Libri > Il ritratto di Dorian Gray
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Autore: All In My Head    01/12/2014    1 recensioni
Altea è una giovane ragazza di estrazione borghese che vive con gli zii, il conte e la contessa La Torre, ed è costretta ad un matrimonio combinato con il duca De Lupis. Quando ormai sembra essersi rassegnata al suo infelice destino, alla tenuta si presenta in visita un giovane figlio di un vecchio amico del conte. Tutti sembrano preoccupati da questa apparizione inaspettata, a causa delle male voci che girano sul suo conto, ma Altea ne rimane comunque affascinata e si sente inspiegabilmente attratta da lui. Ma d'altronde, cosa ci si può mai aspettare quando il giovane in questione è proprio Dorian Gray?
Storia ambientata durante il viaggio di Dorian.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dorian Gray, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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I


Altea non riusciva a prendere sonno ed era un continuo rigirasi tra le lenzuola che ormai si erano annodate alle sue gambe, lasciandola mezza scoperta. Se l'avesse vista sua zia, agitata in quel modo, le sarebbe preso un colpo. Non tanto perché fosse preoccupata per la nipote, che a quanto sembrava aveva moltissimi pensieri per la testa, ma perchè una signorina del suo rango non si sarebbe mai dovuta contorcere in quel modo nel letto e a quell'ora tarda della notte avrebbe già dovuto essere tra le braccia di Morfeo da un pezzo. Ma per fortuna la zia a quell'ora dormiva, com'era giusto che fosse, e lei poteva muoversi quanto voleva, nessuno le avrebbe detto nulla, almeno quella notte, perché la mattina successiva, ne era sicura, l'avrebbero rimproverata per le occhiaie che quasi sicuramente avrebbe sfoggiato. Non era però colpa sua, lei avrebbe voluto tanto dormire, ma ogni volta che chiudeva gli occhi e provava a smettere di pensare, l'immagine dell'uomo con cui, purtroppo a detta sua e per fortuna a detta della zia, dello zio e dell'intera servitù, avrebbe dovuto passare l'intera serata il giorno successivo e, sperò con tutta se stessa non fosse realmente così, il resto della sua vita, faceva capolino e lei apriva gli occhi più angosciata che mai. L'aveva incontrato poche volte, ma le erano bastate per farsi un'idea molto chiara su di lui e capire che quello non era l'uomo che avrebbe voluto sposare. Troppo ingessato per i suoi gusti e si dava un sacco di arie, cosa che la faceva imbestialire non poco: odiava gli uomini troppo sicuri di sé che non avevano alcun motivo d'esserlo. Era sicura che tutti la pensassero come lei, compresi i suoi zii, ma visto che dalla sua parte quell'uomo aveva un grandissimo patrimonio e un nome importante, lei era costretta da coloro che pensava l'amassero più di tutto, ma a quanto pareva non più del denaro, a diventare sua moglie. Ricordava benissimo l'espressione entusiasta di sua zia mentre il marito informava entrambe della richiesta di permesso di matrimonio con la sua unica nipote che il duca Leopoldo de Lupis gli aveva sottoposto e ovviamente del fatto che lui aveva accettato con piacere. Ricordava benissimo anche il rimprovero che le era stato fatto in seguito alla sua espressione disgustata e furiosa e alle lamentele che le erano uscite spontanee di bocca in seguito alla terribile notizia. Non riusciva a credere che suo zio l'avesse venduta a quell'uomo, soprattutto perché era a conoscenza del ribrezzo che provava nei suoi confronti.

Una settimana dopo sua zia stava organizzando un ballo, il più bello mai visto a detta sua, a cui avrebbero preso parte i più importanti esponenti della nobiltà e anche il duca, che le avrebbe fatto la proposta in quell'occasione. Tutti aspettavano con ansia e fervore la sera del ballo, tutti tranne lei che aveva più volte pensato di fuggire il più lontano possibile da quel luogo e da quell'uomo. Le sarebbe andato bene qualsiasi posto, non le importava di lasciare la sua famiglia, la sua casa e la sua migliore nonché unica amica, l'unica che la capiva e che cercava di sostenerla in quella terribile situazione, purché quell'incubo in cui si sarebbe trasformata la sua vita non iniziasse mai. Forse poteva sembrare un tantino melodrammatica, ma non lo era affatto, sapeva quello che diceva e pensava e aveva completamente ragione, nessuna donna con un minimo d'intelligenza e amor proprio avrebbe voluto sposare il duca Leopoldo de Lupis. E poi, che razza di nome era? La voce sulla proposta di matrimonio era circolata presto e quasi tutti ormai ne erano a conoscenza; alcune ragazze con cui prendeva il the si erano dimostrate invidiose di lei, ma solo perché lui era un duca e perché loro non avevano un minimo d'intelligenza, si curavano solo del loro aspetto e si preoccupavano di accaparrarsi un uomo in possesso di una certa somma di denaro, non importava quanto orribile fosse. Lei d'altro canto, sognava un uomo conscio e sicuro di sé, che sapesse quello che voleva e che non avesse nessuna paura di ottenerlo; qualcuno che non si vantasse nonostante la possibilità di farlo, che sapesse corteggiarla come si conveniva e che si dimostrasse interessato non solo alla sua bellezza. Certo, il duca era molto sicuro di sé, ma quella sicurezza derivava tutta dalla sua possibilità economica e questo era ciò che più disprezzava in lui. Se non fosse stato di rango nobiliare sarebbe stata una persona inutile, senza carattere e più ignorante di quanto già non fosse, ma per quello non ci voleva poi molto. E poi era incredibilmente brutto d'aspetto e non era un particolare da trascurare visto che anche gli occhi vogliono la sua parte. Insomma, lei non era affatto una ragazza superficiale, ma se doveva stare con un uomo ignorante che almeno fosse bello per compensare.

Comunque, il ballo si sarebbe tenuto il giorno seguente e lei sperava con tutta se stessa che il sole non sorgesse mai più, cosa purtroppo impossibile, lo sapeva bene. Quando lui le avrebbe fatto la proposta davanti a tutta quella gente, lei avrebbe dovuto rispondere affermativamente e nessuno l'avrebbe salvata da quello che si prospettava essere il suo infelice futuro. A quel pensiero una lacrima le solcò veloce la guancia destra finendo la sua corsa sul cuscino imbottito che stava stringendo con le braccia e finalmente si addormentò.

Il mattino seguente fu svegliata dalle grida di sua zia contro le povere domestiche che stavano sistemando le ultime cose nella stanza a fianco la sua, non che servisse a molto visto che nessuno ci sarebbe entrato, ma la padrona di casa voleva che fosse tutto perfetto, compreso il seminterrato che aveva fatto pulire al figlio della cuoca e a quello del giardiniere tre giorni prima. E andiamo, chi mai sarebbe andato nel seminterrato? La contessa dava in escandescenza da giorni ormai e anche il marito non ne poteva più, per questo aveva deciso di passare cinque giorni nella loro altra dimora insieme ad alcuni amici e cacciare quanti più animali possibile. Sarebbe però tornato da un momento all'altro visto che non avrebbe mai potuto perdersi il grande evento. La domestica personale di Altea entrò nella camera in quel momento, seguita a ruota dalla padrona di casa che iniziò a dare ordini a destra e a manca anche a lei.

«Cosa ci fai ancora a letto? Dovresti essere già in piedi da un'ora! Oggi è il grande giorno, non puoi permetterti di non essere pronta all'arrivo degli ospiti!», stava gridando e lei sentì l'impulso di mandarla al diavolo e ripararsi sotto le coperte, ma sapeva bene che questo l'avrebbe fatta agitare ancora di più e così si alzò infilandosi la vestaglia.

«State tranquilla zia, il ballo si terrà stasera e se non l'avete notato è ancora mattina. Che ore saranno? Le otto?», risposte con una punta di sarcasmo nella voce, cosa che la donna non notò o fece finta di non notare e con ancora più stizza ordinò alla cameriera di vestirla e pettinarla a dovere.

«Sono le nove Altea e tu avresti già dovuto aver fatto colazione. Il conte arriverà a momenti con un ospite e voglio che tu sia pronta per accoglierlo», detto questo uscì dalla stanza lasciandola perplessa a chiedersi chi mai fosse l'ospite che sarebbe arrivato con suo zio. Non poteva essere il duca, altrimenti sua zia non sarebbe sembrata tanto scocciata e poi lui non l'avrebbe visto prima di quella sera, ne era sicura.

«Beatrice, tu conosci l'identità dell'ospite che arriverà a momenti? Sono sicura non sia il duca o almeno lo spero», chiese Altea alla domestica sussurrando però l'ultima parte della frase. Lei la sentì benissimo, ma fece finta di niente e pose fine ai suoi dubbi, non riuscendo però a nascondere bene il sorriso divertito che le comparve sul volto vedendo l'espressione leggermente allarmata della ragazza che ormai considerava quasi come una figlia. Beatrice era la sua domestica da sempre e con lei si confidava raccontandole tutti i suoi dubbi, le sue paure e incertezze come faceva con Serena, la sua migliore amica. La considerava come una seconda madre, una donna a cui poteva parlare tranquillamente di tutto senza preoccuparsi.

«Non preoccuparti figlia mia, il duca lo vedrai stasera al ballo, puoi stare tranquilla ancora per un po'. L'ospite in compagnia di tuo zio non so chi sia, però ho sentito la contessa parlarne con una sua amica ieri, mentre prendevano il the in giardino e sembrerebbe un nobile inglese venuto qui da Londra. Dicono che stia girando il mondo. Il conte era un grande amico di suo padre e lui ha approfittato del suo viaggio per fargli visita. Dicono sia arrivato ieri e che si fermerà per qualche tempo, quindi lo ospiterete in questa casa. Tuo zio ne è molto entusiasta».

«Mia zia però non sembra dello stesso parere a quanto ho potuto vedere», ribatté sempre più curiosa la ragazza.

«Hai ragione. Girano delle voci sul suo conto poco rassicuranti e tua zia ne è venuta a conoscenza».
Beatrice smise di parlare, ma in seguito ad un'occhiata di Altea che la spronava a dirle di più riprese. 
«Non ne so molto, solo quello che ho sentito dire da tua zia. Comunque, si dice che si diverta molto in modo poco consono con le belle ragazze che ha il piacere d'incontrare. Ha uno stile abbastanza», fece una breve pausa per cercare la parola più adatta, «libertino ecco».

«E mia zia ha paura che si possa divertire anche con me», concluse Altea per lei.

«Esattamente, ma non vi dovete preoccupare, sono sicura siano solo voci e poi vostro zio lo conosce e non l'ospiterebbe mai se le ritenesse veritiere», cercò di tranquillizzarla, ma non ce n'era alcun bisogno. Altea per un momento pensò che se quelle voci fossero state vere magari la sua vita avrebbe potuto avere una piacevole svolta: nessuno l'avrebbe sposata se non fosse stata più pura, nemmeno il duca e lei preferiva rimanere sola che stare con lui. Si pentì però subito di quei pensieri e li scacciò dalla mente; idee del genere non avrebbero nemmeno dovuto sfiorarla.

«Sai il suo nome Beatrice?», un'ultima domanda, pronunciata quasi con timidezza.

«Credo si chiami Dorian. Dorian Gray», e dopo quest'ultima risposta Altea uscì dalla sua camera diretta in cucina per la colazione, mente Beatrice apriva le finestre e rifaceva il letto più disfatto che mai.

«Altea! Altea dove sei? È arrivato tuo zio e sta per entrare dalla porta, vieni subito qui!», pensava che sua zia avesse raggiunto il limite massimo di agitazione questa mattina mentre urlava dietro la servitù, ma a quanto pareva si sbagliava di grosso.

«Sono qui, sono qui, non c'è bisogno di agitarsi tanto», rispose lei correndo al fianco della zia che si era calmata un poco vedendola arrivare vestita e acconciata di tutto punto.
«Ero in cucina a fare colazione», aggiunse poi poco prima che la porta si aprisse e fecero il suo ingresso il padrone di casa e il famoso Dorian Gray.

Altea si stupì di quanto fosse bello e poté giurare anche sua zia che però, al contrario suo, manteneva un'espressione il più indifferente possibile. Lei invece non riuscì a non spalancare di un poco la bocca e sgranare gli occhi, la tipica espressione da pesce lesso, come le fece notare la donna quando non era possibile esser sentite da altri, e quando se ne accorse abbassò di scatto il volto fissando i suoi grandi occhi verdi sul pavimento piastrellato che pareva parecchio interessante in quel momento e arrossì un poco. Dorian se ne accorse e sorrise apertamente con uno sguardo che lasciava intendere tutto e niente, poi si avvicinò alle due donne e si presentò.

«Dorian Gray madame», disse rivolgendosi alla contessa, «lieto di fare la vostra conoscenza. La casa è davvero magnifica, quasi quanto lo è lei, sono sicuro farete una splendida figura stasera al ballo», e fece un leggero inchino baciandole la mano.

«Finalmente vi conosco signor Gray», rispose la donna, ma il giovane, con voce melliflua, la interruppe

«Vi prego, chiamatemi Dorian», e sorrise. Leggermente sorpresa e piuttosto scossa dal suo sguardo e dalla sua incredibile bellezza riprese. «Dorian. Ho sentito diverse voci sul suo conto, alcune poco piacevoli, spero solo siano soltanto dicerie», la voce era tornata dura e lo sguardo diffidente.

«Suvvia mia cara, non crederai di certo a simili pettegolezzi! Dorian è un vero gentiluomo, così come lo era suo padre, non c'è da preoccuparsi. Giusto mio caro?».
Ll conte Della Torre s'intromise nel discorso per evitare che la moglie potesse offendere in qualche modo il loro giovane ospite e infine si girò verso il diretto interessato in attesa di una conferma a quanto aveva affermato. Anche lui aveva sentito quelle voci, ma non ci poteva credere, conosceva bene il padre del ragazzo e nonostante fosse morto prima della sua nascita sapeva che non sarebbe potuto essere tanto differente. Come dice il detto: "La mela non cade mai lontano dall'albero'. E poi era stato allevato ed educato dal nonno, un uomo dai rigidi principi e dalla mano ferma. Purtroppo però non era riuscito a zittire del tutto quella voce che preoccupata gli diceva di stare attento a sua nipote, per questo adesso voleva, anzi pretendeva, quella rassicurazione. Dorian non lo fece attendere molto, poiché guardando tutti i presenti e soffermandosi un poco più su Altea disse:

«Potete stare tranquilli, non farò niente che possa nuocervi in alcun modo e per quanto si dice in giro», si rivolse soprattutto alla contessa, «credo ci sia differenza tra pettegolezzo e diffamazione. Il pettegolezzo lo trovo una cosa deliziosa, dopotutto la storia che si studia non è altro che un pettegolezzo. Ma la diffamazione», fece una pausa, «quella è un pettegolezzo reso noioso dalla morale e penso non esista cosa più triste».

Rimasero tutti un po' allibiti in seguito a quella risposta, nessuno era sicuro del vero significato che avrebbero dovuto attribuirgli, ma il conte si sentì alquanto sollevato nel sentire che Dorian non avrebbe toccato la loro Altea. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo e chiamò i domestici.

«Mostrate al signor Gray la sua stanza e portateci le sue cose, resterà con noi per quanto tempo desidera. È il benvenuto!», ordinò sempre sorridente.

«State attenti con quello, è molto importante per me. Riponetelo con cura a fianco del letto e non scopritelo, me ne occuperò poi io personalmente». Due uomini stavano entrando dall'ingresso con un grande pacchetto, probabilmente un quadro di inestimabile valore a giudicare dalla reazione del giovane che aveva sul volto uno sguardo preoccupato, ma cercava comunque in tutti i modi di nasconderlo. Altea se ne accorse e s'incuriosì.

«Cosa contiene signor Gray?», chiese infatti lei. Dorian si girò, un lampo di fastidio causato dalla domanda appena ricevuta gli attraversò gli occhi, ma prontamente si ricompose e sorrise.

«Se ve lo dicessi, dovrei uccidervi». Una risposta data con apparente leggerezza che tutti colsero come una battuta di spirito, infatti scatenò l'ilarità dei presenti, ma Altea capì che c'era qualcosa di più, qualcosa che lui nascondeva e che lei voleva portare alla luce.

«Uh, che paura», sorrise lei ripromettendosi che avrebbe scoperto il suo segreto un giorno o l'altro.

«Temo che non ci siamo presentati a dovere, vi porgo le mie scuse. Io sono Dorian», e le fece il baciamano soffermandosi però qualche secondo in più sulla sua mano di quanto aveva fatto con sua zia. Piacevolmente sorpresa fece un leggero inchino.

«Altea», fu l'unica cosa che riuscì a dire e lei non era di poche parole, per niente.

«Incantato», la sua risposta accompagnata da uno sguardo penetrante. Pensò che se lui avesse continuato di quel passo non sarebbe sopravvissuta ancora per molto. Sentiva che le gambe le avrebbero ceduto da un momento all'altro, per questo ringraziò mentalmente Beatrice che arrivò ad informarli che il pranzo era pronto.

Una volta arrivata nella sua stanza Altea espirò profondamente buttando fuori tutta l'aria che aveva trattenuto fino a quel momento. Si sentì stanca, anzi esausta, come se avesse corso per giorni senza potersi mai fermare un secondo a prendere fiato, il cuore le batteva più forte del normale e non riusciva a formulare pensieri di senso compiuto, figuriamoci frasi. Per questo sperò con tutta se stessa che nessuno entrasse e le parlasse per un po'. Fissò per qualche tempo la porta in attesa, ma per fortuna nessuno l'aprì, così si stese su letto e si concesse di ripensare a quanto successo l'ora prima.

«Era tutto ottimo Francesca, come al solito».
Altea sorrise alla cuoca, che ora stava portando via i piatti vuoti, e lei ringraziò per l'apprezzamento sorridendo a sua volta. Tutti sembrarono essere d'accordo con il parere appena espresso dalla ragazza, ma solo Dorian lo disse ad alta voce sorprendendo Altea per l'ennesima volta quel giorno. Non si aspettava che qualcun altro si complimentasse con la cuoca e nemmeno la cuoca stessa, che per la sorpresa quasi non fece cadere un piatto a terra: nessuno esprimeva mai pareri positivi sulla sua cucina a lei, ma alla contessa che ogni tanto in privato, ma solo quando era di ottimo umore, faceva qualche apprezzamento sull'ottimo lavoro da lei svolto. Nessuno tranne Altea, che non perdeva mai occasione per complimentarsi o elogiarla e di questo le era veramente grata. Le volevano tutti un gran bene in quella casa: era sempre gentile e quando la zia non guardava, si rendeva utile per quanto potesse, cercava di non dare mai ordini, ma chiedeva sempre "per favore".

«Ho visto che avete uno splendido giardino, mi piacerebbe farvi una passeggiata se possibile. Di solito passeggio sempre all'aria aperta dopo pranzo», disse ad un tratto Dorian.

«Certamente figliolo, mi piacerebbe accompagnarti, ma ho da sistemare alcune questioni burocratiche nel mio ufficio, infatti è meglio che vada ora. Ci vediamo stasera», e con questo il padrone di casa si congedò.

«Io devo finire i preparativi per il ballo di questa sera, dovrà essere tutto perfetto e se non mi sbrigo non sarà mai tutto pronto in tempo», disse la signora alzandosi da tavola.
«Altea, ricordati che il tuo vestito per stasera è nell'armadio in camera tua, vedi di essere impeccabile per quando arriveranno gli ospiti e ricordati che ci sarà anche il duca», aggiunse prima di sparire in un'altra sala.

«E voi? Vi andrebbe di farmi compagnia?», disse Dorian rivolgendosi alla giovane che in quel momento avrebbe voluto tanto scappare per non vedere mai il duca che, per fortuna, aveva dimenticato da quando il signor Gray era arrivato in quella casa. Alzò lo sguardo su di lui e accennò un sorriso.

«Mi piacerebbe, ho proprio bisogno di un po' d'aria».

«Perfetto, allora andiamo», rispose porgendole il braccio. Uscirono in giardino a braccetto e per un momento nessuno dei due fiatò, entrambi immersi nei loro pensieri. L'aria era fresca e il cielo limpido, non faceva per niente freddo e all'ombra degli alberi si stava magnificamente. Gli uccelli volavano nel cielo, alcuni rincorrendosi anche, e gli usignoli cantavano. La strada sterrata che stavano percorrendo era segnata da siepi alte poco meno di un metro, di uno splendido color verde e ben curate, che viste nel loro insieme formavano un elaborato disegno geometrico. Più in là un'immensa distesa verde con al centro una grande fontana in stile barocco, occupavano l'intera vista. Fu Dorian ad interrompere il silenzio che li circondava.

«C'è qualcosa che vi turba?».
Altea alzò lo sguardo nuovamente sorpresa, non pensava si notasse, in fondo nessuno aveva accennato nulla a riguardo.

«Si nota così tanto?», domandò infatti.

«Abbastanza. Avete un'espressione preoccupata e rassegnata da quando vostra zia ha nominato il ballo e il duca, prima a tavola. Vostro zio mi ha detto che stasera vi farà la proposta e che tutti ne sono entusiasti. Tutti tranne voi a quanto posso notare», rispose lui. La ragazza accennò un triste sorriso ed espirò rassegnata.

«Già, non voglio sposarlo, io non lo amo e mai lo amerò. È una persona disgustosa, incredibilmente superficiale e si crede chissà chi. Non ha nessun motivo di essere così sicuro di sé, eppure lo è! È incredibilmente ignorante e dalla sua parte ha solo tantissimi soldi ed è per questo che vogliono che lo sposi. Provo solo ribrezzo per lui».
Le parole le uscirono di bocca come un fiume in piena, senza che lei potesse fermarle. Le venne naturale parlarne con lui, pensava potesse capirla. Non aveva mai detto niente di tutto questo a nessuno a parte a Beatrice e a Serena e se ne pentì subito: non avrebbe mai dovuto parlare del duca in quel modo davanti a Dorian, lo sapeva benissimo. Sperò con tutto il cuore che lui non andasse a riferirlo a suo zio o peggio, a sua zia e tenne la testa bassa aspettando che dicesse qualcosa. Dorian rimase in silenzio e la condusse a sedersi su una panchina sotto una quercia ai lati del giardino, lì si sentiva il profumo delle rose che crescevano nelle siepi dietro di loro, e le alzò il volto con il pollice e l'indice incastrando i loro occhi e asciugandole una lacrima che era sfuggita al suo controllo. Lo sguardo di Altea era pieno di tristezza e solitudine e urlava disperatamente aiuto. Dorian si sentì stringere il cuore a quella vista e ne rimase assolutamente sorpreso, non gli capitava da moltissimo tempo e credeva fortemente non gli potesse più capitare.

«Non piangete, molte donne sono costrette a matrimoni combinati, ma non tutte sono infelici. Forse il duca non è quello che appare e nessuno esclude che tu possa amarlo un giorno».

«Grazie, ma nemmeno voi credete a quello che avete detto, come posso crederci io?» ribattè convinta e più sconsolata che mai.

«Avete ragione, ma io non credo nemmeno nel matrimonio».

«E come mai signor Gray?», chiese sinceramente incuriosita.

«Un mio caro amico una volta mi disse che il matrimonio per un uomo è una vera rovina: esso lo abbruttisce quanto le sigarette e costa molto di più», rispose convinto.

«Che paragone orribile. Io non sono per niente d'accordo. Il matrimonio è il coronamento di un sogno d'amore e sono assolutamente convinta che solo due persone veramente e completamente innamorate dovrebbero sposarsi».

«Se sono così innamorate non c'è nessun bisogno di sposarsi. Il matrimonio è solamente la prova che un uomo appartiene ad una donna e che quindi nessun'altra può toccarlo. Questo dimostra che l'amore in cui credi tanto non esiste».
Detto questo prese una sigaretta e se la portò alla bocca accendendola con un fiammifero.

«Siete mai stato innamorato?», riprovò lei.

«Una volta. Lei era un'attrice di un teatro poco importante di Londra. La vidi la prima volta in un bar e me ne innamorai, ma se ne andò prima che mi decidessi ad avvicinarmi, poi la rincontrai per caso passando davanti a questo teatro e le parlai. Era bellissima e bravissima, amava quello che faceva ed è per questo che le chiesi di sposarmi. Lei accettò felice e mi disse che aveva deciso di abbandonare il teatro per amor mio, perché le bastavo io per essere completamente felice. In quel momento perse tutto il suo fascino. Con la sua decisione aveva ucciso il nostro amore e così la lasciai. Poco tempo dopo la ritrovarono morta sulle rive del Tamigi», rispose atono, come se questo non lo turbasse affatto. Altea invece ne era rimasta scioccata, come poteva parlarne con tanta leggerezza? Era evidente che quella donna si era uccisa perché lui l'aveva lasciata, ma non mostrava alcun rimorso. Per un momento ebbe paura.

«Come potete parlarne in questo modo? Non vi dispiace nemmeno un poco? Non vi sentite in colpa? Dopotutto si è uccisa perché l'avete respinta dopo averle chiesto di sposarvi. Come potete essere cosi meschino?», era quasi disgustata da lui, ma non riusciva ad andarsene, voleva conoscere i motivi del suo comportamento.

«Certo che mi sono sentito in colpa, ho anche pianto per qualche tempo, ma alle anime superficiali occorrono degli anni per liberarsi di un'emozione, mentre l'uomo padrone di sé pone fine a un dolore con la stessa facilità con la quale improvvisa una gioia. E io sono completamente padrone di me».
C'era qualcosa nei suoi occhi che metteva i brividi e per quanto volesse, Altea non riusciva a reggere quello sguardo.

«Voi non siete padrone di voi stesso, semplicemente non avete un'anima», quasi urlò, dall'orrore di quel discorso o dalla paura che provava in quel momento non seppe dirlo, ma sapeva che voleva andarsene e non rivederlo più. Si chiedeva come avrebbe fatto a vivere con lui in casa e come suo zio avesse potuto pensare che fosse un brav'uomo. Aveva ragione sua zia a dubitare di lui.

«Avete ragione, non ce l'ho un'anima. Io vivo per sviluppare me stesso. Questo è il vero scopo della vita. Ognuno di noi è al mondo per realizzare perfettamente se stesso. Per questo non voglio essere in balia delle mie emozioni. Voglio servirmene, goderle e dominarle. Non puoi biasimarmi per questo», si avvicinò pericolosamente al suo viso e il suo cuore perse un battito. Si sorprese a pensare che voleva assaggiare quelle labbra con tutta se stessa, ma allo stesso tempo aveva paura di lui. Era bloccata, non riusciva a muovere nessun muscolo e così aspettò. Lui continuò ad avvicinarsi fino a che le loro labbra s'incontrarono. All'inizio fu un bacio dolce, casto e lei pensò che le labbra di lui erano morbide come sembravano, poi si sentì prendere per i fianchi e in un attimo i loro corpi furono attaccati. Dorian approfondì il bacio stringendola di più a sé e Altea colta da un impulso improvviso affondò le mani nei suoi capelli neri come la notte e incredibilmente morbidi. Il cuore le batteva forte quasi le volesse uscire dal petto e il suo stomaco si stava annodando su se stesso. Non si era mai sentita così in vita sua, vulnerabile e invincibile allo stesso tempo. Per un attimo dimenticò ogni cosa, i suoi zii, il duca, Beatrice e Serena, i suoi doveri, persino il suo nome. C'era solo Dorian che la baciava con passione, le sue mani che vagavano sul suo corpo e la stringevano con forza. All'inizio non si accorse nemmeno che aveva iniziato a piovere, per questo quando Dorian si staccò e le disse che era meglio entrare lei non capì. Le ci volle del tempo per rendersi conto di quello che stava facendo e, come una doccia fredda, le caddero addosso tutti i sensi di colpa. Si sentì incredibilmente sporca e così si alzò e corse via diretta nella sua stanza. Solo quando era certa di essere completamente sola si stese sul letto e ripensando all'accaduto pianse. Pianse tanto, soprattutto perché, nonostante non l'avrebbe mai ammesso, quel bacio lo desiderava da tempo e le era piaciuto.


Angolo Autrice
Buonasera a tutti! Sinceramente non ho molto da dire, se non che questa è la prima storia che pubblico e che spero tanto vi piaccia. Ovviamente le recensioni, sia positive che negative, sono ben accette. Soprattutto le critiche, così che io possa capire i miei errori e migliorarmi.
Un'altra cosa che voglio dirvi riguarda le frasi in corsivo, che rappresentano le citazioni di Oscar Wilde prese pari pari e alcune battute del film.
Infine ringrazio chi seguirà la storia o chi semplicemente è arrivato fino a qui.
Alla prossima :)
 

   
 
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