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Autore: blackhina    01/12/2014    5 recensioni
E se Alice non avesse mai lasciato il Paese delle Meraviglie?
E se Aurora non si fosse mai svegliata, perché Filippo è gay?
E se i sette nani fossero in realtà degli uomini affascinanti e dannatamente sexy ed irresistibili?
E se la storia su Pocahontas fosse tutta una menzogna, e lei fosse in realtà un lui?
E se Ariel non se ne fosse mai andata dal mare, ma fosse stato Erik a fare di tutto per raggiungerla?
Beh... è il momento di scoprirlo!
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buondì! Allora, in questa – ennesima – storia che ho cominciato e che spero di riuscire a continuare, voglio raccontare di come sarebbero le vite dei vari personaggi Disney se qualcosa, nelle loro storie, fosse diverso, anche se purtroppo non scriverò di tutti.
In ogni capitolo racconterò di un personaggio diverso ed in questo caso ho voluto cominciare con Alice nel Paese delle Meraviglie.
Beh, in ogni caso spero che vi piaccia questa idea, lo spero veramente tanto.
 
 
Alice.
Le carte stavano seguendo Alice. I soldati della Regina di Cuori le stavano alle calcagna, urlandole intimidazioni e simili.
Alice pensò che bisognava essere scemi – ma proprio bacati cerebralmente – per credere che lei potesse pensare di fermarsi, e farsi staccare letteralmente la testa dal collo.
Eppure erano particolarmente insistenti, tanto che la preda dai capelli biondi fu costretta ad urlare un ‘piantatela di dirmi di fermarmi’.
Il paesaggio intorno a lei cambiava così velocemente che a guardarlo ti entrava il mal di testa: prima c’erano grandi alberi colorati da chiome di ogni forma e ogni colore, poi laghetti sormontati da cascate una più bassa una più alta, che formavano arcobaleni in bianco e nero oppure tutti verdi o rosa.
Lei, pensò mentre saltava un gruppetto di Palmipedoni, non sarebbe riuscita ad uscire da quel pasticcio con una semplice pensata. No. Lei avrebbe dovuto avere un’idea geniale.
Quello era un pensiero piuttosto scoraggiante: non era mai stata famosa per la sua intelligenza.
Dopo un tempo che solo in quello strano posto poteva esistere, Alice notò una mezzaluna bianca e chiara come la panna appena montata.
Aveva voglia di panna, una voglia incredibile, ma chissà se l’avrebbe rimangiata, chissà se nel Paese delle Meraviglie esisteva una mucca in grado di fare del latte.
C’era il tè, ed era pure buono, ma senza latte – o panna – non avrebbe potuto andare avanti.
In ogni caso quella strana forma biancastra era sospesa a mezz’aria e la seguiva, oh se la seguiva. Ad ogni passo d’Alice, lei ne faceva un quarto in più e se arrivava troppo lontano si fermava ad aspettare la fuggitrice.
D’improvviso s’aprì; quella diavoleria volteggiante per aria si spalancò in un ghigno tanto inquietante quanto allegro – anche se a modo suo.
- Buonmai Alice. Come stai passando la giornata?- una voce non più di tanto profonda, uscì interrogativa da quella ormai bocca.
Alice aveva un fiatone che poteva essere udito anche a più di 10 merìgori di distanza ( erano abbastanza da poter essere più del normale).
- Io… - deglutì rumorosamente - … io sto bene. Va alla grandhhhe.- l’ultima parola fu trascinata sfiatata per qualche metro, o per qualcosa che potesse sembrarlo.
Quasi subito dopo la ragazza, ormai allo stremo delle forze, inciampò in un sasso che non era propriamente un sasso, ma un esserino grigio più duro del marmo, con due occhi grandi quanto la falangetta del suo mignolo.
Il suono che emise non fu tanto felice.
- La ragione per cui corri mi è ignota, ahimè. In ogni caso lo sai che a pochi passi da te c’è una scorciatoia? Basta che tu mi dica di tirare una leva e potrai riposare le tue gambe…- nel fra mentre erano comparsi anche il naso violaceo tendente all’azzurro indaco e due occhi color dell’insalata appena tagliata e lavata che ogni domenica imbandiva come contorno il pesce e le carni rosse e bianche che coloravano la tavola di casa Liddell – quando Alice ancora ci abitava, prima di finire in quel guazzabuglio di stramberie e ammattiti.
Alice guardò perplessa quanto stufa dei suoi scherzi, lo Stregatto, il quale intanto stava comparendo poco a poco, con ciuffi viola, turchesi e verdi smeraldo di pelo lucente e soffice che spuntavano a chiazze.
- Solo una leva…- sussurrò, mentre si sfiorava il muso torto in un sorriso beffardo con la coda gonfia di un manto lucido, scomparendo pian piano cullato da una litania anch’essa sussurrata.
Alice non sapeva che fare.
Le arrivò una lancia dalla punta rossa laccata, che tra l’altro la mancò anche di poco.
Il tempo a disposizione per salvarsi la pelle stava finendo, e avrebbe dovuto trovare alla svelta una soluzione, perché altrimenti altro che cappellini e tè: niente tè senza testa.
Alice sentì sfiorarsi la schiena, e probabilmente era stata la mano di una sfortunata carta soldato.
- La leva! Stregatto la leva!- urlò con il poco fiato rimastole nei polmoni.
- Quale leva, cara?- una voce tranquilla e pacata spuntò alla sinistra di Alice. Il ghigno ora era sulla sua spalla, e se avesse continuato a fare lo spiritoso avrebbe avuto vita breve.
Alice digrignò i denti. - La leva, la scorciatoia per salvarmi da questo incubo!-
- Oh quella leva… beh non è una vera leva, bensì un ramoscello di ebano. Purtroppo qui non c’è alcun ebano di cui poter abbassare un rametto…- con un artiglio affilato, argenteo e ricurvo si grattò la gola.
- TIRA QUELLA MALEDETTA LEVA!- Alice tirò una manata sul gatto dai colori bizzarri, anche se l’unica cosa che beccò fu la sua spalla.
D’improvviso quello che fino a quel momento era stata una strada gialla e sconnessa, divenne una specie di botola a tempo, che si aprì, richiudendosi con uno scatto sordo sotto i piedi pulsanti e doloranti di quella che era stata l’innumerabile vittima capitata laggiù.
Era buio sotto la strada, e l’unica cosa che si poteva vedere chiaramente erano i soldati della Regina affacciati al passaggio segreto, troppo grandi per poterci passare.
Alice aveva ricominciato a cadere, come quando – mandandosi un accidente – aveva voluto infilarsi in quella tana per scoprire chi fosse quello strano coniglio col panciotto.
 
Dopo quella caduta, Alice era arrivata in una piccola casetta azzurra, ed era passata dal camino, per poterci entrare.
Chissà se quella profonda botola in cui era cascata grazie allo Stregatto era sin dall’inizio un camino nascosto, pensò Alice, e se fosse stato davvero così allora doveva essere un camino mooolto alto. Alice stessa rise al suo pensiero.
Beh, se lo fosse stato davvero Biagio, la lucertola spazzacamino, si sarebbe entusiasmato al solo conoscere quella stranezza.
Alice, mentre si spolverava il vestitino azzurro, si domandò di chi potesse essere quella casa. Era graziosamente arredata di mobili in legno chiaro, e se c’era della stoffa, potevi stare sicuro che era del colore dei muri, azzurra.
Tirò uno starnuto. La cenere era un po' troppa per i suoi gusti.
Dopo pochi secondi la ragazza sentì dei passi che andavano dal veloce al lento su quelle che potevano essere delle scale anch’esse di legno.
Non avrei dovuto starnutire, devo essere ammattita.
Dopo un attimo di silenzio, la porta si spalancò, lasciando entrare una ragazza non troppo bassa, sinuosa e magra, dai capelli corvini, riccioli e gonfi, e dalla pelle color bronzo scuro, opaco e ad occhio soffice come una crema al cioccolato.
E la cosa più bella che Alice potesse notare in lei, erano gli occhi: un trionfo di luce e di scintille dorate, avvolte da fiamme divampanti di un rosso così acceso che se veniva guardato troppo rischiava di dar fuoco. 
E, invece, la cosa più stupida che Alice potesse fare era rimanere a bocca aperta fissandola ininterrottamente.
- Beh? Che cos’hai da fissare? Ti ha punta un Pietrolesto?- la voce tuonante di quella ragazza dai capelli a molla riempì le orecchie ovattate di Alice, che misteriosamente si stapparono.
Dopo qualche balbettio, la ragazza dai capelli biondi riuscì ad emettere una parola comprensibile.
- Ah, no… beh, ecco io sono qui per… per, oddio, per scappare dalle carte di cuori, e lo Stregatto…- inspirò intensamente - santo cielo lo Stregatto! Lui mi ha fatto cascare in una botola, che era il camino, e poi… poi sono arrivata qui e…- ma quell’incredibile discorso ben articolato fu interrotto piuttosto bruscamente.
- Si, si, non mi importa delle tue spiegazioni, perché nel frattempo mi hai insudiciato tutto il parquet!- avanzò verso Alice, che nel fra mentre si stava torturando le mani, e cominciò a smanettare per aria, tirando poco dopo uno spintone alla povera fanciulla.
Alice rimase basita.
Mentre la ragazza di colore ripuliva alla meno peggio il caminetto, borbottava accidenti e robe varie.
Alice non riusciva a capire un’emerita mazza, ma ad un certo punto catturò al volo un nome familiare.
‘ Cappellaio Matto ’
Lei lo conosceva bene, il Cappellaio, e per quanto cercasse di ricordare, non ci trovava niente, ma proprio niente, di simpatico.
- Ehi gallinella, mi senti o sei ancora sulla nave con capitan Libeccio?- tirò una pacchetta proprio sul fiocchetto nero sulla testa di Alice.
- No no, ci sono… è che ecco non ho voglia di andare da quel vecchietto con le rotelle che vanno e vengono.- abbassò lo sguardo sulle proprie mani, che finalmente aveva smesso di maciullarsi.
La ragazza di colore scoppiò in una fragorosa ed invadente risata.
- Vecchio? Hai dato del vecchio al Cappellaio? O santa meraviglia, come puoi dire che è… oh, ho capito… di nuovo un Fantastico. Ti hanno messo un Fantastico nel tè.- e continuò a ridere.
Cosa diamine è un Fantastico, si domandò Alice e lo avrebbe pure chiesto, se disgraziatamente non l’avesse interrotta, di nuovo.
- È un affarino che ti fa venire le allucinazioni, gallinella.- si asciugò le lacrime fiera, anche se non si sa di cosa potesse esserlo.
- Okay andiamo, che è quasi ora del tè.- tirò su di peso Alice.
È forzuta la ragazza. E con questo Alice si avviò dal Cappellaio Matto, sperando che non le capitasse più un Fantastico, qualunque cosa potesse essere.
 
La musica che si sentiva era un allegro motivetto classico, il resto era incomprensibile, ma era già tanto sentire quella, perché voci e schiamazzi vari rendevano quel giardinetto sul retro un guazzabuglio di suoni indistinti.
Il cigolio del cancelletto d’ingresso di legno fu lento e particolarmente agonizzante, ma quelle decorazioni incise sopra erano così precise e ben fatte che Alice non si rese conto del suono acuto.
Più vicino le due ragazze andavano, e più la musica si faceva chiara, le note si distinguevano e Alice notò che era un valzer.
Quella musica era sprecata pensò, ed effettivamente lo era davvero, dato che nessuno stava la ballando né tantomeno ascoltando.
- Versami un quarto di tè verticale!- un urlo improvviso fece sobbalzare Alice, mentre la ragazza di colore era più calma di un bradipo in letargo.
- Non finché non mi porgi il piattino, Lepre!- un altro vocio.
- Cappellaio! Cappellaio sono Anitra! Leprotto! Ehi di là, ci siete?- ennesimo tono non così basso come Alice desiderava.
La musica si fermò improvvisamente, e tutti gli occhi – secondo Alice erano molti più di quanti se ne vedessero – si girarono verso di loro.
- ANITRA!- e boom! La musica riscoppiò ad echeggiare tra le frasche violacee intorno al giardinetto. Il Cappellaio balzò sulla lunga tavolata imbandita di tazzine di ogni forma e colore, alcune anche divise a metà, e teiere colme di tè per ogni gusto, rovesciandone mezze e facendo cadere all’indietro la sedia dallo schienale alto e imbottito di stoffa bordeaux.
Alice non era affatto sorpresa, tranne per una cosa: quello non era il Cappellaio. O meglio, non era quello che si ricordava.
Quella versione era di un uomo alto, snello e robusto, con una chioma bianca come la perla delle ostriche.
Con pochi passi raggiunse il capo del tavolo opposto, e ne saltò giù con un balzo silenzioso, e con altrettanta agilità raggiunse le due fino a trovarvisi a poca distanza.
Sorrise tanto da sembrare inquietante, poi di colpo si girò verso la ragazza più agitata delle due, fissandola intensamente.
- Alla fine non hai bevuto il tuo tè.- un sussurro fievole.
Alice constatò che non solo era diverso, ma che era anche parecchio, ma parecchio eccitante.
E al diavolo le buone maniere.
 
 
Ecco il primo capitolo! Non è molto in stile Disney, puro ed innocente, ma è un po' più in stile ventunesimo secolo.
È piuttosto corto, ma per ora preferisco scrivere poco, magari mi si moltiplicano le idee… ( non ho idea di quello che ho appena scritto )
Okay, per ora non ho altro da aggiungere, se non che sono felice che abbiate letto questo primo capitolo e ve ne sono grata :)
Beh, non mi resta che dire alla prossima!
 
*Mano che saluta*, Tex.
  
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