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Autore: _diana87    01/12/2014    5 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Il silenzio invade l’apparecchio in volo. L’unico rumore è quello delle pale che ruotano a gran velocità.
Mike fissa duramente Kate, seduta davanti a lui con lo sguardo perso nel vuoto. Ha abbandonato i vestiti da donna araba a terra, nel posto esatto in cui lo squadrone della CIA l’aveva presa e riportata in elicottero. Completamente in stato di trance, è rimasta con l’abbigliamento da detective che aveva sotto l’abito, e la coda di cavallo ormai scompigliata.
Non riuscendo a star fermo, l’agente inglese decide di alzarsi per sgranchire le gambe. Sospira. Il viaggio del ritorno sarà lunghissimo.
Kate volge lo sguardo fuori il finestrino e nota come il paesaggio colorato del mercato sia ormai solo un ricordo lontano, prontamente sostituito da collinette e poi deserti degli altopiani africani.
Come scende la notte, la detective si appoggia su una delle brandine disposte nell’apparecchio. Sebbene sia calma l’atmosfera lì dentro, non riesce a prendere sonno. Le palpebre si abbassano e si alzano meccanicamente, mentre con la coda dell’occhio vede Mike, in fondo, concentrato sul suo laptop, posizionato sulle gambe.
Getta l’occhio sull’orologio. Sono le 2 passate. Le palpebre tendono ad abbassarsi di nuovo e lei cade in un sonno profondo, tenendosi stretta alla sua copertina. Non sente neanche l’agente Jones che si avvicina a lei cautamente, e con passo felpato la copre con un’altra coperta più pesante.
Kate sogna e vede due grandi occhi azzurri davanti a lei che la fissano. Sono quelli di Castle. Allunga la mano, cercando di afferrarlo per il braccio, ma lui è lontano e indietreggia sempre di più da lei, finché la distanza diventa incolmabile.
Quando riapre gli occhi, svegliatasi di soprassalto, la delusione compare sul suo volto. Davanti a lei c’è solo Mike Jones che le annuncia che sono approdati sul suolo americano.
 
“Tesoro, mi hai fatto prendere uno spavento, lo sai?” Lanie è la prima a correrle incontro quando lei e Mike entrano al distretto.
La dottoressa ignora completamente l’agente inglese, che intanto raggiunge la Finch e la Gates, per concentrarsi sulla sua amica. La stringe forte, chiudendo gli occhi, poi rilascia l’abbraccio toccandole entrambe le braccia. Le mani scorrono sulle sue, e poi passa a toccarle le guance fredde, dandole del calore. “Io, Javi e Kevin eravamo tutti in ansia! Non farlo mai più!”
Kate abbassa la testa, imbarazzata. In realtà, il suo sguardo dice altro. “Lo so, Lanie e mi dispiace.”
“Cos’è successo laggiù? Hanno detto che hai perso il collegamento.” È la voce di Javier, che si avvicina alle due insieme a Kevin. Entrambi hanno lo sguardo preoccupato e teso. Kate se ne accorge perché Kevin ha irrigidito il braccio tenendo in mano un fascicolo.
Quando la detective alza di nuovo lo sguardo, gli occhi sono lucidi.
“Ho visto Richard Castle.” Inizia, parlando lentamente. L’emozione la sta sopraffando e la voce è strozzata. “Lui era lì. Ecco perché mi sono allontanata e ho perso di proposito il collegamento.” Guarda i suoi colleghi e amici uno ad uno. Si passa una mano sulla testa, scuotendola. “Cioè ho seguito un tipo sospetto e mi sono ritrovata Castle davanti a me. Mi ha puntato la pistola contro e lo stesso ho fatto anche io, e poi l’attimo dopo, è sparito.”
Per qualche secondo, Lanie, Javier e Kevin si guardano nello stesso istante, finché l’irlandese parla.
“Devi fare rapporto alla CIA e all’Interpol.”
“E prepararti alla ramanzina che ti farà la Gates.” Aggiunge Javier.
Nessuno dice niente riguardo Rick Castle. E a Kate va bene così. È ciò di cui ha bisogno. Non parlare di lui.
Vederlo in quel breve istante è stato un colpo al cuore. Ma è quel momento dopo che l’ha distrutta di più: quando l’ha guardata puntandole la pistola contro, senza nessuna intenzione di abbassarla.
Con lo sguardo abbattuto, la detective si rivolge all’ufficio del suo capitano, dove la vede discutere con Christina e Mike.
“Lo so. E so anche che Jones non perdonerà ciò che ho fatto.”
Lanie le dà un colpetto al braccio col pugno.
“Io credo di sì, dopotutto ha una bella cotta per te, ricordi?”
 
“Qualcuno mi spiega cos’è successo a Beirut?”
La Gates è in piedi e osserva prima il funzionario della CIA e poi l’agente dell’Interpol. Chiusi nell’ufficio del capitano, sperano di non essere ascoltati dall’esterno, sebbene il loro continuo gesticolare può essere notato anche a un metro di distanza. Entrambi, anch’essi in piedi davanti a lei, si lanciano un’occhiata fugace prima che la Finch prenda parola. Si porta distrattamente una ciocca dietro l’orecchio, propria quella che le è sfuggita mentre cercava di legarsi i capelli.
“Victoria, stiamo cercando di capire. Forse l’agente Jones può dircelo.”
“Beckett non ha aperto bocca per tutta la durata del viaggio.”
“Andate proprio d’accordo.” Conclude Christina, facendolo zittire.
Mike semplicemente fa spallucce, concordando con il comportamento scontroso della detective. Victoria sbotta di fronte al botta e risposta dei due.
“E lei non ha cercato di parlarle?”
L’agente inglese si passa una mano sulla testa, voltandosi e camminando verso le vetrate dell’ufficio. Da lì osserva Kate parlare con i suoi colleghi e la dottoressa Parish. Vedi il suo sguardo abbattuto rivolto verso il basso e sospira.
“Ero furioso.” Con un passo veloce torna a voltarsi verso le due donne. “Le avevamo dato degli ordini e lei ha deliberatamente disobbedito!” dal tono di voce si percepisce che è ancora irritato dal comportamento irresponsabile di Kate. Ma c’è dell’altro oltre l’irritazione.
Christina corre in aiuto all’agente. “In missioni come queste, soprattutto per agenti inesperti, ci sono delle regole da rispettare”, puntualizza.
Victoria Gates ora fa il giro del tavolo per raggiungerli. Scuote la testa, incrociando le braccia.
“Non doveva andare sotto copertura, sapevamo fin dall’inizio che era sbagliato, ma la detective Beckett ha coraggio da vendere e mi dispiace che non le avete dato occasione di mostrarlo.”
“Nessuno lo mette in dubbio, e capisco che entrambi eravate preoccupati per lei.” Interviene Christina, facendo una pausa. “Sebbene per motivazioni diverse”, dice infine, e poi lancia uno sguardo prima alla Gates e poi a Jones. Inutile, per quanto l’agente inglese tenti di nascondere quella cotta da adolescente per la detective, ormai glielo si legge in faccia.
Christina gli lancia uno sguardo come per provocarlo, ma anche per fargli intendere che ha capito il motivo della sua sfuriata con Beckett.
“La verità è che la detective si è lasciata distrarre.” Sentenzia Mike, quasi come in risposta alla Finch. “Credo che abbia visto il signor Castle in mezzo al mercato e abbia deciso di seguirlo senza che noi sapessimo nulla.”
La Gates lo guarda strabuzzando gli occhi, incredula e scioccata, ma non si scompone più del dovuto.
“Ci sono dei filmati che possiamo controllare per accertarci che sia lui?”
“Purtroppo possiamo fidarci solo delle parole di Kate Beckett”, conclude Christina e i tre concordano che solo la detective può accertare i fatti.
 
Quando sul tardi decide di prendersi una pausa, lo fa sedendosi nella stanza con la macchina del caffè. Lanie le ha prestato degli abiti nuovi, una felpa con cappuccio e un paio di jeans, e lei ha deciso di cambiarsi in fretta e in furia davanti alla dottoressa, senza dire nient’altro.
L’amica non l’ha guardata con compassione, e non ha neanche cercato di capire cosa avesse significato per Kate rivedere Rick dopo tutto quel tempo. Da brava confidente, conoscendola da anni, ha lasciato che fosse lei a fare il primo passo.
Probabilmente sa che Kate deve prima realizzare il tutto e deve farlo con calma, prima che la CIA e l’Interpol inizino con i loro giochetti mentali a farla confessare. Si siede tenendo la calda tazza tra le mani. Si prende del tempo per assaporare l’aroma e restare da sola con se stessa.
Quando, invece, lui entra nella stanza, la fa sobbalzare.
Mike le dà le spalle, preparandosi a sua volta una tazza di caffè e senza preferir parola. Dall’accaduto di Beirut, non si sono più parlati, rivolgendosi sguardi furtivi, come se l’una aspettasse l’altro per iniziare una conversazione. Kate prende qualche sorso di caffè, sebbene la tazza sia ancora bollente e quindi si passa la lingua sulle labbra.
“Quando ti deciderai a parlarmi?” azzarda quasi a bocca dischiusa. Lo sente posare la tazza sul ripiano della macchinetta. Ha attirato la sua attenzione. “Mi dispiace, okay? Ho pensato di agire da sola.”
“Quale parte di ‘seguire le mie istruzioni’ non ti era chiaro?” si scaglia su di lei, e quando Kate si volta lo vede con le mani sui fianchi, l’atteggiamento furioso e lo sguardo corrucciato.
“Ho già detto che mi dispiace.” Replica lei con occhi sinceri, sperando di cavarsela con delle semplici scuse.
Mike alza il tono di voce e le punta il dito contro. “Potevi mandare a monte la copertura!”
“Ma non è successo.”
“Non importa, hai disobbedito gli ordini. C’è in gioco la sicurezza nazionale, e tu corri dietro al tuo ex fidanzato!” il suo tono di voce è ancora più alto, dando l’enfasi sul fatto che lui sa. Kate si alza lentamente, spalancando gli occhi. Mike annuisce, contraendo la bocca, senza aver bisogno di aggiungere altro.
“Se avessi avuto occasione per parlarci, io—“
“Ti ha puntato la pistola contro, Kate! Secondo te voleva parlare?” ora ruggisce, mettendola di fronte alla dura realtà. Poi, indietreggia e le parole restano lì sulla punta della lingua, chiedendosi come è possibile che lui sappia anche questo.
“Sì, i tuoi partner me lo hanno detto poco fa.”
Ecco svelato il motivo. Abbassa lo sguardo, sentendosi allo scoperto. Mentre lei si stava sistemando con Lanie, Mike deve aver fermato Kevin e Javier per un breve interrogatorio. O magari sono loro che si sono presentati di spontanea volontà.
“Si preoccupano per te.”
Un’altra risposta a confermarle i suoi dubbi. Alza lo sguardo verso Mike e capisce che i suoi partner non erano gli unici ad essere preoccupati per lei. Riabbassa lo sguardo e sorride, vagando nella sua mente e trovando il momento esatto in cui aveva incrociato la strada con Rick.
“I suoi occhi. Ho visto i suoi occhi azzurri. C’è ancora il Richard Castle che conosco lì dentro!” lo afferma con determinazione, stringendo i pugni e smettendo di fare la donna fragile che piange per la scomparsa del suo amato. “La prossima volta...”
“Non ci sarà una prossima volta perché tu non andrai più sotto copertura.” Lui la ammonisce, le volta di nuovo le spalle e torna a concentrarsi sul suo caffè, che ormai è diventato imbevibile.
“Non mi ritieni in grado di farcela?”
“No, non lo sei abbastanza.”
Kate fa qualche passo verso l’agente, scuotendo la testa. Le sta mentendo.
“Sono stata addestrata per bene, e in breve tempo, quindi sono solo un mucchio di stronzate!”
Lui rinuncia a farsi un’altra tazza di caffè, optando per un succo da bere nel minifrigo vicino alla macchinetta.
“Non intendo continuare questa discussione.”
Lo guarda in ogni minimo movimento. Sta temporeggiando e non capisce per quale motivo. Sente solo un gran nervosismo che si fa sempre più strada dentro di lei. Ed è in quell’istante che la Beckett degli interrogatori, quella dura e tosta, urla la sua presenza.
“E io non mi muoverò di qui finché non mi dici come stanno le cose!”
L’agente non è abituato a questo tipo di Beckett, e si limita a poggiare le mani, a distanza l’una dall’altra, sul ripieno, come cercasse la concentrazione per urlare più di lei. E ci riesce, appena si volta e se la trova davanti.
“Se alzi la voce sarò costretto a buttarti fuori con la forza!”
“La stai alzando anche tu!”
Si bloccano all’istante, realizzando entrambi che il loro tono di voce ha attirato il resto del Dodicesimo verso la stanzetta. Con il vetro, gli agenti possono vederli. Kate si schiarisce la voce, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, come è suo solito fare.
“Senti, Mike. So che non ti sono mai andata a genio fin dall’inizio, e in tutti i modi hai tentato di sabotarmi, di prenderti gioco di me, ma quando hai iniziato ad aiutarmi, ho pensato che finalmente mi avevi accettata, quindi non capisco questi tuoi sbalzi d’umore con me... che cosa c’è che non mi stai dicendo?”
Alza lentamente lo sguardo, vedendo che lui abbassa il suo. Mike scuote la testa, facendo una smorfia e prende a torturarsi le mani, per poi portandosele in tasca. Kate scruta la sua fronte segnata e quella vena pulsante che sta per esplodere, ma non riesce a leggerlo in faccia per capire cosa stia pensando. Quel tipo è davvero più complicato di lei. L’inglese prende un gran respiro, restando con lo sguardo fisso sul pavimento. Parla lentamente, misurando le parole, come se avesse paura a dire ogni cosa.
“Avrei potuto perderti laggiù, come è successo con la mia famiglia, non lo capisci?”
Kate rimane di sasso e resta a fissarlo immobile, senza dire niente. Scuote leggermente la testa, ed immediatamente le parole di Lanie le tornano alla mente e collega tutto. Ha cercato di non dar peso all’apparenza, a quella pulce nell’orecchio che l’amica le aveva messo qualche tempo prima, ma alla fine ogni pezzetto del puzzle era sistemato al punto giusto. Aveva capito del debole che lui aveva per lei, ma non ci aveva mai fatto caso perché il suo unico pensiero era sempre stato rivolto ad un’unica persona. Finalmente riprende a muoversi, respirando normalmente, e si prende le mani, giocherellandoci.
Le mani di Mike, invece, iniziano a tremare per le parole che ha appena detto, e nella sua mente compare l’immagine orrenda di quel macchinone militare che salta in aria, mentre sua moglie e sua figlia si trovavano al suo interno. Anche in quell’occasione era rimasto con le mani in mano, inerme e tremante.
“Beckett, ti vuole la Gates.” Kevin li interrompe facendo capolino dalla porta. Non indugia oltre, forse percependo un’aria strana all’interno della stanzetta. Attende quindi che Kate gli risponda al più presto, così da lasciarli.
Mike torna con le mani in tasca e si volta verso le vetrate. Lo sguardo fisso nel vuoto.
“Sì, okay, vengo.” Gli risponde Kate, ancora visibilmente scossa. Ruota la testa verso il suo partner e poi dà un’ultima occhiata di compassione verso Mike, consapevole di non poter ricambiare ciò che lui prova per lei, prima di uscire dalla stanzetta.
 
Varca la soglia dell’ufficio della Gates mordendosi il labbro inferiore. Mani nella tasca della felpa e testa abbassata, lasciando che i capelli le coprano il viso. Sa di essere in torto e aspetta soltanto la ramanzina del suo capitano per concludere in bellezza la giornata.
Victoria non dice nulla e resta a battere i tasti nervosamente, imprecando sottovoce perché la connessione internet viene e va. Colpa della tecnologia sofisticata della CIA e dell’Interpol che, da quando hanno invaso il Dodicesimo, hanno attratto a sé tutta la connettività possibile.
Dà una botta al modem del computer, sperando che riparta magicamente. Kate alza di poco lo sguardo facendo un debole sorriso. L’attimo di divertimento svanisce subito appena la Gates finalmente le rivolge lo sguardo. Toglie gli occhialini e li stringe tra le mani, poi si alza, appoggiandosi alla scrivania. La guarda severamente.
“Detective, eravamo tutti preoccupati per te. Qui dobbiamo seguire gli ordini superiori, non agire di testa nostra, sono stata chiara? Non farmi più prendere certi spaventi.”
Il suo tono di voce è altrettanto severo, ma quello che Kate non riesce a percepire è la comprensione e il sollievo nel rivedere la sua detective sana e salva.
La detective ascolta la ramanzina come un cane bastonato, e sa di meritarsi tutte le dure parole.
“Non ho scusanti, capitano, me ne rendo conto, ma...”
Ma appena apre bocca per parlare e ammettere il suo senso di colpa, succede qualcosa di inaspettato.
Un silenzioso abbraccio l’avvolge. Si ritrova circondata dalle braccia della Gates che la stringono per quei pochi secondi interminabili.
Non capisce bene cosa stia succedendo, ma è qualcosa che le scioglie il cuore. L’istinto le dice di ricambiare la stretta, così le sue braccia raggiungono la schiena del capitano.
Un breve istante in cui la dura Iron getta la maschera da capitano del distretto per dimostrare alla sua miglior detective che anche lei ha un cuore, dopotutto.
 
Il suo viso colpisce duramente il pavimento spoglio e freddo. Si aiuta con le mani, all’altezza della testa, per provare a capire dove si trovi, e improvvisamente realizza di essere in una cella. Con fatica, tenta di rialzarsi da terra, provando almeno a mettersi seduto, ma i muscoli e le ossa gli fanno un gran dolore.
Poi ricorda.
I pugni e i calci contro il suo corpo.
Preso in disparte, nell’accampamento del gruppo, mentre due uomini dietro di lui lo tenevano fermo con le braccia, e Jamal cominciava a colpirlo sul volto.
Una volta, due volte, tre volte.
E poi passava al torace, con la stessa frequenza e la stessa forza, finché non sputava sangue per terra.
Si tocca il volto coperto di lividi, e ricorda come gli è stato procurato ognuno di questi.
La sua colpa è stata quella di essersi allontanato dal gruppo e aver fatto di testa sua, rischiando di smontare la sua copertura a Beirut. E poi l’aveva vista. Aveva incrociato i suoi occhi, e ciò gli bastava. Era stato quello il suo piano, del resto. Fingersi ciò che non era, convincere tutti, al solo scopo di rivedere la sua Kate e tornare da lei. Non aveva previsto, però, che quel gruppo terroristico di cui faceva parte, lo seguiva come un segugio. E ora ne paga le conseguenze.
L’uomo che l’ha strattonato in quell’orrida cella, putrida e buia, come fosse un animale da soma, lo deride, pronunciando parole in dialetto a lui sconosciute e capisce di esser diventato mezzo sordo in un orecchio. O forse, si dice, sarà a causa dei duri colpi ricevuti.
Adesso prova a strisciare a carponi, verso le sbarre della cella. Mette una mano davanti l’altra, con calma, e cerca di non badare all’uomo al di là della prigione che continua a schernirlo. D’un tratto, le sue risate cessano, e sente il rumore di passi congiunti.
Con una pronuncia elegante, riconosce la voce di Nasir che chiede alla guardia di essere lasciato da solo con lo scrittore.
Quando gli è di fronte, non lo saluta ma si limita a passeggiare da una parte all’altra della cella, tenendo le mani dietro la schiena.
“Mi hai molto deluso, saidi.” Inizia, con un tono calmo, almeno apparente. “Caro Rick, io contavo su di te per questa missione.”
Castle riesce a raggiungere le sbarre e con le mani si aggrappa ad esse, aiutandosi ad alzarsi.
“Jamal ti ha detto tutto?” gli chiede dolorante.
Nasir si blocca e si ferma davanti a lui. Faccia contro faccia. “Qui le domande le faccio io.”
Un raggio di sole fa capolino da un buco del soffitto, illuminando il viso dello scrittore per metà, ma quel poco che basta per mettere in risalto i suoi occhi azzurri. Stanchi, arrossati e lucidi. Consapevoli di essere in trappola senza via di uscita.
Nasir mette le mani unite davanti a sé, mantenendo una postura retta da leader, subito tradita dal suo evidente stato di furia.
“Mi ha informato su quanto accaduto a Beirut. Era un semplice scambio di armi, Rick! Cos’è, ti sei perso tra i bazar e le bellezze locali? Ci sarà tempo per divertirsi, ma prima c’è da lavorare.”
“Quindi resterò in cella?”
Ecco quella risatina e quella smorfia fastidiosa. Lo guarda dall’alto in basso. Il volto segnato dalla sofferenza sia fisica e psichica, eppure quegli occhi azzurri sono pieni di coraggio e sfida. Una cosa che a Nasir piace, e si sente soddisfatto.
Quando aveva scelto Rick Castle per la sua missione di conquista, sapeva fin da subito di aver centrato il segno. Nel corso dei suoi anni nella polizia di New York, uniti ai suoi studi letterari e criminologici e alla fama acquisita, lo scrittore era la persona perfetta per convincere un popolo ad allearsi con la sua organizzazione. Un boccone prelibato, e ora era nelle sue mani, vivo.
“Devi sapere una cosa su di me. Sono un tipo magnanimo, mentre tu sei tenace. E questo mi piace, perciò voglio darti un’altra opportunità per dimostrarmi quanto vali e quanto tieni a restare in vita.”
Rick deglutisce, non riuscendo ad immaginare quale sarà il prossimo piano di Nasir.
“Voglio darti un ultimatum.”



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Qualcuna l'aveva detto: Kate si è beccata una bella ramanzina da tutti...
La Gates che l'abbraccia forse è un po' OOC, ma ho pensato fosse una cosa proprio da lei: tiene e Kate, pensava di non rivederla più, e l'abbraccio mi sembrava la cosa giusta. Istintivo, senza parole dolci, ma solamente con un gesto semplice e materno a dirle che ha davvero temuto per la sua vita.
E poi l'agente Jones... beh direi, cara Kate, se non l'ha capito adesso che le ha fatto capire la sua cottarella, non so proprio come spiegarglielo :p
E infine il povero Riccardone... trattato peggio di prima, colpito, pestato a morte, ma Nasir è magnanimo e gli offre un ultimatum!  Aiuto!
Io me ne scappo e vi auguro un Happy Castle Monday :p
D.
   
 
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