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Autore: Euridice100    29/11/2014    16 recensioni
"Ma l’altra rialza il capo e lo fissa con odio.
È allora che Gold la vede.
Arretra di un passo con la certezza di avere dinanzi a sé un fantasma.
'No, non può essere.'
Ma è allora che il passato torna a essere presente."
(Victorian!AU RumBelle
Seguito di "Cleaning all that I've become" e "All of the stars".)
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Your dream is over... Or has it just begun?'
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Prologo - Castle on a cloud
 
 
 
There is a castle on a cloud,
I like to go there in my sleep,
aren't any floors for me to sweep
not in my castle on a cloud.
 
 
 
Londra, aprile 1894
 
Le gocce scivolano sul vetro sottile della finestra, lasciando dietro di sé una lunga scia umida che insegue con le dita. Non c’è molto da fare quando piove e tutti sono impegnati: è costretta a distrarsi accontentandosi dei pochi svaghi che la circondano e che mai come in questo momento le sono parsi tanto banali.
A Helena questo tempo non piace, proprio non le piace, anche se vi è abituata: da quando è nata, conosce solo cieli brumosi che paiono riflettere il grigiore di strade raramente baciate dal sole. L’aria carica di umidità le gonfia i capelli, rendendoli una matassa inestricabile, fa appiccicare i vestiti alla pelle e rende le lamentele di Granny per “le sue povere ossa” una sequela infinita; e, per quanto adori quella vecchina che non ha paura di niente e nessuno, sentir ripetere sempre gli stessi borbottii a lungo andare scoccia.
Se Ruby o sua madre scoprissero ciò che pensa avrebbero reazioni opposte, lo sa: una riderebbe a crepapelle e le darebbe manforte, l’altra la incenerirebbe con lo sguardo ricordandole che un conto è la schiettezza, un altro la maleducazione, e lei rasenta decisamente la seconda piuttosto che la prima. Metterebbe il broncio, senza dubbio; ma poi Helena andrebbe ad abbracciarla, e subito vedrebbe ricomparire quel sorriso speciale che dedica a lei e a lei sola, che tanto le illumina il volto e le accende lo sguardo; quel sorriso che però – anche la bambina non può non accorgersene – sembra incompleto.
Non sa spiegarne il perché; riflettendoci, però, ha capito che il sorriso della mamma è simile al suo quando vorrebbe più torta di quella che le viene data. Rari come sono, i dolci sono qualcosa per cui festeggiare e proprio per questo, anche se le viene data sempre la fetta più grande, Helena ne vorrebbe ancora; sapere di non poterlo pretendere la rattrista. Ecco: nel sorriso speciale di sua madre c’è gioia, tanta gioia, ma c’è anche, c’è sempre, un frammento di malinconia che non si capisce a cosa sia dovuta.
Forse la ragione di quella tristezza segreta è qualcosa di serio, ed è una ragione che – per quanto il pensiero possa farla arrabbiare – lei non può capire perché ancora troppo piccola. Ci sono giorni in cui mamma sembra proprio altrove, com’è successo a Natale: Helena ha pensato che la colpa fosse sua, che qualche capriccio l’avesse fatta arrabbiare definitivamente e la donna non le volesse più bene; e il pensiero le era tanto insopportabile che alla fine ha preso coraggio a due mani e gliel’ha chiesto.
Quando ha sentito la domanda, mamma è caduta dalle nuvole.
L’ha guardata come se fosse ammattita e si è morsa le labbra colpevole, attirandola a sé in uno degli abbracci che tanto le piacciono e chiedendole scusa un numero infinito di volte.
- Non pensare mai una cosa del genere, mai, – le ha sussurrato baciandola senza sosta – Tu non potresti mai deludermi. Tu sei il mio sole.
Quando ha udito quelle parole, un calore improvviso si è impadronito del suo cuore.
Mamma è tornata a giocare con lei, a scherzare e aiutare Ruby; ma ancora, nella sua risata c’era l’eco della tristezza segreta di cui non si conosce il colpevole.
 
 
 
“There is a room that's full of toys,
there are my hundred boys and girls,
nobody shouts or talks too loud,
not in my castle on a cloud.”
 
 
 
 
Helena sbadiglia e lancia l’ennesima occhiata sulla strada: ormai sta smettendo di piovere. Se almeno potesse andare da Tink… Le piace aiutarla mentre lavora – le dice sempre che, sveglia com’è, il suo sostegno è importantissimo, e lei non può far a meno di sorridere orgogliosa – e, soprattutto, le piace giocare con gli altri bambini; ma di mattina la donna insegna a leggere e a scrivere ai più grandicelli, come Henry e Grace, e Anna, e quando guarirà anche Elsa. Il fatto che i suoi amici stiano affrontando una nuova avventura senza di lei la indispettisce non poco, e a nulla valgono le rassicurazioni materne: Helena non intende aspettare, vuole andare a scuola ora, vuole imparare subito! Persino Tink dice che è presto, ma lei vuole stare col suo gruppo, vivere le stesse esperienze: ha ben quattro anni, ormai non è certo una bambina!
Si guarda attorno: oggi è mattina di chiusura e non c’è l‘ombra di un cliente, ma mamma, Ruby e Granny si dividono comunque tra il bancone e il retro, cercando di portare avanti le incombenze per i giorni di lavoro. Impegnate come sono, non possono accompagnarla in istituto; e mamma non vuole assolutamente che giochi dove non può tenerla d’occhio o che, addirittura, esca da sola: dice che Whitechapel non è un bel posto in cui crescere – non è un bel posto per nessuno, dice, anche se Helena non ne capisce il perché, abituata com’è a quell’umanità forse sudicia e anonima, ma che lei sente così sua. Quando sente parlare di posti meravigliosi appena al di là del fiume, e poi ancora per il mondo intero – distese infinite di fiori viola, savane popolate da animali selvaggi e scogliere a strapiombo su flutti tempestosi – lei ci crede, perché sua madre non le direbbe mai bugie, ma al tempo stesso non è del tutto convinta. È abituata a certe cose, a scene che a volte lasciano uno strana sensazione di ferro in bocca e gelano le membra; ma sa cos’è giusto e cos’è sbagliato, cosa deve e non deve fare, e poi comunque non è certo stupida, anzi!
L’orfanotrofio dista poche strade dalla locanda, e lei le ha percorse tantissime volte: sicuramente potrà farcela anche da sola. Quando lo verrà a sapere, mamma si arrabbierà, potrebbe giurarci, ma sarà anche orgogliosa della sua bambina ormai grande e in grado di cavarsela da sola per il vasto mondo…
E poi, chissà: magari proprio questa prova le farà capire che è giunta l’ora di mandarla a studiare con gli altri!
Esce di soppiatto dalla sala, attenta a non fare il minimo rumore, e ridacchia vittoriosa quando si ritrova all’aria aperta. Nessuno fa caso a un soldo di cacio che sguiscia rapido tra i passanti e s’incammina a testa alta verso la meta: tra poco sarà coi suoi amici, e solo questo conta.
 
 
 
There is a lady all in white,
holds me and sings a lullaby,
she's nice to see

and she's soft to touch,
she says:

‘Cosette, I love you very much.’  ”
 
 
 
Il dondolio della carrozza è un nenia ipnotica che lo culla e lo rilassa, distogliendolo da ogni preoccupazione. È il potere della pioggia: quando lava il mondo rende ogni pensiero effimero, ogni apprensione tacita, piccola, sempre più piccola, un puntino che presto svanisce sommerso dal ticchettio dell’acqua.
Accade tutto all’improvviso.
I cavalli protestano con alti nitriti quando le redini vengono tirate con violenza. Il contraccolpo è potente e fa precipitare bruscamente nella realtà Robert Gold, gettandolo nel panorama di un abitacolo elegante e di strade lerce.
Che diamine è successo ancora?, non può fare a meno di chiedersi. Sin da quando stamani ha aperto gli occhi, ha avuto come l’impressione che questa sarebbe stata una pessima giornata, e finora gli eventi non hanno fatto altro che rafforzare la convinzione: la servitù di Kensington è sempre stata un caso a sé, ma fino a un’ora fa il disordine regnava sovrano a tal punto da costringerlo a sprecare tempo in una ramanzina che, ripensandoci, avrebbe potuto risparmiare procedendo direttamente con un memorabile licenziamento collettivo. Per colpa dell’accaduto è uscito in ritardo; e ora è meglio che il cocchiere si sbrighi a ripartire, perché non è certo l’ideale far attendere tanto un futuro socio che s’incontra per la prima volta, per quanto lo si possa avere praticamente in pugno…
Ma i secondi passano e la vettura non si muove. Gold sente il conducente parlare a voce alta, ma altre rumori si sovrappongono, coprendone il tono concitato; vede gente accorrere, qualcuno grida, un bambino piange. Ecco perché odia passare per i quartieri bassi: essere al centro dell’attenzione senza poter contare su una via di fuga è sempre pericoloso, ma lo è ancor di più in simili contesti.
Non fa in tempo a mettere piede in terra che il fido Hulme compare al suo fianco.
- Mr Gold, – esordisce – Se posso permettermi, vi consiglio di tornare in carrozza. Nulla di cui preoccuparsi, solo un contrattempo…
- Strano che un banale contrattempo ci faccia star fermi cinque minuti buoni.
Avanza deciso verso il cocchiere, che continua a passarsi nervoso le mani sull’uniforme mentre litiga con Blockehurst. Entrambi hanno lo sguardo fisso davanti a sé.
- Cosa sta succ…
C’è una bambina a poca distanza dagli zoccoli dei cavalli. È raggomitolata su se stessa e piange, singhiozza come se avesse vissuto la paura più grande della sua breve vita – cosa che, probabilmente, è appena accaduta.
- Burke, – riesce a mormorare l’industriale dopo quello che pare un secolo – Cos’hai fatto?
È nello stesso istante che Gold vede passare dinanzi a sé una scheggia. Non potrebbe definirla diversamente: sa che è una persona, una giovane donna per l’esattezza, ma pare un lampo per la foga con cui si è fatta strada tra il capannello raccoltosi e ora corre verso la piccola, fino a raggiungerla e a stringerla a sé urlandone il nome.
Dal modo in cui ricambia lo slancio, la bambina fortunatamente non sembra essersi fatta male, Gold giudica di primo acchito; ma non per questo le sue lacrime scemano. Anche la ragazza piange, ripetendo parole sconnesse in un tono che gli pare familiare.
Una scena che non ha alcuna particolarità, probabilmente madre e figlia che si ricongiungono dopo una brutta avventura; eppure qualcosa gli impedisce di distogliere lo sguardo, portandolo il nuovo invito di Hulme a tornare in carrozza. Resta lì, a fissare le due che si abbracciano, la donna che culla la piccina per tranquillizzarla e quest’ultima che le si aggrappa al collo, mentre un’altra ragazza sopraggiunge gridando.
Madre e figlia hanno i capelli dello stesso colore, nota, la stessa sfumatura di castano ramato.
L’ultima arrivata s’inginocchia accanto a loro, pone domande concitate, le abbraccia con foga.
Ma l’altra rialza il capo e lo fissa con odio.
È allora che Gold la vede.
 
Arretra di un passo con la certezza di avere dinanzi a sé un fantasma.
 
No, non può essere.
 
Ma è allora che il passato torna a essere presente.
 
 
 
I know a place where no one's lost,
I know a place where no one cries.

Crying at all is not allowed,
not in my castle on a cloud.
“Castle on a cloud” - Les Misérables
 
 
 
 
 
 
 
 
N. d. A. : TA-TA-TADAN! XD
A volte ritornano… E infatti eccomi qui con la seconda parte delle (dis)avventure di Gold e Belle nell’epoca vittoriana!
Allora, primissimi pareri, impressioni, previsioni? Il prologo è piuttosto breve, lo so, ma è un punto di partenza necessario; dal prossimo capitolo se ne capirà molto, molto di più, promesso – e, mi dispiace per voi, torneranno i soliti standard di lunghezza, se non peggio visto che dovrò descrivere ben cinque anni concitati.
(Grafomania is coming back, insomma.)
Ho volutamente utilizzato un linguaggio semplice e con qualche ripetizione perché a una bambina così piccola non si possono certo attribuire locuzioni e pensieri forbiti.
Il titolo della long viene da “The scientist” dei Coldplay; ho inoltre deciso di riunire tutte le storie di quest’AU in una serie, “Your dream is over… Or has it just begun?” – verso della canzone “Silent lucidity” dei Queensrÿche.
Grazie a quant* leggeranno, recensiranno o aggiungeranno a una categoria il nuovo lavoro e a chi ha fatto lo stesso con la oneshot di collegamento “All of the stars” e col missing moment “Kiss me”: il sostegno che mi esprimete qui e sulla pagina Facebook “Euridice’s world” è una vera manna, non smetterà mai di emozionarmi! :*
Ci si rilegge sabato 14 dicembre; baci, Dearies! ♥
Euridice100
   
 
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