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Autore: Allison Argent    01/12/2014    1 recensioni
È la vigilia di Natale e, come ogni anno, la famiglia Fabray organizza una cena con i propri familiari. Questa volta, però, un vecchio conoscente di Russel si trova tra gli ospiti, e Quinn non riesce a scrollarsi di dosso una sensazione strana. Chi è quell'uomo? Qual è il vero significato delle sue parole enigmatiche?
«Dopo aver lanciato un ultimo sguardo al regalo Quinn lasciò il salotto, rendendosi conto solo in quel momento che quella sensazione di stranezza che aveva provato durante la serata non era scomparsa affatto. Anzi, se proprio era aumentata.»
{Q/P; AU - ispirata al balletto "Lo Schiaccianoci"}
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finn Hudson, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Rachel Berry | Coppie: Finn/Rachel, Puck/Quinn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Allison Argent
A Christmas Novel

(+ note a fine pagina)





 
Dum. Dum. Dum. Dum. Dum. Dum. Dum. Dum.
 
Quando l’orologio a pendolo segnò lo scoccare delle otto, Quinn contò qualche secondo prima di sentire la voce di sua madre che le ricordava che era arrivata l’ora di scendere in salotto, prima che arrivassero gli ospiti.
Judy diventava alquanto agitata ogni volta che i Fabray organizzavano evenienze come quella che avrebbe preso luogo la sera stessa e Quinn si era sempre chiesta come fosse possibile che, dopo anni di cene e feste, sua madre non si fosse ancora data una calmata. Alzò gli occhi al cielo e si rizzò in piedi, stando attenta ad aggiustare le coperte del letto e a controllare che ogni cosa nella sua camera fosse in ordine nel caso che i suoi genitori volessero portare gli ospiti a fare un giro per la casa. Sembrava tutto a regola d'arte, ma era sicura che l’occhio d’aquila di sua madre avrebbe trovato almeno un oggetto spostato di qualche centimetro troppo a destra per i suoi gusti.
Quinn si controllò un’ultima volta allo specchio appeso dietro la porta: anche il suo aspetto sembrava impeccabile, indossava il vestito bordeaux di velluto che sua nonna le aveva spedito qualche settimana prima sapendo della cena che avrebbero tenuto per la vigilia di Natale, e aveva raccolto i capelli in una complicata treccia sotto consiglio di sua sorella Frannie. Quinn sorrise al proprio riflesso, passandosi una mano sui capelli intrecciati, sistemando il fiocco che nascondeva l’elastico.
Ora era tutto perfetto.
 
Scese le scale silenziosamente, cercando di capire se le voci nel salotto appartenessero solo ai suoi genitori o qualcuno degli ospiti fosse arrivato in anticipo rispetto all’orario che avevano stabilito. Non che le importasse, era più un controllo che faceva per curiosità, in quel modo avrebbe potuto prepararsi una breve selezione di domande sul più e il meno da porre a chiunque l’avrebbe salutata, in modo tale da non sembrare disinteressata. Aggrottò le sopracciglia quando udì la voce soffocata di suo padre e quella di un altro uomo che non riuscì a riconoscere; Judy le aveva detto che avrebbero avuto a cena solo i suoi zii, i loro figli e la nonna.
Scese gli ultimi due scalini lentamente, sporgendo prima la testa oltre il salotto, per poter intravedere a chi appartenesse la voce che proveniva dall’ingresso, ma riuscì solo a osservare il grigio del cappotto che indossava l’uomo. Quinn rilassò la fronte e indossò uno dei sorrisi cordiali che sua madre, fin da quando era piccola, le aveva insegnato essere adatti a situazioni in cui non si conosce una persona, e superò il salotto, arrivando alla porta d’ingresso dove suo padre era preso da qualche interessante conversazione con il signore davanti a lui, a giudicare dall’espressione che aveva dipinta sul volto, le sopracciglia alte e gli occhi un po’ più aperti del solito. Fu dopo una risata che suo padre fece un cenno a Quinn di avvicinarsi a lui, gesto a cui la ragazza obbedì prontamente, sistemandosi di fianco a suo padre e potendo finalmente guardare negli occhi l’uomo misterioso.
 
«William, questa è la mia figlia più giovane, Quinn. Quinn, questo è il signor Schuester, un mio vecchio collega e grande amico.», Quinn ascoltò suo padre presentarla al signore alto con i capelli ricci curati, gli sorrise e gli porse la mano cordialmente, aggiungendo un «piacere di conoscerla» e sentendosi rispondere «il piacere è tutto mio» con un accento diverso da quelli sentiva solitamente.
 
«Il signor Schuester è appena tornato dalla Danimarca, vive in Scandinavia da qualche anno e ha deciso di farci una visita.», continuò a spiegare Russell sorridendo compiaciuto.
 
«Passavo di qua e mi sono detto: “sono anni che non vedo Russel e Judy”, e scopro che le loro figlie sono già adulte.», il signor Schuester rispose, accompagnando la spiegazione con una risata a cui seguì quella del signor Fabray. «E io, pensando che avessero ancora intorno ai dieci anni, ho anche portato dei piccoli pensierini per loro. È incredibile quanto passi velocemente il tempo quando siamo lontani da casa in posti magici, non credi anche tu, Quinn?»
 
Quinn lo guardò con aria interrogativa per un attimo, per poi rispondergli: «Non lo metto in dubbio, signor Schuester.». Era sicura di aver intravisto una luce diversa negli occhi dell’uomo appena si era rivolto a lei, qualcosa che era scomparsa non appena Quinn l’aveva scorta. Ma forse era solo lo stomaco vuoto che le faceva immaginare cose che in realtà non c’erano mai state.

«Che ne dite di andare a mettere qualcosa sotto i denti? Penso che Judy abbia preparato qualche stuzzichino prima della cena.», si intromise suo padre, rompendo quell’aria di mistero che Quinn aveva sentito costruirsi intorno a lei nell’ultimo minuto. Si girò verso suo padre annuendo e si fece strada verso la sala da pranzo, mostrando il cammino al loro ospite, mentre suo padre riprendeva uno dei suoi aneddoti sull’economia e lo raccontava al signor Schuester.

 
΅ ΅ ΅ ΅
 
Quinn non riuscì a scrollarsi di dosso la sensazione che ci fosse qualcosa di strano nell’aria. Anzi, più che strano, diverso.

Anche dopo l’arrivo dei suoi parenti e per tutta la durata della cena durante la quale neanche i discorsi più o meno interessanti a tavola in cui suo zio le chiedeva a quali università avesse intenzione di mandare la domanda di iscrizione o in cui sua cugina le raccontava dei suoi ultimi acquisti la distraevano, le sembrava di essere circondata da un aria elettrica non familiare; aveva provato a lanciare qualche sguardo al signor Schuester perché in fondo era stato solo dopo aver scambiato qualche battuta con lui che si era sentita così strana, ma ogni volta l’uomo sembrava impegnato in discussioni amichevoli con gli altri ospiti o i suoi genitori e mai una volta Quinn era riuscita a incrociare il suo sguardo.
Non passò troppo tempo prima che gli zii dovessero ripartire: sembrava che una tempesta di neve sarebbe passata nei dintorni e se non fossero riusciti ad essere a casa prima che iniziasse a nevicare allora avrebbero dovuto rimanere dai Fabray per un tempo indeterminato. Quinn era abbastanza sicura che il motivo della loro fretta nel voler partire fosse il mal di testa che si stava instaurando tra quasi tutti gli invitati dopo aver sentito parlare Judy per così tanto; non dava una colpa a sua madre, in realtà, era ben conscia del fatto che in evenienze come le cene di famiglia per le festività poteva riuscire a sfiorare i livelli logorroici, ma era fatta così, e Quinn ci aveva fatto l’abitudine.
Fu dopo la loro partenza che Quinn si trovò, insieme a Frannie, con il signor Schuester accomodati sui divani di classe del salotto davanti al camino acceso. Parlarono di quanto fossero di buon gusto gli arredi della loro dimora, dell’incredibile dimestichezza di Judy nel preparare il dessert e dell’incredibile albero di Natale che avevano decorato qualche settimana antecedente.
 
«Ecco che mi torna in mente una cosa.», disse il signor Schuester. Quinn e Frannie lo guardarono con aria interrogativa, alla quale lui rispose con uno scrollo di spalle. «I vostri regali!». Quinn si ricordò così del breve scambio che avevano avuto prima della cena, dopo che suo padre glielo aveva presentato; aveva parlato di qualche dono che pensava fosse destinato a delle ragazze di età inferiore alla loro, che avevano diciotto e ventitré anni. «Dovete perdonarmi se possono sembrare infantili, ma ero convinto di essere rimasto lontano da questo posto per un tempo più breve di quello effettivo. In ogni caso, questi sono oggetti di manodopera artigianale, sono molto preziosi. Li ho trovati in un mercatino natalizio in un piccolo paese del Nord. Ecco, questo è per te, Francesca.»
 
Detto ciò, il signor Schuester estrasse da una borsa scamosciata che agli occhi di Quinn sembrò quasi trasandata, anche lacerata in alcuni punti (Quinn si chiese in quanti viaggi avesse potuto accompagnare il signor Schuester), una palla di vetro di quelle con all’interno dei paesaggi in miniatura e dei piccoli granelli di neve che si muovevano nella sfera se mossa. Frannie, poco convinta, accettò il regalo mostrando un sorriso al collega del loro padre, ma Quinn capì subito che sua sorella non era davvero interessata all’oggetto; lo girò tra le mani un paio di volte, osservando distrattamente il movimento della neve. «Grazie mille, signor Schuester.», aggiunse poi, probabilmente ricordando le innumerevoli lezioni della loro madre riguardo le buone maniere. Quinn si morse il labbro inferiore cercando di non lasciarsi andare in una risatina poco educata, sorpresa di conoscere così bene la propria sorella; il signor Schuester scosse la testa cordiale, poi tornò alla sua borsa, intento a cercare qualcosa che, a quanto pareva, sembrava non trovare.
 
La suoneria del cellulare di Frannie riempì la stanza, facendo sobbalzare Quinn. Frannie si scusò con il signor Schuester e lasciò il salotto mentre rispondeva al telefono, ma l’uomo non sembrò badare più di tanto all’improvvisa partenza della maggiore delle ragazze. Quinn osservò il profilo del collega di suo padre, la fronte aggrottata e uno sguardo allarmato sul suo volto. «Qualcosa non va, signor Schuester?», chiese quindi, preoccupata che ci fosse qualche problema. L’uomo inizialmente non rispose e continuò a frugare nella borsa come se Quinn non gli avesse posto nessuna domanda; Quinn, dal canto suo, era insicura sul come comportarsi: non riusciva a togliersi di dosso la sensazione che ci fosse qualcosa di strano e il comportamento bizzarro della persona accanto a lei sicuramente non l’aiutava a pensare il contrario.
 
Proprio quando Quinn stava per aprire di nuovo la bocca per riporgergli la domanda, lo sguardo del signor Schuester si illuminò e l’uomo tornò a volgersi verso Quinn, mostrandole un sorriso cordiale, come se fosse tutto tornato alla normalità e gli ultimi minuti non fossero mai accaduti. La sua mano stringeva un oggetto colorato e, all’apparenza, di legno, che porse nelle mani di Quinn. Quinn, confusa dal comportamento dell’uomo, esitò un momento prima di afferrare l’oggetto, ma ritornò in sé non appena pensò che era una cosa stupida essere così diffidente, dato che era stata lei a costruire tutta quell’aria di mistero intorno all’amico dei suoi genitori e lui, personalmente, non aveva fatto niente per essere incriminato da lei. Quinn scrutò l’oggetto che aveva ora tra le mani.
 
«È uno schiaccianoci.», spiegò lui notando lo sguardo di confusione dipinto sul viso di Quinn. Lei alzò le sopracciglia, mormorando un «oh». Il signor Schuester fissò Quinn dritto negli occhi per qualche secondo, come intento ad aspettare una risposta da parte della ragazza a qualche sua domanda non detta. Quinn non riuscì a fare a meno di aggrottare la fronte e abbassare lo sguardo, sentendosi a suo malgrado in difetto.
 
«Ovviamente ti sconsiglio di usarlo per, be’, schiacciare le noci. Non è così?», continuò allora l’uomo, ancora con lo sguardo fisso negli occhi di Quinn.
 
Quinn osservò la figura umana rappresentata dall’oggetto, i vestiti dipinti in colori densi e accesi: la giacca blu con sei piccoli bottoni dorati disegnati, i pantaloni marroni e lunghi stivali neri che arrivavano fin sotto alle ginocchia. Gli occhi scuri dello schiaccianoci sembravano osservarla con un’aria penetrante e Quinn dovette scuotere la testa e abbassare l’oggetto sulle proprie ginocchia per mandare via la sensazione che quello potesse davvero guardarla. Il signor Schuester sembrò notare quest’ultimo movimento, perché inclinò la testa leggermente e guardò altrove, fissando un punto davanti a lui come a vedere qualcosa che non fosse davvero presente.
 
«Curioso come anche i più insignificanti degli oggetti abbiano una storia tutta loro, non credi?», fu quasi un soffio, come se il signor Schuester le stesse svelando un segreto, e Quinn si trovò immobile e incapace di rispondere mentre stringeva tra le mani il suo nuovo regalo. Fu come se l'uomo stesse formulando ad alta voce i propri pensieri, noncurante del fatto che lei fosse al suo fianco, e Quinn, a corto di parole, non fece altro che aspettare a fiato corto un qualsiasi movimento. Poi, d'un tratto proprio come era iniziato, il momento di tensione finì quando il signor Schuester si voltò di nuovo verso di lei, porgendole uno dei suoi sorrisi enigmatici e aggiungendo: «Sta a noi fare in modo che la storia continui o finisca per il meglio.», lasciando Quinn ancora una volta più confusa e frastornata.
 
«William, Judy ha preparato del té-», la voce di Russel Fabray si levò dal corridoio adiacente, attraendo l'attenzione della figlia e del collega che nel giro di pochi secondi si alzò dal divano, stando attento a chiudere la borsa e appoggiarla vicino al tavolo da caffè al centro del salotto. Con un cenno del capo rivolto a Quinn, il signor Schuester si scusò e spiegò: «Meglio non far aspettare la padrona di casa.» prima di lasciare il salotto e inoltrarsi nel corridoio.
 
Quinn rimase per qualche momento seduta sul divano, ripensando al breve scambio con l'uomo e convincendosi energicamente che non avrebbe dovuto fare la sciocca, ad inventarsi questioni che non stavano né in cielo né in terra. Distratta, passò la mano sul corpo di legno dello schiaccianoci come ad accarezzarlo in modo rassicurante e poi, finalmente, si alzò dal divano a sua volta.
 
«Quinn, tesoro, puoi raggiungerci?», ed ecco che la voce di sua madre la richiamava al suo cospetto. Quinn si avvicinò all'albero di natale posto vicino al camino con passo incerto, rivivendo nella sua testa la conversazione appena avvenuta con una sensazione sgradevole nello stomaco; spostando alcune vecchie decorazioni in altri punti più nascosti, fece in modo di avere un ampio spazio in alto, quasi vicino alla punta dell'albero, per posizionarci lo schiaccianoci in modo tale che questo potesse essere in mostra. Dopo aver lanciato un ultimo sguardo al regalo (la luce della lampada che era riflessa sulla lama della spada di metallo legata al fianco dello schiaccianoci aveva attirato la sua attenzione non appena Quinn si era girata di spalle rispetto all'albero, ingannando Quinn che pensò che qualcosa si fosse mosso), Quinn lasciò il salotto, rendendosi conto solo in quel momento che quella sensazione di stranezza che aveva provato durante la serata non era scomparsa affatto.
 
Se proprio, era aumentata.












 

note: sono davvero, davvero tanto contenta di iniziare a pubblicare questo lavoro. Ho cominciato a scrivere questa fiction l'anno scorso, pensandola originariamente come una two-shots, ma accorgendomi poco dopo che avevo troppe cose da dire per farla stare in solo due capitoli, quindi è diventata una long. L'ho ripresa quest'estate, un po' per gioco, un po' perchè sono stata presa da un attacco di ispirazione senza precedenti, e finora ho scritto cinque capitoli oltre a questo. La storia è già tutta nella mia testa, spero di riuscire ad andare avanti come ho fatto finora e completarla, io sono positiva. 
Questo era solo il prologo, spero di aver fatto del mio meglio per attirare la vostra attenzione. Spero di ricevere qualche commento o critica prima di cominciare a pubblicare i capitoli veri e propri, giusto per capire come vi sentite a proposito :) 
La fiction, in ogni caso, è ispirata e si basa vagamente sul balletto "Lo Schiaccianoci" con musica di Tchaicowsky. 
Come al solito consiglio, se volete scrivermi per qualunque cosa (anche una chiacchierata), di scrivermi qui.
Grazie per la lettura,
A.


 

   
 
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