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Autore: Inathia Len    28/11/2014    6 recensioni
E se la storia della Bella e la Bestia non fosse come ve l'hanno sempre raccontata? E se i protagonisti fossero altri?
Leggete di John, che sacrificò se stesso per salvare la sorella Harry, ma finì col trovare l'amore.
Leggete di Sherlock, del principe senza cuore che la fata Irene trasformò in una Bestia orrenda e che riuscì a redimersi grazie all'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I should have known you would bring me heartbreak... almost lovers always do

 

 

John fissava come imbambolato il corpo di Moriarty che veniva trascinato via da Moran, un lago di sangue a testimoniare l'impatto. Non aveva capito cosa fosse successo sul tetto, Sherlock e Jim di certo non avevano urlato e i fulmini e i lampi non avevano aiutato a capire cosa stesse succedendo.

Ma una cosa l'aveva intuita, oh sì. Moriarty aveva minacciato Sherlock, così come Sebastian aveva tenuto sotto tiro lui, ma Sherlock era superiore a chiunque e li aveva battuti al loro stesso gioco. E ora che Jim era morto, ora che non c'era più nessun pugnale puntato alla sua gola, poteva correre su, correre da Sherlock. E sì, forse anche lanciarglisi contro, farlo cadere e, finalmente, baciarlo.

-Sherlock!- gridò, sbracciandosi, notandolo affacciato al cornicione, lo sguardo perso in lontananza.

L'altro focalizzò la sua attenzione su John e un piccolo sorriso si disegnò sul volto, così umano, alla fine.

Ma non poteva sentirlo, si rese conto il ragazzo. Per quanto lui potesse urlare, non aveva modo di comunicargli di starsene lì fermo, che sarebbe arrivato lui.

Mosso quasi da un raptus, pescò dalla borsa lo Specchio Magico e chiamò il nome di Sherlock, vedendolo apparire. L'altro doveva aver visto o quantomeno intuito cosa aveva intenzione di fare John, perché, dalla superficie, sembrava proprio che lo stesse guardando.

-Sherlock- sussurrò di nuovo John, questa volta certo che Sherlock lo potesse sentire.

-Non posso scendere... dovremo farlo da qui.-

Erano giorni che non sentiva la voce di Sherlock, quello non era il tono che ricordava. Sherlock era stato tante cose: la Bestia che aveva rapito sua sorella, il mostro che lo aveva costretto a una terribile scelta, l'uomo dietro la maledizione che ogni giorno lottava per fare ammenda, il pazzo che parlava di fisica quando pattinavano, il folle che conservava teste e piedi nella ghiacciaia e insisteva per mostrargliele a cena, il principe che amava le api ed era stato uno stupido testone... colui del quale John si era innamorato. Sherlock era stato tutte queste cose, ma mai, mai, uno che supplicava. Uno con il panico nella voce, le corde vocali mal ferme.

-Che sta succedendo?- chiese John, guardando momentaneamente verso l'alto e trattenendo a stento un conato di vomito. Sherlock era in piedi sul cornicione, il mantello che agitava folle nel vento, il viso verso il basso, verso John.

-Ti devo delle scuse- sussurrò lo Sherlock-nello-specchio. -Per tutto quello che ti ho fatto passare, per i mesi di prigionia...-

-Sherlock...-

-Sono stato un egoista. Ti ho trattenuto qui perché io avevo bisogno di te, perché volevo che tu sistemassi il casino che avevo causato io. E non è giusto. Hai una vita tua... chi ti aspetta al villaggio...-

-Sherlock- provò di nuovo John, ma l'altro continuò imperterrito.

-Se salterò, forse la maledizione si spezzerà. È l'unico tentativo che ho, l'unica chance, l'ultima per mettere le cose a posto.-

-Oh, stai zitto. È vero, la prima volta che ti ho incontrato ho pensato che fossi la cosa più brutta che sarebbe mai potuta capitare, lo ammetto, dato che siamo in vena di confessioni idiote. Ho pensato “sono fottuto”. Ma poi ti ho conosciuto sul serio. È vero, tutt'oggi ci sono momenti in cui ti prenderei a testate, ma ora che so come sei davvero, sotto tutto quel pelo e quelle parole ringhiate... io non ti cambierei con nessuno al mondo.-

Sentì Sherlock reprimere una risata e sorridere tra le lacrime che erano spuntate nei suoi occhi e John si sentì leggermente meglio. Se solo avesse fatto qualche passo indietro, se solo fosse tornato sul terrazzo...

-Moriarty mi ha detto tutto, John.-

-Tutto? Tutto cosa?-

John non ci stava seriamente capendo più nulla. Jim era morto, perché quel testone non la smetteva con questa cosa del fare l'eroe a tutti i costi e veniva giù, da lui? Avrebbero trovato un altro modo, c'era ancora tempo per la maledizione...

-Mi ha detto della tua fidanzata. Congratulazioni... felicitazioni. Davvero, non so cosa si dica in questi casi...-

John deglutì a vuoto. Non ci poteva credere. Ecco cosa stava spingendo Sherlock a saltare, inutile che provasse a mentire a lui, lo conosceva troppo bene. Lui non aveva accettato di sposare Mary e così ora si vendicava uccidendo Sherlock. Anzi, convincendo Sherlock ad uccidersi, costringendolo a guardare.

-Sherlock, Mary e io... noi...- tentò di spiegare, avvicinandosi.

-NO!- ruggì Sherlock. -Non ti muovere. E tieni gli occhi fissi su di me, ti prego. Lo faresti per me?- supplicò, la zampa protesa in avanti a stringere il vuoto.

John, istintivamente, si fermò, la mano davanti agli occhi.

-Questo... è il mio biglietto d'addio. È quello che le persone fanno, vero? Lasciano un biglietto...-

-Lasciano un biglietto quando? Sherlock, ti prego, ascoltami...-

-Addio, John.-

-No- mormorò John, più a se stesso che a Sherlock. -Non ci provare... NO!-

Ma Sherlock non lo stava più ascoltando. Forse il contatto si era interrotto, forse lui non voleva più ascoltarlo.

La gente attorno si era finalmente fermata, tutti guardavano verso l'alto. C'era chi discuteva animatamente con il vicino, chi gridava di chiamare aiuto, chi si limitava a ridere sguaiatamente. John cominciò a stilare mentalmente una lista di persone che avrebbe ucciso con le sue stesse mani, non appena tutto quello sarebbe finito. La gente non avrebbe più riso di Sherlock.

Permise a se stesso di distrarsi un secondo, lasciò la sua mente vagare fino agli attimi felici vissuti in quel periodo che aveva vissuto al castello. Si chiese perché non glielo avesse detto prima, perché quella maledetta sera si fosse dovuto ubriacare, perché non fosse tornato prima... perché non urlava che tra lui e Mary non c'era mai stato un accidente di niente.

E invece se ne stava fermo, a metà tra il passato, il presente e la fantasia, perché la realtà non era accettabile.

Sherlock allargò le braccia e gonfiò il petto, le zampe

sempre più in bilico sul cornicione.

John lo vide chiudere gli occhi, gettare indietro

la testa quasi a raccogliere il coraggio

 

John lo tocca leggermente su una spalla,

scoppiando a ridere quando Sherlock si volta dalla parte sbagliata,

maledicendo Mosca Cieca e chiunque lo avesse inventato.

 

Lo vide stringere i pugni quasi a volersi aggrappare a quella vita

che ora lo rifiutava, proprio ora che aveva ricominciato a viverla. Lo vide

poi guardare fisso davanti a sé e non fece nulla John,

incapace di accettare quello che stava per succedere.

 

 

Ora gli fa lo sgambetto e si nasconde dietro una colonna,

facendo crollare la pila di libri che stava studiando prima.

Si sa, Mosca Cieca in biblioteca non è il massimo,

ma Sherlock si stava annoiando e, in fondo,

John può aspettare qualche altra ora a diventare medico.

 

Mancava ormai poco. Forse ora non sarebbe riuscito a fermarlo,

neppure se avesse gridato che lo amava. Neppure se

avesse chiamato Mary a confermare le sue parole.

Sherlock stava per morire, per lanciarsi,

e la sua bocca maledetta non voleva funzionare.

 

-Sono qui!- ridacchia John, sgusciandogli alle spalle.

-Se ti prendo, io ti...-

-Cosa mi fai? Mi imprigioni per sempre? Uhm... mi sa che ti

abbiano preceduto- scoppia a ridere John.

E basta quell'attimo di distrazione a Sherlock per trovarlo.

 

-SHERLOCK!- sentì la propria voce urlare.

Che le sue corde vocali fossero tornate dalla vacanza non autorizzata?

Lasciò cadere lo Specchio.

Che si rompesse pure. I suoi anni di tormenti sarebbero cominciati

nel momento esatto in cui il corpo di Sherlock

avesse toccato il suolo, e non sarebbero di certo stati i sette provocati

dalla distruzione di uno specchio.

 

John si volta lentamente.

Sherlock è lì a pochi passi da lui, la zampa ancora poggiata

sulla sua spalla.

Basterebbe un attimo, una frazione di secondi.

Due bocche che si sfiorano, mani che si intrecciano...

non c'è nessuno, sono soli.

-Sherlock, io...- comincia John, mentre l'altro si toglie la benda.

-Sì?-

Si è fatto più vicino, ora John riesce con chiarezza a vedere

la piccola macchia più scura nell'occhio destro, al centro, sopra la pupilla.

 

Il suo corpo annaspava nel vuoto, le braccia che mulinavano

come le ali di un gabbiano troppo stanco per volare,

ma troppo codardo per lasciarsi andare.

Ma Sherlock non era così, non era un codardo.

Era solo una persona a cui la vita aveva chiesto troppo,

soprattutto alla fine.

E John sapeva.

Lo sapeva mentre urlava il suo nome e spingeva via la folla.

Lo sapeva mentre non staccava il suo sguardo

dall'inarrestabile caduta.

Lo sapeva mentre il suo cuore si fermava con quello di Sherlock,

quando sentiva il vuoto tonfo sul prato.

Lo sapeva mentre mormorava: -No... ti prego no. Sherlock... no...-.

Lo sapeva mentre si accasciava per terra, una mano tesa verso il polso di Sherlock,

ne disperato tentativo di ingannare se stesso.

Lo sapeva mentre gli dicevano che non c'era nulla da fare e tutti si allontanavano.

Lo sapeva mentre i suoi occhi si rifiutavano di piangere, la bocca si faceva secca.

Lo sapeva mentre la testa gli esplodeva e il cuore si spaccava.

 

Ultimamente si incanta spesso così,

si è ritrovato a fissare Sherlock con sguardi da pesce lesso più del dovuto.

Sa perché.

Lo sa quando, a colazione, fanno a gara a chi ha i più bei baffi di panna.

Lo sa quando lo rincorre per i corridoi, assecondandolo nella sua ultima pazzia.

Lo sa quando lo ascolta per ore e ore mentre gli legge vecchie cronache di omicidi irrisolti.

Lo sa quando ci mette due nanosecondi a mollare i libri per seguirlo dovunque lui voglia andare.

Lo sa quando non riesce a dormire se non ha prima passato metà della notte davanti al camino con lui.

 

 

È morto per colpa sua.

 

Lo ama.







 

Inathia's nook:

Ooook.
Se questa non è l'apoteosi dell'angst non so cosa sia. Qualcosa si lasciava intuire dal capitolo scorso, ma ammettetelo... non ve lo aspettavate. Almeno per la parte finale, con l'alternarsi tra presente e passato.
La scena della mosca cieca è una specie di missing moment della storia, che mi sono inventata sul momento, ovviamente. E' la prima volta che John e Sherlock si sono quasi baciati, ma ovviamente non è successo nulla :( altrimenti non saremmo a questo punto.
Ma non perdete la speranza, manca ancora un capitolo all'epilogo... e sto prendendo seriamente in considerazione l'idea di scrivere il seguio. Ancora non ne sono sicura al 100%, ma ci posso seriamente pensare, perchè è praticamente tutto pronto e tra due settimane finisco le lezioni all'università...
Bene, questo è quanto.
Vi mando un bacione :)

 
  
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