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Autore: Snow_Elk    01/12/2014    1 recensioni
“Non pensavo che sarebbe finita così, non pensavo che saremmo arrivati a questo, ma è nella mia natura. Tutto ciò che abbiamo vissuto insieme ormai fa parte del passato e tale deve rimanere, non possiamo in alcun modo capovolgere l’equilibrio di questo mondo per un nostro… capriccio. Io sono una demone, lei è una creatura della luce, non abbiamo niente in comune, mai lo avremo. Ho sempre bramato il sangue dei miei avversari, la sinfonia della morte, uccidere, uccidere per il solo gusto di farlo, ma non questa volta. Questa volta… non sento niente”
Storia scritta solo da SNOW
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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A Black Rose as Death

Episodio I- I Sussuri del Passato




“Quanti anni sono passati da quando l’ho conosciuta? Due? Cinque? Dieci? Mi sono sembrati un’eternità. Per la prima volta in vita mia mi sono sentita confusa nel rivedere i miei stessi ricordi, sembravano appartenere a qualcun altro, non a me. Come l’ho conosciuta? Oh me lo ricordo bene, me lo ricordo fin troppo bene”

- Avanti, ammainate quelle vele e legate quelle cime! Possibile che debba dirvi sempre tutto io? Muovetevi! – la voce di Mifune era totante, autoritaria, fredda. Ogni suo ordine impartito era subito eseguito, a testa bassa, perché chiunque sapeva che in caso contrario avrebbe assaggiato la sua lama, un’unica fatale volta.
- Non ti sembra di esagerare un po’? Tu e le tue manie di protagonismo iniziano a seccarmi, Capitan Mifune – Alice scoppiò a ridere, lucidando l’enorme falce a due lame, ma lo sguardo torvo del samurai gli smorzò la risata che divenne ben presto un ghigno quasi impercettibile.

“La battaglia degli Deì, una delle tante a quei tempi, o forse era la più importante? Non me lo ricordo ad esser sincera. Ci eravamo ribellati agli Deì, li avevamo sfidati per farli cadere dai loro troni dorati lì, nell’Aurora Celeste. Li abbiamo fronteggiati, nell’immensa prateria sulla quale si affacciava la città sacra… La Veda. Sì, l’ho incontrata proprio lì. Dove tutto è iniziato, tutto finirà”

- Perché Lemia non è voluta venire? Ci saremmo divertite! – alle volte Alice sembrava proprio una ragazzina, una ragazzina psicopatica armata fino ai denti e letale come la morte. C’era chi diceva che si comportava a quel modo per un vecchio trauma subito nel passato.
- Dice che doveva proseguire degli studi avanzati sulla necromanzia, dice che è a buon punto. Bah, io quella svitata non l’ho mai capita, l’abilità si ottiene col sudore della fronte, allenandosi ogni singolo giorno, non passando le giornate su libri vecchi come Maxwell – il samurai scosse la testa e tornò alle sue mansioni di capitano.
- Se ti avesse sentito saresti già finito all’altro mondo. Non è vero Kikuri? Kikuri? -

“Eravamo riusciti a formare un vero e proprio esercito, ma si trattava pur sempre degli Deì e fu uno scontro devastante, tutto quel sangue, tutti quei corpi senza vita, il mio paradiso. Quante creature ho ucciso quel giorno? Quanti semi deì sono caduti trafitti delle mie lame?Sembrava che stavamo per vincere, i corpi degli Deì bruciavano nelle fiamme cremisi della nostra ribellione, ma poi ho visto lei, è stato un attimo e mi sono ritrovata a terra, col fiato mozzato, con una spada conficcata nella spalla .Abbiamo combattuto,uno scontro alla pari, il più violento che abbia mai affrontato, ma mi ha atterrato, di nuovo. Lei… lei era diversa dagli altri, l’avevo capito fin da subito”

- Kikuri? Kikuri mi stai ascoltando? Oh fantastico, prima ci chiede di accompagnarla in questa sotto specie di crociata e poi si perde nei suoi pensieri. A questo punto Magress sarebbe stato più di compagnia! – la giovane mietitrice afferrò la falce e l’agitò, sferrando fendenti nel vuoto, facendo tentennare le catene che le pendevano dagli abiti. Era il suo modo particolare di sfogarsi.
- Magress? Quella caldaia ambulante? Per gli Deì, ha lo stesso charme di un comodino ed è costantemente fissato con quel guerriero della luce, com’è che si chiama? Ah sì, Atro. Ehi voi, dispiegate le vele, siamo sotto vento, avanti, avanti! – Mifune continuava a gesticolare verso i marinai, impartendo ordini su ordini, tra una frase e l’altra, come se niente fosse.
- Quanto manca? Ho voglia di uccidere qualcuno! – esclamò Alice, affondando la falce nel pavimento in legno con tale forza da far incrinare due assi e far sobbalzare un paio di uomini per lo spavento.
- Calmati! Tra qualche minuto dovremmo essere a destinazione. Riesco a intravedere le rovine della torre e del ponte oscuro – il samurai indicò i due punti all’orizzonte. Alle sue spalle l’intera flotta iniziava a dispiegarsi in formazione, pronta per l’attacco e lo sbarco.

“ Era una guerriera della luce, non vi erano dubbi, ma aveva qualcosa di strano, di diverso, nei suoi occhi brillava una luce particolare, malinconica. No, lei non era accecata dalla fede verso gli Deì, lei non era come quegli altri fantocci che combattevano per qualcuno che li usava solo come marionette senz’anima. Mi aveva colto di sorpresa, mi aveva atterrato contro ogni aspettativa , avrebbe potuto uccidermi, ma non l’ha fatto. No, si è avvicinata, mi ha guardata dritta negli occhi,quegli occhi azzurri freddi come il ghiaccio, e mi ha sorriso. Mi ha aiutato a rialzarmi, ha riposto tutte quelle lame dietro la sua schiena, come un cerchio,e mi ha detto che in quella battaglia non eravamo più avversarie, ma alleati. Abbiamo lottato fianco a fianco e abbiamo vinto. Ancora mi chiedo cosa l’abbia spinta a risparmiarmi”

- Eccola, ci siamo, La Veda… la città decaduta. Prepararsi, tutti ai posti di combattimento e ricordatevi: o noi, o loro! Dimostriamo a quei bambocci della luce che cosa si prova a finire nell’Oblio dell’Abisso!– Mifune motivò gli uomini come solo lui sapeva fare, mentre Alice brandiva con entrambi le mani l’enorme falce, bramando come non mai la battaglia imminente.
- Credevi davvero che mi sarei persa una cosa del genere? – un’altra nave da guerra oscura si affiancò alla loro e sul castello apparve una donna dai lunghi capelli grigi e dagli occhi rossi e penetranti. Brandiva un grande bastone decorato e un teschio fiammeggiante. Non c’erano dubbi, era lei.
- Lemia! – esclamarono il samurai e la mietitrice all’unisono.
- In persona, era dai tempi della Guerra degli Deì che non si vedeva uno scontro simile, non me lo sarei perso per niente al mondo e a quanto pare non sono l’unica – la necromante lanciò un’occhiata ammiccante ad un’altra nave che stava affiancando l’ammiraglia. Sul castello di quest’ultima c’era Shida, che a braccia incrociate, osservava la skyline devastata di La Veda.
- Dunque è qui che verrà deciso tutto? - chiese, impassibile. La sua armatura sembrava assorbire i raggi del sole. Il suo sguardo non trasmetteva alcuna emozione.
- Già, a quanto pare sì – rispose Mifune, osservando le altre navi che avanzavano in formazione, puntando minacciose contro la città morta .
- Tsk… devastare per la seconda volta una città sacra, eh? Suona interessante – Shida si volse verso gli uomini della sua nave e ordinò con tono di cupo di prepararsi al massacro.

“Non pensavo che sarebbe finita così, non pensavo che saremmo arrivati a questo, ma è nella mia natura. Tutto ciò che abbiamo vissuto insieme ormai fa parte del passato e tale deve rimanere, non possiamo in alcun modo capovolgere l’equilibrio di questo mondo per un nostro… capriccio. Io sono una demone, lei è una creatura della luce, non abbiamo niente in comune, mai lo avremo. Ho sempre bramato il sangue dei miei avversari, la sinfonia della morte, uccidere, uccidere per il solo gusto di farlo, ma non questa volta. Questa volta… non sento niente”

- Gli altri sono pronti? Questa volta faremo le cose alla vecchia maniera – Mifune si volse verso Lemia, che stava giocherellando col teschio.
- Logada e Lico attaccheranno da ovest, Xenon e Lira da est, gli altri seguiranno noi al centro – rispose la negromante con tono pacato.
- E Zebra? -
- Zebra? Quel pazzo vuole fare di testa sua e attaccherà da terra, male che va lo useremo come diversivo. Non lo sopporto –



- Kikuri, allora? Sei pronta? – le chiese.
- Stanno arrivando – sentenziò lei, stringendosi nel kimono.
- In che senso stanno arr…- Mifune non riuscì a completare la frase che un’esplosione sconvolse una delle grandi navi da guerra, spezzandola letteralmente a metà.
- Oh merda! – esclamò Alice assistendo alla scena. dal relitto semidistrutto fuoriuscì una figura corazzata che brandiva una grande lancia a due lame. Fissava minaccioso il resto delle navi, ignorando apertamente il naufragio ancora in corso.
- Quello è Melchio!- urlò uno dei soldati.
- Lui è mio – sentenziò Lemia, librandosi a mezz’aria – Vediamo se quell’ammasso di ferraglia può farci divertire – sibilò sfrecciando verso di lui, lasciandosi alle spalle delle sottili fiamme cremisi che ben presto scomparvero così come erano apparse.
-Signore, arcangeli! Sono dovunque!- decine, forse centinaia di luci apparverò nel cielo e ben presto iniziarono a scagliarsi contro le navi, scatenando un inferno di esplosioni, scintille e scontri con i demoni che attendevano impazienti nelle stive.
Non vi erano dubbi, la battaglia era iniziata.

- Bene, bene, bene, un attacco dall’alto,eh? Proseguiamo, puntate dritti alla costa, non fermatevi! – ordinò Mifune estraendo la lunga katana dal fodero. Quelle meteore luminose continuavano a piovere sulle navi, provenendo direttamente dalle rovine della città, ma c’era qualcos’altro: un fulmine violaceo squarciò il cielo e si schiantò poco fuori da La Veda, causando un’esplosione che riecheggiò fino alla loro posizione: anche Zebra aveva fatto il primo passo.
Un’altra meteora luminosa, più grande della altre, puntò direttamente alla loro nave, schiantandosi contro Mifune, lei rimase impassibile, non era ancora il suo momento. Un lampo accecante, un’altra esplosione, la nave tremò leggermente per l’onda d’urto.
Il fumo si diradò ben presto e fu chiaro cosa stava accadendo: Mifune era con un ginocchio a terra e con entrambe le mani brandiva la katana, bloccando la lunga spada di Athena, la valchiria celeste, che lo fissava con disprezzo.
- Ci penso io- sibilò, rivolto agli altri, senza staccare gli occhi dalla sua avversaria. Alice annuì e balzò sulla nave di Shida, pronta a proseguire l’attacco mentre lei rimase immobile, guardava Mifune.
- E’ arrivato il momento – sussurrò, ma il samurai capì il significato di quella frase.
- Vai e fai ciò che devi! – gli rispose lui continuando a fare pressione contro il fendente della Valchiria.
- Spazzateli via – concluse lei voltandosi verso La Veda.
- Siamo qui per questo- esordì l’uomo.
- Lo vedremo! – controbatté la valchiria riprendendo l’attacco.
Quello scontro non la riguardava, quella battaglia non la riguardava, tutto ciò che la circondava non la toccava minimamente, lei aveva un solo obiettivo.
Abbassò il kimono quel tanto che bastava a spiegare le grandi ali affilate e spiccò il volo, puntando a gran velocità verso la città, eliminando qualsiasi arcangelo tentasse di fermarla, perché non poteva fermarsi, non più.



Atterrò nella piazza principale della città, senza incontrare anima viva. Tutt’intorno la battaglia infuriava scatenando una violenza inaudita con le prime navi oscure che erano arrivate sulle spiagge di La Veda, ma lì, proprio dove si trovava lei, c’era solo il silenzio.
Non appena posò un piede a terra le ali scomparvero, lasciandosi alle spalle una piccola pioggia di petali di rosa, neri, come la sua anima. Intorno a lei solo rovine e tanti, troppi ricordi. In lontananza i boati delle esplosioni, le urla della foga, tutto ciò che lei aveva sempre amato era lì, ma non la toccava minimamente, non sentiva niente.
- Avanti, esci allo scoperto, so che ci sei! – esclamò e sentì l’eco della sua voce perdersi tra le strade disabitate. Anche quella era diventata apatica, priva di ogni emozione. Si guardò intorno, le macerie tacevano.
Una figura snella uscì da dietro una delle colonne del sacro tempio, ormai in rovina: indossava un abito candido, che si univa in armonia a vari pezzi d’armatura, tutto ciò che indossava inneggiava alla luce, alla purezza, in una parola tutto ciò che non era lei. Aveva dei lunghi capelli bianchi che le scendevano lungo le spalle, la pelle anch’essa candida e due occhi azzurri che avevano subito cercato i suoi color sangue.
- Alla fine sei venuta davvero – lo stesso sguardo carico di malinconia, come quella prima volta, molti anni prima.
- Sì, immagino tu sappia anche il motivo – rispose secca lei, senza distogliere lo sguardo, anche se avrebbe preferito non guardarla negli occhi.
- Possiamo ancora trovare una soluzione… - si avvicinò a lei, allungando una mano - … come quella volta, possiamo ancora salvarci – la sua voce era soave, ma trasmetteva anche un’inquieta freddezza.
Guardò la mano protesa, una parte di lei avrebbe voluto stringerla e farla finita lì:
- No! – urlò, respingendo la mano con un manrovescio e lanciando al tempo stesso uno dei suoi kunai per farla allontanare - Non possiamo più fare nulla! –
La donna indietreggiò e ben presto la sua espressione amareggiata si trasformò in qualcosa a metà tra la rabbia e la consapevolezza.
- Capisco, se è questo ciò che vuoi… beh, lo avrai - la donna allungò le braccia,uno scudo e una spada ancestrale si smaterializzano davanti a sé, e li afferrò con decisione, puntando la lama contro di lei. Il destino stava inseguendo il suo corso, com’era stato scritto, come sarebbe dovuto finire, così anche lei impugnò i suoi fidati kunai e li puntò contro la sua avversaria, preparandosi allo scontro imminente.
- Non esistono i lieto fine, vero, Sefia? 
   
 
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