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Autore: Tigerlily    31/10/2008    6 recensioni
Smise di piovere gradualmente, mentre il buio si faceva più denso e la nebbia nasceva a sbuffi attorno a lui, quasi isolandolo da quella vista.
- Sirius-.
Per un attimo ogni certezza che aveva tentato di racimolare barcollò, instabile come un castello di carte.
Sul suo volto si dipinse un sorriso d’arresa.
Lei non poteva essere lì. Non in quel momento.
Genere: Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Addio

 

Addio

 

 

 

- James, la cosa è semplice, non ho voglia-, borbottò Sirius, sdraiato sulle coperte arruffate del suo letto.

James sospirò e appoggiò la schiena al muro, assorto e accigliato.

- Ti capisco, Sir, ma, pensaci, potresti dimostrare loro che non hai paura di vederli-, rispose poi cautamente.

- Io non ho paura di vederli-, sibilò, mettendosi a sedere con un gesto improvviso.

Si alzò in piedi e mosse qualche passo incerto verso la finestra.

- Sir…-

- No, io non ho paura di vederli-, ribadì appoggiando una tempia contro un infisso della finestra.

Pioveva a dirotto.

Anche quel giorno pioveva.

 

 

 

 

Calciava sassi. Sassi a non finire.

Una smorfia di dolore: le scarpe di tela non erano l’ideale per quello sport.

Sentiva ogni singolo dito del piede destro dolere, ma non gliene importava.

Non gli fregava niente di niente. Non più oramai.

Era fuggito. Scappato. Evaso da quella prigione che aveva sempre chiamato casa a fatica.

E pioveva; pioveva sul suo capo, sui suoi vestiti, sul suo destino.

Passò un braccio sulla bocca per reprimere le lacrime di rabbia e tornò a camminare imperterrito. Aveva sempre pensato con gioia al momento in cui sarebbe stato fuori di lì, ed invece l’ennesima litigata aveva reso il tutto molto più amaro e difficilmente sopportabile.

Ancora non capiva il vero senso della libertà: nella sua testa i residui delle loro voci intasavano la via per ogni altro pensiero.

Poi quell’insicurezza che gli attanagliava le viscere, non gli permetteva neppure di respirare: è vero adesso poteva stare da James, ma poi? Cosa ne sarebbe stato del suo futuro? Dove avrebbe vissuto?

A malincuore dovette ammette di non poterlo sapere.

Strizzò gli occhi in modo da far uscire le ultime lacrime, e, seppur titubante, si sforzava nell’avere fiducia in ciò che lo aspettava da quel momento in poi.

La ghiaia scricchiolava sotto le suole delle scarpe da tennis, mentre attraversava il vialetto vicino davanti alla casa di James.

Dalle finestre poteva scorgere la luce all’interno del soggiorno.

Gli era sempre piaciuto quel soggiorno. Gli era sempre piaciuto quel posto, punto.

Non gli restava che entrare nella sua nuova casa.

Smise di piovere gradualmente, mentre il buio si faceva più denso e la nebbia nasceva a sbuffi attorno a lui, quasi isolandolo da quella vista.

- Sirius-.

Per un attimo ogni certezza che aveva tentato di racimolare barcollò, instabile come un castello di carte.

Sul suo volto si dipinse un sorriso d’arresa.

Lei non poteva essere lì. Non in quel momento.

Non si voltò per appurare o meno la realtà della sua presenza.

Attese.

Aspettò che i suoi piedi lo raggiungessero a passi misurati e che il suo volto fosse a pochi centimetri dalla sua guancia.

Sentiva il suo respiro freddo pungergli le guance, gelargli il sangue e fargli sgradevolmente il solletico, ma non le diede la soddisfazione di guardarla.

- Guardami-, sussurrò suadente, interpretando il suo atteggiamento nel modo giusto.

Lui non lo fece. Sapeva benissimo com’erano quegl’occhi: gelidi, impassibili, impenetrabili. Lo dominavano, lo elettrizzavano. Avrebbe potuto fargli fare di tutto con un solo sguardo.

Le sue dita affusolate e ghiacciate si chiusero attorno alla sua mascella con decisione.

Pochi secondi dopo si ritrovò a fissare quelle iridi scure che aveva sperato tanto di non incontrare.

Non poté fare a meno di aggrottare la fronte, spaventato.

- Guardami-, intimò nuovamente, pur sapendo bene che non ce n’era alcun bisogno.

Lei incurvò appena le labbra. Era divertita.

- Sei solo un bambino, Sirius-, disse tagliente come un rasoio.

Lui le afferrò il polso ossuto, facendole cedere la presa.

- Che cosa vuoi, Bellatrix?-, domandò, lo sguardo fermo, il corpo immobile, fin troppo.

- Parlare, solo parlare-, mormorò, affondando le iridi in quelle di lui.

- Non abbiamo nulla da dirci-, ringhiò lui, lo sguardo tetro, il tono aspro.

- Ah, no?-, sussurrò lei, riducendo gli occhi a fessure nell’atto di scrutarlo più intensamente.

- No-, fece una pausa quando sentì le sue dita scorrere leggere sulla sua camicia bagnata.

Chiuse gli occhi, incapace di contrastare le sensazioni per nulla sgradevoli che lo pervadevano da capo a piedi.

- Ho scelto-, affermò deciso, spalancando le palpebre così all’improvviso da costringerla ad arrestare le carezze per la sorpresa.

La vide gettare il capo all’indietro e dare sfogo ad una risata inquietante ed accattivante.

- Tu hai scelto, dici? Noi abbiamo scelto, Sirius -, rivelò, un’espressione malvagia le deformava il volto.

Sirius rimase muto, in parte basito, in parte in guardia dalla sua prossima mossa.

Lei prese a girargli intorno, come un predatore attorno alla sua preda.

Gli posò un indice sulla spalla, la cui muscolatura s’irrigidì al solo tocco.

Deglutì.

Le sue labbra, rosse e ghiacciate, gli sfioravano il lobo dell’orecchio sinistro: brividi e brividi, sempre più subdoli, sempre più insinuanti, gli invasero velocemente il corpo.

- Credi forse che tua madre ti avrebbe fatto fuggire così facilmente, altrimenti?-, bisbigliò, lisciandogli piano, con due dita, il colletto della camicia.

Sirius si portò una mano sulla fronte, combattuto internamente.

Adesso ne aveva la conferma: era un rinnegato a tutti gli effetti.

Non poteva dire con certezza che la cosa creasse in lui sconforto, perché, strano a dirsi, percepiva in se stesso un senso di liberazione che lo autorizzava a sentirsi vittima e a discolparsi da qualsiasi accusa di tradimento nei confronti della sua famiglia.

Non era solo lui a non volere loro. Anche loro non volevano lui.

In fondo lo aveva sempre saputo; eppure prenderne atto faceva male lo stesso.

- Quindi, Bellatrix, qual è il tuo vero scopo?-, chiese scandendo bene ogni sillaba, non del tutto sicuro di voler sentire la risposta.

Lei sorrise, di nuovo, in modo sinistro e accattivante.

Con un passo silenzioso fu di fronte a lui: trafiggeva i suoi occhi con i propri e annegava nei suoi sempre più a fondo.

Quando parlò, la distanza tra i loro corpi era colmata: lui poteva distinguere con una nitidezza annichilente le labbra carnose dischiudersi mentre prendeva fiato.

- Dirti addio-, sussurrò a fior di labbra.

Nessuna pietà scaturì da entrambe le bocche nel bacio che seguì quest’ammissione.

Le sue mani risalirono la chioma corvina della donna, le dita s’infiltrarono tra i capelli strattonandoli, annodandoli, carezzandoli.

Lei emise gorgoglii di dolore, persino disapprovazione misti a piacere e si aggrappò al suo collo, cercando di assumere il controllo della situazione.

Ma, proprio mentre si alzava in punta dei piedi, Sirius spostò la sua presa sulla vita e la schiacciò contro di sé, privandola del poco fiato che le rimaneva in corpo.

Lei gli morse un labbro, bisognosa d’aria e di vendetta.

Si staccarono, entrambi ansanti e provati.

Bellatrix lo guardò a lungo, una mano involontariamente posta sul petto per constatare la velocità dei battiti del suo cuore.

Sirius ricambiò, pulendosi con due dita un rivolo di sangue che era comparso su un lato della sua bocca.

L’osservò risistemarsi lentamente e freddamente i vestiti.

Un silenzio surreale li avvolse in una bolla estranea agli avvenimenti del mondo intorno a loro.

Bellatrix tornò a guardarlo un’ultima volta, ben consapevole che qualcosa tra loro si era spezzato e trasformato.

- Addio-, sussurrò, mimando appena con le labbra la parola.

Sparì, avvolta dalla nebbia, silenziosa e subdola com’era apparsa.

Lui fissò per un po’ il punto dove poco prima si trovava lei e gocce di pioggia provvidero a cancellare ogni traccia della sua presenza sul terreno.

Ma era difficile lavare via i ricordi con un po’ d’acqua, pensò lui, una mano sul cuore e le unghie affondate nella carne sotto la camicia fradicia.

Sirius era immobile e impassibile, consapevole che ciò che aveva appena vissuto non aveva la consistenza di un sogno.

 

 

- No, James, io non ho paura di vederli. Semplicemente ho già detto loro addio-, mormorò appannando col suo respiro irregolare il vetro della finestra.

Pioveva.

E c’era la nebbia.

 

 

 

 

 

Tigerlily’s Space

Buonasera, buonasera ^^!
Inizialmente avevo progettato questa shot per "festeggiare" il mio primo anno su EFP, ma, ovviamente, sono in ritardo u.u.
Alors, un paio di precisazioni: quando James dice a Sirius che ci sono i suoi parenti, sono entrambi ad Hogwarts e la famiglia Black è là in visita per parlare col Preside… Non so il motivo, prendete quello che vi piace di più = P.
Poi, ho descritto un Sirius molto distrutto, lo so. Il problema è che ho sempre pensato alla sua fuga come una cosa non fattibile né concepibile in due secondi.
Insomma, credo ci abbia ponderato sopra un bel po’ e inoltre penso che le insicurezze che descrivo siano piuttosto normali, visto che ha appena preso forse la decisione più importante della sua vita ad appena sedici anni ^^.
Ok, è todo, spero vi sia piaciuta ^__^!

Buon Halloween a tutti ^__-!

Baci,
Tigerlily

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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