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Autore: throughtsun    26/11/2014    3 recensioni
Se mi chiedessero come sei, come ti descriverei, com’è stato essere tua, per il tempo di una lettera, direi che tu sei come un tram, e io sono stata come un passeggero sulla piattaforma, e ti ho guardato sfilarmi davanti e ho sperato che fossi mio, ma non lo eri, e io non ero tua. Non era il mio tram.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Come un tram.

Se mi chiedessero come sei, come ti descriverei, com’è stato essere tua, per il tempo di una lettera, direi che tu sei come un tram, e io sono stata come un passeggero sulla piattaforma, e ti ho guardato sfilarmi davanti e ho sperato che fossi mio, ma non lo eri, e io non ero tua. Non era il mio tram.

Non ho mai scritto di te, mi ero detta che non volevo farlo, perché mi innamoro di quello che scrivo - non perché sia narcisista, lo sai bene. Quando scrivi, ti apri il cuore, scegli le parole giuste per tradurre quello che vedi, mi sarei innamorata della nostra storia. Non è stata una storia. Non ne ho mai una.

Hai detto di amarmi. Non ti ho creduto. Ho provato a piangere, perché mi sembrava la cosa giusta da fare. Ti dicono che ti amano, tu piangi. La prima persona a dirmi di essere innamorata di me che forse un poco amo anche io, ho pensato. Ho iniziato a coniugare il verbo amare con la tua stessa facilità, ma ci aggiungevo un forse, dicevo un po’, come se si potesse amare un po’. Tu lo dicevi e sembrava facile, allora lo facevo anche io, però non mi sembrava giusto, al mio cuore non sembrava giusto. Mi chiedo come si fa a coniugare il verbo amare dopo un complemento oggetto sbagliato. Io non ti amo, non ti amavo. Tu non amavi me. E come avresti potuto? Lo dicevo spesso, quando raccontavo di noi. Dicevo “come può amarmi?”, e loro mi dicevano “sì… effettivamente..” oppure che, che ne sai, magari è un colpo di fulmine. Io penso che sia come il colpo di un tram. Tu sei così. Sei come un treno che corre e scorre e incanta e trascina e ti lascia addosso il freddo del vento che ha alzato. E’ stato un bel vento. Poi sei andato via con la stessa facilità con cui sei arrivato. Va bene così. Lo sapevo. Non va tanto bene, però lo sapevo. Quello è vero. Non ho pianto quando mi hai detto di amarmi. Non ho pianto quando, un mese dopo, mi hai detto grazie per averti fatto capire che avevi bisogno di amare qualcuno, e che quel qualcuno non ero io, ma era lei, e “sai, l’ho baciata oggi.. ti assomiglia molto, ha i tuoi stessi incantevoli occhi”. Hai usato la parola enticing. Mi piacevano tanto le tue belle parole merlettate. Mi viene difficile parlare al passato. Mi piacciono ancora, perché tu sei una bella persona, lo sai anche tu. Me lo dicesti tu, che per piacere agli altri devi farli sentire bene, devi trasmettergli sensazioni positive. Immagino che con lei tu abbia cercato di essere positivo. Chissà se hai tremato quando le tue labbra hanno toccato le sue, e chissà se hai desiderato un suo bacio come hai desiderato il mio. Chissà se ha i miei stessi gusti musicali, chissà se l’hai guardata negli occhi come hai guardato negli occhi me, ché dici che i nostri occhi sono simili, e allora mi chiedo se per un solo secondo, guardando nei suoi, hai pensato ai miei, e a me, e hai pensato a me mentre baciavi lei, e ti sei sentito come se ci fosse qualcosa di sbagliato in quello che facevi. Mi hai lasciato appesa così. Hai detto di essere impegnato con la scuola, e che era per questo che non rispondevi ai miei messaggi, ma ti prometto che appena finiscono gli esami ti chiamo, e parliamo. Mi hai scritto che ora finalmente gli esami sono finiti, ma che tu hai trovato una ragazza, e che oggi vi siete baciati, e che lei ti ricorda me, e hai fatto una battuta sulla mia altezza, e io ahah, che bello, sono felice per te. E tu mi hai detto che speravi non facesse troppo male, e io ti ho rassicurato dicendo che no, non fa male, non mi sono illusa, sono realista io, lo sai. Mi hai chiesto scusa nel caso avesse fatto male. Ha fatto male. Poco, perché io non ti amavo. Io non ti amavo e lo sapevo. E tu? Tu lo sapevi che non mi amavi? Lo sai, vero, che questo non è amore? Mi hai detto che sei felice che io approvi, e che potevo fare? Potevo oppormi? Avevo voce in capitolo? Avresti lasciato i pochi metri che ti separano da lei per i chilometri che ti separano da me? Non ti avrei mai chiesto di farlo. Mi piacciono le tue parole merlettate. I tuoi ti amo detti senza pensare a cosa vogliano dire, ma chi se ne importa, io lo dico, che tanto chi la vede più, ma io ti amo non te l’ho mai detto. Mi piace come tu abbia scritto poesie su di me e sei dolce, nelle tue metafore, e quando parli delle stelle e delle rose e dell’oceano che ci separa. Ma tu stesso me l’hai detto, che non mi amavi. Mi hai detto che ti ho fatto capire che volevi amare qualcuno. E lo so, perché mi hai scritto poesie e una lettera d’amore ed era un po’ come quei vestiti larghi che ti cadono male e tu li porti per un po’ però poi capisci che non sono fatti per te, e così tu spendevi le tue belle parole merlettate, col bordino fatto all’uncinetto, e quanto amore ci mettevi a parlare di me e del tuo dolore per la distanza e delle tue lacrime, ma non erano per me, e me l’hai detto tu. Avevi bisogno di dirle a qualcuno e hai trovato me e le hai dette a me e lo so e finalmente ora tutto diventa più chiaro, come quando mi sono messa gli occhiali e tu mi hai guardato e io sono arrossita perché mi guardavi dritto in faccia. L’hai fatto spesso. Mi hai guardata dritto in faccia, mi hai detto che sono una pessimista, e io ti ho detto che no, non sono pessimista, sono realista; sei tu un idealista spietato, e tu hai riso. 

Ho ripensato a quando eravamo insieme, quell’unico pomeriggio in cui “le nostre stelle si sono incrociate”, tu hai detto così nella tua lettera d’amore per me-non-per-me, e a quando sono andata via un attimo per salutare un mio amico, e tu hai chiesto a Benedetta se fosse il mio ragazzo, e ho pensato a quanto è buffa la vita, che ci ripropone le stesse parole e le dissemina in parti diverse della nostra storia. Sta’ tranquillo, non sono arrabbiata con te. Ero lì quando avevi bisogno di qualcuno che fosse lì, ero la tua principessa, anche se infondo ero una tipa normale, di quelle che non sono niente di che, una “povera”, direbbe la me di 8 anni. Ma tu hai visto una corona dove non c’era niente e l’amore dove c’era ancora meno e mi hai presa in braccio e mi hai detto di essere una persona meravigliosa, di essere preziosa, di essere innamorato di me, e io mi sono sentita bene, perché era bello, così bello, principe mio. Ma ora mi hai rimessa a terra perché, guarda lì, quella sembra una principessa, e ora che ti guardo meglio tu non lo sei, mi dispiace, scusa se fa male, ma grazie per avermi fatto capire che ho bisogno di una principessa. E sei corso da lei e va bene così, io continuo a camminare, magari un giorno principessa ci divento. 

E poi ho ripensato anche a quando stavo al mare e mi sentivo sola e tu mi scrivesti che appena tornavi in Italia mi portavi fuori a cena, e io che pensavo che queste cose a me non succedono, dov’è il tranello? Era troppo bello per essere vero. Col senno di poi ho capito che era troppo e basta. Sei un’anima sensibile, Lewis, e sei giovane, e sei bello, e hai fatto bene ad andare avanti, perché hai bisogno di qualcuno accanto a te, a cui promettere le cose che hai promesso a me; da portare in giro per il mondo, a cui prestare i tuoi occhi per vedere il mondo coi merletti. Ne hai bisogno più di me. Non ci pensare a me. Io sono solo un passeggero sulla piattaforma, e aspetto il mio treno, e ne passano alcuni, ma ho imparato ad aspettare, e quindi aspetto. Va bene così.

Col tempo ho realizzato che la lettera che mi scrivesti lasciava intendere cose che non credo intendessi lasciar intendere. E le metafore delle stelle risultano ad un tratto colme di malinconia e di solitudine e la tua lettera sa di addio. E per il tempo di una lettera sono stata tua, sono stata la tua principessa, e ora c’è lei. Scrivile le poesie che hai scritto per me, e portala nei posti che hai promesso a me e baciala come avresti voluto baciare me. Io resto qui, in piedi, sulla piattaforma.

  
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