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Autore: blackmiranda    30/11/2014    5 recensioni
(Questa storia è stata ispirata dall'OC Contest organizzato da smartys_ayane sul forum di EFP).
Kisshu rischia di venire congedato dall'esercito a causa dei suoi comportamenti aggressivi e violenti.
Zori è la giovane aliena a cui hanno affidato il suo caso e che tenterà in tutti i modi di comprenderlo e aiutarlo.
Zori attese che il rimbombo della porta si acquietasse prima di parlare. “Che è successo?” chiese cercando un contatto visivo che lui si rifiutò di concederle.
Kisshu sbuffò. “Mi hanno beccato.” rispose semplicemente, ostinandosi a fissare un punto indefinito del pavimento.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Insegnami a volare


I




“Due nasi rotti, una dozzina di contusioni, due armadi sfasciati, un muro mezzo demolito e un Generale molto, molto arrabbiato.” ricapitolò lei, accavallando le gambe fasciate da un paio di pantaloni verde scuro che le arrivavano appena sotto alle ginocchia. “Ho dimenticato qualcosa?”

Kisshu la guardò con astio, stravaccato sulla sedia di fronte a lei.

“Ah, giusto...due, anzi tre ragazze ti accusano di averle maltrattate, e una di queste ha un bel paio di lividi sulle braccia per dimostrarlo; inoltre, praticamente tutti i tuoi camerati ti odiano. Rischi l'espulsione, lo sai?” La sua voce era quella di una bambina, nonostante cercasse di farla apparire più matura abbassandola.

Kisshu non rispose, limitandosi a incrociare le braccia. Si guardarono negli occhi per una manciata di secondi, in una muta sfida a chi avrebbe distolto lo sguardo per primo.

La ragazza di fronte a lui era l'immagine stessa della serietà, cosa che la faceva sembrare più vecchia, ma Kisshu era pronto a scommettere che in realtà non avesse più di sedici anni. I capelli, di una sfumatura di arancione simile alla ruggine, erano raccolti in due morbide trecce che portava davanti alle orecchie, e gli occhi grigi dalla pupilla verticale non lo perdevano di vista un momento.

“Quante sedute ti ha prescritto il Generale, dieci? Quindici?” lo incalzò, inclinando leggermente la testa verso sinistra.

Lui sbuffò. “Dieci.” ammise con sufficienza.

Lei alzò un sopracciglio. “Poche. E immagino che tu non abbia intenzione di venire alle prossime, giusto?”

Kisshu stiracchiò le labbra in un mezzo sorriso. “Me l'avevano detto che eri brava a capire le persone.” fece in tono sarcastico.

“Ognuno ha i suoi talenti. Tu sei un ottimo combattente, mi dicono.” replicò lei ignorando il sarcasmo.

Il sorriso di Kisshu si allargò. “Cerchi di blandirmi con le lusinghe?”

“Tuttavia, sei anche un pessimo soldato.” aggiunse la ragazza, incrociando le braccia al petto.

Kisshu si strinse nelle spalle. “Ognuno ha i suoi talenti.” Lasciò che il suo sguardo vagasse sul corpo di lei. Indossava un vestito verde chiaro dalla gonna corta e svasata, che si stringeva subito sotto al seno, senza maniche, e un paio di scaldamuscoli sugli avambracci. Non era male, come ragazza, ma forse il suo giudizio era inficiato dal fatto che non c'era altro su cui posare lo sguardo, in quella stanza vuota dalle pareti metalliche.

“Cosa faresti se ti cacciassero dall'esercito?” gli chiese chinandosi in avanti.

Lui tornò serio. “Che t'importa?”

“È il mio lavoro.” rispose lei semplicemente. “A te importa?”

Non rispose. Gli importava davvero che cosa gli avrebbero fatto se non si fosse “messo in riga”, come gli aveva abbaiato di fare il Generale? Si rese conto di non essere eccessivamente preoccupato dalla cosa.

Si strinse nelle spalle, distogliendo lo sguardo.

“Di cosa ti importa, allora?”

Le sue domande iniziavano ad irritarlo.

“Cos'è che ti va di fare, in questo momento?”

Andarmene. Ma non le avrebbe dato quella soddisfazione. Non sarebbe corso via come un bambino spaventato.

Sorrise, uno di quei sorrisi che, lo sapeva bene, faceva rabbrividire le ragazze in tutti i modi possibili. “Mi piacerebbe toglierti quel vestito di dosso, per cominciare.” sussurrò sporgendosi in avanti.

Lei non si aspettava una risposta del genere, lo capì da come sgranò gli occhi e da come le sue guance si arrossarono, nonostante fingesse indifferenza.

Sogghignò, soddisfatto. Aveva riguadagnato terreno. Sarebbe stato bello far scappare lei fuori dalla stanza come una bambina spaventata, pensò divertito.

La vide deglutire. “Alle tue ragazze non dispiacerebbe?” domandò distogliendo lo sguardo, e a Kisshu non sfuggì come la sua voce si fosse fatta più acuta.

“Di loro non mi importa niente.” ridacchiò fissandola.

“Di tutte tranne che di una.”

Toccò a lui essere sorpreso. Cercò di mascherare le proprie emozioni come meglio poteva, mentre i suoi muscoli si contraevano.

Lei riprese a guardarlo negli occhi. “È questo che ti tormenta? L'amore che provi per lei?”

Kisshu scattò in piedi, furente. Come osi? Come osi?!, pensò freneticamente stringendo le mani a pugno. Le si avventò contro in un attimo, bloccandola sulla sedia su cui si trovava, i loro nasi che quasi si toccavano. “Non ti conviene farmi arrabbiare, tesoro.” ringhiò stringendo la presa sulle sue braccia nude.

“...Zori.” disse lei con un filo di voce, subito prima che un paio di guardie entrassero nella stanza spoglia e lo costringessero rudemente a indietreggiare. Il ragazzo si divincolò dalla loro stretta, le lanciò uno sguardo glaciale e se ne andò.

 

***

 

Kisshu Ikisatashi non si presentò alla seduta seguente, e nemmeno a quella dopo, né a quella dopo ancora. Zori non ne fu sorpresa: dopotutto, lui era quel tipo di persona, l'aveva capito immediatamente.

Nonostante ciò, lo aspettò pazientemente tutti i pomeriggi, seduta a gambe incrociate su quella scomoda sedia, dimenandosi di tanto in tanto mentre rifletteva su cosa gli avrebbe detto se all'improvviso avesse deciso di rifarsi vivo. Cosa che, prevedibilmente, non accadde.

La giovane trascorse ore a rimuginare tra sé e sé. L'aggressività di Kisshu la preoccupava. Certo, era stata lei a provocarlo, nel tentativo di riscuoterlo dalla sua indifferenza, ma in quell'attimo in cui le aveva stretto dolorosamente le braccia la ragazza aveva avuto paura. Poteva immaginare senza sforzo alcuno cosa avessero provato le tre ragazze che avevano segnalato il comportamento di Kisshu ai suoi superiori. La prima cosa su cui lavorare, si disse sfiorandosi le labbra, è il suo approccio con il sesso femminile.

Aveva percepito un gran guazzabuglio di emozioni contrastanti dentro di lui, che oscillavano dalla rabbia alla solitudine, dalla disillusione alla disperazione, dall'angoscia al disprezzo...e in fondo a tutto quanto, sepolto, soffocato, c'era un terribile vuoto, un buco nero di depressione che, lo sentiva, rischiava seriamente di inghiottirlo. La ragazza sapeva bene che da quell'abisso non c'era ritorno: l'aveva affrontato spesso, da quando aveva iniziato a fare quel lavoro, ed erano state più le volte che aveva perso di quelle che aveva vinto. Genitori che si erano visti morire davanti i propri figli, gente che aveva perso tutto, mogli senza mariti, mariti senza mogli, persone che avevano abbandonato la voglia di vivere, i cui stessi corpi si arrendevano alla morte: poteva ancora vedere i loro volti di fronte a sé quando chiudeva gli occhi. Il più delle volte avevano rifiutato il suo aiuto, e Kisshu non si era dimostrato diverso.

Lui però era un combattente: era nato per quello. Zori l'aveva percepito, tanto da arrischiarsi a sperare che ce l'avrebbe fatta, che sarebbe uscito vittorioso anche da quello scontro. Tuttavia, a quel mondo esistevano anche nemici invisibili contro cui una spada non serviva a nulla, cosa che Kisshu probabilmente ignorava. O forse non gli importava.

Sospirò. Peccato, le sarebbe piaciuto aiutarlo.

 

***

 

Durante il quinto pomeriggio che avrebbe dovuto dedicare al giovane soldato, ma che invece stava trascorrendo immersa nella lettura, udì improvvisamente degli schiamazzi provenire dal corridoio. Si alzò in piedi e corse ad aprire la porta in metallo, trovandosi faccia a faccia con Kisshu, scortato a vista da un paio di soldati dall'aria decisamente contrariata.

“Questa è la tua ultima possibilità, Ikisatashi.” lo apostrofò il più alto dei due. “Vedi di non fare altre cazzate.”

Il ragazzo non rispose: teneva lo sguardo fisso a terra e la mascella contratta.

I due soldati si congedarono con un cenno del capo, chiudendosi la porta alle spalle con forse un po' troppo entusiasmo.

Zori attese che il rimbombo della porta si acquietasse prima di parlare. “Che è successo?” chiese cercando un contatto visivo che lui si rifiutò di concederle.

Kisshu sbuffò. “Mi hanno beccato.” rispose semplicemente, ostinandosi a fissare un punto indefinito del pavimento.

Zori si sedette nuovamente, incrociando le gambe. “Avresti dovuto fare più attenzione.” commentò, riprendendo la lettura come se niente fosse.

Il ragazzo la guardò di sottecchi. “Beh?” sbottò in tono infastidito.

“Beh cosa?”

“Non cerchi di...psicanalizzarmi, o qualsiasi cosa facciate voi strizzacervelli?” rispose lui a braccia conserte.

Zori gli lanciò un'occhiata distratta. “Non servirebbe a niente, dato che non sei qui di tua volontà. Non posso aiutarti senza il tuo consenso.”

Kisshu corrugò la fronte. “Forse dovresti spiegarlo anche ai piani alti dell'esercito.”

“Forse. Nella mia esperienza, purtroppo, i vertici militari sono estremamente refrattari a qualsiasi tipo di logica.”

Il ragazzo ridacchiò. “Almeno su una cosa siamo d'accordo, io e te.”

Calò il silenzio. Zori si ritrovò a rileggere la stessa frase per la terza volta, ma si impose di non dare a vedere che lui la distraeva. Forse, si disse, avrebbe potuto fare leva sul suo orgoglio per stimolare una reazione.

Kisshu si sedette sulla sedia di fronte a lei, guardandosi intorno. “Certo che qui è una noia mortale.”

Non ricevette risposta. Si grattò una guancia. “Se l'avessi saputo, mi sarei portato qualcosa da fare.”

Zori fece una smorfia. “Dopo tre pomeriggi passati ad aspettare che ti facessi vivo, infatti, mi sono procurata qualcosa da leggere.”

Kisshu si alzò in volo e le si avvicinò. “Cosa leggi?”

“Una raccolta di fiabe tradizionali.”

“Cioè storielle per mocciosi? Perché lo fai?” chiese lui in tono scandalizzato.

“Penso che contengano molta dell'antica saggezza del nostro popolo.”

Kisshu si allontanò. “Che perdita di tempo...” borbottò senza nascondere il disgusto.

Zori sorrise. “Questa è una delle mie preferite. Me la raccontava sempre mia madre: Lo pseudopodo ballerino. La conosci?”

Il ragazzo si limitò a fissarla in silenzio con un'espressione compassionevole dipinta sul volto.

Zori sostenne il suo sguardo per qualche secondo, dopodiché tornò a dedicare le proprie attenzioni alle righe di testo proiettate di fronte a sé.

Kisshu alzò gli occhi al cielo. “Ci sono modi molto più divertenti di passare il tempo, lo sai?”

La ragazza si accigliò. “Nessuno di questi mi interessa, ti ringrazio.”

Kisshu colse la palla al balzo. “Li hai provati, almeno, prima di rifiutarli?” le chiese tornando a svolazzarle vicino. “O ti diverti a fare la zitella inacidita?”

“Non sono interessata a sperimentare nulla che non porti alla nascita di una relazione duratura.”

Lui la fissò a bocca aperta. “Accidenti, sei anche più noiosa di quanto pensassi...”

Lei si strinse nelle spalle. “Ognuno ha i suoi difetti.” Non poté fare a meno di sorridere tra sé e sé.

Kisshu non replicò, prendendo a fissare il soffitto. Trascorsero una manciata di minuti in silenzio, finché il ragazzo non sbuffò sonoramente. “Bel lavoro che fai qui. Quanto ti pagano? Quasi quasi mi faccio assumere anche io.”

Zori sollevò lo sguardo. Kisshu fluttuava pigramente sopra di lei, le braccia incrociate dietro la testa. “Vuoi provare a fare il mio lavoro al posto mio?” gli chiese in tono di sfida.

Lui sollevò un sopracciglio. “Dici sul serio?”

La ragazza annuì. “Perché no? Potrebbe essere divertente.”

“Che ne sai tu di divertimento...” borbottò Kisshu abbassandosi lentamente. “D'accordo, ci sto. In effetti, hai un problema piuttosto grave.” aggiunse mentre un sorriso beffardo gli nasceva sulle labbra sottili.

“In realtà la mia idea era di proporti di risolvere i tuoi, di problemi.” disse la ragazza aggrottando la fronte.

Kisshu si sedette, il suo sorriso che si allargava. “Naah, suona noioso. Inoltre, io non ho alcun problema.”

Zori incrociò le braccia. “Mi permetto di dissentire.”

Dissentisci quanto vuoi...”

Dissentisci?!”

“...sta di fatto che sei tu quella che ha bisogno di aiuto.” continuò Kisshu senza battere ciglio. “Hai una tendenza alla barbosità che va al più presto eradicata.”

Zori scosse la testa. “Trovi davvero che leggere sia sintomo di barbosità?”

“Beh, sì, ma non è questo il punto, mia cara.”

“E sentiamo, quale sarebbe il punto?” domandò lei facendo del suo meglio per ignorare lo scintillio nei suoi occhi gialli.

“Il punto è questo tuo rifiuto categorico di divertirti un po'. La domanda è: si tratta semplicemente di un rifiuto o di una vera e propria incapacità?”

Il tono fintamente intellettuale del ragazzo le fece increspare le labbra, suo malgrado. Era incredibile come risultasse improvvisamente così spiritoso e giocherellone. I suoi sbalzi d'umore erano a dir poco aleatori.

“Qualora incontrassi la persona giusta, ne sarei senz'altro capace.” replicò lei in tono sicuro.

“Oh? E dimmi, come dovrebbe essere questa fantomatica persona giusta?” la canzonò lui.

Zori accavallò le gambe. “Responsabile. Dolce. Fedele.” rispose senza esitare.

Kisshu fece una smorfia.

“E la tua, come dovrebbe essere?” gli chiese lei a bruciapelo, sperando di riportare a galla il nocciolo del problema.

“Hmpf.” mugugnò lui in risposta.

“Carina, immagino.” tentò lei.

Kisshu sbuffò per l'ennesima volta. “Ovvio. Non venire a dirmi che ti metteresti insieme a un cesso ambulante.”

“La bellezza è relativa.”

“La bruttezza no.”

Zori assottigliò le labbra. “Cos'altro?”

Il ragazzo la fissò dritto negli occhi. “Fiera. Combattiva. Focosa.” Le parve di udire la sua voce incrinarsi.

Si osservarono in silenzio per un istante. Kisshu era diventato mortalmente serio.

“Parrebbe che in fondo non siamo così diversi.” osservò Zori inclinando leggermente la testa verso sinistra.

“Cosa te lo fa pensare?”

“Crediamo che esista questa fantomatica persona giusta.”

Kisshu parve rifletterci su per qualche istante. “Credi che ne esista una sola?” domandò poi, lo sguardo perso nel vuoto.

“No, non lo credo. Sarebbe troppo crudele.”

Lui sorrise amaramente. “La vita è crudele. Se non l'hai ancora capito, non vedo cosa tu abbia da offrirmi.”

Zori prese un respiro profondo. “Tutto quello che posso offrirti, Kisshu, è la mia più completa attenzione. Ascolterò tutto quello che hai da dirmi. Come ti ho già detto, è il mio lavoro. È quello che faccio.”

“Non ho bisogno di una spalla su cui piangere.”

“E allora di cosa hai bisogno?”

Il ragazzo abbassò lo sguardo. “...non lo so.”











Salve, gentili lettrici. Spero che questo mio esperimento vi abbia incuriosite. Lo scopo del contest era quello di inserire un OC nella storia e di farlo interagire con almeno un personaggio del fandom in cui la storia è ambientata. Ovviamente ho scelto Kisshu. ^^
La storia è completa ed è costituita da tre capitoli. Il prompt di questa storia è una strofa della canzone I miss you dei Blink 182: "Non sprecare il tuo tempo con me, sei già la voce dentro la mia testa", mentre il luogo in cui dovrebbe essere ambientata per la maggior parte del tempo è un bosco. Capirete meglio, credo, nei capitoli successivi, che arriveranno a breve. :)

   
 
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