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Autore: FairyCleo    26/11/2014    1 recensioni
"Lo aveva visto giocare con suo figlio, lo aveva sentito ridere con i suoi amici di sempre, ma nei suoi occhi aveva letto un dolore profondo e un senso di mancanza che solo lui sembrava in grado di comprendere. Per tutti gli altri non c’era niente di diverso o di strano in quella serata trascorsa alla Capsule Corporation. Gli amici di una vita avevano continuato a fare ciò che avevano sempre fatto senza capire, o peggio ancora fingendo di non capire che Trunks avrebbe voluto trovarsi altrove. E questo, non era un pensiero che stava toccando solo lui".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Un po' tutti, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte XXII
 
“Che cosa gli hai fatto? Fratello, cosa hai fatto al figlio di Vegeta?”.
Non era riuscito a celare la preoccupazione e l’ansia che quanto si era palesato davanti ai suoi occhi gli avevano provocato. Perché lo aveva fatto? Che intenzioni aveva riguardo a quel piccolo mezzosangue?
La situazione era assurda. Aveva tentato di leggergli nel pensiero, di capire dove volesse arrivare, ma Kaharot aveva eretto un muro per impedirgli di accedere alla sua mente, e si era ritrovato con mille dubbi impossibili da fugare e con il cuore colmo di un sentimento che rispondeva al nome di paura. Perché si stava comportando in quel modo? Perché gli stava impedendo di venirne a capo?
“Trunks…” – il piccolo Goten continuava a non capire. Chi era quell’uomo? Perché si chiamava con lo stesso nome saiyan del suo papà? E che cosa aveva fatto al suo amico Trunks?
“Fratello! Esigo una risposta” – aveva ripetuto Alpha, sfoderando uno sguardo inequivocabile ma allo stesso tempo carico di apprensione e di dolore. Quel comportamento era inspiegabile, quel modo di agire non era il loro. Non erano creature violente, e quella che Alpha aveva perpetrato nei confronti di Trunks non poteva essere considerato  niente di diverso da un abuso, lo stesso che stava facendo a lui impedendogli di accedere ai suoi pensieri.
Kaharot non aveva risposto immediatamente, troppo impegnato a cullare il corpicino del piccolo saiyan dai capelli lilla. Sorrideva, spostando lo sguardo dal bambino che aveva tra le braccia a quello che aveva davanti.
“Fratello, io…”.
“Non devi urlare… Il piccolo sta riposando…”.
“Cosa?” – era interdetto. Gli aveva appena detto di non urlare perché il piccolo stava riposando o aveva capito male? Il “piccolo”?
Il sorriso appena accennato su quel volto così simile a quello di Goku si era allargato mentre si rimetteva in piedi, tenendo stretto tra le braccia un Trunks profondamente addormentato.
Non capiva, non capiva affatto.
“Guardalo, Alpha… Guarda entrambi… Non trovi che siano dei bambini bellissimi, forti ed estremamente coraggiosi?”.
Era sconcertato. Sconcertato e confuso.
“Che cosa mi stai nascondendo, fratello?”.
Non si era reso neanche conto di aver formulato un simile pensiero quando Kaharot aveva fatto breccia nella sua testa, leggendovi dentro come se si fosse trattato di un libro aperto.
“Niente, fratello mio… Niente. Fidati di me, e avrai tutto quello che desideri”.
Non aveva idea di cosa stesse parlando, a cosa si stesse riferendo, ma non aveva obiettato. Cosa doveva desiderare più di quello che aveva già ottenuto? Lui c’era. Kaharot era finalmente con lui e la sua famiglia era al completo. Aveva tutto quello che aveva sempre sognato, perché gli si stava rivoltando tutto contro? Per quale assurda ragione?
Ed era stato allora che aveva posato senza neanche rendersene conto il suo sguardo preoccupato sul piccolo saiyan dai capelli lilla addormentato tra le braccia di chi amava incondizionatamente, per poi focalizzare l’intera scena che gli si stava palesando. Suo fratello aveva in braccio il figlio dell’uomo che gli aveva permesso inconsapevolmente di esistere, e il piccolo saiyan dai capelli corvini che gli somigliava così tanto gli aveva appena afferrato un lembo del pantalone con la sua piccola mano bianca. In quello stesso istante, Alpha aveva compreso di aver perduto ogni cosa, anche quelle che non aveva mai osato sperare.
*
 
Non trovavano i bambini. Avevano girato in lungo e in largo l’intero stabile, ma dei piccoli Trunks e Goten non c’era traccia alla Capsule Corporation.
Le loro rispettive madri non ci avevano fatto neanche caso, inizialmente. O meglio, Bulma non ci aveva fatto caso, mentre Chichi non aveva perso neppure un attimo prima di mettersi alla ricerca del suo bambino – e non solo. A volte, sembrava quasi che la mora fosse dotata dei sensi che solitamente appartengono ai ragni: le sue sensazioni di disagio rispondevano fin troppo spesso al sentore di un imminente pericolo.
“Andiamo! Cosa vuoi che succeda ai bambini, Chichi?” – l’aveva rimproverata bonariamente una Bulma intenta a finire di riordinare gli ultimi rimasugli della festa organizzata la sera prima – “Più che altro, mi chiedo che fine abbia fatto Goku… Voglio dire… Lui… Bè, lo sai…” – aveva parlato troppo, tanto per cambiare, ma se n’era accorta solo nel vedere l’espressione affiorata sul viso stanco e provato della sua amica. Non solo era preoccupata per il suo bambino: adesso, era riuscita a farla preoccupare anche per un marito che avrebbe potuto vedere solo per pochi minuti prima di dovergli dire addio per sempre. A volte, si domandava perché la sua immensa intelligenza non le permettesse di tenere a freno la lingua.
Era stato proprio dopo quello scivolone che aveva deciso di rinunciare alle pulizie e di fare ammenda aiutando la sua amica nella ricerca dei rispettivi figli. Del resto, non sarebbe stato da madre premurosa non domandarsi che fine avesse fatto Trunks. Certo, si trattava di un bambino perfettamente in grado di difendersi da qualsiasi tipo di pericolo, ma era pur sempre un bambino, per l’appunto. Un bambino che non avrebbe dovuto uscire da casa senza il suo permesso e portando con sé l’amichetto più piccolo di lui. Non era un cattivo ragazzo, ma forse avrebbe avuto bisogno di qualche regola in più. Probabilmente, era arrivato il momento di discutere con Vegeta dell’educazione che stavano impartendo a quell’adorabile monello.
“Non sono neanche qui! Ma dove si sono cacciate quelle due pesti?” – aveva esclamato Bulma dopo aver cercato nell’ultima stanza della Capsule Corporation rimasta inesplorata. Loro non erano in grado di percepire le forze spirituali altrui, e i bambini non avevano ricevuto come regalo i telefoni cellulari tanto desiderati per i loro compleanni. Mai come allora, entrambe si erano pentite di essere state così contrarie nell’esaudire un loro desiderio.
“Pensi che siano andati a casa mia, Bulma?” – la voce di Chichi era piena di ansia, e la turchina doveva ammettere che la sua amica non fosse la sola ad essere caduta in preda a quella soffocante sensazione. Lei era certa che i bambini fossero usciti da casa di nascosto per cercare Goku, ma non aveva avuto il coraggio di dirglielo. La famiglia della sua amica era un miscuglio di casi estremi e particolari. Quale marito avente a disposizione solo un giorno da trascorrere con la propria famiglia avrebbe preso la decisione di sparire nel nulla? Lei non voleva essere cattiva, ma che il suo migliore amico non tenesse molto alla moglie era più che mai evidente. Avrebbe deciso di tornare in vita, altrimenti. Ma i suoi figli? Perché non trascorrere del tempo con Gohan e soprattutto con il piccolo Goten che non aveva mai potuto gioire della sua compagnia? Non riusciva a comprendere quel suo comportamento, e soprattutto non riusciva a perdonarlo.
Inizialmente, aveva creduto che fosse colpa dell’indole saiyan che volente o nolente era attinente a Goku, ma si era ricreduta. Per quanto fosse burbero, scontroso e insensibile, Vegeta non si era allontanato neanche per un attimo da pianeta, Vegeta non si era allontanato neanche per un attimo da Trunks, andando contro ogni pronostico o aspettativa. Il cinico principe dei saiyan, Vegeta il distruttore, Vegeta il killer, si era rivelato un padre esemplare, al contrario del suo migliore amico. In un secondo momento, poi, aveva pensato che fosse per immaturità che continuasse a mantenere quell’assurdo comportamento, ma alla fine si era dovuta ricredere. Voleva bene a Goku, era un eroe nel vero senso della parola, ma non era in grado di mantenere o di vivere accanto a qualcuno per tutta la vita e amarlo.
Era terribile da dire, ma la sua famiglia e i suoi amici non erano altro che un contorno al suo grande desiderio di diventare sempre più forte.
E, ovviamente, anche in quell’occasione avrebbe preferito essere meno intelligente, proprio perché sarebbe stato meno doloroso e difficile fingere con la sua migliore amica che le cose non fossero com’erano in realtà.
“Se domandassi a Yamcha di localizzare la loro posizione?” – aveva chiesto improvvisamente la mora, distogliendo Bulma dalle sue elucubrazioni – “Lui riesce a percepire le aure altrui… Potrebbe dirci che fine hanno fatto! E dopo, credimi, metterò Goten in punizione fino alla fine dei tempi. Non può farmi prendere questi spaventi! Non si tratta così una madre!”.
Aveva ragione… Non era il trattamento da riservare ad una mamma premurosa. Ma come spiegarle che quel trattamento era dovuto alla volontà e al desiderio di stare accanto a chi presto non avrebbe più avuto opportunità do vedere?
“Hai ragione, Chichi… Come ho fatto a non pensarci subito? A volte mi meraviglio di me stessa. Vado subito a svegliarlo e…”.
Ma Bulma non avrebbe mai finito di pronunciare quella frase, perché, improvvisamente, la sua gola si era seccata e il suo cervello iperattivo sembrava essersi fermato, impedendole di realizzare un qualsiasi pensiero razionale. E questi perché, improvvisamente, qualcuno che conosceva ma che era certa di non aver mai visto si era palesato davanti ai suoi occhi, proprio come fa uno spirito apparso dalle tenebre.

 
*
 
“Bulma!” – l’aveva chiamata Chichi, stranita da quell’improvviso cambiamento d’umore – “Bulma, ma cosa…” – si era bloccata a sua volta sentendo l’improvviso tocco di una mano sconosciuta sulla spalla destra. Un brivido le aveva percorso la colonna vertebrale. Lo stesso brivido che poco prima l’aveva convinta che qualcosa di terribile si trovasse proprio dietro l’angolo.
Non si era girata immediatamente, troppo spaventata di sapere cosa i suoi occhi le avrebbero rivelato. Si era concentrata a fissare quelli della sua amica, di occhi, aperti fino all’inverosimile, colmi di un misto di sensazioni contrastanti ma per nulla rassicurati. Aveva letto il terrore nei suoi occhi, lo sgomento, lo stupore, la volontà di fuggire e allo stesso tempo di rimanere lì e capire quanto stava avvenendo senza che potessero impedirlo.
Era stato solo dopo averla vista deglutire e spostare lo sguardo dietro di lei che aveva preso la decisone di girarsi e di sapere a cosa stava andando incontro. Perché Chichi sentiva, sapeva che fuggire o tornare indietro sarebbe stato impossibile.
Solo voltando il capo verso la sua destra era stata in grado di capire perché avesse avuto l’impressione che il cuore della sua amica si fosse fermato, e questo perché si era fermato anche il suo in quel preciso istante. Mai, mai sarebbe stata preparata a quello che i suoi occhi le avevano mostrato. Mai, la nostra Chichi, avrebbe creduto di vedere un uomo così simile all’essere che aveva rapito suo figlio e aveva decretato la morte di suo marito.
“O-Oddio…” – aveva farfugliato, in preda al terrore. Come poteva essere? Com’era possibile che fosse lì, con loro, che fosse tornato direttamente dal Regno degli Inferi? – “Radish”.
Aveva detto il suo nome in una sola emissione di fiato, troppo sconvolta per poter pronunciare altre frasi o semplici suoni. Era terrorizzata, era letteralmente terrorizzata. Sembrava che quel mostro fosse sorto direttamente dalle fiamme dell’Inferno, le stesse fiamme che si trovavano tra i suoi capelli e in quei suoi occhi che continuavano a fissarla con tanta insistenza.
Non riusciva a muoversi. Chichi, non riusciva a capire come e perché si trovasse lì e cosa volesse da loro quell’abominio. Per la prima volta in vita sua, era contenta che il suo piccolo e Trunks non fossero lì, che quei due monelli avessero agito di testa loro. Non avrebbe saputo come fare per proteggere chi amava più del suo cuore. Non le importava niente di lei, niente. Che le facesse quello che più gli aggradava. Avrebbe fatto di tutto pur di proteggere il suo piccolino.
“Non devi fare simili pensieri” – le aveva detto all’improvviso – “Non hai niente da temere, Chichi. Io non sono chi tu credi che sia”.
“CHICHI, NO!” – ma le urla di Bulma non erano servite per fermare Radish: la mano del saiyan aveva raggiunto la fronte della sua amica, caduta improvvisamente in una sorta di stato catatonico.
“Ti prego di mantenere la calma, Bulma” – senza che potesse evitarlo, era stata ostacolata dall’improvviso intervento di Nappa, un Nappa simile a quello che aveva cercato di invadere la Terra ma allo stesso tempo estremamente diverso, non solo nell’aspetto fisico, ma nella luce che emanavano i suoi grandi occhi rossi come il fuoco.
“Che cosa volete da noi? Chi siete? Cosa sta facendo alla mia amica?”.
Aveva gli occhi colmi di lacrime amare, le lacrime della sconfitta, del più completo senso di impotenza e smarrimento. Non erano niente, rispetto a loro. Poteva anche essere una delle donne più intelligenti del pianeta, ma non avrebbe potuto ostacolare in nessun modo la potenza immane di un saiyan. Soprattutto se questo saiyan aveva qualcosa che gli altri saiyan non avevano.
“Non devi avere timore di noi” – aveva aggiunto, serio – “Non le farebbe mai del male. Non è nostra intenzione. Siamo qui per mettervi in guardia, per permettervi di capire”.
“Metterci in guardia? Capire? VOI AVETE CERCATO DI UCCIDERCI!” – aveva urlato, in preda al panico.
“Guardami, Bulma. Guardaci. Siamo davvero loro? Siamo davvero il Nappa e il Radish che avete conosciuto?”.
E lo aveva fatto. Non sapeva perché, ma si era realmente soffermata ad osservarlo, cercando di cogliere quello che lui stava disperatamente cercando di farle capire, prima che anche la sua enorme ma morbida mano si posasse sul capo di chi un attimo prima aveva provato a fuggire.

*
 
Non avrebbe saputo spiegare quello che le era accaduto, ma era certa che avessero fatto la stessa, identica cosa alla sua amica, e questo perché il suo sguardo le diceva che era entrata a conoscenza di tutto quello che ora sapeva anche lei. E, la consapevolezza, l’aver saputo quello che si era nascosto tra le stelle per così tanto tempo, le aveva fatto realmente fermare il cuore. Aveva fatto fermare il cuore di entrambe.
“Hanno i bambini” – aveva detto Chichi, la voce scossa dal tremore.
Ha i bambini” – l’aveva corretta Radish, severo – “Alpha non farebbe mai del male ai figli di Vegeta e Goku”.
“Alpha non è più lucido” – era intervenuto Bulma, glaciale, lo sguardo perso nel vuoto e i pungi serrati dalla rabbia – “E Kaharot non è Goku”.
Era vero. Kaharot non era Goku. Non lo era in quella circostanza e non lo sarebbe stato in futuro.
“Dove sono, ora?” – aveva chiesto la mora, fremente – “Rivoglio immediatamente mio figlio”.
“Non lo sappiamo” – si era rabbuiato Nappa – “Kaharot ci impedisce di localizzarli”.
“E Alpha?” – aveva domandato Bulma.
“Alpha sta respingendo tutto e tutti” – aveva risposto Radish, la voce rotta dal dolore.
E voleva credere che lo stesse facendo solo per proteggerli.

 
*

Li aveva condotti nella loro navicella, adagiando il piccolo Trunks su uno dei letti inutilizzati e coccolandolo dolcemente per rassicurare il suo amico dalla scura capigliatura. Era stato strano, strano e inaspettato vedere le attenzioni che suo fratello stava riservando ai due mezzosangue. Strano e tremendamente, esageratamente inquietante.
Non lo riconosceva più. Forse, non lo aveva mai conosciuto, in effetti. Perché il destino era stato così crudele con lui? Lo aveva cercato, lo aveva aspettato per un’intera vita, perché stava accadendo l’unica cosa che non aveva previsto? Perché suo fratello si stava ribellando a lui? Non era quella la creatura a cui avrebbe voluto dare la vita. Non era quello l’essere che aveva tanto desiderato vivere, capire, confortare. Chi fosse quell’individuo perfetto e allo stesso tempo spaventoso non era ancora stato in grado di capirlo e, forse, non lo avrebbe mai saputo. C’era solo una cosa di cui era certo, anche se si trattava di una cosa che non riusciva a spiegare neanche a se stesso: era certo di non volerlo perdere per nessuna ragione al mondo.
“Dorme…” – aveva detto, continuando ad accarezzargli gli splendidi capelli lilla – “Non è meraviglioso?”.
“Lo è…” – era stata la risposta data da Alpha, una risposta mesta, appena sussurrata.
“Goten, vieni a fare compagnia a Trunks… Tuo fratello ha bisogno di te”.
Non era stato un ordine, non alle orecchie del bambino, ma ad Alpha era parso proprio come tale. Un ordine celato da un mellifluo sorriso.
Aveva visto il piccolo sdraiarsi accanto al suo amico prima di chiudere la porta alle sue spalle e seguire il passo svelto di suo fratello. Continuava a fissare la sua nuca, cercando di capire cosa stesse architettando, quali fossero i suoi piani, i suoi pensieri, ma gli era impossibile. Kaharot aveva eretto un muro tra loro, e lui aveva fatto lo stesso con il resto del mondo, anche se a malincuore. Non voleva che Radish e Nappa si accostassero a quella situazione, non voleva che si trovassero in pericolo. Perché qualcosa continuava ad urlargli, qualcosa continuava a ripetergli che presto sarebbe scoppiato l’Inferno in Terra, e che lui fosse l’unico in grado di arrestarlo. Non era la sua immensa conoscenza a dirglielo, a suggerirglielo. Era il suo istinto, lo stesso che aveva salvato innumerevoli volte Vegeta dalla disfatta, lo stesso che lo aveva portato a sopravvivere ai più grandi dolori mai provati. Ma perché, se sentiva quella voce in maniera così chiara, distinta, si ostinava a tentare di zittirla? Perché amava, ecco perché. E l’amore, invece di renderlo forte, lo stava rendendo debole.
Fine parte XXII
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Ragazzi, eccomi qui con quello che credo sarà uno degli ultimi capitoli di questa fanfiction! Dovete scusare la mia assenza, ma, come dire, la vita mi sta tenendo lontana dalla storia, da voi e da questo mondo che amo come amo la luce del sole.
Non vi abbandonerò senza scrivere la parola fine. Non l’ho mai fatto e non ho intenzione di cominciare a farlo adesso. Per cui, bando alle ciance e parliamo del capitolo.
Dunque, Nappa e Radish hanno deciso di raggiungere Bulma e Chichi e di metterle al corrente di quanto è avvenuto solo poche ore addietro (e a me sembrano trascorsi dodici anni). Che sia un loro modo per chiedere aiuto? Vedremo… ;)
Alpha mi fa pena… Sul serio, lui sa che Kaharot non è chi vorrebbe che fosse, ma non può evitare di amarlo perché l’ha cercato per tutta la vita e sente che si tratta di una parte della propria anima. Come si può amare così incondizionatamente chi può farci del male e ce ne farà sicuramente in futuro? Non so darmi una risposta… Spero che “rinsavisca”…
A presto, miei cari, è una promessa!
Un bacione
Cleo

 
   
 
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