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Autore: lapoetastra    25/11/2014    2 recensioni
Michael, Lorenzo, John e Tommy sono diventati adulti.
Hanno cercato di andare avanti e di dimenticare, ciascuno a suo modo.
Ma nessuno ci è mai riuscito.
Le emozioni, le paure e i ricordi dei quattro protagonisti di "Sleepers" quattordici anni dopo la detenzione al Wilkinson.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Mi sveglio.
La porta della mia cella è aperta, e qualcuno attende fuori di essa.
E' una figura scura, alta, imponente.
Ho paura.
So chi è.
So cosa mi succederà.
Non è la prima volta, eppure non riesco a farci l'abitudine.
Sean Nokes si materializza davanti a me.
Mi fa alzare dal letto in malomodo, strattonandomi e spintonandomi senza gentilezza.
Mi porta nello sgabuzzino, quella stanza angusta e umida che è diventata per me la camera degli orrori.
Sento le sue mani sul mio corpo, mi spogliano e mi toccano dappertutto.
Percepisco il suo respiro affannoso soffiarmi nelle orecchie, facendomi il solletico.
Ma non mi viene da ridere.
Tremo.
Di eccitazione?
No.
Di paura, di terrore.
Come tutte le sere.
Ma ogni volta è sempre come fosse la prima, per me.
La violenza ha inizio.
E io non posso fare altro che stare fermo, aspettando che finisca.
Cerco di non pensarci, di non pensare a nulla, ma non ci riesco.
So però che devo farlo, se non voglio che questo orrore mi distrugga completamente.
Devo scontare ancora sei mesi, qui al Wilkinson, e le cose non miglioreranno di certo.
Tutto finisce, di colpo come è iniziato.
Nokes si riveste, in silenzio, e aspetta che io faccia lo stesso.
Con mani tremanti mi infilo il pigiama, che è stato gettato a terra alla rinfusa.
Non lo guardo.
E lui fa come se io non esistessi.
Mi riporta nella mia cella, sempre strattonandomi, sempre senza parlare.
Percorrendo il lungo corridoio sento distintamente i singhiozzi di John, a cui probabilmente Ralph Ferguson ha appena fatto visita.
Nokes mi butta sul letto.
Ma non se ne va, come invece fa sempre.
Stavolta chiude la porta.
Mi si avvicina.
E tutto ricomincia.
Solo che adesso è ancora più brutto, più doloroso.
Più umiliante.


Apro gli occhi.
Mi guardo attorno, nel buio, cercando di individuare la slanciata figura di Nokes.
Non c'è.
Realizzo dove sono.
A casa mia, al sicuro.
Lontano dagli orrori del Wilkinson, da quelle violenze fisiche e mentali che ho dovuto sopportare a dodici anni, insieme ai miei tre migliori amici.
Sono un adulto, ormai.
E con il tempo ho fatto carriera.
Sono diventato l'avvocato più brillante e famoso dell'intero Stato.
Ma mi sento ancora un bambino, dentro.
Quel ragazzino di appena dodici anni costretto ad essere partecipe troppo presto dell'orrore del mondo.
Da quel triste 1965 è come se non fossi mai cresciuto realmente.
Certo, in senso fisico sì, ma non a livello del cuore e dell'anima.
Questa però è la prima volta che sogno in modo così vivido e reale di essere ancora una bambola di pezza, un burattino, nelle mani di Sean Nokes.
E' buio, intorno a me, proprio come allora.
E' notte fonda, del resto.
Accendo la luce dell'abat-jour.
La sua tenue luminosità scaccia via i demoni del mio passato.
Mi sdraio di nuovo, con il respiro affannoso che sta iniziando a rallentare.
Mi tiro le coperte fin sotto al mento, come facevo da piccolo, quando avevo paura dei mostri.
Con il tempo ho capito che quei mostri esistono davvero, al contrario di ciò che diceva mia madre per tranquillizzarmi.
E non importa se non sono verdi e gelatinosi, perchè tanto sono terrorizzanti lo stesso.
Anzi, anche di più.
E sono dappertutto.
Io li ho conosciuti troppo presto.
Mi addormento.
Il mio è un sonno profondo, senza sogni e senza incubi.
La luce dell'abat-jour è rimasta accesa.
Non credo che la spegnerò più, d'ora in poi, di notte.
   
 
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