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Autore: Eli_99    26/11/2014    2 recensioni
//STORIA IN VIA DI REVISIONE//
Isabel sa farsi odiare fino alla morte ma anche farsi amare al primo sguardo. Perchè in fondo era questa la particolarità di Isabel o l’amavi incondizionatamente o la odiavi con tutto te stesso.
Questo i ragazzi del Dolce Amoris l’avrebbero scoperto tra poco.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Rosalya, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sorri I'm not perfect'
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E' la vita che unita al dolore si ciba di te
e della tua strada sbagliata
e continui a pensare, placando il tormento, che bello se non fossi mai nata.
E non passa più.
E non cambia mai.
Cuore nello stomaco, testa senza eroi.
- Tiziano Ferro, Mai Nata  -


Al suono della campanella nessuno si mosse, Isabel non capiva il perché se come al solito non si era sbagliata adesso avrebbero dovuto avere un ora di matematica; contro ogni sua previsione il sognatore fece passare tra i banchi dei fogli bianchi con un'unica consegna.
«Chi sono io adesso»
“Ragazzi non spostatevi dai vostri posti, adesso voglio che vi concentriate solo su voi stessi; scrivetemi di voi stessi”
Nessuno sembrava sorpreso dalle parole di quello strano insegnante così anche se un po’ controvoglia Isabel iniziò a fissare il foglio pensando a quello che avrebbe potuto scrivere.
Non le era mai piaciuto aprirsi con gli sconosciuti quindi la consegna del tema non le dava il giusto entusiasmo e ispirazione, che di solito la invadeva quando prendeva in mano una penna.
Castiel le sbatte un foglio completamente bianco sotto gli occhi risvegliando la ragazza che lentamente stava entrando in quella parte di mondo solo sua; trucidò con un occhiata di puro odio il ragazzo prima di prestare la sua completa attenzione al foglio davanti a lei.
Senza farsi vedere prese dallo zaino il piccolo lettore mp3 impostandolo sulla riproduzione casuale.
“Sono una ragazza simpatica e solare” iniziò a scrivere.
Tutte stronzate.
“Ho tanti amici ed esco molto volentieri” continua.
Cancella tutto. Strappa il foglio.
Ricomincia.
Intanto il rosso continuava a guardare la biondina di fianco a lui, osservando come di minuto in minuto la ragazza iniziava ad apparire sempre più strana.
“Sono una ragazza strana, una ragazza che non viene mai scelta. Né per prima, né per seconda, né tanto meno per quindicesima. Io sono la non scelta.
Non sono bella, non sono magra, non sono simpatica, non sono dolce. Non sono adatta a questa società. Questo mondo in cui conta l’apparenza più che l’essere non mi piace.”
Mentre scriveva si concentrava sulle parole che poco alla volta le inondavano la mente allontanando tutti i problemi lasciando spazio alla fantasia.
“Sono un’adolescente che non sa cos’è il divertimento, o meglio da qualche tempo ne ha un concetto diverso rispetto agli altri. Per gli altri divertirsi consiste nell’uscire il sabato sera, andare in discoteca, ubriacarsi; per me è stare davanti al caminetto con un libro in mano e una cioccolata calda nell’altra.
Agli altri piace ballare, a me scrivere.
Agli altri piace l’estate, a me l’inverno.
Forse perché una come me l’inverno ce l’ha dentro.
Ho un uragano di pensieri in testa e un oceano di delusioni nel cuore.”
Fissava il foglio sorpresa, per la prima volta in vita sua anche se le costava ammetterlo stava riuscendo ad aprirsi ad un perfetto estraneo che non sapeva niente di lei.
“L’amore per me sono gli abbracci e i ‘ti voglio bene’ sussurrati.
Per gli altri sono i baci e i ‘ti amo’ detti a caso. Ormai le parole non valgono niente, i ‘mi manchi’ finiscono nel cesso.
Ora mi tocca parlare di quello che odio e amo, vero?
Odio quando cerco di scrivere ma il foglio rimane bianco.
Odio questo mondo. Odio le persone che stanno nella loro armatura di merda e giudicano, e parlano senza riflettere. Odio essere una delusione per tutti. Odio tutto e tutti, ma soprattutto odio me.
Io mi odio.
Amo la musica, è la mia migliore amica; amo comporre, leggere e scrivere.
Amo D’Avenia e Bariacco.
Amo vederlo felice, amo sentirmi libera. Amo amare liberamente.
Vorrei che anche solo per una volta scegliessero me anche se sono un disastro, perché so di non essere la ragazza perfetta quella che tutti vorrebbero; so di non essere attraente come le ragazze di oggi.
Io con i miei fianchi troppo larghi e le mie cosce che quando mi siedo raggiungono le dimensioni del continente europeo; i miei capelli banali e sempre disordinati e il mio sentirmi sempre la sfigata apatica che sta all’angolo della classe.
Vorrei qualcuno che amasse i miei pensieri, le mie mille idee; che scegliesse le risate con me e la mia parlantina, che stia con me ad ascoltare ogni mia cazzata che ho da dire.
Perché con lui mi viene voglia di parlare perché mi sa ascoltare.
Perché mi mancano quegli amici che quando vengono a casa tua fanno davvero come se fossero a casa loro, quelli che non fanno altro che fotografarsi e riempire album e album con gli scatti dei momenti passati insieme.
A cui i genitori vogliono bene, ed è triste notare che l’amicizia, come tutti gli altri sentimenti, non faccia per me. C’è chi non è tagliato per il disegno, chi non lo è per la recitazione o il canto, e poi ci sono io, che non sono tagliata nemmeno per l’amicizia, può capitare, no?
Nessuno può immaginare quanto mi manchi passare del tempo insieme a lui, i suoi abbracci spacca ossa quando urlo di voler restare sola; rivedere con lui per la milionesima volta il mio film preferito durante gli uggiosi e spenti pomeriggi autunnali.
Perché si anche se lo detestava ogni volta era disposto a guardarlo insieme sdraiati sul divano, io sopra di lui come quando eravamo piccoli mentre gli parlavo dei miei sogni e dei miei problemi.
Lui che ha sempre accettato con le mie contraddizioni e la mia monotonia, che sopporta il mio essere tremendamente lunatica;  che non si vergogna delle mie stranezze e dei miei difetti.
Mi ricordo che all’età di cinque anni ci chiedevano cosa volevamo fare da grandi, io risposi che volevo fare la principessa lui rimase in silenzio guardandomi.
A dieci anni ci rifecero la stessa domanda io questa volta risposi cantante; lui anche quella volta evitò la domanda guardandomi negli occhi.
A quindici anni ci chiesero una risposta seria; io sapevo cosa volevo fare, risposi a voce alta dicendo che il mio sogno era fare la scrittrice che un giorno avrei pubblicato un libro tutto mio.
Lui mi guardò negli occhi e mi disse che voleva vedermi felice, voleva farmi sorridere; non disse altro e mi abbracciò.
Sa ho sempre avuto un'unica certezza nella mia vita, non credo che lei possa capire come ci si sente a sapere che quell’unico punto fermo della tua vita è stato spazzato via.
Tutte le tue certezza crollano, come un castello di carta che dopo un soffio di vento si abbatte al suolo. Non importa quanto impegno, fatica e amore tu ci abbia messo nel costruirlo, questo crollerà davanti a te nell’arco di pochi secondi.
Tu ti senti perso, abbandonato perché tutto quello che sapevi fino a quel momento non esiste più; devi ricominciare da capo con solo le tue forze e tutti i fantasmi che la caduta del castello ha svegliato.
Bene la ragione del mio sorriso si è spenta solo pochi mesi fa, il mio castello di carta è stato demolito.
Ora sono una ragazza confusa, in collera con se stessa che cerca di scacciare tutti i fantasmi che la caduta del castello a svegliato; questa sono io un disastro ambulante. Da come credo, avrà capito che non sono la solita normale adolescente; e mi creda se le dico che descrivere il tutto - niente che ho dentro non è facile ma d'altronde io sono: Isabel Rebekah Wood la ragazza che in una notte a ricoperti tre isolati di carata igienica, quella che ha dato la sua festa dei sedici anni nel più grande parco a tema violando tutte le regole di quest’ultimo partendo dal scassinare la serratura.
Gli altri vedono Isabel la ragazza mito, quella popolare con una vita fantastica alle spalle; troppo perfetta perché qualcuno le possa parlare. Sono in pochi a trovare l’altra faccia della medaglia, la piccola fragile e insicura Rebekah, che senza la sua brutta copia non è nessuno”
 
Rialzò la testa dal foglio solo per la “delicata” gomitata al  fianco che il suo molesto vicino di banco le ha tirato, si accorge in ritardo che ha davanti il sognatore pronto a ritirarle il foglio; scrutando con particolare attenzione il fili che scendono dalle sue orecchie.
“Mi dispiace non volevo dare fastidio, ma la musica mi aiuta a riflettere e scrivere” sussurrò a disagio.
“Si Castiel hai trovato la tua degna compare, e non ti preoccupare Isabel solo la prossima volta abbassa un po’ il volume”
L’insegnante ritornò alla cattedra lasciandola sbalordita mentre le faceva un occhiolino.
“Ragazzi spero vivamente che già da oggi iniziate a lavorare al progetto assegnato e Iris per favore cerca di arrivare a una B giovedì”
La campanella segnò la fine delle lezioni, il sognatore uscì dall’aula lasciando i ragazzi ad accordarsi per lo svolgimento del tema; mentre una sconsolata Iris riponeva libri e quaderni nella borsa.
 “Senti io non avevo nessuna voglia di partecipare a questo progetto, quindi non aspettarti che mi presenti da te ogni santo giorno; se vuoi questo è il mio indirizzo”.
Castiel afferrò velocemente il braccio di Isabel scrivendoci qualcosa in fretta, per poi prendere lo zaino e uscire in fretta dall’aula. La ragazza si guardava ancora il braccio sconvolta da quella strana giornata; velocemente raccattò le sue cose per correre fuori dal edificio.
Il pullman sarebbe passato tra un quarto d’ora, aveva ancora tutto il tempo per ripensare a quello successo poco prima, quando un squadernino dalla copertina nera attirò la sua attenzione; era stato lasciato sul muretto poco distante dalla fermata magari qualcuno lo aveva dimenticato.
Solo per un secondo l’idea di lasciarlo li le sfiorò la mente ma la sua curiosità, ormai parte integrante della sua giovane esistenza, la sgridò per l’averlo anche solo pensato; senza farsi vedere prese il quadernino era un banale blocco prendi appunti nero con un nastro verde che lo teneva chiuso, nessuna indicazione che potesse suggerire chi fosse il possessore.
Intenzionata ad aprirlo fu interrotta dall’arrivo dell’autobus, mise il piccolo oggetto in borsa per poi, come quella mattina andarsi a sedere in una delle ultime file collegando il suo amato mp3; decise che per il momento il quaderno sarebbe rimasto nella sua borsa, non era sicuro aprirlo in pullman di sicuro l’avrebbe dimenticato finendo per perderlo.
Per tutta la durata del viaggio si chiese di chi fosse il quaderno, prestando poca attenzione a tutto ciò che la circondava; per poco non perse la sua fermata ritrovandosi a rischiare la vita per premere in tempo il pulsante.
Arrivata alla palazzina dovette salire tre rampe di scale visto che l’edificio risultava troppo vecchio per potersi permettere un ascensore; una volta aperta la porta del piccolo appartamento della zia lo trovò vuoto, solo un biglietto la informava che la donna sarebbe tornata per cena.
Senza pranzare si diresse in camera sua lanciandosi sul letto, sfinita da quello strano primo giorno; subito prese il quaderno nero pronta ad aprirlo.
“Sicuramente il proprietario non si arrabbierà, per sapere di chi è devo pur aprirlo”
Ma se il padrone del quaderno si fosse arrabbiato, magari era un diario segreto o personale; insomma se qualcuno avesse aperto il suo diario di sicuro la persona in questione avrebbe passato un pessimo quarto dora.
Un pensiero attraversò la sua mente, se davvero lo sconosciuto proprietario del quaderno teneva a quel piccolo oggetto non lo avrebbe mai lasciato incustodito; così senza più esitazioni tolse il laccetto verde che chiudeva il quadernino.

 
Lysandro Collins
 
Non dava altri riferimenti solo un nome scritto con calligrafia ordinata al centro della pagina.
Senza che se ne accorgesse le ore passarono e lei era sempre più presa dalla lettura dei pensieri di quel ragazzo, così intimi e profondi; alcuni erano scritti di fretta e gli angoli delle pagine un po’ stropicciati.
Ad ogni nuova parola si aggiungeva un immagine del ragazzo che andava a crearsi nella sua testa.
Lysandro persino il nome aveva quella patina di mistero che si celava dietro la figura del autore di quei testi così profondi e pieni di emozioni represse. Solo il rumore della porta che si apriva la ridestò dalla lettura di quel quadernino; in fretta nascose l’oggetto sotto il cuscino prima che la zia facesse irruzione nella sua stanza.
Non sapeva neanche lei perché l’avesse nascosto ma sentiva come un collegamento speciale con quel ragazzo che nessuno avrebbe dovuto conoscere.
“Allora tesoro com’è andato il primo giorno di scuola, qualche nuova conquista?” Reven entrò nella stanza come un uragano lanciandosi sul letto di fianco alla nipote.
“Zia NO. Nessuna conquista e poi perché ne parli come se portassi a casa un ragazzo diverso ogni giorno”.
La donna sbuffò con un broncio divertito incitando la nipote ad andare avanti.
“Uffa, va bene ti racconto ma non voglio sentire interruzioni! – ad un cenno del capo iniziò a raccontare – Allora da dove inizio? Questa mattina sul pullman tutti mi guardavano in modo strano come se non avessero mai visto una ragazza che legge, un branco di trogloditi. Appena scesa dal bus un’oca bionda insieme alle sue degne compari mi ha aggredito intimandomi di starmene al mio posto, perché citando parole sue “Sono la reginetta della scuola” ma dico io come può una tipa del genere avere anche solo il diritto di far prendere aria alla bocca.”
Raven non ce la fece più e scoppiò in una fragorosa risata mentre Isabel mandava fulmini e saette dagli occhi.
“Scusami, scusami tesoro ma i tuoi commenti sono una forza”
Infastidita dalla reazione della zia scosse la testa trucidandola con lo sguardo mentre si accingeva a raccontare il suo primo giorno in quella “scuola”.
“Lasciamo stare. Quando stavo per mettere piede nel liceo mi sono scontrata con il segretario delegato, un alunno di quinta che mi ha mostrato la scuola illustrandomi le mille regole; secondo me non ne ricorderò neanche una ma ho cercato di sembrare una ragazza intelligente e matura ascoltando in silenzio.”
Aveva volutamente evitato di citare l’episodio della foto se no Reven l’avrebbe costretta a fare una di quelle assurde foto per completare l’iscrizione.
“Ma adesso arriva la parte divertente dopo essermi presentata è entrato il mio compagno di banco. Un inusuale, polemico, irritante, infantile, pomodoro bifolco; sai non pensavo che sarei mai arrivata a detestare una persona in meno di un ora ma quel ragazzo fa miracoli” mentre parlava gesticolava decisa con le mani come se volesse imprimere ancora più forza nelle sue parole.
“Ma dimmi Isa come si chiama questo inusuale pomodoro bifolco?!?” la donna sembrò accorgersi solo dopo delle strane parole da lei ripetute; iniziò a ridacchiare sotto i baffi mentre la nipote si univa a lei in una risata liberatoria.
“Castiel, ma non voglio dargli troppa importanza. Al cambio dell’ora ho conosciuti il sognatore; è il prof di italiano un ragazzo strano avrà qualche anno più di noi ma sembra credere in quello che fa. Zia in tutti questi anni che vado a scuola non ho mai trovato un insegnante che amasse insegnare invece oggi si presenta lui e spiazza tutte le mie convinzioni sui professori”.
Parlando si erano sedute una davanti all’altra con le gambe incrociate sul letto, ogni tanto Isabel stringeva un cuscino mente la zia la ascoltava senza battere ciglio tranne per le risate ai buffi commenti della nipote.
“Direi che è un bene per te aver trovato una persona così, si insomma ai capito per quello che vuoi fare sarà un grande aiuto”
“Sai dopo essersi presentato mi ha chiesto se potevo fare lo stesso ma alla fine mi ha domandato cosa mi piacerebbe diventare e io gli ho detto la verità”
Nella stanza cadde il silenzio mentre le due donne ripensavano alle parole appena dette, ognuna persa nei propri pensieri quando Isabel continuò il racconto.
“Mi ha illustrato il programma e alla fine dell’ora ci ha chiesto di scrivere un tema su di noi – ancora silenzio – i..io gli ho parlato di lui, ho scritto di un mio ricordo con lui è stata la prima volta dopo mesi che ho avuto la forza di parlarne..beh scriverne. Quando alla fine a ritirato i lavori mi sono sentita meglio, era da tanto che non ridevo e oggi l’ho fatto ben due vo..” non riuscì a finire la frase perché fu imprigionata in un abbraccio spacca ossa.
“Tesoro, non sai quanto sono felice e orgogliosa di te, se vorrai parlarne anche con me sappi che io sono qua per qualsiasi cosa” anche se a fatica cercò di mascherare le lacrime ora doveva essere la donna forte e matura per la sua piccola Isabel.
“Sono felice di essere qua con te – con la manica della felpa si asciugò le lacrime già pronte a rigarle il viso – mi sono dimenticata di dirti che ci ha assegnato un lavoro da fare in coppia quindi dovrò andare a casa del bifolco per svolgerlo e anche se mi piange il cuore qualche volta lui dovrà venire qua. Spero che per te non sia un problema?”
Reven si accorse del tentativo di cambiare discorso, capendo che ancora non era pronta ad affrontare l’argomento; fece finta di niente concentrandosi sul tanto nominato “bifolco”.
“Nessun problema, si sa mai che questa è la volta buona per fare conquiste”.
Isabel spalancò gli occhi disgustata dalla scena di lei e il pomodoro fidanzati mentre con cuscino alla mano si avventava sulla povera Reven; dando il via a una battaglia di cuscini all’ultima risata.
Si quella non era una città ma una vera e propria gabbia di matti da legare.

 
  
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