indizi che o dato, ha capito cosa c’è scritto? O almeno… cos’è S.F.? =D Realmente esistente nel manga di OP!
 
- Gloryanne Arbalest e Rudy Fenris: *emozione* vi presento i due membri principali della ciurma di Gol D. Bryan, nonché miei adoratissimi OC *superlove* Gloryanne Arbalest (abbreviata in “Anne”) è la “principessa di Arba” tanto citata nel capitolo. È il Vice-Capitano della Mermaids’ Melody, mentre Rudy Fenris è il Navigatore della Mermaid’s Melody. È di base un lupo mannaro, ma quando sarà scriverò meglio su di lui. Ha con sé due compagni inseparabili, due lupi. Litiga continuamente con Lewis, soprattutto se c’è Bryan di mezzo, perché è geloso della loro amicizia… più avanti vi dirò! =D Trattatemeli bene!
 
- Bryan, Lewis e Bonnie: eccoli cresciuti, a distanza di quattro anni dal prologo che si svolgeva a Salmoa. Bryan è diventato un pirata piuttosto temuto, sempre sfuggevole grazie alla nave sottratta al padre all’epoca, e ugualmente irascibile quando si tratta di pestargli i piedi. Però non è cattivo =) Vedrete *spulciott* Ha messo su una ciurma, i cui membri principali, esclusa la sorella, sono Gloryanne e Rudy di cui si fida ciecamente.
Nel mentre, Lewis dopo l’incidente di Salmoa, è diventato un marine a tutti gli effetti, un Capitano di Vascello. Tuttavia, questo non gli ha impedito di cercare e ritrovare i contatti (in segreto) con Bryan e Bonnie, le uniche due persone che considera “famiglia”. Cerca sempre di coprire loro le spalle come può, come si legge in questo capitolo.
Bonnie… è stata rapita. Non molto da dire *cry
 
Blog su Tumblr: [ http://heavenlyeve.tumblr.com/ ] =)
 
Bacioni!
Nene
 
 
 
Ps: una mia fanart dedicata a Bryan: http://heavenlyeve.tumblr.com/post/103494077341/eccoci-di-nuovo-con-qualche-schizzo-amatoriale
   
 
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