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Autore: ari3192    30/11/2014    0 recensioni
Tutti su questo mondo siamo la parte mancante di una metà dispersa, siamo l'equivalente esatto della tanto famosa "mezza mela".
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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1 CAPITOLO MARZO 2070

-Va a fuoco! Sta bruciando tutto!- Asia provò disperatamente a gridare ma, neppure una sillaba si librò nell'aria. Era come se qualcosa avesse tagliato di netto le sue corde vocali. Le fiamme, che sembravano essere comparse dal nulla si stagliavano tutt'intorno a lei come tante piccole streghe intente in chissà quale malefico rituale. Incessanti e maligne sacrificavano ogni ricordo ed ogni spiraglio di futuro riducendo tutto quanto in minuscoli granelli di cenere. Una fiammella appena nata le sfiorò il braccio senza però ustionarla. Solo un acuto dolore l'attraversò da parte a parte come se una lama tagliente le avesse penetrato la pelle. Era al secondo piano, sola, le scale erano diventate una trappola mortale. C'era un unico punto che non aveva ancora ceduto al braccio di quell'inferno. La piccola finestra che si affacciava sopra al cortile posteriore sembrava essere immune a qualunque cosa. Asia la guardò, un minuscolo quadrato che sembrava dirle: sono la tua unica possibilità. Si rese conto, allora, che il coraggio era la sua ultima risorsa. Si avvicinò a piccoli passi, pervasa come da un'inaspettata calma, come ipnotizzata si gettò. Un volo che le parve infinito. - Mi ucciderò - Pensò mentre si lanciava nel vuoto. Quando finalmente finì a terra restò immobile per quello che le sembrò un interminabile minuto, convinta del fatto che qualunque mossa l'avrebbe segnata per sempre. Il quartiere era come immerso in un sonno statico, nemmeno il vento sembrava essere presente, era tutto completamente immobile quasi fosse l'unico personaggio di un quadro senza nome. Spalancò gli occhi verso il cielo, la nube di fumo aveva oscurato ogni cosa. Poi si accorse, incredula, che le sue ossa, tutte e duecentosei, erano completamente intatte e prima ancora che potesse gioirne lo scenario cambiò, si ritrovò spersa in un sentiero che si snodava al limite della realtà. Era buio. Una di quelle notti senza stelle e senza luna, un tappeto nero che aveva l'acre odore della morte. Camminò, sapeva che non c'era altro che potesse fare. Il suo unico obbiettivo era restare viva. Tutto ricordava un mondo postapocalittico. Si sentiva come l'ultima superstite. I campi di grano si estendevano a perdita d'occhio su entrambi i lati, piegandosi sotto il volere di una strana brezza. Mentre cercava di capire che cosa stesse succedendo, raccogliendo tutti i propri pensieri, finì con la scarpa contro qualcosa. Un rumore metallico rimbombò nell'aria. Una maniglia sembrava essere comparsa dal nulla sotto di lei, ricordava l'entrata di un bunker antiatomico. Tirò a se l'oblò bronzeo fino a che non si aprì completamente. Una galleria immersa nella più assoluta oscurità si allungava fino a chissà dove. Non aveva mai creduto alle coincidenze ma tutto quello che le stava accadendo sembrava non darle ragione, e ne ebbe la conferma quando un interruttore si materializzò all'improvviso accanto all'entrata della scaletta. Quando lo premette tante piccole luci si accesero una di seguito all'altra. Ogni piolo scricchiolava passo dopo passo, come se gli anni l'avessero indebolito, come un anziano signore che barcolla appoggiato al proprio bastone. Così giunse a toccare il pavimento. La polvere illuminata dalla luce creava strane forme nell'aria, talvolta come stessero ballando una graziosa danza altre librandosi in vortici confusionari. Un'aria senza vita e senza respiro. Brandine e cibi in scatola erano accatastati in ogni angolo. Asia sfiorò con le dita tutto ciò che poteva, ed ogni volta una scarica di energia si impadroniva di lei. Era come se il passato di ciascun oggetto fosse improvvisamente presente. C'era un'unica porta appena visibile in fondo ad un claustrofobico corridoio e come mossa da qualcosa che andava oltre la ragione stessa vi si avvicinò, poi come se stesse sfiorando qualcosa di misticamente raro, la dischiuse. Il vuoto pareva essere l'unica presenza all'interno, solo dopo un secondo sguardo si accorse che non era sola. C'era una gigantesca statua addossata nell'angolo più remoto, ad Asia dette l'impressione di essere lì da prima che il mondo fosse nato. Sembrava raffigurare un giovane ragazzo. Quando fu ad un passo da quella sagoma immobilizzata nel tempo, riuscì a vedere che ogni dettaglio era stato inciso con una cura meticolosa. I capelli che sfioravano le spalle leggermente ricurve assomigliavano a tanti piccoli serpenti. Gli occhi, grandi, sembravano osservarla da ogni angolazione. Sentì l'amore crescerle dentro, come se quella statua non fosse in verità una semplice statua. Così poggiò le sue dita sul marmo, sentì la sua pelle vibrare sotto la meravigliosa fermezza di quella misteriosa scultura. Chiuse gli occhi cercando di immaginare chi fosse colui che aveva ispirato tutto ciò e nel momento esatto in cui nella sua mente quell'ammasso di pietra fredda iniziava a prendere reali sembianze umane, un calore si irradiò lungo i suoi arti.

Quando tornò a guardare si accorse, indietreggiando istintivamente, che non c'era più alcuna statua.

Il giovane che aveva preso il suo posto parlò - Ti stavo aspettando - Le disse.

Asia finì con la schiena contro il muro nel tentativo vano di fuggire. La sua bellezza era paragonabile alla perfezione stessa, a qualcosa in cui non aveva mai riposto fiducia. I suoi occhi erano di un celeste talmente chiaro da risultare quasi trasparente, e i piccoli serpenti di poco prima, che contornavano un volto maestosamente squadrato, erano adesso tante spighe di granturco.

- Mi chiamo Leo, piccola Asia - Stava per chiedergli come facesse a sapere il suo nome ma senza che le sue labbra si muovessero, il ragazzo statua iniziò a sussurrarlo ancora, da prima piano poi sempre più forte - Asia, Asia, Asia...-

Quando riaprì gli occhi si accorse che quello non era altro che uno stupido sogno, di fianco a lei c'era uno sconosciuto.

Sussultò rendendosi conto che il ragazzo seduto al suo fianco e quello del sogno sembrano essere la stessa persona. -Ti chiedo scusa ma stavi gridando "Asia", suppongo sia il tuo nome.- Disse il giovane lanciando uno sguardo al ciondolo che portava al collo. Asia sorrise, forse esistevano le coincidenze, e non solo nel mondo dei sogni.

Ci sono storie che per viverle abbiamo bisogno di tutto il coraggio di cui siamo capaci, e spesso non è abbastanza. Asia aveva venticinque anni e nessun futuro se non quello che si immaginava quando guardava il sole. Si immaginava spersa ai confini del mondo con una macchina fotografica appesa al collo e un pacchetto di sigarette perennemente mezzo vuoto nella tasca dei blue jeans. Ma aveva imparato che quello che si desidera non corrisponde mai al grande disegno che le enormi mani del destino hanno in serbo per noi. Così si cullava nel dolce nettare della fantasia con talmente tanta convinzione da farla sembrare reale. La verità è che aveva tutto ciò di cui aveva bisogno per essere felice, ed era proprio perché ne era profondamente consapevole che non riusciva a comprendere come mai erano sempre più frequenti i momenti in cui l'aria le mancava e la paura di essere fuori posto la graffia internamente lacerandola. Diventava ogni giorno più simile a una morsa che la stringeva provocandole un senso di soffocamento terrificante.

L'unica convinzione che con gli anni non era mai cambiata era che non aveva ancora trovato il suo posto nel mondo. Ma ora che aveva incrociato quegli occhi, seppure si sentisse tremendamente stupida anche solo a pensarlo si chiese se non avesse dovuto rivalutare ogni sua posizione. Le parole tra loro scorrevano a fiumi in quello strano pomeriggio di inizio primavera. Come se il tempo prima non ci fosse mai stato, come se i loro destini fossero stati da sempre obbligati ad incrociarsi per tessere insieme una tela più grande di loro stessi. Non si sfiorarono mai, nemmeno per errore, le loro mani, le loro gambe, i loro piedi, solo aspettarono insieme un treno che non sapevano se li avrebbe condotti nella stessa direzione. A giudicare dal vuoto attorno a loro sicuramente in quel viaggio sarebbero stati gli unici passeggeri. Quando il fischio del treno di fece più vicino si salutarono dandosi appuntamento a una settimana dopo esatta, in quel medesimo posto. 

   
 
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