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Autore: S i l v e r    26/11/2014    1 recensioni
-Soffia! – lo esortò aprendo le braccia e per poco non ribaltandosi. –E mentre lo fai desidera qualcosa oppure pensa a quello che senti e poi lascialo andare soffiando. – illustrò, mettendosi in attesa.
L’altro lo guardò leggermente perplesso, ma decise che in fondo provare non gli sarebbe costato nulla.
Chiuse gli occhi e pensò alla sua casa, a quella che aveva lasciato, a suo fratello, ai suoi genitori e poi anche a quello strano bambino e poi soffiò come gli era stato suggerito.
Quando riaprì gli occhi i semi stavano volando via, mischiandosi a tutti gli altri in una dolce danza che chissà dove li avrebbero portati.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Blow and don't think!

 
Soffioni. Ovunque. Un campo pieno di quegli strani fiori di cui i petali se ne andavano via soffiati dal vento, felici di spargere ovunque i loro semi per crescere ancora da qualche altra parte, magari lungo i cigli dei sentieri, pronti per essere stappati da qualcuno, colti con buone intenzioni, pronti a sentire i segreti di un soffio leggero di una bocca muta e amara, o dolce e salata, oppure per ascoltare desideri che raccoglievano nei loro piccoli e morbidi “rametti” per portarli lontano e vivere il sogno.
Era bello quel luogo, lui lo aveva notato subito, non appena erano passati per quella strada che non era poi tanto lontana dalla loro nuova casa in cui si erano trasferiti per il lavoro di suo fratello; l’unico membro della famiglia che gli era rimasto. A lui però non piaceva quel luogo nuovo, lì non conosceva nessuno e aveva come la strana convinzione di essere completamente diverso da quegli strani esseri che abitavano là. Erano sì tutti gentili con lui, gli sorridevano, tentavano di instaurare una conversazione, ma in qualche modo lui non si sentiva a suo agio o a casa, ma anzi era teso e provava la stana impellenza di doversi rifugiare da qualche parte e darsela quindi a gambe. Eppure in quel luogo avevano qualcosa di magnifico come questo campo, dopo il bambino ci si immerse, raggiungendo la piccola collinetta, sotto il grande salice piangente e iniziò a piangere frustato e rammaricato.
Lui voleva solo tornare a casa, quella dove era cresciuto e dove di tanto in tanto poteva sentire ancora il buon profumo di mamma e papà. Quella dove aveva mosso i suoi primi piccoli passi, dove aveva giocato per intere giornate ridendo con il fratello, quella dove le pareti erano ancora sporche di pennarello e pastello, quella dove sulla moquette della sua cameretta si poteva ancora vedere la macchia di quel pomodoro che gli era caduto quando lo aveva portato di nascosto in camera per farlo assaggiare al suo dinosauro anche se Itachi aveva detto lui che non lo poteva mangiare, ma era il suo cibo preferito e voleva condividerlo con il suo migliore amico che lo cullava la notte ed era sempre una presenza morbida, calda e sicura, come quella della madre che aveva perso.
Lui voleva veramente tornare in quella casa, tra quelle pareti intrinseche di ricordi che quella nuova non avrebbe mai avuto e anche se non lo mostrava davanti al fratello maggiore ci stava male. Non avrebbe mai potuto considerare quell’enorme villa casa sua.
Il vento soffiò forte, portando via altri piccoli semi di soffioni, creando una specie di pioggia di neve, che però il bambino non vide. Il viso nascosto tra le braccia che gli cingevano le ginocchia.
Fu solo una carezza a costringerlo ad alzare il volto. Per un momento aveva creduto si trattasse di Itachi, ma in realtà era tutt’altra persona. Era un bambino come lui, i capelli biondi e disordinati in una specie di cespuglio di sole, la pelle ambrata, scura, morbida come la superficie del caramello sulle mele ad Halloween, gli occhi azzurri e vivi anche nell’ombra che ricreavano il bellissimo cielo estivo che si trovava sopra le loro teste, tre graffi a creare della specie di baffi su quelle guance e dando al suo volto un’aria selvaggia e simpatica, come quella di una volpe.
-Perché piangi? – chiese con la curiosità che solo i bambini potevano avere: innocente.
Il bambino lo guardò, tirando su col naso e tentando di sciugarsi le perle salate, che non accennavano smettere.
-Non sono affari tuoi. – rispose male l’altro, ma solo perché era imbarazzato. Credeva che piangere per un maschio fosse segno di debolezza. Il bambino biondo, però, non demorse e raccolse vicino a sé uno di quei fiori bianchi, bellissimi e simboli di vita e libertà.
-Se non vuoi dirlo a me dillo a loro. – sorrise raggiante, mostrando tutta la sua dentatura e un unico buco nero proprio sul davanti. Il moro lo guardò crucciato, non capendo come avrebbe fatto a parlare con un banale soffione.
-Che ci dovrei fare con quello? – chiese infatti, prendendolo solo per gentilezza ed educazione. Non si rifiutava mai un regalo, anche se non piaceva, o questo gli aveva insegnato il suo fratellone.
-Soffia! – lo esortò aprendo le braccia e per poco non ribaltandosi. –E mentre lo fai desidera qualcosa oppure pensa a quello che senti e poi lascialo andare soffiando. – illustrò, mettendosi in attesa.
L’altro lo guardò leggermente perplesso, ma decise che in fondo provare non gli sarebbe costato nulla.
Chiuse gli occhi e pensò alla sua casa, a quella che aveva lasciato, a suo fratello, ai suoi genitori e poi anche a quello strano bambino e poi soffiò come gli era stato suggerito.
Quando riaprì gli occhi i semi stavano volando via, mischiandosi a tutti gli altri in una dolce danza che chissà dove li avrebbero portati.
-Visto? Non stai più piangendo. – sorrise di nuovo l’altro sedendosi accanto a lui e prendendogli una mano, guardando quello spettacolo naturale. Era bello, proprio come quando cadeva la prima neve a Dicembre.
-Neh, neh, come ti chiami? – chiese la solare zazzera bionda, muovendo a destra e a sinistra i piedi, mentre si godeva il leggero venticello.
-Sasuke. – rispose il moro, guardandolo indagatore. Si sentiva davvero meglio dopo aver fatto quella cosa e non riusciva a spiegarsi perché.
-Neh, Sas’ke, tu hai paura di me? – chiese, continuando a sorridere.
L’altro corrugò la fronte, pensieroso, e il compagno scoppiò a ridere, posando poi un dito proprio là dove le sopracciglia si stavano intrecciando.
-Ehi! – si lamentò il bambino, portandosi una mano a coprire quel punto.
-Sei buffo mentre pensi. – si giustificò il biondo.
-Ora sì, che mi fai paura. – sbuffò l’altro.
Il biondo ridacchiò e poi lasciò la sua mano alzandosi e rassettandosi i pantaloni.
-Dovresti tornare a casa ora. – gli consigliò – tra poco arriverà il tramonto. - disse, indicandogli l’orizzonte che si stava tingendo di arancione. Lo salutò con la manina e poi si voltò per andarsene.
Sasuke lo osservò camminare e poi sentì una certa urgenza. Doveva sapere una cosa, a tutti costi.
Corse per quel campo bianco, raggiungendolo in poco tempo e afferrandogli il polso.
-Come ti chiami? – chiese con un leggero fiato corto. –Perché vai verso il bosco se il paese è dall’altra parte? –
In cambio ricevette un bacio casto sulle labbra.
-Naruto. – rispose alla prima domanda, prima di iniziare a correre via, come il vento libro, verso la vegetazione fitta.
 


Passarono gli anni. Sasuke era ormai cresciuto, ma non aveva mai smesso di recarsi in quel campo di soffioni ogni estate, soprattutto quando c’era qualcosa che lo tormentava.
Ormai era sempre solito prendere un soffione, chiudere gli occhi e lasciare che esso portasse via tutto ciò che lo faceva stare in pena, perché quelle specie di fiori erano come piccoli contenitori. Riuscivano a raccogliere le parole silenziose contenute in un respiro, a portare via i sogni e allontanare i dolori.
Erano piccole boccette di sogni, che però potevano volare via.
Non ricordava più chi glielo aveva insegnato, o meglio, non ricordava più il suo nome o chiaramente il suo volto. Si ricordava solo cangianti occhi azzurri come l’acqua del mare che rilucevano al buio e capelli biondi come il grano maturo e quel sorriso gentile.
-Vorrei rivederti, fantasma. – disse, soffiando a un nuovo fiore e sperando che la sua voce raggiungesse le orecchie di quello che in fondo lo era davvero un fantasma, ma che lo aveva sempre guardato da lontano.

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Speriamo lascerete qualche recensione! :D

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