Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Alexiel Mihawk    02/12/2014    5 recensioni
Hans ha imparato che le due grandi certezze della sua vita sono la morte e l’amore (e a volte anche la morte dell’amore, ma a questo preferisce non pensare). Ha imparato anche che Anna prima o poi ricorda sempre ogni cosa, e che, forse, questa volta sarà quella giusta, questa volta forse lo perdonerà.
[...]
«Ti amo, Anna. Ogni vita precedente l’ho vissuta con la consapevolezza che prima o poi ti avrei trovata, ti ho cercata sempre e a volte non ti ho trovata mai. Ma non era importante, perché sapevo che per quanto lontana tu fossi, per quanto distante, magari legata ad un altro, sapevo che ti avrei trovata e sapevo che avresti scelto me. Ma ora, ora non sono sicuro di volerti imporre questa scelta, perché è sinonimo di morte».

[Hans/Anna, Reincarnation!ModernAU, in cui Hans ha finalmente una seconda possibilità, ma più Anna si innamora di lui, più si ricorda del ciclo di reincarnazione e morte che li ha condotti a quel punto]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Hans
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due cose: Prima di tutto una precisazione doverosa. Questo capitolo è molto spoiler per chi non ha visto il film Cloud Atlas, nel senso che ci sono più citazioni del solito, questa volta inserite proprio nel capitolo, come parte della narrazione, le riconoscerete subito, ma vi avviso per correttezza. Come quote invece ho ripreso la canzone che considero colonna sonora di questa storia e da cui ho tratto il titolo. Quindi sì, fatela partire come sottofondo e buona lettura. Le note vere sono a fine capitolo perché non volevo farvi spoiler.

 
 
5. It's all about your cries and kisses
 

 
Take all your chances while you can
You never know when they'll pass you by
Like a sum the mathematician cannot solve
Like me trying my hardest to explain
It's all about your cries and kisses
Those first steps that I can't calculate
I need some more of you to take me over
Chances, The Athlete
 
 
La prima volta che Elsa e Hans si incontrano non c’è Anna a presentarli.
Al giovane basta intravederla da lontano per riconoscerla; ha sempre gli stessi capelli biondi e la postura elegante, come se a piegare le spalle dovesse venire schiacciata dal peso del mondo.
La chiama per nome, anche se non è davvero sicuro che quello sia il suo nome, ma questa vita sembra una eco di quella in cui ha rovinato ogni cosa e di conseguenza le parole gli escono spontanee e naturali.
«Elsa? Sai dov’è Anna?»
Quando la ragazza si volta verso di lui sgrana gli occhi e piega la bocca in una smorfia.
«Tu! Avrei dovuto immaginarlo che fossi tu. Rapunzel era così entusiasta quando mi ha parlato del ragazzo con cui usciva Anna che avrei dovuto capirlo, ha sempre avuto un debole per te».
Hans non sa bene cosa rispondere. Si trova in uno stramaledetto campus universitario, circondato da ragazzine che gli lanciano sguardi languidi, cercando di spogliarlo con gli occhi, e l’unica persona che riconosce, e a cui chiede un’informazione, è pronta a scavargli una fossa e buttarcelo dentro. Ehi! Oggi deve essere il suo giorno fortunato!
«Mi sembrava strano non avervi ancora viste» borbotta sconsolato, tira fuori le sigarette dalla tasca dei pantaloni e ne accende una.
«Fammi il piacere e stai zitto» esclama la ragazza mentre indica a una matricola la direzione corretta per la segreteria. È arrabbiata, Elsa, è furibonda e non tanto per la scelta compiuta da Hans durante la loro vita ad Arendelle, quanto per le conseguenze di quella stessa scelta. E alla fine lei è stata fortunata, lei non ha mai visto Anna morire, non ha mai dovuto stringere il suo fragile corpo tra le braccia, né sentire le sue urla, ma non per questo è stato più semplice, non per questo è stato facile vivere senza di lei.
Quando torna a voltarsi verso di lui ha un’espressione severa dipinta sul volto e il suo sguardo si è fatto di ghiaccio (come quello di una regina o di una guerriera, come tanti anni prima); gli si avvicina e, ignorando gli sguardi perplessi delle studentesse al loro passaggio, lo prende sotto braccio, trascinandolo verso la caffetteria del campus: «Dobbiamo parlare».
Lo scruta da dietro la tazza di caffè e Hans si chiede come faccia a bere qualcosa di così caldo quando ci sono trenta gradi all’ombra, ma non fa domande. In silenzio, stringendo tra le dita sottili la sua birra gelata, aspetta che la ragazza parli; è abbastanza contento di averla trovata, anche se si è trattato di un caso, anche se questo vuol dire che arriverà in ritardo da Anna, perché ci sono problemi che solo Elsa può risolvere, domande di cui solo lei conosce la risposta. E gli dei sanno quanto Hans abbia bisogno di risposte.
«Sai vero» inizia la ragazza con voce fredda «Che è solo colpa tua?»
«Come dimenticarlo» borbotta lui, ripensando agli orribili incubi degli ultimi giorni.
«Hans –»
«No, ascolta, so che ho sbagliato, ma ho bisogno di aiuto, Elsa. Non posso continuare a vederla morire».
«Guarda che non sono qui per farti la paternale» risponde ridacchiando «Sono ancora infuriata con te, ma mi sono stufata di questa catena di sangue e morte. E anche lei si è stufata».
«Anna? Anna si è ricordata di… Di Arendelle?» domanda titubante il giovane, mentre un brivido gelido gli percorre la schiena.
«Non mi stavo riferendo ad Anna, Hans» Elsa sospira e il suo guardo si perde nel vuoto, mentre cerca di decidere se sia o meno il caso di raccontargli la verità, o almeno quella parte di verità di cui lei è a conoscenza.
Scuote il capo, non è ancora il momento.
Presto, dice una voce dentro di lei.
«Anna è nel dormitorio femminile, in quella direzione, oltre la biblioteca, il primo edificio di mattoni rossi. Sali al secondo piano, la sua stanza è la quarantadue».
Hans osserva per un secondo il liquido ambrato nel suo bicchiere, domandandosi a cosa sia servito seguirla fino a lì; si alza in piedi e silenziosamente rimpiange di non avere fatto a tempo a finire la birra, ma Elsa lo trattiene per un polso.
«Finiremo questa conversazione, Rekkr, quando lei avrà recuperato ognuno dei suoi ricordi».
«Come desideri, Fetils Svell».
Si allontana a passi veloci, nella direzione indicatagli dalla ragazza, mentre la sua mente vaga e ritorna ad Anna, a tutti gli anni trascorsi assieme, a ogni vita passata al suo fianco. Ha bisogno di vederla, di vedere i suoi occhi celesti, di sentire la sua pelle calda e sapere che è viva; sempre più spesso, ultimamente, ha bisogno di rassicurazioni di questo tipo, perché troppo di frequente si sveglia nel cuore della notte dopo avere sognato le sue ossa sporgenti e il suo sguardo spento.
Bussa piano alla porta della stanza e si trova di fronte a una cascata di capelli biondi e uno sguardo allegro.
«Oh, Vænn! E pensare che stavo per dirti io di venire qui!» esclama Rapunzel, che in quella vita è la prima volta che lo incontra, ma si comporta come se fossero amici di vecchia data.
Hans sorride, vedendo tra le mani della ragazza il cellulare rosa di Anna, glielo sfila delicatamente dalle dita, mentre la ragazza lo lascia entrare in camera.
«Sei sempre iperattiva, Vǫlva. Posso restare da solo con lei?» domanda quindi lanciando uno sguardo ad Anna, addormentata nel suo letto.
Rapunzel annuisce: «Stai attento però, i suoi sonni non sono tranquilli da qualche tempo. Lei sogna e ricorda, ho paura che tra non molto sognerà solo morte».
Hans sente tutti i muscoli irrigidirsi, mentre la porta si chiude; quando si gira verso Anna nota che il suo sonno è davvero agitato, si muove leggermente e si rannicchia su se stessa. Senza fare rumore si sdraia al suo fianco e l’abbraccia, il letto è stretto e ci stanno appena, ma al contatto con il suo petto e le sue braccia la ragazza si rilassa, inconsciamente si gira verso di lui, cercando maggiore contatto. Hans le accarezza i capelli, mentre le sussurra dolcemente all’orecchio, minn ást, le bacia la fronte e la nuca, mentre la sua mano segue la linea della schiena, minn líf.
Anna apre lentamente gli occhi, inspira profondamente il profumo di deodorante e tabacco, e sorride.
«Stavo avendo un incubo. È finito di colpo quando sei arrivato tu» gli sussurra piano strofinando il naso sul suo mento.
«Cosa stavi sognando?» le domanda l’uomo baciandole le gote.
«Il cielo si era tinto di grigio e la città era in fiamme. Come nubi le bombe oscuravano il cielo e ricadevano per le strade, disseminate di morte. Tu leggevi, leggevi per me, leggevi per farmi addormentare e per scacciare la paura» si interrompe, la sua voce ha un tremito «È successo davvero?»
«Sì, tanto tempo fa».
«E come… Come è finita?»
«Non è mai finita, Anna».
La bacia con delicatezza e la invita a venire a cena da lui quella sera.
«Se vuoi» le dice con voce calda mentre con le labbra le sfiora il lobo dell’orecchio «Puoi fermarti a dormire».
E non c’è malizia in quelle parole, ma Anna riesce a leggervi lo stesso il disperato bisogno che Hans ha di lei e sorride, mentre con le braccia gli circonda il collo.
«Solo se compri del vino».
 
Hans ha pulito la casa, ha riordinato la camera, cambiato le lenzuola e lavato i pavimenti; sua madre sarebbe fiera di lui, ma non è certo per fare un favore a lei che il ragazzo si è dato alle pulizie a metà luglio, quando avrebbe solo voglia di fare un bagno gelato o di stravaccarsi sul divano davanti al ventilatore.
Lo ha fatto per Anna.
C’è qualcosa di cui vorrebbe parlarle quella sera, qualcosa che non può aspettare. Le ha comprato dei fiori e nel frigo li aspetta una torta al cioccolato, non ha intenzione di cucinare (anche perché rischierebbe di avvelenarla), ma ha già deciso che ordineranno una pizza, ha perfino comprato un film adatto. Gliel’ha consigliato Rapunzel quando è uscito dalla stanza, dicendogli: «Oh, Vænn, lo conosci quel film che è praticamente la storia della tua vita? Perché dovresti vederlo. Con Anna».
Grazie tante, pensa il ragazzo, lanciando un’occhiata al dvd di Cloud Atlas sul tavolino del salotto, se scopre che c’è gente che continua a morire la va a prendere a calci!
Quando la ragazza arriva Hans rimane senza fiato, perché Anna è sempre bellissima, ma quella sera lo è di più, forse perché gli ricorda una notte di tanti anni prima quando ha danzato con lui in una sala affollata; il suo vestito verde è lo stesso che ha indossato al loro primo appuntamento e il ragazzo sente il cuore sciogliersi un pochino.
«Ho portato le pizze» esclama sorridendo.
«Avremmo potuto ordinarle» risponde Hans ridendo.
«Ma così avremmo dovuto aspettarle, invece ora sono già qui e sono calde e senti che profumino!»
«Se ti sei fatta fare la pizza alla nutella, giuro che non ti bacio. E nemmeno se hai preso quella col gorgonzola».
«Uomo di poca fede! Ho preso qualcosa di semplice e di digeribile!»
Ride di nuovo, mentre Anna si fa strada verso la cucina dove la tavola apparecchiata la lascia senza parole: Hans non apparecchia mai la tavola. Di solito si limitano a fare take away da qualche parte e a mangiare sul divano mentre guardano un film, come due beceri della peggior specie.
«Aspettavi qualcuno?» domanda incerta.
«Sì, Anna, aspettavo te» risponde Hans ridendo e prendendole i cartoni dalle mani per sistemarli sul piano «Siediti».
«Pizza e vino, che accoppiata vincente. La tua eleganza e il mio entusiasmo, credo» ridacchia, inconsapevole di quanto siano vere le sue parole.
Per tutta la durata della cena Hans l’ascolta parlare, e Anna non si ferma mai, gli racconta dei corsi, della bibliotecaria strabica, del ragazzo che ci ha provato con Rapunzel ed è stato pestato da Flynn, del tizio del corso di scrittura creativa che è inciampato nella sua stessa sciarpa ed è caduto lungo e disteso per terra. Gli racconta di Elsa, che è a capo del dormitorio e che è stata un po’ la ragazza che si è presa cura di lei e di Punzie da quando sono arrivate, gli racconta dell’ultima telefonata con sua madre e del matrimonio di sua cugina che si è tenuto il weekend precedente.
Per tutto il tempo lui ascolta, ascolta la sua voce, ride delle sue battute, la prende in giro e le risponde raccontandole della sua giornata, dell’ufficio, del suo capo e dell’ultimo articolo che ha scritto.
Quando si spostano sul divano Anna emette un gridolino di gioia.
«Ho sempre voluto vedere quel film! E tu hai una televisione da quarantacinque pollici! Finalmente potrò godermi Ben Winshaw in alta definizione!»
«Ehi!» si lamenta il ragazzo, che non sa se essere offeso e divertito.
Anna si accoccola contro di lui, il bicchiere di vino in mano, una leggera brezza che entra dalla finestra insieme al frinire dei grilli, quando il film comincia Hans la sente trattenere il fiato e le passa un braccio lungo la vita con la ferma intenzione di tenerla il più vicino possibile a sé.
Ci sono interi movimenti dell'Atlante che ho scritto immaginando nostri incontri e incontri in vite diverse, epoche diverse.
Anna gli stringe la mano e Hans si accorge che i suoi occhi sono umidi, le bacia i capelli e riprende a guardare il film.
Vorrei poterti fare vedere tutta questa luminosità, non preoccuparti, va tutto bene, va tutto così perfettamente maledettamente bene. Capisco ora che i confini tra rumore e suono sono convenzioni. Tutti i confini sono convenzioni, in attesa di essere superate; si può superare qualunque convenzione, solo se prima si può concepire di poterlo fare. In momenti come questi, sento chiaramente battere il tuo cuore come sento il mio, e so che la separazione è un’illusione. La mia vita si estende ben oltre i limiti di me stesso.
Anna sta piangendo e le lacrime scendono silenziose lungo le guance, le ciglia bagnate brillano illuminate dalla luce della televisione e i capelli della ragazza, prima ordinatamente legati in una crocchia sul capo, sono scivolati in ciocche scomposte lungo le sue spalle.
Il rapporto dice che il Comandante Chang è stato ucciso nell'assalto.
Questo è esatto.
Anna trattiene il fiato, non se ne è resa conto, ma si è affezionata a questa storia quasi quanto a quella di Frobisher e Sixsmith, appoggia il bicchiere sul tavolo e stringe i pugni per la tensione.
Potresti dire che l'amavi?
...Sì, lo amo.
Vuoi dire che sei ancora innamorata di lui?
Hans le passa le mani lungo la vita e se la trascina in braccio, torace contro schiena, non importa se fa caldo, non gli importa di niente, vuole solo sentire Anna vicina in quel momento.
Voglio dire che lo sarò per sempre. La nostra vita non è nostra. Da grembo a tomba, siamo legati ad altri passati e presenti... E da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro.
Anna si appoggia a lui e Hans sente che sta continuando a piangere, più forte di prima, le appoggia il viso su una spalla e lascia che lei inclini il capo contro il suo.
Nella tua rivelazione hai parlato delle conseguenze della vita di un individuo che si spandono per tutta l'eternità... Questo vuol dire che credi a una vita nell'aldilà? Nel Paradiso e nell'Inferno?
«Ti amo» le sussurra piano e la sente rilassarsi sotto di lui. Non le vede il viso, ma sa che sta sorridendo tra le lacrime.
...Io credo che la morte sia solo una porta. Quando essa si chiude, un'altra si apre. Se tenessi ad immaginare un Paradiso io immaginerei una porta che si apre e dietro di essa lo troverei lì, ad attendermi.
Gira lentamente il capo verso di lui, che le passa una mano sul viso ad asciugarle le lacrime.
«Ti amo anche io, Hans» risponde baciandolo.
È la prima volta che se lo dicono, in questa vita per lo meno, e mentre le scene finali del film si susseguono sullo schermo, il ragazzo si domanda perché abbia aspettato così tanto. Lo ha capito nel momento in cui l’ha vista per la prima volta, quel giorno di sole, attraverso le lenti scure degli occhiali, che lei era quella giusta, era la donna che aveva bramato per tutta la vita senza sapere di starla cercando.
Spegne il televisore, mentre i titoli di coda si susseguono sulle note dell’Atlante delle Nuvole, e le sorride, mentre Anna cerca nella borsa un pacchetto di fazzoletti.
«Ho pianto così tanto» dice «Che mi è colato tutto il trucco».
«E allora vai a struccarti, panda» ride Hans baciandole la guancia.
La segue in camera da letto e la guarda mentre appoggia le cose in giro, mentre si muove come se quella fosse casa sua e fosse abituata a vivere lì.
«Anna».
«Sì?» borbotta lei impegnata a passarsi una salvietta struccante sotto gli occhi.
«Stavo pensando. Sei sempre qui di recente».
«Se vuoi me ne vado» e il suo tono è contrariato.
«No, preferirei il contrario. Vorrei che ti trasferissi qui, cioè a vivere qui, con me. Cioè se vuoi».
Silenzio.
«Aspetta, cosa?»
Hans arrossisce, ma non fa in tempo a ripetersi perché lei ha lasciato andare qualsiasi cosa avesse in mano per gettarglisi con le braccia al collo e stampargli una scia di baci sul viso.
«Certo che sì! Sempre» esclama ridendo felice.
A quel punto Hans non riesce più a resistere e il suo bacio non ha niente a che vedere coi precedenti: è profondo, passionale, morde le labbra di Anna e se ne impossessa con foga, bisognoso di sentirla vicino, di sentirla sua. Lei ne coglie tutta la prepotenza, percepisce l’urgenza di Hans, che non è solo fisica, è qualcosa di diverso, di più profondo: è una necessità, ed è anche una sua necessità.
Lascia che le sue mani la spoglino e le accarezzino la schiena e il ventre, lo guida fino al letto e mentre lo bacia, mentre sente i muscoli guizzare sotto il suo tocco, mentre la pila degli abiti sul pavimento aumenta, sente il suo cuore battere all’impazzata e l’eccitazione farsi largo dentro di lei.
Quella notte fanno l’amore, ed entrambi hanno già avuto altre esperienze, altri compagni, ma, come dicono alcuni, la verginità è uno stato mentale e per loro risulta più che mai vero. Ogni volta che si ritrovano, in ognuna delle loro vite, è come se fosse la prima volta.
Quando Anna raggiunge l’orgasmo qualcosa dentro di lei esplode, un muro si infrange e insieme al piacere si sente inondare da schegge di ricordi, come un torrente in piena.
Hans non smette mai di sussurrarle che la ama, e ogni scheggia è una vita diversa, e ogni scheggia è un amore diverso, ma è anche sempre lo stesso amore.
«Ti amo» le dice Hans baciandola sul collo.
Ed è ancora in Aulide, ed è di nuovo a Roma e Nero le sussurra il suo nome all’orecchio.
«Ti amo» le dice Iason baciandole la clavicola.
E lei è in Anglia, mano nella mano con un legionario dagli occhi verdi.
«Ti amo» le dice Eadwig baciandole un seno.
E davanti ai suoi occhi c’è York, e Venezia, e Rouen e tutte le vite in cui non è riuscita a incontrarlo.
«Ti amo» le dice Laurens, o forse è Jan, mordendole il lobo dell’orecchio.
E Anna è a Parigi e Jean le stringe la mano.
«Ti amo» le dice Hans «Ti ho sempre amata».
Anche ad Arendelle, Arendelle che invade i suoi ricordi come una pugnalata, che le mozza il fiato e le toglie il respiro, e quando il ragazzo si lascia cadere su di lei affondando il viso nell’incavo della sua spalla, Anna vede un castello di ghiaccio e una sala da ballo.
«Ti amo» le dice Hans, ma nella testa di Anna sono altre le parole che risuonano, parole che sanno di veleno e di menzogna e che lei riconosce come false, ma non riesce comunque a fermare quei ricordi.
«Ti amo» le dice Hans, che forse è Seán, o Ivan, o Jon.
Ed è di nuovo Londra, con i balli e lo champagne, ed è di nuovo Leningrado, e Dio! Anna non è sicura di riuscire a resistere a Leningrado, alle bombe, al dolore, ma soprattutto alla morte, alla morte e all’amore, che in quei giorni sono stati così intrecciati e così vicini; e le lacrime iniziano a scorrerle lungo le guance e non riesce a fermarle.
E poi arriva Berlino e il pianto non si ferma più, ed Hans la guarda, preoccupato di avere fatto qualcosa di sbagliato, perché non capisce altrimenti per quale motivo Anna dovrebbe piangere.
Non capisce o non vuole capire, finché lei non si mette a sedere, il lenzuolo pallido le scivola sotto il seno lasciando esposta la sua carnagione candida, i suoi occhi luccicano e le guance sono bagnate di lacrime; si stringe le ginocchia al petto e quando Hans l’abbraccia chiamando il suo nome con tono preoccupato, Anna si volta a guardarlo e la voce le trema.
«Ricordo tutto. Ricordo ogni cosa».
Affonda il viso nel suo petto e lascia che le sue braccia la stringano a sé, più forte, sempre più forte, sempre più vicino.
«Ti amo» le dice Hans.
Anna continua a piangere.









 
Note: Questa volta non sono cinque pagine, quando dico che Rapunzel ha un debole per Hans non intendo a livello di attrazione, ma nel senso che, siccome è quella che lo conosce da ancora prima di Elsa, è sempre stata lei a insistere per cercarlo affinché lui e Anna potessero re-incontrarsi (è una fangirl, insomma). Il ruolo di Elsa e Rapunzel sarà più chiaro dal prossimo capitolo. Non so bene come sia venuta la scena di intimità tra i due (in cui il sesso non è propriamente descritto perché voglio mantenere il rating basso e perché proprio non è quello il punto della storia) ma spero riusciate ad apprezzarla comunque. E non so come vi immaginaste Anna che ricorda, io avevo pesato a diverse situazioni, ma alla fine ho optato per questa scena, e spero che soddisfi voi come ha soddisfatto me. Le altre alternative erano troppo angst e ne hanno già passate troppe.
Alcune precisazioni di lingua:
  •  fetils svell – spada di neve
  •  rekkr – guerriero, uomo
  • vǫlva – strega, profetessa, maga, veggente
  • vænn – bello, affascinante, bello da guardare
  • minn ást, minn líf – mio amore, mia vita
Sono una sorta di reminiscenza della vita “Vichinga” in cui Elsa, Hans e Rapunzel sono cresciuti e vissuti insieme fin dall’inizio, la lingua usata è antico norvegese, ma ho fatto riferimento a un dizionario on-line e non ci metterei la mano sul fuoco, ecco.
Il prossimo sarà il capitolo spiegone in cui si tutta la faccenda delle vite parallele diverrà chiara, richiederà un po’ più di tempo però, perché ancora non l’ho scritto.
 
   
 
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