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Autore: Zenya Shiroyume    25/11/2014    0 recensioni
In un regno lontano lontano, devastato dalla guerra e dalla corruzione, regnava una giovane Principessa di soli quindici anni. Tutti la temevano, nessuno osava andare contro il suo volere, perché ciò che desiderava l'otteneva.
La chiamavano demone, ma a lui non importava...
Il servo, nonché il gemello della Principessa, era sempre lì per Lei, qualsiasi cosa fosse successo, per il suo bene e per la sua felicità...
La Saga del Male vissuta attraverso gli occhi di chi ha lottato per il bene di una persona, accettando di diventare lui stesso un demone...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Shion, Len Kagamine, Meiko Sakine, Miku Hatsune, Rin Kagamine | Coppie: Kaito/Miku, Len/Rin
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Che stai facendo?” chiese la mia Principessa perplessa, disegnando minuscoli cerchietti nella sabbia calda.

Guardai la piccola bottiglia di vetro allontanarsi tra i flutti, mentre le onde che la sostenevano mi rinfrescavano i piedi e la dolce brezza mi scompigliava i capelli.

La bottiglia galleggiava pigra tra i riflessi del sole, che in quel momento parevano migliaia di stelle.

Sto esprimendo un desiderio, dovresti provarci anche tu...” risposi, continuando a fissare quella lontana linea dove cielo e mare si mescolavano.

E perché dovrei?” chiese con superbia, stringendosi le braccia al petto.

Il mio desiderio di rivederti si è avverato...” risposi ingenuamente, come se la risposta fosse stata più che ovvia.

Mi diede le spalle. Piegai la testa di lato, confuso.

Non ne ho bisogno! -poi si girò verso di me, sfoggiando un radioso sorriso- Perché so che ci sarai sempre tu, Len, a garantirmi tutti i miei desideri!”

 

Il Villaggio del Verde brulicava di vita, la zona del mercato era ricca e movimentata. Era chiaro che quel luogo non fosse stato minimamente toccato dalla guerra, dopotutto era sotto il controllo del Re delle Terre del Blu, nazione assolutamente neutrale alle nostre faccende.

L'aria era calda e il profumo del mare permeava le numerose vie, mentre il sole brillava alto in un cielo privo di nuvole, impedendo a chiunque di trovare almeno un piccolo rifugio dalla calura estiva.

“Leeeen! Posso togliermi questo stupido mantello?” chiese Rin in uno sbuffo insofferente da bambina infastidita.

Sospirai, voltandomi verso di lei, che si agitava in continuazione la mano davanti al viso, in cerca di un po' di frescura.

“Lo sai che non puoi... Nessuno deve sapere chi sei.”

“Ma se vestita così sembro una normale popolana?” replicò, quasi urlando.

La squadrai da capo a piedi.

Il suo morbido e raffinato fiocco di seta bianca era stato sostituito da una vecchia bandana di flanella giallastra, scolorita ormai dal tempo, mentre il suo ricco abito di velluto nero e oro era stato rimpiazzato da una vecchia veste marrone, presa in prestito da una delle domestiche.

“Lo so, però io già attiro l'attenzione, se il popolo vedesse anche te, sarebbe un bel problema... Qui siamo degli stranieri, dopotutto...”

L'ennesimo sbuffo della mia sorellina. Mi dispiaceva veramente vederla in quello stato, ma dovevo fare tutto ciò che serviva per proteggerla.

Mi guardai attorno, controllando ogni passante, come se ognuno di loro fosse un potenziale nemico, poi udii lo scorrere dell'acqua.

Al centro della piazza v'era una massiccia fontana di marmo da cui sgorgavano vivaci getti d'acqua fresca. Tutt'attorno, c'erano donne intente a far provviste e mercatini ricchi di frutta e verdura.

Sentii Rin sospirare sollevata e la vidi correre verso quella fonte, come se in pochi secondi avesse recuperato tutte le energie.

Sorrisi, lasciandomi andare per un po': di certo non le sarebbe successo nulla.

“Vado a prenderti qualcosa da mangiare!” le urlai dall'altro capo della piazza.

Lei non sembrò farci caso, tanto era intenta a godersi l'acqua fresca, immergendo più volte le mani in quello specchio cristallino e portandosele al viso.

Allora mi voltai in cerca di qualcosa di buono da comprarle, nonostante l'idea di allontanarmi non mi piacesse per niente.

 

Ero stato più volte nel Villaggio del Verde durante il mio addestramento, me lo aveva mostrato Kaito.

Mi piaceva passare il tempo lì, scorrazzando di qua e di là tra le bancarelle e la spiaggia, dove spesso sognavo di tornare dalla mia sorellina.

Allora la mia mente tornò veloce a quel giorno nel Borgo del nostro Regno, a quella ragazzina e all'odio nei suoi occhi, ma soprattutto alla conversazione avuta con Meiko e a ciò che mi aveva mostrato.

 

È morta a causa di questa maledetta guerra, a causa di questa stupida carestia... Quindi è morta per colpa tua e della tua 'Principessa'...”

 

Dopo ciò che vidi quel giorno, la differenza tra il Dominio di Rin e quello del Re del Blu mi apparve lampante.

La nostra gente viveva nel dolore e nella paura, mentre il Villaggio del Verde brulicava di vita e il popolo era felice.

Già, quella gente sorridente che mi accolse anni addietro. Sentii la nostalgia farsi spazio nel mio cuore.

Camminando tra quelle bancarelle, i ricordi del mio apprendistato cominciarono a riaffiorare con una tale forza da sembrare incredibilmente recenti.

I giorni delle scorrazzate e delle risate vissute assieme a Kaito parevano accompagnarmi nella mia ricerca di cibo per Rin.

Ovunque mi girassi, ricordavo ogni singola avventura passata fuori dal castello, dalla mela rubata di nascosto alla capra lasciata fuggire per sbaglio.

Mi girai per controllare che la mia sorellina stesse bene, quando un dolcissimo profumo mi invase i polmoni.

Fu allora che notai un piccolo banchetto di legno colmo di dolci fatti in casa; a gestirlo, c'era una giovane donna dai capelli verdi con un bimbo in braccio.

La riconobbi immediatamente: l'ultima volta che la vidi, aspettava il suo primo figlio.

“Buongiorno” feci abbassandomi verso i prodotti esposti, quasi assaporandoli con gli occhi.

Nella mia testa, v'era l'immagine del me bambino intento nella medesima azione.

“Len? Sei davvero tu?” chiese la venditrice stropicciandosi gli occhi con fare teatrale, dopo aver messo il piccolo su una seggiola.

Sorrisi annuendo, poi mi voltai nuovamente verso la mia Principessa.

Vederla tanto felice, fuori dal castello e libera dai suoi compiti, mi levava un peso dal cuore.

“Ne è passato di tempo...” mormorai senza distogliere lo sguardo dalla mia gemella, che nel mentre si godeva l'acqua fresca della fontana.

“Eh già! -fece lei, preparando prontamente un sacchetto di carta- Cosa desideri? I tuoi soliti dolcetti?”

Annuii, rispondendo al suo grosso sorriso.

“Spero piacciano anche alla tua amica...” disse distraendomi dai movimenti esperti e precisi delle sue mani.

Sussultai. Non volevo parlasse di Rin, tanto meno che le rivolgesse la parola.

“Sicuramente! Dopotutto le tue brioche sono le migliori!”

“Adulatore! -replicò sventolando una mano per aria, in segno di imbarazzo, mentre con l'altra mi porgeva il sacchetto- Comunque, fatti vedere più spesso!”

Sorrisi nuovamente, salutando con la mano.

Subito mi diressi verso la Principessa, ma non potei trattenermi dal prendere uno di quei deliziosi dolcetti e azzannarlo.

Fu una sensazione meravigliosa.

In qualche modo, fu come tornare bambino, con le mani appiccicose di zucchero e la bocca sporca di briciole.

Sorrisi compiaciuto. Di certo Rin li avrebbe apprezzati.

Avvicinai nuovamente il dolce alle labbra, ma sentii la terra mancarmi da sotto ai piedi a causa di un impatto.

Vidi una mano piccola e esile afferrarmi saldamente il polso, poi il suono del sacchetto che colpiva il terreno.

“Mi dispiace! Ti ho fatto male?” chiese una soave voce femminile.

Un brivido mi attraversò dal cuore allo stomaco. Fu una sensazione strana, mai provata prima, ma allo stesso tempo era incredibilmente famigliare.

Parve la stessa emozione che provai rivendendo Rin... No, era più forte.

Alzai allora gli occhi dal mio spuntino ed eccola lì.

Il mio cuore mancò un battito, ne fui certo, mentre il mio equilibrio cedette ancora, o almeno fu quello che avvertii io, visto che i miei piedi erano saldamente ancorati al suolo.

Non riuscii a descrivere quello che provai. Non ci riesco tuttora...

Una giovane donna dai lineamenti quasi angelici.

L'ovale del viso era delicato e ben definito, quasi fosse dipinto dal più grande di pittori.

Gli occhi, incredibilmente innocenti, erano grandi e pieni di vita, azzurri come due zaffiri.

Invece, le labbra, di un delicato rosa pastello, affioravano su una pelle bianca come la neve. Il tutto era incorniciato da una meravigliosa chioma verde acqua, domata da due codini dall'aspetto quasi infantile, mentre svariati ciuffi le cadevano disordinatamente sulla fronte.

Si mise a ridere. Una risata dolce e sincera che mi fece battere forte il cuore.

Probabilmente fu la mia faccia a farla ridere tanto. Lo capii dalla sua espressione, ma non riuscii a muovermi tanto ero abbagliato da quel volto.

Emise un altro risolino, per poi iniziare a frugare in una vecchia sacca di tela da cui estrasse un elegante fazzoletto di seta.

“Ehi, ti sei incantato?” chiese pulendomi il viso dallo zucchero e dalle briciole, come fa una madre con il suo bambino che si è appena sporcato con la merenda.

Non mi accorsi minimamente della sua mano, fino a quando non sfiorò la mia guancia.

Sussultai a quel gesto del tutto inaspettato e avvertii il mio corpo scattare all'indietro.

“Preferisci darti una sistemata da solo?” chiese porgendomi quel quadratino di stoffa bianco, che dondolava pigro dalle sue esili dita.

La fissai per un istante, che però parve interminabile. Il mio cuore non accennava a calmarsi con i suoi battiti irregolari, per certi versi così spaventosi, eppure così piacevoli.

Appena riuscii a distogliere lo sguardo mi chinai a raccogliere quel che rimaneva del mio spuntino. O almeno era quella la mia intenzione: in quel momento volevo solo nascondere il mio viso paonazzo.

Per la prima volta, sentii di non avere il controllo della situazione. Per proteggere Rin dovevo avere tutto sotto controllo, ma di fronte a lei tutto sembrava fin troppo irrazionale.

“Mi dispiace per quelli -disse indicando il mio sacchetto, facendomi sussultare ancora- Posso ricomprarteli, se vuoi...”

Scossi la testa.

“Il denaro non mi manca, di questo puoi stare tranquilla...”

Rise nuovamente. Non la biasimai: infatti le mie parole non suonarono ferme e composte come mi aspettavo, bensì sembrarono un buffo ammasso di suoni biascicati.

“Mi chiamo Miku, tu?” fece porgendomi la mano, sempre avvolta nel suo fazzoletto di seta.

Cercai ovviamente di rispondere, ma avvertii una fastidiosissima secchezza sul fondo della gola, come se avessi appena mangiato una pagnotta vecchia di giorni.

“È da molto che non ci si vede... Len...”

Ebbi un tuffo al cuore. A presentarmi fu una voce maschile che non mi sarei mai aspettato di sentire. Una voce che mi ha accompagnato per dieci lunghi anni.

“Kaito!”

 

*****

 

Rin sorrideva come un angelo, il suo volto illuminato dai riflessi del sole che si specchiava nella massiccia fontana.

Pareva felice di parlare con Kaito, sembrava esserne quasi attratta, per non dire infatuata.

Non l'avevo mai vista ridere a quel modo con degli sconosciuti, soprattutto perché i suoi tutori l'avevano abituata a diffidare di chiunque; Lei, il fiore del male, colei che veniva considerata un demone da tutti, in quel momento aveva sul volto il più angelico dei sorrisi.

Mi girai a guardare il viso del mio vecchio commilitone, che si allargava in un'espressione parecchio divertita.

Da quando lasciai la sua dimora, il suo aspetto rimase tale e quale a come lo ricordavo: alto, sempre più di me, atletico e dal portamento fiero; i capelli corti e scompigliati, blu come l'oceano più profondo.

Esattamente come immaginavo fosse un vero Re, eppure anche lui, come Rin, nascondeva la propria identità al popolo indossando abiti ordinari.

“Vi assomigliate davvero moltissimo!” fece poi, soffermandosi su di me in cerca di dettagli che mi differenziassero da Rin, mentre il delicato volto di Miku, la sua dama di compagnia, spuntava da dietro la sua spalla come un grazioso spiritello.

Sul volto di lei, il suo sorriso continuava a risplendere, e ogni volta che incontravo quei suoi meravigliosi occhi azzurri, il mondo intero sembrava fermarsi. Come se ci fossimo solo io e lei...

“Già -mormorai distratto, come se le mie parole uscissero dalla bocca di qualcun altro- Piuttosto... Tu e Miku da quanto vi conoscete?”

Kaito ci pensò per alcuni istanti, facendo sporgere il labbro inferiore come un bambino, poi rispose:”Ci siamo incontrati più o meno qualche settimana prima che tu partissi... Non te l'ho detto perché avevi altro a cui pensare.”

“Mio padre è il capo villaggio ed è stato lui a mandarmi al castello...” aggiunse immediatamente lei, impedendo al Re di finire il discorso.

Il viso del mio caro amico si allargò in un enorme sorriso di felicità, come se quell'incontro fosse stata la cosa migliore che gli fosse mai capitata, poi notai sul volto della ragazza un velo di malinconia dovuto sicuramente alla mancanza della sua famiglia, oppure rabbia, causata forse dalla perdita della propria libertà per stare al fianco di un estraneo.

Fu allora che capii, o almeno in parte, quello che c'era tra loro.

Lui l'amava, più di qualunque altra cosa, anche più del suo stesso regno, eppure lei, per quanto Kaito cercasse di renderla felice, non riusciva a ricambiare i suoi sentimenti.

Provai una stretta al cuore.

Di fronte a me c'erano due persone intrappolate in un circolo vizioso dove nessuno dei due è veramente felice... Dove entrambi desiderano qualcosa di inafferrabile...

Come fai a essere così cieco?, pensai. Non vedi che lei desidera qualcosa di diverso?! Io potrei offrirle di meglio...

Immediatamente cercai di scacciare quei pensieri scuotendo la testa.

Non potevo aver pensato davvero quelle cose. Non ne avrei avuto motivo... Dopotutto la conoscevo solo da poche ore.

“Len, va tutto bene?” chiese Rin, sfiorandomi la mano destra.

“S-sì, sì certo!” la sua voce mi riportò subito con i piedi sulla Terra.

Mi sto solo infatuando della donna del mio migliore amico, avrei voluto aggiungere.

Di nuovo quella fastidiosa secchezza sul fondo della gola e quel senso di disagio.

La mia Principessa si avvicinò per scrutare ancora più a fondo il mio volto, ma subito mi alzai e dissi, sbrigativo: “Ho fame, vado a prendere da mangiare!”

Non attesi il suo responso. Mi allontanai a passo veloce, impettito, rigido.

Volevo metter ordine tra i miei pensieri, solo quello. Avevo bisogno di stare solo per pochi minuti.

Non sarebbe dovuto succedere... Devo solo pensare alla sicurezza della Principessa, non posso pensare a cose futili come l'amore.

Intanto, la voce di Kaito mi chiamava e mi invitava a tornare da loro, ma in quel momento avevo solamente bisogno di riflettere.

 

Il sole aveva appena iniziato a tramontare e la calma aveva preso il sopravvento tra le vie, frenetiche poche ore prima, che lentamente si tingevano dei colori del crepuscolo.

È strano quanto il tempo passi veloce quando ti diverti... O ti innamori...

“Basta! Basta!” urlai colpendomi nuovamente le guance per scacciare quel pensiero.

Dovevo smetterla, dovevo impedire alla mia mente di andare in quella direzione.

“Tutto ciò non ha nulla di logico...”

“Cosa non ha nulla di logico?”

Mi irrigidii, quasi mi congelai a quella voce. Accanto alla mia ombra se n'era formata un'altra, minuta e filiforme.

“Che cosa ci fai qui?!” chiesi senza accorgermi di stare ancora urlando.

“Sei un tipo strano. Sua Maestà non ha mai accennato al fatto che fossi tanto divertente.”

Bella. Bellissima. Quella sua espressione divertita, quel suo sorriso... Mi sembrava di essere l'unico uomo sulla faccia della Terra che potesse goderne.

“Eh! Non sembri molto sveglio, però!” fece ridendo, per poi afferrarmi la mano e tirarmi verso le ultime bancarelle rimaste.

“Che diavolo stai facendo?” replicai puntando i piedi. Non volevo essere trascinato ulteriormente in una situazione irrimediabilmente fuori dal mio controllo.

La mia priorità era Rin, e lo sarebbe sempre stata.

“Niente! Volevo solo passare del tempo da sola con te!”

Scrollò le spalle, poi piegò la testa di lato, in attesa della mia risposta.

“E, e p-perché dovresti?” riuscii a balbettare appena.

Si allontanò di qualche passo, volgendo gli occhi come zaffiri al cielo ambrato.

“Ho notato che la Principessa gode immensamente della compagnia di Sua Maestà. Dovrebbero stare un po' soli...”

Ci furono circa dieci secondi di silenzio.

“E poi, anche io trovo piacevole la tua presenza... Molto più di quanto immagini...”

Riprese a camminare, con le mani giunte dietro la schiena, e nell'aria, la sua voce iniziò a diffondersi con una dolce nenia.

La seguii, estasiato da quella melodia, come un marinaio attirato dal canto delle sirene.

Non parlai. La sua presenza sembrava aver assoggettato la natura attorno a sé con la sua bellezza.

Non interruppi quella canzone, le sue note infondevano una profondissima quiete.

“Oggi sono stata meravigliosamente con te -disse fermandosi- Credo sia stata la giornata più bella della mia vita...”

“Non sei felice con Kaito?”

La mia domanda fu molto diretta, forse anche un po' brusca, ma Miku non sembrò offendersi.

“Mi ha chiesto di sposarlo... Strano, vero? Un Re innamorato dell'umile figlia del capo villaggio... Non lo trovi buffo?”

Si voltò verso di me e nei suoi occhi vidi la malinconia. No, non è felice, mi risposi da solo.

“F-Forse...” balbettai ancora, mentre il mio cuore rispondeva con battiti sempre più irregolari. Lei fece spallucce, come se non mi avesse sentito.

“Non mi piace la vita di corte, piena di regole e precetti... Ma non riesco ad andarmene... Non voglio spezzare il cuore di Sua Maestà, che è sempre stato tanto buono con me... Mi capisci?”

Annuii, poi una nuova pausa, più lunga.

Intanto, Rin e Kaito continuavano a chiacchierare amabilmente, esattamente come si confà a dei nobili del loro rango.

“Sua Altezza la Principessa dovrebbe stare al suo fianco, non io... Io sono come un pesce fuor d'acqua, ma con te è diverso... Con te sto bene, riesco ad essere me stessa.”

Vorrei poterti rimanere vicino. Di nuovo quei pensieri, pensieri che non avrei mai espresso perché privi di senso.

“Grazie per avermi ascoltata! -si avvicinò e poggiò le labbra sulla mia guancia destra- Sei carino quando ti piace una ragazza.”

Mi irrigidii, imbarazzato, e non mi accorsi che Miku mi aveva lasciato solo tra gli ultimi mercatini.

Sul viso, intanto, il punto su cui aveva lasciato quel bacio emanava un piacevole calore.

Non appena mi ripresi, corsi anch'io dalla mia Principessa e fu allora che capii meglio ciò che Miku mi aveva confidato: Kaito, ancora seduto accanto a Rin, teneva il volto della sua dama di compagnia con la delicatezza di un fiore e le labbra erano posate timidamente su quelle di lei.

Dal canto suo, Miku era immobile, rigida e rispondeva debolmente all'amore di qualcuno che non amava e questo Kaito lo sapeva.

Entrambi sapevano ed entrambi non avevano la forza per prenderne atto.

Provai una fitta al petto. Non è amore, non è amore, continuavo a pensare. Quello che provo non è amore... E non è giusto nei confronti del mio migliore amico...

Distolsi lo sguardo e vidi Rin stringere i pugni attorno alla ruvida stoffa del suo abito.

Soffriva, lo capii subito: dopotutto tra gemelli certe cose si colgono al volo.

Riconobbi senza ombra di dubbio il suo dolore, la sua infatuazione...

Era lo stesso dolore che provavo io...

 

*****

 

Passarono due giorni dalla nostra visita al Villaggio del Verde e il ricordo di Miku si faceva sempre più forte. Per quanto poco tempo fosse passato, non potevo fare a meno di pensare a lei, distraendomi dai miei compiti di servo della Principessa.

“Non è amore...” mormorai per la milionesima volta attraverso i numerosi corridoi del castello.

Mi muovevo lentamente verso la stanza di Rin, i miei piedi strusciavano sul folto tappeto rosso, mentre le tazzine di porcellana colme di tè alla rosa tintinnavano ad ogni mio passo.

Oltre a quegli unici suoni, nel palazzo regnava il silenzio; nemmeno il resto della servitù sembrava fare il minimo rumore.

In quel silenzio la mia mente vagava da un estremo all'altro: da una parte il sorriso di Miku mi alleggeriva l'animo, donandomi una quieta e felicità, mentre dall'altro, l'espressione di dolore della mia amata gemella mi faceva sentire impotente e sembrava voler scacciare il ricordo del bacio lasciato da lei.

Di certo quello che aveva visto l'aveva ferita, non serviva essere dei geni per capirlo.

Sospirai. Non avrei potuto farci niente in nessun caso.

Lei, come me, si stava infatuando di qualcuno che non l'avrebbe mai ricambiata, per un motivo o per l'altro.

Senza accorgermene, mi ritrovai nella stanza di Rin, illuminata dalla tenue luce del sole che filtrava dalle tende d'organza.

Oltre a quel delicato filtro di tessuto mosso dal vento, la Principessa sedeva ad un tavolino tondo ad ammirare un cielo privo di nuvole.

Mi guardai attorno. Ancora silenzio, calma, perfezione e sfarzo, troppo diverso da quello che c'era fuori. Di tanto in tanto i canarini rompevano la quiete di quella stanza troppo perfetta.

Scostai la tenda e Rin mi accolse con la sua solita battuta: “Oh, è già l'ora della merenda?”

La sua voce era bassa, triste e diversa dal suo solito tono vivace e spensierato, mentre i suoi occhi erano arrossati e gonfi.

“La merenda di oggi consiste in tè alle rose e brioche!” risposi sorridendo, come se seguissi un copione nato dalla routine che avevamo costruito dal nostro ricongiungimento.

Attesi in silenzio il suo sorriso di risposta che però non arrivò mai, perciò, poggiato il vassoio sul tavolo, mi chinai all'altezza del suo volto per guardarla negli occhi.

“Perché piangi?”

Rin sussultò e voltò la testa di lato. Non le chiesi nulla, dovevo solo aspettare che fosse lei a parlarmi.

“Quella donna! -urlò poi alzandosi- Come può il Re amare una misera popolana?!”

Non risposi, dopotutto anche io continuavo a pormi una domanda simile.

Come posso innamorarmi della donna del mio migliore amico?

La Principessa si diresse verso il parapetto del balconcino e vi poggiò le mani. La vidi singhiozzare, le sue spalle che si alzavano e abbassavano in preda a violenti spasmi.

“Deve sparire! Voglio che sparisca!” urlava con la voce rotta dal pianto.

Se sparisse, tutto tornerebbe come prima, pensai. Sarebbe stata la cosa migliore, soprattutto per Rin.

“Vuoi che la uccida?” chiesi atono.

Si girò di scatto, nei suoi occhi colmi di lacrime c'era lo stupore e il terrore.

“Lo faresti davvero? -fece, quasi tremando- M-Ma t-tu provi qualcosa per lei? E il Re?”

Respirai profondamente. L'avevo spaventata e colta alla sprovvista, ma non volevo soffrisse.

“Non voglio che lei mi porti via anche te... Per colpa sua, Sua Altezza non mi amerà mai... E Len si allontanerà da me...” mormorò col viso abbassato, cercando di non farsi sentire.

Se sparisse, tutto tornerebbe come prima... Ma sarei riuscito a far del male a Miku?

Scossi la testa e Lei mi guardò intensamente, cercando di capire, perciò mi alzai e mi inchinai, poggiando la mano destra sul cuore.

“Se il mondo intero diventasse tuo nemico... Se il mondo intero ti facesse soffrire... Cancellerò tutte le tue sofferenze. Diventerò anche un demone se necessario, in modo che tu possa essere felice e continuare a sorridere...”

 

*****

 

Avevo passato tre giorni a meditare sul da farsi, la Principessa aveva espresso il suo desiderio e io avevo risposto alla sua richiesta, solo e soltanto per la sua felicità. Eppure allora non riuscii a fermare le lacrime, quella notte stessa mi sembrava di aver perso totalmente il controllo di me, ma nonostante tutto ciò, volevo arrivare in fondo per il bene di Rin.

Il vento spirava leggero tra le fronde degli alberi, mentre il frinire delle cicale scandiva lo scorrere del tempo in attesa di Miku.

Il cielo, blu come il mare più profondo, era illuminato da migliaia di stelle simili a tante isole.

Ero sul retro del Castello del Blu, accanto ad un pozzo vicino al quale mi piaceva leggere prima che io e Kaito diventassimo amici.

Il mio passo era nervoso, i miei piedi si scontravano spesso contro pietre e dossi, facendomi perdere l'equilibrio. Non riuscivo a calmarmi, il mio cuore batteva talmente forte da farmi male.

Alzai lo sguardo verso il cielo. Non c'era una nuvola, la luna mi illuminava con la sua dolce luce argentea e la mia ombra si allungava fino a incontrare la bocca del pozzo.

Intanto, da sotto il mantello, le mie dita stringevano un pugnale la cui elsa riportava lo stemma del Regno di mia sorella.

Mi chiedo se verrà davvero...

Ripensai alle decine di fogli stropicciati sotto la mia scrivania, ognuno riportante parole confuse, sbagliate, poco chiare. Passai la notte in bianco per trovare le parole giuste per incontrarla. Molte di quelle lettere sembravano bigliettini d'amore scritti da un dodicenne, mentre altre condanne a morte riportate nero su bianco.

Fu forse una delle notti più lunghe della mia, fu talmente difficile scrivere una semplice lettera, mettere su carta delle normali parole, che alla fine si rivelarono un banalissimo “Voglio vederti.”

Riuscirei davvero a farle del male? Questa domanda continuava ad assillarmi, ma cosa avrei potuto fare?

Per Rin avrei fatto di tutto, non avrei permesso a nessuno di farla soffrire... Era la mia unica certezza.

Mi prenderò tutte le responsabilità che questo mio gesto comporterà. Ogni cosa che la riguarderà sparirà per sempre, il fuoco cancellerà anche la città della mia infanzia... Ho deciso.

“Scusa il ritardo!”

Eccola, pensai riponendo l'arma nel suo fodero. Mi girai e di nuovo venni colpito dalla sua bellezza e dalla dolcezza nei suoi occhi.

“Non preoccuparti...”

Dannazione, la mia voce! urlai dentro di me. Perché non riesco a fingere almeno un po' di contentezza?!

“Len, stai bene?” chiese Miku avvicinandosi.

“Devo parlarti...” annunciai solenne, volendo concludere quella faccenda il più velocemente possibile.

Miku piegò la testa di lato, confusa. Non avevo la forza di guardarla in faccia, quel suo sguardo innocente e quel suo sorriso minavano il mio autocontrollo.

“La Principessa è innamorata del Re... -mormorai, muovendomi lento verso il pozzo- Soffre molto...”

“Lo sospettavo, ma anche tu stai male, vero?”

Ebbi un tuffo al cuore, che subito riprese a battere freneticamente.

“A c-che ti r-riferisci?”

“A quello che provi nei confronti di Sua Maestà. L'ho visto che ti piaccio, ma allo stesso tempo non vuoi tradire la sua amicizia. Non è così?”

Mi morsi il labbro inferiore e strinsi i pugni.

“E se anche fosse?” chiesi, sempre più frustrato e arrabbiato per quello che stavo facendo.

Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini, poi le sue mani strinsero la mia, dolcemente.

“So quello che devi fare... Lo accetto...”

La sua voce era tranquilla, come se avesse già previsto tutto. La mia vista iniziò ad appannarsi e i miei occhi a riempirsi di lacrime. Con un gesto quasi fulmineo la strinsi a me, il suo cuore che batteva all'unisono col mio.

“C-come faccio a farti del male?” mormorai all'incavo del suo collo.

“L'ho accettato da tempo, qualsiasi cosa il destino mi avrebbe riservato...” disse accarezzandomi la schiena.

“Come f-fai a dirlo?” ormai le mie lacrime scorrevano pesanti sulle mie guance, per poi cadere sulla spalla della donna che tenevo stretta a me.

“Perché sei tu...” la sentii aumentare la stretta, quasi volesse rimanere con me per sempre.

Respirai profondamente, ripensando al piccolo plotone di soldati che la mia gemella mi aveva affiancato, con il compito di distruggere il Villaggio del Verde. Non mi opposi alla sua decisione, l'accettai per il semplice fatto che così tutto ciò che avrebbe riguardato Miku sarebbe sparito sotto a una coltre di cenere.

Sei un mostro, fece la mia coscienza e automaticamente afferrai l'elsa dell'arma.

“P-Perdonami...” mormorai chiudendo gli occhi.

Il mio braccio descrisse un ampio arco e il pugnale calò violento nella schiena della mia amata.

La sensazione della lama nelle sue carni fu atroce, un ricordo destinato ad accompagnarmi per il resto della mia esistenza.

Desideravo non farla soffrire, nella mia testa l'immaginavo cadere in un sonno profondo e tranquillo, ma non fu così.

Emise un gemito e il suo respiro si fece immediatamente più corto. Le sue esili mani stringevano il mio mantello di tela e tremava. Teneva gli occhi serrati e le sue guance si facevano sempre più pallide, eppure lei continuava a sorridere.

A differenza mia, non versò una singola lacrima. La guardai negli occhi.

Lei era sempre stata pronta e non aveva paura, anzi, fu lei a darmi il coraggio di non cedere proprio in quel momento.

“G-Grazie...” fece con un filo di voce.

“P-Perché mi r-ringrazi?” chiesi facendola sedere a terra, con la schiena poggiata al pozzo, macchiato dal suo sangue.

“P-Perché così n-non s-starò più male... L'unico rimpianto che ho è non avuto la possibilità di stare con te...”

Mi morsi di nuovo il labbro e cercai di guardare altrove, ma lei mi prese il viso e con le ultime forze che le rimanevano, mi baciò piano sulle labbra.

Sentii il suo respiro, il suo calore, prima che la vita abbandonasse il suo corpo. Un altro ricordo marchiato a fuoco nella mia mente, che forse avrebbe placato la mia anima destinata all'inferno.

“A-anch'io avrei voluto stare con te... Perdonami...”

.

.

.

.

.

Tutto ciò che faccio, lo faccio per te... Rin...

Angolo Autrice
Allora, come va? Ho ricaricato il capitolo perché nella stesura del seguito mi sono ritrovata troppi buchi di trama che non avrei voluto riempire con troppi flashback, perciò ecco il capitolo modificato e completo ^^ Spero vi piaccia e che abbiate voglia di farmi sapere se ci sono errori o cosette che potrei migliorare, anche perché la stesura del prossimo capitolo potrebbe andare per le lunghe a causa dell'università :P
Comunque buona lettura e un bacione ^^//

 

   
 
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