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Autore: redpen    27/11/2014    5 recensioni
«Lui si inchinò e, guardandola con aria leggermente divertita, strizzò un occhio in segno d’intesa… Lei s’inchinò di rimando e, non capendo se si trattasse di uno scherzo o di un sogno, lo seguì senza bisogno di parole, mentre lui la conduceva, tenendola ancora delicatamente per mano, verso la pista da ballo…»
- La storia è ambientata prima del rimpicciolimento, non contiene perciò alcun tipo di spoiler -
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Sonoko Suzuki | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo secondo.
Era mezzanotte. Il misterioso ladro del collier era entrato in azione. Shinichi istintivamente trasse Ran più vicina a sé. “Non muoverti e non preoccuparti. Non permetterò che ti accada nulla.” Così le sussurrò con tono calmo e confortante. Ran si lasciò andare a quell’abbraccio dolce e protettivo, che sapeva essere frutto del pericolo e del favore delle tenebre. Fu grata a quelle tenebre, capaci di offuscare in un istante tutto l’imbarazzo, tutti gli scrupoli, tutti quei futili ostacoli e quelle sciocche inibizioni che la mente sapeva creare ogni giorno alla luce del sole. Per un attimo si scoprì colpevole del desiderio che quel black out durasse per sempre…
“Che nessuno apra le porte per alcun motivo!” disse Shinichi con tono deciso affinché le guardie in sala a custodia delle uscite non compiessero un passo falso sulla scia dell’emergenza. “Signor Okamoto, per favore, contatti le guardie più vicine al contatore elettrico con la sua ricetrasmittente!”
Gli effetti personali dei presenti, compresi i cellulari, erano infatti custoditi nel guardaroba. Shinichi aveva saputo, però, parlando con gli addetti alla sicurezza prima della festa, che costoro erano stati provvisti di trasmettitori radio in grado di comunicare, in caso di emergenza, con la ricetrasmittente del signor Okamoto.
“D’accordo!” rispose il padrone di casa, sorpreso e curioso di sapere, come tutti gli altri convitati, a chi appartenesse la giovane voce così risoluta e capace.
Il signor Okamoto contattò i suoi uomini che, come da disposizioni, raggiunsero il più in fretta possibile il quadro elettrico: proprio quando il pendolo aveva appena suonato il dodicesimo rintocco, le luci si riaccesero. Non appena la stanza fu di nuovo illuminata, la signorina Inoue si rese conto che il suo esile collo non era più cinto dal prezioso monile.
L’urlo della donna e l’improvviso ritorno della luce riportarono Shinichi e Ran alla realtà, come risvegliandoli da un semicosciente sogno… Ran sapeva che l’incanto era spezzato, la mezzanotte passata, la carrozza  ridivenuta zucca. Lei sarebbe tornata ad essere una semplice ragazza e lui… un detective. Contemporaneamente, istintivamente, rapidamente, i due giovani si sciolsero da quell’abbraccio che ora appariva così surreale… L’imbarazzo era tornato, con tutti gli sciocchi scrupoli, gli ostacoli e le inibizioni di sempre… Ran era consapevole del fatto che ora sarebbe stato impossibile ricreare l’atmosfera che solo un attimo fa li aveva fatti vivere in una fiaba. Per la principessa era tempo di tornare a indossare i suoi soliti panni di amica di infanzia mentre il principe sembrava già lontanissimo, mentre si affrettava a raggiungere, da efficiente investigatore, la scena, o meglio la vittima, del crimine a pochi passi da loro… Sapeva bene come sarebbe andata di lì in poi: lui sarebbe stato interamente assorbito dal caso e non avrebbe potuto più dedicarle attenzione… chiuso nel suo castello di cristallo, nel suo mondo impenetrabile fatto di incontri tra eminenze deduttive e duelli fra menti eccelse, dove non c’era posto per una comunissima pulzella, senza curiali doti né rango sociale, seppure con un grande cuore…  Per un attimo, contemplando i suoi sogni infranti, ebbe la tentazione di salire sulla zucca finché quella, per magica concessione, muoveva gli ultimi affannosi passi e tornare nella sua umile dimora, lontana da quel mondo che così tante volte, quella sera, l’aveva fatta sentire fuori posto. Ma poi rifletté che rifugiarsi a casa e attendere, inerme, l’aiuto salvifico di una fata madrina, come una perfetta Cenerentola, non faceva proprio per lei… Si era sempre sentita, piuttosto, una combattente, una moderna Mulan, pronta a indossare l’armatura e scendere in battaglia per aiutare chi amava! E così decise di fare quella sera. Se non poteva aiutare Shinichi nelle deduzioni, gli sarebbe almeno rimasta accanto per tutta l’indagine, fornendo il proprio sostegno a lui e a suo padre ogni qual volta e in ogni qual modo le sarebbe stato possibile. Così si apprestò a raggiungere il giovane detective, portandosi a breve distanza da lui.
Shinichi si era fatto largo tra gli ospiti, stretti intorno alla famiglia Okamoto e alla signorina Inoue che, visibilmente sconvolta e costernata dal misfatto, doveva ora difendersi anche dagli attacchi della futura suocera. Invano il buon Ryoichi tentava di mediare tra le due parti. Nel frattempo Kogoro aveva raggiunto i suoi clienti e neanche lui poté sottrarsi alle prepotenti accuse della altezzosa aristocratica…
“Signor Mouri, come ha potuto permettere che una cosa del genere accadesse proprio sotto i suoi occhi?” disse infervorata la signora Okamoto, afferrando e agitando con vigore l’elegante cravatta di Kogoro che, temendo di rovinare il vestito noleggiato e di soffocare per mano della sua energica assalitrice, si difendeva, come poteva, a mugugni.
“Ma cara, lascia stare il detective… Le luci erano spente, nessuno poteva far nulla…” disse indulgente il signor Okamoto, tentando di calmare l’impeto della furente moglie. 
“E poi chi è stato a dare disposizioni durante il black out? Quella non era certo la sua voce, detective Mouri!” continuò, incurante, l’arrembante padrona di casa.
“Beh ecco, veramente….” disse Kogoro non sapendo come giustificarsi davanti a quella cliente sui generis e maledicendo in cuor suo i Suzuki per averlo raccomandato per quell’incarico così scomodo sebbene così ben remunerato…
“Sono stato io” disse con decisione il giovane allievo di Holmes, emergendo dalla folla di curiosi che si erano radunati attorno alla vittima del furto.
“E lei chi sarebbe?” disse seccata e, allo stesso tempo, incuriosita la signora Okamoto.
“Sono Shinichi Kudo, un detective” rispose fiero il giovane.
“Un altro detective?” chiese sorpresa e molto irritata la signora Okamoto, “e chi l’ha invitata qui? Non ricordo di averla mai inclusa nella lista degli ospiti!”
“Sono stata io ad invitarlo”, irruppe la signorina Inoue, “per difendermi dall’aggressore e da questo ridicolo tentativo di incastrarmi!”
“Come ti permetti, piccola intrigante!” disse la signora Okamoto, furibonda e pronta a portare avanti una battaglia che si preannunciava interminabile.
“Signore, vi prego, non c’è alcun bisogno di litigare…” disse Kogoro conciliante, tentando di placare i toni.
“È vero,” disse Shinichi con calma e risolutezza, “le porte della sala sono sempre rimaste chiuse durante la festa, perciò il colpevole è qui tra noi. Cerchiamo piuttosto di ricostruire i fatti. Smascherarlo è solo una questione di tempo!” concluse sorridendo, pronto a confrontarsi con quel mistero e risolverlo.
Quelle parole rassicurarono i presenti e sedarono gli animi. Senz’altra esitazione si diede inizio alle indagini.
“Signorina Inoue,” incominciò Shinichi, “cosa può dirci riguardo il momento dell’aggressione?”
“Ecco io… non mi sono accorta di nulla,” rispose la giovane, “le luci sono andate via e di colpo e, quando sono tornate, mi sono resa conto di non avere più indosso la collana...”
“Ma quel collier ha una chiusura piuttosto complessa”, continuò Shinichi, “com’è possibile che l’aggressore sia riuscito a sganciarla al buio con così tanta disinvoltura da non farla accorgere di nulla?”
“Beh, non saprei… suppongo debba trattarsi di un ladro particolarmente esperto...” disse la Inoue.
“Ma certo, è chiaro!” disse Kogoro con aria sicura e trionfante. “So io perché il ladro non ha avuto nessuna difficoltà a sganciare la collana… Il colpevole è una persona che conosce il gioiello molto bene e che l’ha indossato a sua volta per anni…. Sto parlando di lei, signora Okamoto!” sentenziò puntando il dito contro l’incredula padrona di casa. Ran, che si era a sua volta fatta largo tra gli invitati per seguire più da vicino l’indagine, scosse, preoccupata, la testa alle parole del padre, interrogandosi sulle conseguenze cui avrebbe potuto portare l’ennesima strampalata accusa di Kogoro, diretta questa volta, addirittura, contro la loro stessa cliente…
“Ma come si permette signor Mouri?” disse furibonda la signora Okamoto, riprendendo Kogoro per la cravatta e stringendola ancor più forte di prima. Kogoro, allora, pentendosi presto di quella quanto mai imprudente insinuazione, fu quasi felice di essere contraddetto, quando Shinichi intervenne, salvandolo da un destino praticamente segnato: ”No, è impossibile che sia stata la signora Okamoto.”
“Davvero? E per quale motivo?” disse Kogoro respirando appena.
“Innanzitutto,” rispose Shinichi,  “parlando in quest’ottica, il signor Okamoto conosce la collana e il meccanismo di chiusura almeno quanto la moglie, poiché l’avrà aiutata numerose volte ad indossarla.”
“Bene allora è stato lui!” disse Kogoro sperando di liberarsi dalla morsa in cui la vigorosa signora lo imprigionava e incappando invece in una sua stretta ancora più energica.
“Ma nessuno dei due coniugi Okamoto può aver sfilato la collana alla signorina Inoue. Almeno non di persona…” proseguì Shinichi. “Il signore e la signora si trovavano infatti sul lato sinistro della sala al momento in cui le luci si sono spente. Perciò sarebbe stato per loro impossibile raggiungere al buio la signorina Inoue e il suo fidanzato, che stavano danzando sul lato destro della stanza.”
“E tu come fai a sapere dov’erano, moccioso?” disse Kogoro adirato poiché Shinichi gli stava meritatamente rubando la scena…
Osservare è il mio mestiere” disse Shinichi con risolutezza “e poi constatarlo non mi è stato difficile poiché anch’io mi trovavo sulla pista da ballo. Stavo danzando con sua figlia e seguendo gli spostamenti della signorina Inoue e degli altri sospetti.”
Un festante vocio di esaltazione si levò dalla folla. Tutti erano conquistati da quel così giovane e così brillante investigatore. Kogoro era verde di rabbia, non sapeva se gli scocciasse di più che quell’impertinente sbarbatello gli stesse, con tanta nonchalance, soffiando l’indagine, oppure la figlia…
Ran, invece, scossa da quell’ultima dichiarazione, si chiedeva se avrebbe dovuto essere contenta poiché Shinichi aveva ammesso davanti a tutti di aver ballato con lei, o infuriata perché aveva palesato di averlo fatto per vegliare sulla signorina Inoue…
Ma la signora Okamoto sapeva benissimo di che umore essere e si colorì del più grande entusiasmo verso quel giovane e acuto detective, sul quale, abbandonata la presa e le aspettative rivolte a Kogoro, concentrò tutte le sue speranze. L’intera famiglia Okamoto si strinse attorno a Shinichi.
 “Voglio darle fiducia!” disse la signora Okamoto, mutando, in uno diametralmente opposto, il suo iniziale giudizio su di lui, “vediamo se è davvero capace come le sue deduzioni promettono! Ha il mio consenso ad occuparsi del caso. Ma l’avverto, ha a disposizione una sola notte per fare luce su quanto è accaduto. Se il collier non sarà stato recuperato entro domattina, il furto sarà denunciato alla polizia ed io la citerò come personalmente responsabile, in quanto complice della signorina Inoue.” La folla accompagnò quell’affermazione con un certo clamore, mentre la signora Okamoto concluse con pungente risolutezza: “E’ pronto ad accettare la sfida?” 
Ran si affrettò a raggiungere  Shinichi e con grande apprensione tentò in ogni modo di dissuaderlo: “Non farlo, Shinichi! E’ una follia accettare queste condizioni! Se la collana non sarà ritrovata, denuncerà anche te  come responsabile del furto!” Ma il dado era ormai tratto, il guanto lanciato… e Shinichi si apprestò a raccoglierlo: “Mio padre mi ha insegnato, signora Okamoto, che non ci si tira mai indietro di fronte a una sfida. Accetto le sue condizioni, una notte sarà più che sufficiente per assicurare il colpevole alla giustizia e la collana ai suoi legittimi proprietari.”
“Benissimo!”, disse la signora Okamoto che, proprio come i convitati in sala, aveva iniziato a fare il tifo per quel promettente giovane ed era perciò, in cuor suo, contenta che egli avesse accettato la sfida e che si potesse ancora scongiurare l’intervento della polizia. Con una risoluzione tempestiva dell’incidente, infatti, si sarebbe potuto evitare che l’accaduto fosse reso pubblico l’indomani e il buon nome della famiglia messo a repentaglio.
“Signor Mouri!” tuonò d’improvviso la signora Okamoto, facendo sobbalzare il povero Kogoro, “voglio che lei controlli tutte le persone presenti in questa stanza, una ad una!”
“Ma signora,” protestò il detective, “non dirà sul serio! Questo è un lavoro da pivelli, mi lasci piuttosto condurre le indagini qui, esaminando la sala!”
“Può farlo più tardi, signor Mouri! Senza la polizia, non possiamo fidarci di nessun’altro che lei! Lei è l’unico che può condurre questa operazione con trasparenza. Può usare una delle stanze qui a fianco per ispezionare gli ospiti. Provvederemo noi stessi a spiegare l’accaduto e scusarci con loro a nome della famiglia per l’inconveniente.”
“Ma pur volendo, signora Okamoto,” disse Kogoro con fare seccato, cercando una scappatoia, “non potrei mai esaminare da solo tutte le persone che sono in questa stanza! Senza contare che un gentiluomo come me non può ispezionare le dame presenti in sala…” insinuò con un sorrisetto e un finto tono cavalleresco, “perché non lasciare questo compito ai suoi fidati uomini e a quel detective da due soldi?”
“Niente affatto, signor Mouri! Le guardie dovranno rimanere a sorveglianza delle porte e controllare che nessuno entri o esca dalla stanza senza previa autorizzazione,” disse la signora Okamoto, “ma può chiedere l’aiuto del nostro maggiordomo, il signor Sakai. Tutto il personale ha avuto diposizione di non coricarsi fino a mio preciso ordine, può perciò disporne come meglio crede. E per quanto riguarda le signore…”
“Posso pensarci io!” si fece avanti Ran con decisione.
“Lei? Ma non è nulla più che una ragazzina!” rispose la signora Okamoto con sufficienza.
“Ran ha la mia stessa età”, controbatté Shinichi, “ed ha avuto modo più volte di assistere a perquisizioni del genere da parte della polizia, perciò ne conosce perfettamente le dinamiche e le regole. Senza contare che è la figlia del Detective Mouri, perciò persona della massima affidabilità.”
“E sia dunque...” consentì la signora Okamoto. “Può avvalersi della collaborazione della nostra governante, la signora Mochizuki.”
“Grazie, signora!” rispose Ran, guardando entusiasta Shinichi, che le sorrise in segno di complicità.
“Io vado, ma tu… stai molto attento” gli sussurrò Ran prima di allontanarsi.
“Non preoccuparti…” disse Shinichi “ho già raccolto diversi pezzi del puzzle. Sono sicuro che entro questa notte riuscirò a risolvere il caso.”
“Anch’io ne sono sicura,” disse Ran strizzando un occhio e accomiatandosi dal suo Sherlock Holmes del terzo millennio con un sorriso incoraggiante. “Ci vediamo dopo!”
“A più tardi, Ran!” disse Shinichi, mentre fissava con sguardo inquisitorio le quattro guardie alla sua destra, meditando di ascoltare più tardi la loro testimonianza.
“Un momento di attenzione, mie diletti ospiti!” disse il signor Okamoto, chiamando a raccolta gli invitati. ”Come sapete, questa sera, in questa stanza, è scomparso un prestigioso collier appartenente alla famiglia da generazioni! Ci scusiamo umilmente per l’inconveniente, ma ci troviamo costretti a pregare ognuno di voi, signori e signore, di recarvi nella stanza accanto per un breve esame, necessario a provare la vostra estraneità ai fatti. Una sola persona alla volta dovrà abbandonare questa sala, quando il signor Sakai o la signora Mochizuki vi inviteranno a seguirli in una delle stanze qui accanto, ove vi attendono il detective Mouri e sua figlia. Alcuni di voi saranno inoltre chiamati in questa stessa sala a dare la propria preziosa testimonianza riguardo il momento del furto. Vi rinnoviamo il nostro rammarico per il disturbo arrecatovi e confidiamo nella vostra collaborazione, necessaria per assicurare il malfattore alla giustizia! A nome della famiglia Okamoto, grazie a tutti per la comprensione!”
Seguì un mormorio di malcontento, mentre gli invitati, spazientiti, iniziavano a formare due file, gli uomini da una parte, le donne dall’altra, desiderosi di abbandonare al più presto quella sala e quella che ormai non aveva più l’aria di una festa.
Shinichi esaminò con perizia tutti gli angoli della stanza e i possibili “nascondigli”, contenitori o zone d’ombra. Poi controllò le porte della sala, ma non trovò segni di scasso. Sotto le finestre della villa si snodava un dirupo molto scosceso. Era perciò impossibile per chiunque arrampicarsi. Inoltre, se le finestre fossero state aperte durante il black out, sarebbe stato possibile accorgersene dalle correnti d’aria.
 Il giovane detective interrogò subito i cinque sospetti che aveva osservato usare la mano sinistra durante il ricevimento, ma nessuno di loro si trovava abbastanza vicino alla signorina Inoue per compiere il furto al momento del black out. Tra loro, i parenti del futuro sposo rilasciarono deposizioni molto brevi, dichiarando quasi tutti di aver perso di vista la coppia non appena l’ultima danza era iniziata, mentre le amiche della sposa si limitarono a qualche irriverente commento sulle goffe doti da ballerino del povero Ryoichi, che non era mai riuscito a raggiungere il centro della pista, nonostante fosse il protagonista della festa.
Shinichi passò quindi a interrogare  tutte le coppie che si trovavano a breve distanza dai due promessi poco prima dell’aggressione, ma nessuno sembrava aver percepito in alcun modo la presenza dell’astuto ladro. Visto che la coppia di fidanzati aveva danzato per quasi tutto il tempo a bordo pista, cercando di non intralciare, con passi incerti, il perfetto tourbillon delle altre coppie, evidentemente il ladro aveva avuto discreto spazio per agire indisturbato. Il giovane Kudo chiamò quindi, una ad una, anche le guardie che, inizialmente titubanti, non erano propense all’idea di abbandonare il loro ruolo di guardiania per ordine di un liceale. Fu perciò necessario l’intervento del signor Okamoto, che dispose affinché si allontanassero, una alla volta, dalla loro posizione, dando precise istruzioni che le altre sorvegliassero, di volta in volta, anche la porta lasciata incustodita.
La guardia preposta  alla seconda porta fu particolarmente restia a raggiungere il divano dove Shinichi stava accogliendo gli ospiti per interrogarli. Si mosse con passo lento e incerto fino al lato opposto della stanza, dove il giovane detective si trovava, e quasi inciampò alla fine. “Ehi amico, tutto bene? Quella vecchia ferita alla coscia sinistra si risveglia dopo tanto tempo, eh?” gli chiese la prima guardia, che l’aiutò a rialzarsi, prima di tornare al suo posto dopo l’interrogatorio.
“Tutto bene, Kobayashi. Sarà questo tempo umido!” fece di rimando la seconda guardia, recuperando prontamente l’equilibrio.
“Si sieda pure, signor Tanoyuki” disse quindi Shinichi, una volta che questi l’ebbe raggiunto.
“Grazie, signore” rispose l’uomo.
“Mi spiace averla fatta affaticare” affermò Kudo con tono calmo.
“E’ il mio lavoro, signore. Non sarò il più svelto, ma sono il più tenace al bisogno.”
“Ne sono sicuro. Nel pomeriggio ho avuto modo di rivolgerle già qualche domanda e, se ricordo bene, lei è in servizio presso questa famiglia da ben 20 anni, non è così?”
“E’ così, signore.”
“Bene, cosa mi sa dire riguardo l’ora del furto? Ha percepito qualcuno o qualcosa di sospetto avvicinarsi alla sua porta?”
“Niente e nessuno, signore.”
“E alla signorina Inoue?”
“Niente e nessuno, signore…” e dopo una breve pausa si riprese “per quello che credo, signore. Dopo tutto, era buio…”
“Grazie per l’aiuto, può tornare alla sua postazione e, mi raccomando, faccia attenzione” concluse Shinichi.
“Grazie, signore. Al suo servizio, signore,” rispose Tanoyuki e, con la stessa andatura sbilenca, tornò, stavolta più svelto che poteva, al suo posto.
Shinichi l’accompagnò con lo sguardo e sorrise. Gli interrogatori erano conclusi e la sala era ormai occupata dai soli signori Okamoto e dalle imperturbabili guardie. Percependo l’atmosfera tensiva, i parenti più prossimi della famiglia, una volta esaminati, avevano chiesto e ottenuto di ritirarsi presso i loro alloggi, mentre gli ospiti, man mano che erano stati sottoposti a perquisizioni e interrogatori, avevano espresso i loro auguri più sinceri alla coppia (con una punta di malcelato disappunto per il trattamento subito) e avevano ormai quasi tutti lasciato la villa.
Proprio in quel momento, Ran e Kogoro facevano rientro, assieme al maggiordomo e alla governante,  dopo aver terminato le perquisizioni. Vista l’ora tarda, gli anziani domestici furono congedati, mentre ferveva l’attesa per i risultati dell’esame condotto.
“Allora, signor Mouri, non ci tenga sulle spine! L’avete trovata?” chiese agitata la signora Okamoto.
“Beh veramente… Nulla di nulla, nessuna traccia della collana tra i gentiluomini...” disse Kogoro imbarazzato, forzando un sorriso.
“E tu, Ran, che notizie porti?” chiese calmo Shinichi.
“Ecco, purtroppo… neanche noi abbiamo trovato nulla perquisendo le signore. Mi spiace!”
“Assolutamente inammissibile!!” sbottò la signora Okamoto “Cercate meglio! Deve esserci! Bisogna ricontrollare gli ospiti uno ad uno!”
“Ma questo non è possibile signora, gli ospiti ormai se ne saranno già andati…” disse Kogoro, sollevato in cuor suo che la volontà della sua cliente fosse questa volta davvero inattuabile.
“Andati? Come andati?!” sussultò l’energica signora, riprendendo Kogoro per il bavero.
Fu di nuovo necessario l’intervento del marito e, stavolta, non gli fu difficile mostrare alla bisbetica moglie l’impraticabilità delle sue richieste: “Cara, sii ragionevole. Abbiamo già arrecato fin troppo fastidio ai nostri ospiti ed è una fortuna che tutti siano stati così comprensivi da prestare la loro collaborazione. Nessuno si sottoporrebbe ad un secondo controllo, per giunta senza l’intervento di un’autorità competente.”
“Beh, non vi è che una soluzione allora! E’ stata quella incantatrice!” riprese con vigore la signora Okamoto. “L’ho sempre detto io! Oh povero figlio mio, raggirato da una ladra!” prese a lamentarsi la padrona di casa.
“Mamma, non ti permetto...” disse Ryoichi, che stava rientrando in quel momento, seguito a pochi passi da Natsumi.
“Le ricordo, signora,” intervenne  la promessa sposa, “che, a differenza vostra, noi siamo stati appena sottoposti a perquisizione.”
“E cosa avete trovato?” chiese la signora Okamoto a Ran e Kogoro.
“Nulla, neanche addosso alla signorina” rispose Ran.
“Nulla di nulla!” ripeté Kogoro seccato.
“Ahhhh i miei poveri nervi!” disse la signora Okamoto andando a sedersi su un divanetto. “Me l’hanno fatta! Me l’hanno fatta sotto il naso!” e scoppiò in un buffo e rumoroso pianto.
“Su cara, cerca di calmarti. Abbiamo ben due detective dalla nostra parte. Diamo loro fiducia,” disse, cercando di confortarla, il marito.
“Ah povera me…! Povero Ryoichi…!” continuava imperterrita la donna.
 Ma mentre la signora Okamoto singhiozzava, Kogoro intervenne rassicurante: “Non si disperi, signora Okamoto! Lasci fare a me! Col vostro permesso, signori, riprendo le indagini! Trovare quella collana sarà un gioco da ragazzi per lo sconosc… ehm per il qui presente e brillante detective Mouri! Esaminerò questa stanza palmo a palmo e la troverò!”
“Faccia pure, detective. Confidiamo in lei e nel suo giovane collega!” ripose fiducioso il signor Okamoto.
“Vi ricordo,” tuonò la bisbetica indomita, interrompendo per un momento i suoi singhiozzi, “che avete solo una notte per risolvere questo caso! Se la collana non salta fuori entro domattina, potete dire addio al vostro buon nome di detective e dovrete risponderne alla polizia…!” e si rituffò nei suoi lamenti.
Kogoro voleva provare a salvare almeno l’onore se non il cospicuo onorario che l’aveva spinto ad infilarsi in quell’annosa faccenda. Shinichi, al contrario, rischiava molto di più  e Ran lo sapeva, perciò non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui e di offrire il suo aiuto in ogni qual modo le fosse stato possibile.
Mentre Kogoro si aggirava con fare circospetto per la stanza, analizzandone tutti i pertugi per rintracciare la collana alla sua particolare maniera, Shinichi chiese ai signori Okamoto il permesso di accedere al resto della villa. Ran si apprestò a raggiungerlo: “Ehi, dove stai andando, non vuoi provare ad unire le forze con papà per condurre le ricerche in sala?”
“No, vedi, ho già esaminato la sala, Ran… ora c’è un altro posto che voglio controllare.”
“Un altro posto?” fece eco Ran. “Ma non hai già controllato tutte le altre stanze prima della festa? Sei qui da questo pomeriggio come noi. E poi nessuno è più uscito dalla sala durante il ricevimento.”
“Beh sì, tutte le stanze tranne una… che prima della festa era inaccessibile.”
“Inaccessibile? E va bene, vengo con te allora!” propose Ran, curiosa e desiderosa di aiutarlo.
“Perché no, nella stanza di una ragazza, la logica femminile può essere molto utile” rispose Shinichi con fare determinato. E così si avviarono verso una delle più belle suite della villa.
“La stanza della signorina Inoue? È questa l’unica sala che non hai ancora ispezionato?” chiese Ran, entrando e guardandosi intorno, esterrefatta dallo sfarzoso ambiente.
“Proprio così” rispose Shinichi, precedendola ed iniziando un’oculata osservazione.
“Ma non è la tua cliente?” chiese Ran.
“Sì, ma voi donne ci mettete così tanto a prepararvi…” disse Shinichi ironico. “Mi hanno detto che era fuori discussione disturbare la signorina mentre si acconciava per il ricevimento.”
“Molto spiritoso Shinichi, davvero un cavaliere!” disse Ran, accennando una risatina ironica.
Mentre parlavano, Shinichi si soffermò ad osservare una foto della signorina Inoue in compagnia di Ryoichi, posta in una cornice su un prezioso mobile accanto al letto.
“Sono molto carini insieme, non trovi?” disse Ran, sopraggiungendo al suo fianco. “Secondo me si vogliono bene davvero…”
“Come fai a dirlo?” chiese Shinichi.
“Beh, prendi il ballo ad esempio… Lui non sembrava per niente convinto di danzare quel valzer…anzi, ha fatto molte proteste… Ma poi lei gli ha sorriso e l’ha guardato intensamente negli occhi, così lui si è convinto. Io credo che farebbe qualsiasi cosa per renderla felice… anche mettersi in imbarazzo davanti a tutta la famiglia…” a Ran scappò un sorriso.
Shinichi fu come folgorato da un’illuminazione e guardò improvvisamente la foto sotto una nuova luce.
“Sei un genio Ran, grazie davvero!” disse afferrandola, festante, per le spalle.          
“Io, io…prego…” mormorò la ragazza. Per un attimo si trovarono di nuovo nella posizione di qualche ora prima. In quell’istante, fissando Ran di nuovo dritta negli occhi, Shinichi capì che la ragazza aveva ragione: uno sguardo poteva rivelare i veri sentimenti di un cuore innamorato e, se l’avesse guardata un solo momento più a lungo, probabilmente si sarebbe tradito. Così lasciò di colpo la presa ed entrambi, imbarazzatissimi, si trovarono a guardare nella direzione opposta.
“H-Ho bisogno del tuo aiuto, Ran…” irruppe Shinichi, smorzando quell’imbarazzante silenzio.
“C-certo, dimmi pure,” rispose la ragazza, cercando di riprendersi rapidamente da quel turbinio di emozioni.
Entrambi si sforzarono di recuperare il sangue freddo e riprendere l’indagine.
“Beh, tu sei una ragazza, no? Mi serve il tuo aiuto per ragionare con una logica…femminile!” disse Shinichi, rovistando qua e là come a cercare qualcosa.
“O-ok, parla pure...” disse, titubante, Ran, chiedendosi in cuor suo che bisogno avesse Shinichi di cominciare ogni volta le sue richieste con quegli strani preamboli, facendole sciocche domande sul suo conto di cui già conosceva la risposta. E, come ogni volta, temette che a quegli stessi preamboli sarebbe potuta seguire una qualche situazione imbarazzante…
“Dov’è che una ragazza nasconderebbe qualcosa che non vorrebbe mai nessun altro trovasse?” chiese Shinichi senza mai interrompere la ricerca. “Considerando che le cameriere si recano qui regolarmente per pulire o mettere in ordine la stanza,” proseguì, “ o persino per aiutarla a vestirsi nel caso di una festa, non riesco a pensare ad un posto abbastanza sicuro.”
“Beh, un posto ci sarebbe” disse Ran arrossendo…
“E quale secondo te?” chiese Shinichi, più che mai indaffarato a setacciare i numerosi mobili e cassetti, pieni di accessori e capi d’abbigliamento femminile.
“Il cassetto della biancheria intima,” disse Ran, realizzando che stavolta l’imbarazzo si celava nella risposta, anziché nella domanda.
“Geniale! Persino le cameriere non farebbero problemi, se tenute a debita distanza da un posto simile, adducendo una scusa adeguata. Ran, sei stata preziosissima, ora aiutami a trovarlo, presto!”
Ran aprì l’ultimo dei cinque cassetti di un’antica a pregiata cassettiera: era quello giusto.
“Visto? Al primo tentativo!” disse Ran pavoneggiandosi un po’, consapevole di far arrabbiare l’orgoglioso detective.
“La tua proverbiale fortuna!” si limitò a commentare, con un pizzico d’invidia, Shinichi… ed entrambi si tuffarono alla ricerca dell’oggetto del mistero. Poi il giovane detective si fermò di colpo, imbarazzato: non era proprio da lui frugare in un guardaroba così personale… “Continua tu, Ran…per favore…”
“Ok!” rispose Ran ridacchiando e pensando che in fin dei conti Shinichi era un vero cavaliere. “Spiegami però che cosa devo cercare…”
“Una foto!” rispose Shinichi.
“Una foto? Ah, forse l’ho trovata!” disse Ran estraendo la sottile pellicola dal cassetto. “Ma dimmi, come facevi a sapere che da qualche parte c’era una foto nascosta?”
“Semplice, vedi la cornice lì sopra, quella che stavamo osservando prima? Ha un formato diverso rispetto alla foto che contiene, che, come si evince dai bordi dell’immagine, è stata ritagliata in maniera innaturale per potervi entrare. In un ambiente così lussuoso, dove il denaro certamente non manca, non ha senso mantenere una vecchia cornice, se inadatta per una foto. Perciò ho dedotto che la cornice avesse un valore affettivo, che magari la signorina Inoue l’avesse portata dal suo paese… e poiché non ha senso portare una cornice vuota…”
“La vera foto doveva essere qui da qualche parte!” rispose Ran, chiudendo il cerchio. “Ma perché credi che avesse bisogno di nasconderla? Questa foto…” disse Ran osservandola “raffigura un semplice bambino con un braccio bendato…”
“Perché insieme alla cornice e alla foto,” rispose Shinichi, “la signorina Inoue ha portato con sé un grosso segreto dal suo luogo natio… e probabilmente un triste fardello. Ora cerca di raggiungere il fondo del cassetto con le dita, Ran… e dimmi se il fondo combacia perfettamente con i lati.”
Ran fece come le era stato chiesto, piena di curiosità per il mistero che quel cassetto celava: “Un doppio fondo!” esclamò.


Investigation chapter secondo il classico stile conaniano, senza rinunciare ad un tocco di romanticismo.
A questo punto avete tutti gli indizi necessari, siete riusciti a risolvere il mistero? ^_^ La soluzione nel prossimo capitolo, in arrivo a breve!


- redpen
   
 
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