Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    25/11/2014    3 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo XXVIII





La guerra è l'intreccio delle ombre più nere e delle luci più forti, un universo di volti smunti e occhi spenti.

Aomine strizzò gli occhi e protestò con un brontolio roco e gutturale che si esaurì immediatamente, sovrastato dalla forza imperturbabile del sonno: qualcosa di sottile gli aveva solleticato il viso e qualcosa di morbido e caldo si era adagiato sul suo collo e lo aveva fatto rabbrividire di piacere, ma la sensazione fu così vaga e inafferrabile da non riuscire a svegliarlo completamente.
Pochi istanti dopo, stuzzicato da un altro brivido, sentì un peso sul corpo farsi improvvisamente concreto e reale; mugugnò una protesta sommessa che si spense non appena le palpebre tremanti si sollevarono e diedero modo agli occhi umidi e annebbiati dal sonno di scorgere la figura confusa di Kise proprio sopra di lui.
Aomine mormorò il suo nome e restò ad osservare i lineamenti precisi ed eleganti del suo viso divenire sempre più nitidi; Kise, dal canto suo, accennò un sorriso e gli accarezzò lentamente i pettorali attraverso il tessuto spesso della canottiera scura.
La visione mattutina di Kise e la traccia di un vago piacere lasciato da quelli che dovevano essere stati baci sul collo permisero ad Aomine di dimenticare, almeno temporaneamente, ciò che era avvenuto il giorno prima e il reale motivo per cui si trovava lì e non a casa sua, e quando sentì di essere sul punto di ricordare le parole dei suoi genitori le membra si irrigidirono e ogni attività celebrale sembrò esaurirsi a causa del corpo che era scivolato lentamente e maliziosamente sopra il suo, delle labbra che si erano posate sulle costole e gli avevano stuzzicato un fianco.
Kise non sapeva se attribuire la colpa all'euforia, al desiderio di far sentire l'altro completamente a proprio agio o più semplicemente a quello carnale, ma era comunque certo e perfettamente consapevole di ciò che aveva intenzione di fare, guidato da una sicurezza che pareva raddoppiare di bacio in bacio.
Aomine, che subito si era mostrato disorientato e forse anche un po' diffidente, concentrò la propria attenzione sugli schiocchi leggeri che si infrangevano sul ventre piatto, poco più su dell'ombelico, e sul sospiro caldo di Kise che a tratti pareva la carezza distruttiva di una lingua di fuoco; ancor prima di rilassarsi completamente cominciò ad avvertire un formicolio fastidioso ma terribilmente appagante al basso ventre.
Aomine socchiuse gli occhi e lasciò sprofondare la testa nel cuscino, sfiorando il viso di Kise con una mano e lasciando che le dita si insinuassero impacciate fra i capelli biondi, ricevendo in cambio lo sguardo fugace dell'altro e un sorrisetto piuttosto eloquente che contribuì ad aumentare il formicolio al basso ventre.
Forse dopo un paio di settimane avrebbe cominciato a rimuginare su quanto era accaduto il giorno prima, avrebbe cominciato a sentire la mancanza di casa e magari addirittura dei propri genitori, ma in quel momento non gli interessava e, anzi, pensare che presto sarebbe dovuto passare di lì per prendere le sue cose gli dava noia e minacciava di rovinare quel momento paradisiaco - perché Kise era ancora fermo su di lui, aveva appena cominciato a stuzzicarlo, ma era sottinteso che avesse intenzione di continuare e, considerando che la sua immaginazione era piuttosto fervida per quanto riguardava il sesso, Daiki aveva già cominciato a pregustare il momento, scacciando automaticamente tutto il resto, i pensieri più noiosi e oscuri che si annidavano silenziosi fra le sinapsi stanche -.
Che la loro storia fosse destinata a durare o meno, Aomine aveva ormai realizzato quanto Kise fosse importante per lui e aveva valutato quale dolore avrebbe potuto ricavare da una rottura e quale felicità da una possibile continuazione, quindi non era pentito di averlo detto ai propri genitori, di aver reso la propria famiglia partecipe di una cosa importante come poteva esserlo la ricerca di un lavoro - se non di più -.
La magia sembrò scemare non appena Aomine ripeté mentalmente la parola “lavoro”, ma per una fortunata coincidenza Kise si mosse proprio in quel momento e scivolò ancora un poco più giù, riportandolo alla realtà voluttuosa del momento.
Aomine inarcò la schiena e trattenne il respiro non appena avvertì le labbra dell'altro adagiarsi sotto l'ombelico e poi scendere lentamente, in schiocchi ancor più sommessi, e le mani scivolare lentamente lungo i fianchi, fino a giungere all'elastico dei boxer.
Si trattenne a malapena dal pronunciare nuovamente il suo nome, soprattutto perché non riusciva a capire quale fosse lo scopo di chiamarlo a sé proprio in quel momento - fermarlo era da pazzi, fuori questione, ma chiedergli di rallentare per cercare di capire con più chiarezza quali fossero le sue intenzioni era un'ipotesi fattibile -.
Anche Kise scelse di rimanere in silenzio, dopotutto i risultati delle sue mosse erano direttamente riscontrabili sulla pelle bollente e i muscoli testi dell'altro, sulla schiena inarcata e, ovviamente, sull'accenno di erezione già ben distinguibile oltre il tessuto dei boxer.
Le labbra di Ryouta gli stuzzicarono lo spazio di pelle appena sopra i boxer, inumidendola appena e inebriandosi del calore che andava aumentando di bacio in bacio, una mano scivolò a solleticare l'erezione e le dita dell'altra gli sfiorarono l'interno coscia con un movimento lento; Daiki si lasciò scappare un altro brontolio roco, questa volta, però, per esprimere il proprio piacere e non il proprio disappunto per essere stato disturbato nel sonno.
Imperterrito, Kise continuò a stuzzicare l'erezione dell'altro con lenti movimenti della mano e a far confluire nel basso ventre tutto il sangue che Aomine aveva in corpo, strappandogli il respiro non appena gli abbassò i boxer.
Il fatto che Aomine stesse riuscendo a resistere alla tentazione di saltargli addosso era dovuto più che altro a quella sensazione di pesantezza assuefante che gravava su di lui e pareva tenerlo inchiodato al letto, era un invito a godere delle attenzioni di Kise ed un divieto che ribadiva imperioso che l'altro non si poteva fermare e che lui era schiavo delle sue decisioni, delle sue idee e delle sue voglie, schiavo della sua bocca e delle sue mani.
Pur avendo esitato un istante, Ryouta riuscì a dargli un immenso piacere non appena la punta della lingua percorse lentamente la lunghezza del suo membro, provocandogli un brivido lungo tutta la spina dorsale e quasi strappandogli di bocca un altro gemito roco.
Aomine si torturò il labbro inferiore con un canino e permise all'aria di fuggire dalla bocca attraverso una minuscola fessura, in un sospiro tremante, alterato dall'eccitazione.
La fessura si serrò e gli permise di soffocare il gemito spontaneo e inevitabile che si liberò non appena le labbra di Kise si strinsero attorno al suo membro e lo avvolsero quasi interamente con il loro calore.
Al respiro irregolare si andarono presto ad aggiungere le labbra contratte in uno spasmo di piacere e i muscoli tesi e tremanti, la schiena appena inarcata, le dita indecise e impazienti, strette con forza alle lenzuola: Kise lo aveva appena atterrito fisicamente e psicologicamente, annullando ogni suo senso e aumentando di fatto solo la percezione del piacere, talmente tanto da spiazzarlo. Aveva quasi la sensazione che lo stesse distruggendo a poco a poco.
Le dita di Ryouta rafforzarono la stretta e il calore della bocca percorse quasi tutta la lunghezza del sesso all'improvviso, strappandogli un nuovo singulto di piacere e spingendolo ad affondare le dita fra i capelli dell'altro e incitarlo a continuare e ad andare ancora più a fondo.
Kise accolse quella richiesta silenziosa con un gemito sommesso e aumentò i movimenti della bocca, fermandosi solo ogni tanto per riprendere fiato e torturare il membro dell'altro con la lingua.
Ryouta compì ancora qualche movimento e a Daiki sembrò di aver perso ogni briciolo di energia, tanto da non riuscire più a resistere e da ritrovarsi così a stringere i denti e strattonare le lenzuola: nonostante sperasse che non finisse mai, era perfettamente consapevole che presto sarebbe giunto al limite, forse anche prima del previsto.
Se quello era il buongiorno che Kise aveva intenzione di dargli ogni mattina, allora non c'era pericolo che potesse avere rimorsi e rimpianti nei confronti dei propri genitori, anzi era più sicuro che mai di aver fatto la scelta giusta.


Dopo quel che era successo fra loro pochi giorni prima, Midorima non era sicuro che accompagnarlo all'università o venirlo a prendere seguendo la normale routine fosse molto saggio da parte di Takao, ma non poteva negare che vederlo lo tranquillizzava, gli dava più sicurezza, si sentiva rinvigorito, e poi non poteva permettere alla propria coscienza di disabituarsi a quella presenza, soprattutto perché Takao era stato improvvisamente trascinato nel vecchio progetto di Kuroko.
«Shin-chan!» Midorima abbassò istantaneamente il capo, gettando una rapida occhiata a terra nella speranza di scorgere un'anomalia che potesse distrarlo e fargli dimenticare il bruciore che improvvisamente era divampato sulle guance: a giudicare dalla voce cantilenante e dalla velocità con cui sventolava le braccia, Takao doveva essere più euforico del solito, probabilmente perché sapeva quanto fosse importante quella giornata per lui e perché era impaziente di conoscerne l'esito, mentre Shintarou non capiva neppure esattamente il motivo di quel rossore sul viso - il ricordo di pochi giorni prima? Oppure si trattava di semplice imbarazzo causato da quella voce allegra che aveva trafitto la serietà e il silenzio di molti giovani universitari ambiziosi? -
«Allora?! Com'è andata?!» Midorima lo guardò solo per un istante, ma quell'occhiata fugace gli bastò per mettere a fuoco il suo sorriso: esitò, si sentì schiacciare da quell'euforia reale e fittizia in egual misura, dal fatto che Takao sembrasse aver già dimenticato l'accaduto di pochi giorni prima e finalmente, dopo qualche attimo di esitazione, riuscì a rispondere.
«Considerando che oggi il Cancro è in quarta posizione, poteva andare meglio.» inforcò gli occhiali e inspirò appena, in cerca della sua tipica fermezza nel modo di porsi e di parlare.
«Sono sicuro che sarai uno dei migliori.» Takao non gli staccò gli occhi di dosso e ampliò il sorriso, facendolo sentire ancor più in imbarazzo e sventando la sua intenzione di ritrovare la calma «dopotutto hai studiato tanto, te lo meriteresti davvero.»
«Staremo a vedere cosa mi riserva il destino, dopotutto L'uomo propone, ma Dio dispone
«A quando i risultati?»
A Midorima venne istintivo guardarlo ancora, questa volta non sentendosi imbarazzato, ma piuttosto divertito: a Takao brillavano gli occhi, lo fissava insistentemente, con le dita strette in una morsa impaziente appena sotto il mento. Era peggio di sua madre: voleva sapere tutto e subito, desiderava che i risultati fossero già stati affissi in bacheca e pareva incapace di aspettare.
«Fra tre giorni.» Shintarou sbuffò appena nel realizzare che, sì, tre giorni erano davvero molti, rischiava di morire di impazienza insieme a Takao.
«Chi verrà scelto avrà quattro giorni di riposo.»
«Quindi hai ancora una settimana.»
«Non è detto che io venga scelto, Takao. Non saltiamo a conclusioni affrettate.»
«No, non sono affrettate.» Takao accennò un sorriso, sicuro delle sue parole, e Midorima si sentì schiacciare dall'evidente e ingombrante ammontare di fiducia e ammirazione che l'altro nutriva nei suoi confronti.
«Passiamo da te?»
Shintarou rimase in silenzio per qualche istante, soffermandosi sul vecchio borsone dello Shutoku imbracciato da Takao: ovviamente quella domanda si riferiva all'esigenza di una veloce capatina in casa Midorima per recuperare un completo da basket e mettere finalmente da parte l'uniforme universitaria.
«Sei sicuro di volerlo fare?» non era sicuro che a Takao potesse fare del bene giocare tutti insieme a basket, ma allo stesso tempo era consapevole di quanto stare in compagnia potesse farlo sentire meglio.
«Certo che sì! E adesso sbrighiamoci, o faremo tardi!»


Era ridicolo che pochi giorni prima avesse disdegnato per l'ennesima volta la possibilità di un impiego ed ora si trovasse alla disperata ricerca di un lavoro.
La decisione, ovviamente, non era venuta da una sua spontanea volontà , ma piuttosto dal fatto che Kise avesse menzionato la faccenda del lavoro, accrescendo il senso di colpa che nutriva nei suoi confronti: occupava casa sua, ma non poteva permettersi di fare il mantenuto, sarebbe stata una mancanza di rispetto nei suoi confronti e un punto in meno per il suo orgoglio.
Se per i suoi genitori non era mai stato disposto a muovere un muscolo e neppure a pensare ad un possibile lavoro, per Kise poteva concedersi uno strappo alla regola.
Se c'era un lavoro sul quale Daiki si era ritrovato più volte a fantasticare - restavano relativamente poche, però, visto che pensare ad un possibile futuro lo proiettava irrimediabilmente sul campo da basket - era quello di poliziotto, ma la fedina penale sporca, pur trattandosi di sole due settimane di detenzione, non gli avrebbe mai permesso di ricoprire quel ruolo, per cui Kise, che lo aveva spinto alla ricerca del lavoro, era anche colui che inconsapevolmente gli aveva sottratto l'unico che avesse mai attirato la sua attenzione.
Aomine sbuffò sommessamente contro la sciarpa morbida, compiacendosi del calore che si annidò nella lana e gli scaldò il viso per un istante, poi piegò gli ultimi curricola rimasti e li infilò in tasca, stufo di rimbalzare da una parte all'altra della città, in quella che sembrava essere a tutti gli effetti una vana ricerca.
Dondolò appena sul posto e si guardò intorno, indeciso se entrare o meno in uno dei locali che si affacciavano sulla strada: aveva bisogno di pensare, e sarebbe stato molto più facile se si fosse trovato al caldo, con qualcosa sotto i denti.
Aomine arricciò le labbra e brontolò sommessamente non appena sentì un feroce gorgoglio provenire dal suo stomaco, ma decise di ignorarlo: non si era mai fatto tanti problemi a costringere Kise a comprargli qualcosa da mangiare, ma ora anche il solo pensiero di uno stupido caffè o di una misera brioche pesavano come macigni sulla coscienza; infine si ricordò che sarebbe dovuto tornare al più presto a casa sua per prendere le sue cose e la fame si esaurì all'improvviso, così come si era manifestata.
Ancora fermo sul bordo del marciapiede, rivolse un'occhiata annoiata ai negozi dall'altra parte della strada e, vittima delle vecchie abitudini, si soffermò su un crocchio di ragazze imbambolate davanti ad una vetrina che, ad una prima occhiata, gli parve piena di torte.
Daiki fissò per qualche istante il punto dove si concludeva la gonna di una delle ragazze, ma non riuscì davvero a concentrarsi e fu disturbato da un pensiero che fece da interferenza alla sua contemplazione e lo costrinse a sollevare lo sguardo.
Aomine sussultò appena, realizzando solo in quel momento che quello era il locale di Murasakibara e Himuro, e così, considerando l'idea di salutarli - anzi di salutare solo Murasakibara -, scattò in avanti e attraversò velocemente.
Una volta arrivato di fronte alla vetrina, dove fino a pochi istanti prima erano rimaste imbambolate le ragazze, sospirò sconsolato e rivolse una rapida occhiata ai dolci esposti, per poi soffermarsi su un foglio appeso al centro, a pochi centimetri dalla sua testa.
Gli occhi di Daiki seguirono le righe che campeggiavano sul foglio in un guizzo rapido, e all'improvviso si sgranarono appena, le labbra si dispiegarono in un piccolo ghigno soddisfatto: di certo non era ciò a cui aspirava, ma come inizio non sarebbe stato neppure dei peggiori.


Quando Kise sentì la porta scattare adagiò il mestolo sul lavandino e abbassò il fuoco, recandosi velocemente fuori dalla cucina.
«Sei tornato presto! Non è ancora pronto!» il viso di Kise fece capolino al di là dello stipite della porta e le labbra si incresparono in un piccolo sorriso.
«Sei passato dai tuoi genitori?»
«Ah.» Aomine annuì appena e si appoggiò stancamente contro il muro, abbassando appena il viso per assecondare il bacio che l'altro sembrava volergli dare a tutti i costi - almeno a giudicare dall'imbarazzante posizione delle sue labbra -.
«E com'è andata?»
«Bene.» Aomine sfiatò appena e adagiò il borsone ai propri piedi, e Kise ampliò il sorriso.
«Visto? Te l'avevo detto che si sarebbe risolt–»
«Non c'erano.» Aomine gli passò accanto con fare disinteressato e prese posto a tavola.
«Eh?!» Kise, dal canto suo, si voltò immediatamente e rantolò appena, increspando le labbra in una piccola smorfia.
«Aominecchi!»
«Ohi, non fare la lagna. Non avevo voglia di vederli.» Daiki aveva preferito optare per qualcosa di rapido e indolore, il motivo per cui si era prodigato subito per recuperare le sue cose era semplicemente per prevenire un eventuale cambio di serratura da parte dei genitori.
Ryouta rimase a fissarlo per qualche istante, gonfiando appena le guance per poi sbuffare sommessamente, ma ciò significa che Aomine sarebbe rimasto ancora lì con lui e si tranquillizzò, così prese posto al suo fianco, afferrandogli la mano e stringendogliela appena.
«Sai, credo che sia ora che mi trovi un lavoro.»
Kise gli rivolse un'occhiata sorpresa e aggrottò la fronte, carezzandogli il dorso della mano con un lento movimento del pollice.
«Hai qualche idea?»
Aomine lo guardò solo per un istante, poi si soffermò sulle loro mani e negò appena: di certo non poteva dirgli che avrebbe voluto diventare poliziotto e che non avrebbe potuto a causa di quelle due settimane passate in carcere, avrebbe rischiato di farlo sentire in colpa per qualcosa di cui lui stesso non si era mai realmente pentito.
«Però ho chiesto a Murasakibara.»
Kise sgranò gli occhi e si avvicinò un poco, esortandolo a continuare con la sola forza dello sguardo.
«Fra un paio di giorni inizierò un periodo di prova di un mese al locale.» Aomine fece una piccola pausa e ricambiò le carezze di Kise con un movimento lento del pollice «quell'altro ha detto che siamo in quattro e che ne prenderanno due, quindi ci sono ottime probabilità ...»
«Himurocchi.» Kise lo corresse e sorrise vagamente intenerito «non pensavo sapessi cucinare.»
«Infatti starò alla cassa, scemo.» Aomine diede una rapida occhiata ai fornelli e aggrottò appena la fronte, sfiatando divertito «e neanche tu sai cucinare, a quanto pare.»
«Eh?»
«La cena sta bruciando.»
«Ah! La cena!»


Aomine inspirò appena e lasciò scivolare le mani nelle tasche del piumino, prima compiendo un passo a sinistra, poi due a destra: Kise lo aveva costretto ad uscire con una decina di minuti in anticipo perché voleva che arrivasse prima dell'apertura e facesse una bella figura con i due titolari - come se avesse bisogno di fare belle figure con due persone che già lo conoscevano e sicuramente avrebbero avuto un occhio di riguardo per lui -. Detestava arrivare in anticipo: non solo doveva aspettare i comodi degli altri, ma soprattutto cominciava a pensare alla prospettiva di un cambiamento radicale e si innervosiva irrimediabilmente.
«Mhn? E tu che ci fai qui?»
Aomine smise di passeggiare e aggrottò la fronte, poi diede un'occhiata oltre la spalla sinistra e mugugnò indispettito.
«Tu che vuoi? Sei qui per ingozzarti già di prima mattina?»
«Veramente sono qui per lavorare.»
Aomine fece per controbattere, ma prima ancora di riuscire a pronunciare una parola si morse la lingua e si zittì per qualche istante, guardandolo in cagnesco.
«Che … che significa?»
«Significa che … ehi, un momento, non è che anche tu-?!»
«Taiga! Aomine!» la voce di Himuro risuonò all'improvviso e fece sobbalzare entrambi «vedo che siete in anticipo.»
«Eh?! Ehi, ma perché c'è anche questo deficiente?!» Aomine strepitò immediatamente e indicò Kagami.
«Mi dispiace Mine-chin, avevo detto a Muro-chin che non lo volevo, ma ha insistito.» Murasakibara mugugnò con fare disinteressato e Kagami ringhiò.
«Tatsuya, perché lui è qui?!» Kagami affondò un dito nella spalla di Aomine, che si scostò immediatamente.
«Non mi toccare, idiota!»
«Insomma, non credo che sappia cucinare!»
«Ehi!»
«Taiga, Aomine si occuperà della cassa, sta tranquillo.»
Sia Aomine che Kagami sfiatarono appena, rincuorati dal fatto che avrebbero avuto incarichi diversi.
«Muro-chin, io non voglio cucinare con lui.» Murasakibara indicò Kagami con un brontolio «quelle sopracciglia potrebbero cadere nella glassa.»
«Atsushi.»
«Cosa?! Ripetilo se hai coraggio!» Kagami ringhiò nuovamente e Aomine ghignò divertito.
Himuro, dal canto suo, sforzò un sorriso e si augurò che gli altri due stagisti facessero tardi e non dovessero assistere a quella scena decisamente imbarazzante e infantile.


«Shin-chan, dovresti uscire un po'! Stai sempre chiuso da qualche parte a studiare!»
Midorima arricciò il naso in una piccola smorfia e accese il computer, osservando lo schermo nero cambiare tonalità e farsi leggermente più chiaro ed opaco.
«Quanto rumore.» sbottò, per poi prendere posto di fronte al computer «i risultati online servono per far risparmiare tempo.»
«Shin-chan il parsimonioso!» Takao strepitò e parlò con tono sostenuto, come se fosse in procinto di tessere le lodi di un uomo importante «colui che spende decine di yen per oggetti assurdi ma rifiuta categoricamente di sprecare il suo tempo!»
«Takao.»
«Ehi Shin-chan.» Takao lo punzecchiò e Midorima si irrigidì un poco e strinse i denti, cercando di contenere la rabbia «non è che hai paura di metterti a piangere davanti agli altri soltanto perché potresti non essere fra quei quindici?»
«Takao!» Midorima sbottò e lo fulminò con lo sguardo non appena notò il sorriso sornione che correva sulle sue labbra, ma Takao, in tutta risposta, restò in silenzio solo per un istante e poi scoppiò in una fragorosa risata.
«Non è divertente!» Shintarou abbandonò quasi immediatamente l'intenzione di sgridarlo, rivolgendo nuovamente la propri attenzione allo schermo luminoso del computer; Takao, dal canto suo, rimase in silenzio e adagiò le mani sullo schienale della sedia, seguendo con gli occhi i rapidi movimenti del cursore.
«Ci sono.» Midorima sfiatò, la voce risuonò decisamente troppo bassa rispetto al normale, alterata dalla tensione, e così le mani di Takao si adagiarono delicatamente sulle sue spalle, come a volergli comunicare il suo sostegno e la sua presenza.
«Quanto ci mette?» Shintarou borbottò, cercando di ignorare l'inizio di dolore che si annidava nel suo stomaco e supplicando con gli occhi che il documento si aprisse.
«Ecco.» era talmente agitato che furono la voce di Takao e la presa leggermente più forte sulle sue spalle a segnalargli che il documento era finalmente aperto.
Midorima trattenne il fiato e lasciò scorrere il cursore finché non apparve la graduatoria delle prime.
«Oh! Ma Shin-chan, è fantastico!» Midorima sussultò non appena lo strepito di Takao ruppe il silenzio, e ancora prima che potesse leggere i primi cinque nomi l'altro fece ruotare la sua sedia e si ritrovarono paurosamente vicini, tanto che l'ansia dei risultati scemò completamente.
«P-perché hai urlato?»
«Eh?» Takao rivolse una rapida occhiata allo schermo e poi gli sorrise «sei primo, Shin-chan!»
Il cuore di Shintarou saltò un battito e la voce di Takao si fece per un istante vaga e lontana, molto simile ad un'eco.
«Hai un talento naturale per la medicina!» Midorima diede una rapida occhiata oltre la propria spalla e si soffermò sul risultato.
«È il massimo ...» mormorò incredulo, poi focalizzò la propria attenzione sulle mani dell'altro, ancora adagiate affettuosamente alle sue spalle, e si rilassò all'improvviso.
«Vuol dire che dovrò iniziare ad accompagnarti anche all'ospedale.»
Takao gli sorrise e, forse perché - inaspettatamente per entrambi - Midorima ricambiò, si ritrovarono improvvisamente ancora più vicini.
Il sorriso di Takao scomparve all'improvviso e Midorima restò a fissarlo in silenzio, incapace dal frenare le proprie mani dall'adagiarsi sui fianchi dell'altro.
Kazunari restò in silenzio per qualche istante e tese il viso in avanti, fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra.
Shintarou cercò di baciarlo, ma il viso di Takao gli sfuggì e aderì alla sua spalla.
«Shin-chan ...» Takao inspirò appena e socchiuse gli occhi, stringendosi a lui. Midorima si arrese di nuovo, immediatamente e irrimediabilmente, e ricambiò l'abbraccio, sospirando sommessamente.
«Ho paura ...» Takao borbottò contro la sua spalla, la voce bassa vibrò, scossa da un fremito leggero.
«Di cosa?» paura? Di baciarlo? Perché non lo amava e temeva di illuderlo? Oppure perché lo amava e non voleva ammetterlo?
Midorima si sentì pizzicare le guance e strizzò appena gli occhi: l'ultima ipotesi era decisamente troppo ottimista.
«Di perdere anche te.»
Takao chiuse gli occhi e rafforzò la stretta, affondò i denti nel labbro inferiore per fermare l'eventuale inizio di un pianto.
«Se dovesse succedere, io ...» Takao singhiozzò e una lacrima scivolò dall'angolo dell'occhio sinistro, andando ad intaccare la felpa dell'altro.
«Io non vado da nessuna parte.» lo distruggeva: i sorrisi di Takao lo illudevano che andasse finalmente tutto bene, ma poi, puntualmente, Takao cadeva a pezzi fra le sue braccia e lo faceva sentire … inutile.
Inutile era la parola giusta.
Non riusciva e non sarebbe mai riuscito a fare nulla per Takao se ogni volta finiva per illudersi che le cose si fossero aggiustate – dopotutto lo sapeva che si trattava di una ferita grande, che non si poteva rimarginare da sé -.
«Lo sai, Takao?» Midorima deglutì appena ed esitò per qualche istante «se tu fossi salito su quell'aereo, di me ora non resterebbe niente.»
Shintarou ci aveva pensato tanto, fin dal primo momento in cui aveva appreso la notizia dell'aereo precipitato, e alcune volte era riuscito ad immedesimarsi talmente tanto nell'eventualità che Takao avesse seguito Miyaji da sentirsi completamente vuoto, un involucro di un qualcosa di inesistente. Gli bastava pensare all'eventualità che Takao fosse scomparso per sentirsi improvvisamente senza identità, nudo e inutile, senza uno scopo, spoglio di sogni e ideali, era come cadere nel vuoto e non toccare mai il fondo, ma sentirlo sempre più vicino, in una tortura lenta e dolorosa.
Midorima era consapevole che la sua vita ruotava attorno a due universi: la medicina e Takao, ma il primo poteva esistere solo in funzione del secondo, perché era vero che se si fosse ritrovato senza Kazunari, di lui non sarebbe rimasto niente - un nome senza volto, una voce senza parole -.
Takao trattenne a fatica il respiro, restò ad occhi chiusi e cercò di fare mente locale, sentendosi improvvisamente in colpa: si era augurato più volte che Midorima non avesse preso in considerazione certi condizionali, ma era scontato che lo avesse fatto, solo gli dispiaceva non riuscire a rendersi realmente conto della sofferenza che si trascinava dietro.
«Anche se prima pensavo che sarei dovuto andare con lui ...» Takao si abbassò un poco, lasciò che la guancia strusciasse contro la felpa morbida dell'altro e rimase in ascolto del battito del suo cuore «sono contento di essermi strafogato fino a vomitare, altrimenti adesso non potrei essere qui, con te.»
Takao cercò di annullare ogni senso, focalizzandosi solamente sul battito sommesso del cuore dell'altro e sui ricordi precedenti la morte di Miyaji, in particolare quelli condivisi con Midorima in sua assenza.
«Ricordo ancora che la mattina dopo mi hai sgridato perché avevo finito sia il pane che la marmellata.» accennò un sorriso e Midorima allentò appena la stretta, rassicurato dal fatto che Takao avesse cominciato ad allontanarsi dal discorso precedente.
«Tu, Aomine e Kagami avete razziato tutto ciò che avevo, quella mattina.»
«Avevo fame, forse a causa dell'agitazione.»
«Agitazione?»
«Sì.» Kazunari si strinse nelle spalle e sciolse lentamente l'abbraccio «non che non fossi abituato a passare del tempo con lui, ma l'idea di stare lontano da Tokyo per un mese non mi convinceva del tutto.»
Midorima pensò che una cosa simile, detta da un tipo vivace ed energico come Takao, suonasse strana, ma non era altro che la destabilizzante conferma a ciò che gli stava di fronte, alla pericolosa e insospettabile fragilità dell'altro.
Tante volte era stato tentato di chiedergli di non partire, e lo stesso numero di volte si era ritrovato con la lingua annodata, impossibilitato a parlare a causa del peso inesorabile del suo egoismo.
Ecco: si sentiva egoista, oltre che inutile.
«Ti sono sempre stato così vicino che ormai credo sia impossibile allontanarmi da te per così tanto tempo.»
Shintarou avrebbe voluto dire qualcosa, ma sentiva di aver già dato abbastanza, non gli piaceva spogliarsi così velocemente - e totalmente - della sua corazza, per cui si alzò lentamente e spense il computer.
«Sono stato scelto, e questo significa che avrò quattro giorni di riposo che ovviamente sfrutterò per studiare.»
«Sei sempre il solito, Shin-chan.»
«Ma per quanto riguarda oggi, forse è vero che mi farebbe bene uscire.»
A Takao brillarono gli occhi, le labbra si incresparono in un sorriso vispo che spazzò via tutta la tristezza e la malinconia che fino a poco prima aveva intaccato i suoi occhi ed il suo animo.
«Allora usciamo?!»
«Potremmo andare in centro.»
«Certo, ma … Shin-chan?»
«Cosa?»
«Le biblioteche sono off-limits, ok? Non ne posso più di libri.»
«Dillo a me.»

Le più grandi guerre combattute dagli uomini solo quelle contro loro stessi, sono conflitti silenziosi in cui non esistono reali vincitori.




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L'angolino invisibile dell'autrice:

Scusate la lunga attesa, ma a causa de- blablabla. Lo sapete già come mai sono così lenta con gli aggiornamenti, anche io sono una povera Shin-chan in crisi, ghh.
Sto cercando di pareggiare i conti: ultimamente c'è stata troppa KagaKuro e nelle poche recensioni che ricevo (e a cui dovrei pure rispondere, trovassi il tempo D: ) mi viene sempre chiesto della MidoTaka, per cui ho deciso di focalizzarmi su Takao e Midorima (e su Aomine e Kise, perché un po' di AoKise ci vuole ogni tanto, soprattutto se ciò include inizi di capitolo all'insegna del p0rn e torture come: costringere Aomine a lavorare a stretto contatto con Kagami).
Mi rendo conto soltanto adesso che è uno dei pochissimi capitoli in cui non compare Kuroko, e il che mi fa davvero strano! D:
Comunque sia non c'è molto da dire, voglio soltanto soffermarmi sui salti temporali, visto che è un capitolo che si articola in più giorni: la prima parte MidoTaka è ambientata un giorno dopo la prima parte AoKise, invece tra la seconda scena AoKise (ambientata lo stesso giorno della prima scena MidoTaka) e la terza intercorrono due giorni, mentre l'ultima scena MidoTaka è ambientata un giorno dopo ancora (so che non si è capito niente, ma secondo i miei calcoli siamo più o meno attorno al 26 di gennaio, perché sì, tengo conto pure delle date).
Spero che vi sia piaciuto!
Alla prossima! <3
   
 
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