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Autore: Adeia Di Elferas    02/12/2014    4 recensioni
Xena è di ritorno a casa, vuole rivedere sua madre e trovare il suo perdono. Tormentata da incubi che le ricordano continuamente uno dei momenti più brutti della sua vita, Xena decide di cambiare, di abbandonare la crudeltà con cui ha convissuto fino a questo momento, ma la sua volontà continua a vacillare. L'incontro con Olimpia, forse, la potrebbe cambiare per sempre, portandola sulla strada della tanto agognata redenzione.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Callisto, Gabrielle, Xena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~ Le fiamme erano ovunque. Il villaggio bruciava fin nel suo profondo, senza lasciare altro che urla soffocate e cenere.
 Una bambina fissava Xena con gli occhi pregni di paura e dolore. Piangeva, mentre sul suo volto si riflettevano i bagliori delle fiamme. Non aveva nemmeno la forza di gridare o scappare. Guardava colei che aveva fatto una carneficina nel suo paese, colei che aveva barbaramente massacrato la sua famiglia, i suoi amici, tutti quelli che conosceva.
 Xena non riuscì a sopportare troppo a lungo quegli occhi che avevano perso in un momento tutta la loro innocenza e così salì sul suo cavallo e con uno schiocco lo fece voltare e si allontanò.
 Ma nei suoi occhi c'erano ancora quelli della piccola, che ora era adulta e reclamava la sua vendetta...
 “Ti farò soffrire, Xena.” sembrava dire: “Soffrirai come mai hai sofferto in vita tua, soffrirai come ora sto soffrendo io...”
 Xena si risvegliò di colpo, il volto sudato e la schiena dolorante. Nella mano stringeva il chakram, ma si rese conto subito che non c'era alcun pericolo da cui difendersi.
 Il locale era scuro, caldo ed i pochi uomini presenti o stavano sonnecchiando davanti a un boccale di qualcosa o stavano vaneggiando di cose ormai perdute.
 Era piena notte, di questo era sicura. Chiamò l'oste con un segno della mano e gli chiese di portarle qualcosa da mangiare.
 Sognare quel villaggio a cui aveva dato fuoco era l'ennesimo segno che aspettava. Se voleva cambiare vita, doveva farlo. Non poteva più attendere.
 Era sulla strada di casa. Avrebbe ritrovato sua madre, le avrebbe fatto capire quanto era cambiata e sarebbe riuscita a redimersi. Aveva visto troppo sangue e non poteva...
 “Ehi, tu.” un uomo si era avvicinato al tavolo guardandola con insistenza. Xena non disse nulla, limitandosi a guardarlo di rimando.
 “Credo di conoscerti...” proseguì l'uomo. Non era ubriaco, al massimo aveva bevuto un boccale. Era grosso, dalle spalle spioventi e il volto rubizzo. Si sedette accanto a Xena, senza chiedere il permesso e riprese: “Ti ho già vista, da qualche parte... Vesti in modo strano... Giochi a fare l'amazzone?” E detto questo, l'uomo prese a ridere, come se trovasse la sua stessa battuta irresistibile.
 “Con permesso.” disse piano Xena, alzandosi. L'uomo si fece improvvisamente serio. La afferrò per un polso e la tirò a sé: “No, cara, tu non te ne vai. Voglio la tua compagnia, stanotte. Sono solo e tu non mi dispiaci...”
 Xena oppose una minima resistenza, per saggiare lo stato fisico dell'uomo, e quello la strinse e tirò con ancora più forza.
 “Hai capito? Tu non...” L'uomo non riuscì a finire la frase, perchè Xena lo colpì con il braccio libero dritto in volto.
 Malgrado il colpo, che lo lasciò sanguinante e con gli occhi lampeggianti di dolore, egli non lasciò andare la donna.
 “Avevo appena deciso di diventare una brava ragazza...” fece lei, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
 Tutti i presenti osservavano la scena, senza avere il coraggio di schierarsi apertamente per l'uno o per l'altra.
 Anche l'oste, che aveva con sé l'ordinazione di Xena, si era messo a sedere ad un tavolo per guardare più comodo lo scontro.
 L'uomo mulinò la mano libera alla ricerca del volto di Xena, che però si abbassò in tempo per schivarlo. Sfruttò la presa salda del nemico per buttarlo in terra: le bastò ritirare di scatto il braccio e lui, i cui riflessi non era poi così pronti, si lasciò trascinare.
 Malgrado la stazza, l'uomo si rialzò abbastanza agilmente e in fretta. Era disarmato e questo a Xena non piaceva. Le sarebbe bastato un colpo di chakram per ucciderlo, ma poteva iniziare la sua redenzione così?
 Mosse un passo in avanti e lo colpì tre volte, in rapida successione, prima al volto, che ancora sanguinava, poi all'addome ed alla fine al basso ventre.
 L'uomo era piegato su se stesso e Xena capì che doveva bastarle così. Allargò le spalle e decise di andarsene. Guardò un momento tutti quelli che assistevano allo scontro, per assicurarsi che nessuno di loro volesse avere la sua parte, ed affiancò il suo sfidante, per raggiungere l'uscita.
 Mentre gli passava accanto, l'uomo prese un coltello che teneva nascosto, che a Xena era sfuggito... Come mai le era sfuggito?
 Un fendente le sfiorò il fianco e un altro per poco non raggiunse il suo volto. Con un colpo preciso, Xena immobilizzò il polso dell'uomo, strocendolo, facendo in modo che lasciasse la presa sul manico del pugnale. Quando l'arma cadde, lei la raccolse prima di lasciarle toccare terra e con un unico fluido movimento, piantò la punta del coltello a lato del collo dell'uomo.
 Schivando il sangue che schizzava a gettate, Xena lasciò capicollare il bestione in terra. Il silenzio era rotto solo da qualche singhiozzo soffocato del ferito. Nessuno osava parlare, né muoversi, né fare altro.
 L'uomo si contorse un istante, soffocando nel suo stesso sangue, e poi, con gli occhi spalancati, si spense.
 Xena si ripulì una piccola macchia rossa sulla fronte, passandoci il dorso della mano, poi chiese, a voce alta: “Qualcun altro?”
 Ovviamente nessuno rispose, anzi, molti – oste compreso – ripresero improvvisamente a fare quello che stavano facendo prima di tutta quella confusione e di colpo nessuno parve più avere interesse nel morto che giaceva in mezzo al locale.
 Xena uscì quasi di corsa, nella notte. Basta, si promise, basta. Era stata l'ultima volta. Avrebbe sepolto la sua armatura, avrebbe sepolto le sue armi.
 Non sarebbe mai più stata la donna che era stata fino a quella notte.

*

 Lei poteva dire quello che voleva. Non sapeva cosa significava avere alle spalle una vita simile. Lei non se ne poteva rendere conto...
 L'aveva voluta seguire a tutti i costi per i motivi sbagliati. Quella ragazza non capiva cosa comportava la scelta che diceva di aver fatto liberamente.
 Una vita da guerriera errante era una vita di solitudine. Olimpia voleva seguire Xena solo ed esclusivamente per scappare dal matrimonio che la sua famiglia aveva combinato per lei.
 Era rimasta così colpita dall'abilità di Xena, quando l'aveva vista combattere con gli uomini di Draco che avevano rapito lei e le altre fanciulle del villaggio, che si era lasciata incantare. Non si era fermata a riflettere.
 Xena non dormiva, mentre pensava a tutte queste cose e guardava la nuova compagna di viaggio raggomitolata vicino all'albero.
 Per la notte si erano fermate in un posto tranquillo, ma comunque non privo di rischi e di certo molto lontano dalle comodità di una casa o di una locanda. Era stata una precisa scelta di Xena, fatta, in realtà, per convincere la ragazzina a desistere dai suoi propositi. Forse, se avesse capito com'era dura una vita del genere, avrebbe fatto dietro front e sarebbe tornata alla sua tranquilla fattoria a Potidaea.
 Non aveva il fisico per diventare una guerriera e soprattutto non conosceva abbastanza il mondo per dire con certezza di volerne fare parte.
 E poi... Xena sospirò, passando un dito su uno dei bracciali che l'avevano protetta in anni di scontri. E poi, si disse, se non fosse stato per Olimpia e le altre giovani del villaggio, adesso nemmeno lei sarebbe stata in marcia con armi e armatura. Aveva già seppellito tutto, aveva già rinnegato il suo passato e la sua natura e invece...
 L'unica cosa positiva era stata la visita che aveva fatto a sua madre ed alla tomba di suo fratello, ad Anfipoli. In parte era stato merito di Olimpia, lo doveva ammettere. Prima sua madre non l'aveva accettata, le aveva detto che non era cambiata, che era la stessa che ricordava. Però, dopo che aveva saputo di come Xena aveva salvato Olimpia e le altre... Allora c'era stato modo di ritrovarsi e questo valeva più di ogni altra cosa.
 Il cielo era terso e l'aria ferma. Non si muoveva una foglia. C'era un silenzio quasi perfetto: l'ideale, per fare la guardia.
 Stanca per la lunga giornata di marcia, Xena chiuse un attimo gli occhi e senza rendersene conto si assopì.
 Iniziò immediatamente a sognare. I suoi incubi bruciavano e gridavano, erano infestati dalla bambina che la fissava in mezzo alla cenere, da minacce di sofferenza e dolore, erano uguali a sempre...
 A risvegliarla fu un richiamo sommesso ma insistente: “Xena... Xena!” senza riconoscere subito la voce, Xena aprì gli occhi, la mano che andava rapida al chakram. Appena fu cosciente, incontrò lo sguardo allarmato di Olimpia, che continuava a scuoterla senza tregua.
 Eppure sembrava tutto tranquillo... Cosa aveva visto per essersi agitata così tanto?
 “Cosa?” chiese Xena, senza parlare, muovendo solo le labbra. Olimpia le indicò un punto alle loro spalle e Xena allungò il collo per vedere meglio.
 Sulla strada, a circa un centinaio di metri da loro, stava avanzando qualcuno a piedi. Xena fece segno di fare silenzio ad Olimpia, che si zittì subito, pur rimanendo terrorizzata.
 Così non andava bene, pensava Xena. Se quella ragazza si spaventava così tanto per quello che era solo un viandante...
 O meglio, erano in tre. Più si avvicinavano più era chiaro che portavano con loro delle armi. A quel punto Xena si appiattì a terra e fece fare altrettanto ad Olimpia.
 Quando i tre uomini arrivarono al tratto di strada parallelo al punto in cui si trovavano le due donne, Xena potè scorgere più chiaramente i loro vestiti e il tipo di armi che portavano. La luna bagnava con la sua luce le lame di foggia romana e le vesti rinforzate dal cuoio di cui spesso si vestivano i legionari.
 'Uomini di Cesare', pensò Xena, con risentimento. Strinse in pugno il chakram e tese i muscoli, pronta a saltare fuori dal suo nascondiglio ed attaccarli. Olimpia notò il suo scatto e le pose una mano sulla spalla.
 Era un tocco leggero, più una preghiera che non un ammonimento. Bastò per bloccare Xena, che si limitò a seguire con lo sguardo i tre romani, mettendo da parte l'idea di colpirli all'improvviso ed ucciderli tutti.
 Appena i tre le ebbero sorpassate senza vederle, Xena fece un sospiro di sollievo. Non sarebbe stato un grosso problema, per lei, sfidare tre avversari contemporaneamente, ma aveva paura che Olimpia l'avrebbe intralciata. Si era resa conto che la giovane non aveva questa grande abilità manuale e minacciava di essere più un intralcio che non un aiuto. Per fortuna la giovane l'aveva fermata in tempo, altrimenti, attaccando, avrebbe messo in pericolo entrambe.
 “Ho fatto bene a svegliarti?” chiese Olimpia, abbastanza incerta. Xena aspettò un momento a rispondere, poi concesse: “Sì, hai fatto bene.” Poi però fu costretta ad aggiungere: “Ma la prossima volta evita di farlo in questo modo. Avrei potuto reagire male e magari parlare anche io e allora ci avrebbero viste e chi può dire come sarebbe andata a finire...”
 Olimpia annuì con convinzione. Xena sollevò le sopracciglia e rimise il cerchio al suo posto: per fortuna non aveva dovuto usarlo.
 “Sai, forse adesso non sono proprio di grande aiuto...” disse piano Olimpia, sistemandosi i capelli dietro all'orecchio: “Ma un giorno ti assicuro che diventerò una guerriera come te. E allora non potrai più fare a meno di me!”
 Xena guardò un momento Olimpia, leggendo nei suoi occhi chiari illuminati dalle stelle una promessa per il futuro. Forse la sua redenzione partiva da lì. Forse era stato il destino a darle Olimpia come compagna di viaggio.
 Immersa in questi pensieri, Xena non potè trattenere un sorriso: “Staremo a vedere.”


 

   
 
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