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Autore: kiko90    03/12/2014    4 recensioni
Vi siete mai chiesti perché molto spesso un’amicizia si trasforma in amore? Io sì.
Ho pensato a svariate ragioni: una di queste forse è il condividere giorno per giorno le stesse passioni, le stesse avventure. Molti amori nascono da un’amicizia storica, nata durante il periodo scolastico o subito dopo, condividendo così ancora più ricordi che, irrimediabilmente, legano in modo indissolubile due individui.
Molte persone credono che, dopo aver raggiunto un legame così forte, sia facile passare dalla semplice amicizia, all’amore; ma non è così, o meglio il passo più difficile è dichiararsi. L’ammettere, prima e se stessi, e poi davanti alla persona amata, ciò che si prova.
A volte, serve una piccola spinta per far si che due cuori si aprano l’uno all’altro; in questo caso, una spinta del tutto inaspettata.
*Panda Day*
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuti al panda day, il giorno del delirio in cui da un'unica parola nascono fan fiction di ogni genere!

Perche panda?! Perchè ci serviva un modo veloce per chiamarlo, perchè “panda day” suona che è una meraviglia e perchè i panda sono carini e coccolosi.

Il meccanismo se qualcuno vuole partecipare è semplice. Ogni settimana sceglieremo una parola aprendo a caso il dizionario e quello sarà il prompt per le varie fan fiction ( tutti i generi, tutti i rating, tutti i paring, ma niente long) e basterà scrivere * panda day* nell'intro alla storia e il prompt della settimana in piccolo sotto al titolo sempre fra i due asterischi. E non dimenticate la foto di pandaman in fondo a destra!

La parola per mercoledì prossimo è: Scarico

Grazie a tutti e buona lettura!





Un inquilino a sorpresa!

*inquilino*


Vi siete mai chiesti perché molto spesso un’amicizia si trasforma in amore? Io sì.

Ho pensato a svariate ragioni: una di queste forse è il condividere giorno per giorno le stesse passioni, le stesse avventure. Molti amori nascono da un’amicizia storica, nata durante il periodo scolastico o subito dopo, condividendo così ancora più ricordi che, irrimediabilmente, legano in modo indissolubile due individui.

Molte persone credono che, dopo aver raggiunto un legame così forte, sia facile passare dalla semplice amicizia, all’amore; ma non è così, o meglio il passo più difficile è dichiararsi. L’ammettere, prima e se stessi, e poi davanti alla persona amata, ciò che si prova.

A volte, serve una piccola spinta per far si che due cuori si aprano l’uno all’altro; in questo caso, una spinta del tutto inaspettata.



Il ticchettio dei consueti tacchi di Robin echeggiava sulle scale del condominio, rianimando il portiere Franky dal suo consueto pisolino nel suo super, personale alloggio.

-Ciao sorella!- Disse Franky, salutando con la sua manona Robin, la quale annunciò un caldo e timido sorriso al bislacco portiere perennemente vestito in stile hawaiiano.

Quella sera Robin era veramente stanca, quasi non riusciva a reggersi in piedi.

Salì le due rampe di scale che la portarono al suo appartamento, pregando che Usop, il suo vicino, e Franky , smettessero di giocare a fare gli elettricisti con l’ascensore una volta per tutte; ma dubitava seriamente che quei due la accontentassero, facendole usare, per la prima volta in tre anni, quel benedetto ascensore perennemente rotto.

Arrivata finalmente davanti la porta di casa, Robin inserì le chiavi girandola nella serratura.

Il click consueto della serratura che scattava la sollevò, come se bastasse solo l’aria di casa per farla sentire meglio.

Entrò appendendo il soprabito nero all’appendiabiti accanto alla porta e, ticchettando sopra le mattonelle rosa antico, avanzò verso la cucina per prepararsi un buon caffè; l’unico suo vizio a cui non avrebbe mai per nulla al mondo rinunciato.

Si era appena messa comoda sul divano, incrociando le gambe di lato sotto i glutei, sorseggiando finalmente il suo adorato caffè, quando il cellulare squillò.

La stanchezza sembrava essere improvvisamente svanita visto lo scatto felino che Robin fece verso il cellulare, poggiato sul tavolinetto basso di fronte a lei. Sapeva già di chi si trattasse ancor prima di rispondere al telefono e sentire la voce gioiosa del suo interlocutore.

-Robin!- esultò il ragazzo dall’altro capo del telefono, mentre la donna sorrideva felice –Non ci crederai mai, Sanji stasera inaugura il suo terzo ristorante! Lo sai cosa vuol dire? Cena gratis e mangiare a volontà!- dall’altro capo della linea, il ragazzo sbatteva le mani felice della notizia appena annunciata, mentre la sua pancia contribuiva con un borbottio.

Robin rise sentendo l’entusiasmo del ragazzo. Rufy era l’unico che, da quando l’aveva conosciuto, era riuscito a farla ridere sempre. Lui era fatto così, sempre spontaneo, a volte ingenuo ed un grande amante del cibo in tutte le sue svariate forme.

Con sguardo rivolto davanti a sé, Robin vagò a quel lontano giorno quando conobbe Rufy.


Aveva incontrato Rufy durante una gita scolastica in terza liceo. Appena aveva incrociato lo sguardo del moro aveva subito provato una simultanea simpatia, anche se non lo conosceva, e di certo aveva pochissime cose in comune con lui.

Robin, a differenza di Rufy amava leggere, isolarsi in modo che nessuno potesse entrare nel suo cuore. Aveva sofferto molto da bambina, perdendo i genitori in un incidente e dovendo lasciare la sua isola natale Ohara per trasferirsi lì, a Raftel, dove non conosceva nessuno.

L’unico che era riuscito ad abbattere il muro che si era creata intorno per anni, fu Rufy.

Ricordava ancora nitidamente quel giorno, quando il moro si era azzuffato con uno studente più grande per difendere una sua amica e poi era finito a terra con il naso sanguinante.

Robin aveva assistito a tutta la scena, alla provocazione del bullo e alla reazione di Rufy, che però aveva avuto la peggio. Ricordava di essere stata indecisa sul da farsi, ma che ad un certo punto aveva ripetuto a se stessa che era suo compito assicurarsi che quel ragazzo stesse bene, così gli si era avvicinata aiutandolo a rialzarsi.

Aveva immaginato di non provare niente, era un ragazzo normale con cui però non avrebbe mai avuto niente in comune, ma si sbagliava.

-Sembra che ho una fontana al posto del naso- aveva detto Rufy rialzandosi, senza mai smettere di sorridere. Ecco quel commento e quel sorriso erano arrivati dritti, dritti, al cuore di Robin, facendola ridere per la prima volta da tanto tempo.

-Grazie per avermi aiutato!- le aveva detto il ragazzo porgendole una mano –io mi chiamo Rufy, tu?-

Era rimasta di sasso, non sapendo cosa rispondergli. Cioè sapeva cosa rispondergli, ma aveva paura di farlo. Non aveva mai immaginato di potersi ritrovare in una situazione del genere, non amava le bugie, eppure dirgli la verità era l’ultima cosa che voleva fare.

-Robin, mi chiamo Nico Robin- disse sapendo di dover aggiungere dell’altro, ma non lo fece.

Rufy iniziò a parlare senza sosta, raccontandole del suo sogno di comprarsi un giorno una nave per poter viaggiare per i mari, fermandosi in quanti più ristoranti possibili ed assaggiare il cibo più svariato del mondo. Lei gli disse che amava la storia e che voleva diventare un’archeologa, senza dirgli cos’era in realtà, per il semplice fatto che, se solo l’avesse fatto, sicuramente il loro feeling si sarebbe spezzato.

Incontrò Rufy tutti i giorni da quella volta ed ogni giorno scopriva quanto lui fosse simpatico, una vera forza della natura, ma anche sensibile dopo ciò che aveva passato dopo la morte del fratello.

Per Robin, dopo due settimane di finzione era arrivata l’ora di essere del tutto sincera con Rufy, mettendo in conto che da quel giorno lo avrebbe perso.

-Rufy, devo dirti una cosa…- gli disse, mentre camminavano lungo il litorale della loro cittadina, in un pomeriggio di primavera.

-Spara!-

-Io, non sono quella che pensi. Ti ho mentito per tutto questo tempo, ed ho fatto in modo che tu non scoprissi la verità, fino ad oggi- la voce di Robin era incrinata, mentre Rufy la guardava serio, come lei non lo aveva mai visto –non sono una studentessa, io sono un’insegnante- finalmente glielo aveva confessato, si era tolta quel peso dallo stomaco, mettendosene uno sul cuore.

Rufy non reagì per qualche secondo, mentre Robin con sguardo basso attendeva la sua sfuriata ed il suo addio, ma quando il ragazzo iniziò a ridere il peso sul cuore si sgretolò, dando una nuova svolta al loro rapporto. Quel giorno divennero ufficialmente amici, senza più finzioni, senza più bugie. Un legame profondo e indissolubile.


-Ehi Robin mi hai sentito? Uffi, ci sei?- disse Rufy in tono lagnoso dall’altro capo del telefono, ridestando Robin dal ricordo di quel lontano giorno, in cui lui l’aveva accettata per quello che era, non badando alla differenza di età o di pensiero. Per lui contava solo trovarsi bene in sua compagnia, nient’altro.

-Sì Rufy, ci sono. Ma è fantastico, sono davvero felice per Sanji!- disse sistemandosi meglio sul divano.

-Allora vieni? Ci incontriamo lì?- chiese speranzoso

-Certo! Non mancherei mai ad un nostro appuntamento- disse arrossendo, sperando che Rufy non cogliesse a fondo il significato di quella piccola confessione.

-Perfetto! Che bello non vedo l’ora di vederti! A dopo, Robin!- disse riagganciando il telefono il moro.

Robin sorrise alzandosi dal divano per avanzare verso la camera da letto e scegliere un bel vestito da mettere quella sera.

Davanti la porta della sua stanza si fermò sentendo improvvisamente uno squittio.

Si guardò intorno ma non vide nulla, così con un’alzata di spalle si diresse verso l’armadio.

Non ebbe problemi a scegliere il vestito, visto che qualche giorno fa ne aveva acquistato uno e non vedeva l’ora di indossarlo, e soprattutto di farsi vedere da Rufy con indosso quell’abito, non molto casto.

Dopo essersi fatta una bella doccia calda, si vestì con il vestito prescelto: un tubino rosso scuro leopardato con le consuete macchie nere. Il tubino, abbinato a dei tacchi neri a spillo la rendevano molto seducente, sicuramente, pensò, Sanji non le avrebbe dato tregua quella sera, anche se lei desiderava che non fosse il giovane biondino a notarla, ma Rufy, il quale però da anni la vedeva solo come una semplice amica.

Si truccò e si sistemò i capelli, pensando che in tutti quegli anni non aveva mai fatto niente per far capire a Rufy cosa provava per lui, e ne conosceva anche il motivo.

Lei aveva dieci anni in più di lui, la differenza di età fra di loro si era sempre fatta sentire; quando lui voleva divertirsi in discoteca lei preferiva stare a casa a leggere, quando lei voleva visitare un museo, lui voleva giocare a bowling. Erano diversi, in tutto, ma proprio per questo che lei lo amava.

Arrossì di colpo a quest’ultima frase. Aveva confessato, anche se solo a se stessa, ciò che provava per Rufy. Lei lo amava, forse già dal primo giorno che lo aveva incontrato. L’allegria di Rufy, la voglia di vivere e realizzare ogni suo sogno l’aveva sempre accompagnata, facendola sentire viva. Da quando lui era entrato nella sua vita, tutto era cambiato, tutto era più bello.

Uscì dalla stanza decisa ad affrontare Rufy quella sera. Voleva confessargli finalmente ciò che provava, ormai lo conosceva da dieci anni, non ce la faceva più ad aspettare, a tenersi tutto dentro.

Uscita dalla sua stanza però sentì un altro rumore, un bicchiere che cadeva rovinosamente a terra.

Camminò verso la cucina per capire cosa fosse successo e…urlò.




Erano ormai le otto e mezza di sera e Rufy era già da mezz’ora che aspettava Robin, seduto al piccolo tavolo riservato per loro da Sanji.

Robin non era mai in ritardo, pensò Rufy. Lei era una donna precisa, al contrario di lui, intelligente, al contrario suo, fantastica in tutto; mentre lui era un semplice ragazzo, un sognatore forse un po’ stupido.

In tutti quegli anni si era sempre chiesto cosa ci trovasse Robin in lui, perché continuava a sopportare la sua ignoranza, il suo infantilismo da ormai dieci anni?

Si guardò intorno, osservando il nuovo locale dell’amico cuoco.

Il locale era composto da un’enorme sala circolare con i tavoli tutt’intorno, ognuno con un centrotavola a forma di grande ninfea. La sala era pienissima, con gente che parlava del più e del meno gustando i deliziosi piatti preparati da Sanji ed il suo staff.

Rufy per quanto amasse il buon cibo e, mangiare era il suo sport preferito, non aveva ancora toccato nulla dell’abbondante piatto pieno di stuzzichini che aveva davanti. Mangiare da solo non era divertente quanto mangiare insieme a Robin, con lei che lo imboccava o gli puliva il viso perennemente unto.

Chiuse gli occhi Rufy, immaginandosi le lunghe e fini dita della mora sfioragli il viso con un tovagliolo, per poi venir abbagliato dal sorriso splendente della donna che lo guardava con affetto.

Com’era bella Robin quando gli sorrideva in quel modo. Tutto il suo viso si illuminava con lei. I suoi occhi chiari come il cielo estivo; la pelle bronzea sembrava brillare come se all’interno di essa fossero racchiusi miliardi di piccoli diamanti.

Non aveva mai conosciuto una donna come Robin. Aveva molte amiche donne, tutte molto belle, ma lei, lei era unica per lui.

Aprì di scatto gli occhi fissando il piatto ancora ricolmo di cibo e, con un’alzata di spalle, afferrò un tramezzino al salmone e se lo portò in bocca. Era buonissimo, certo, ma pesava sullo stomaco come un macigno. Non ce la faceva proprio a mangiare senza di lei… si stava seriamente iniziando a preoccupare, perché non era ancora arrivata? Forse si era addormentata, del resto aveva percepito la voce stanca della ragazza, sicuramente aveva avuto una giornata stressante al lavoro, quindi non aveva senso preoccuparsi.

Scrollò le spalle e sorrise sereno, che stupido era stato a preoccuparsi solo per un po’ di ritardo, Robin sarebbe arrivata, non gli aveva mai dato buca.


Passò un’ulteriore ora, e Rufy dopo aver mangiucchiato qualcosa dal vassoio, aveva provato a chiacchierare con una coppia al tavolo vicino al suo, ma il risultato era stato di sbavare dalla noia sul tovagliolo del vicino.

-Rufy!- lo chiamò Sanji, svegliandolo. Il biondino lo guardava con la testa piegata da un lato e occhi confusi –Dov’è la dolcissima e bellissima Robin? Non ti ho certo invitato per guardarti sbavare su un tovagliolo e mangiare tutto quello che ti capita a tiro. Io volevo vedere la mia bellissima Robin-channn!!- disse facendo una piroetta davanti al tavolo.

Rufy sbuffò. Improvvisamente si sentiva nervoso, arrabbiato nero con il suo amico.

-Forse si starà facendo bella per me! Indossando un bel vestitino vedo non vedo…- continuò il biondo sbavando con occhi sognanti rivolti verso il soffitto, mentre la rabbia di Rufy cresceva sempre più.

Il sangue gli ribolliva nelle vene ad ogni nuovo complimento che Sanji immaginava di fare a Robin una volta arrivata. Elogiava la donna come se fosse sua, e lui sapeva che non era così.

Odiava sentirsi in quel modo. Voleva colpire Sanji fino a farlo sanguinare, ma perché? Cosa scatenava tutta quella ira improvvisa?

Due voci anziane lo distrassero dal tentativo di colpire l’amico, facendolo voltare verso il tavolo dietro il suo.

-Hai visto Viola cosa sta succedendo in queste sere?- disse un’anziana signora con uno chignon in testa e un piccolo cappellino rosa decorativo.

-Oh cielo sì!- esclamò l’altra vestita con un tailleur verde pisello –un omicidio dietro l’altro! Tutte povere donne giovani! L’ultima aveva solo vent’anni!-

Rufy saltò sulla sedia improvvisamente agitato.

Omicidi a Raftel, non ne sapeva niente, eppure quelle due donne avevano parlato chiaro.

-Robin!- esclamò sbiancando. Immaginò l’amica immersa in una pozza di sangue, subito si alzò e corse verso l’uscita senza prestare ascolto né a Sanji che lo richiamava né alle due vecchiette che continuavano allegramente il loro discorso.

-Ma Viola, tu credi che Rees riuscirà a scoprire chi è il serial killer?-

-Ma certo! Sennò che poliziesco sarebbe se il detective di turno non riesce a risolvere un caso simile? Secondo me è l’uomo con il cappello…-


Rufy correva come un pazzo, senza sapere che il discorso sugli omicidi ascoltato dalle vecchiette non era altro che il riassunto di una serie televisiva.

Il volto di Robin, il suo sorriso, la sua voce dolce e rassicurante gli invadeva la mente.

Robin, non poteva morire, lui non lo avrebbe mai permesso. Non se lo sarebbe mai perdonato.

Lui non era niente senza di lei. La sua Robin, l’unica che lo capiva, l’unica che era sempre e comunque rimasta al suo fianco.

Arrivò davanti il condominio della donna e schizzò dentro come un fulmine non badando neanche a Franky e Usop che lo salutarono da dentro l’ascensore, che come sempre tentavano di sistemare.

Arrivato davanti la porta di Robin la trovò socchiusa. Il cuore iniziò a pompargli veloce nel petto, sentendosi le mani gelare per la paura.

Entrò in casa e notò subito il caos che vi albergava. Lampade, bicchieri e oggetti vari erano sparsi per il pavimento, segno che vi era stata una colluttazione.

-Robin! Robin!- la chiamò con voce incrinata. Sentiva il cuore frantumarsi in piccoli pezzetti, mentre avanzava sempre più nella casa.

Improvvisamente qualcosa di piccolo e veloce gli passò davanti, come un fulmine, ma per come era preoccupato per Robin non ci fece molta attenzione.

-Robin!- la cercò nella sua stanza, ma niente, sembrava sparita. Improvvisamente, affinando l’udito sentì un debole sussurro –Robin!- esclamò riconoscendo la voce della ragazza.

-Rufy! Rufy aiuto!- ora la voce era più squillante ed intrisa di paura –Rufy è qui! Aiutami!!- urlò la donna per poi mettersi a strillare.

Rufy corse subito verso il bagno da dove proveniva con certezza la voce della donna. Il cuore gli batteva ancora forte nel petto, ma ora almeno sapeva che Robin non era morta, anche se era in pericolo.

Spalancò la porta, e la scena che gli si presentò davanti lo fece scoppiare in una sonora risata, per poi bloccarsi e fissare la donna, con occhi diversi e piano spalancò la bocca stupito.

Robin era in piedi, con le ginocchia tremanti, sulla lavatrice. Il viso corrugato in un’evidente espressione di terrore, ma intorno a lei non c’era nessun serial killer, nessun pericolo evidente.

-Rufy! Sono così contenta che sei qui!- disse la donna sollevata, guardandolo dolcemente.

Rufy continuava a fissare Robin senza spiaccicare una parola. Il cuore gli galoppava nella cassa toracica, come se fosse impazzito. Vedeva Robin con altri occhi, occhi sognanti, come se fosse una dea. Alta con le lunghe gambe scoperte dal corto vestitino rosso che modellava le sue forme alla perfezione. Il rossetto rosso accentuava le sue labbra carnose che rispecchiavano alla vicinanza con i neri capelli.

Era bellissima, pensò Rufy. Bella come non mai.

Sentì il sangue pulsargli nelle vene, mentre la voglia di abbracciare Robin, di stringerla a sé, cresceva sempre più.

Si avvicinò alla lavatrice con sguardo serio, osservando la donna dal basso verso l’alto.

-Sei bellissima- disse spontaneo, come sempre, facendo arrossire di colpo la donna.

-Rufy mi aiuteresti a scendere? Ho visto un topo e…beh sono completamente terrorizzata da quei piccoli esserini, così mi sono rifugiata qui e non ho avuto il coraggio di scendere- gli spiegò.

Il moro alzò le braccia verso la ragazza, poggiandole sui fianchi di lei, per poi afferrarla e depositarla delicatamente a terra.

I due si ritrovarono faccia a faccia a pochi centimetri l’uno dall’altra. Nessuno dei due riusciva a deviare lo sguardo da quello dell’altro. Il petto di Robin, racchiuso sotto il vestito, si alzava ed abbassava velocemente, e Rufy non poteva che non rimanerne incantato da quel movimento.

-Pensavo che tu…quelle vecchiette avevano detto…- balbettò avvicinandosi di più alla ragazza, accarezzandole i fianchi con movimenti circolari.

-A cosa avevi pensato? E quali vecchiette?- chiese con voce affannosa, Robin, intenta a non gemere sotto quel tocco così dolce quanto peccaminoso.

-Non importa adesso, io…- Rufy avvicinò il suo viso a quello della donna, quando improvvisamente uno squittio le fece fare un salto all’indietro.

-Oddio è ancora qui!- urlò Robin correndo fuori dal bagno. Rufy osservò un topino grigio con una macchia nera sull’occhio correre nella stessa direzione della donna e lo seguì ridendo. Ecco di chi aveva tanta paura Robin, era per colpa di quel topino se aveva saltato il loro appuntamento, ma era anche merito suo se lui finalmente aveva capito cosa provava realmente per la ragazza.

Arrivato in cucina trovò Robin in piedi sul divano intenta ad agitare una scarpa contro il topino ai piedi del divano.

Rufy ridendo si buttò contro il topo afferrandolo con le mani, mentre Robin urlò per lo spavento.

-Preso!- sorrise orgoglioso verso la ragazza, mostrandole il topino tra le sue grinfie –non sapevo che avevi un nuovo inquilino!- scherzò

-Non lo sapevo neanche io! Diciamo che è un inquilino a sorpresa!- rise la ragazza facendo un passo sul divano per scendere, ma senza accorgersene schiacciò il telecomando accendendo la televisione.

-Oh Chuck…sì voglio sposarti!- disse la voce di una ragazza dalla TV.

Rufy guardò la TV e poi il topo –che ne dici di chiamarlo Chuck?- disse a Robin

-Chuck? Perché dovremmo dargli un nome?- chiese sedendosi sul divano

-Perché grazie a lui ho capito una cosa molto importante- sorrise il moro, guardandola dritta negli occhi

-e che cosa?- chiese curiosa la mora

Rufy prese la ciotola sul basso tavolino davanti la Tv e ci infilò il topo per poi dirigersi verso Robin –Ho capito che in tutti questi anni sono stato un’idiota- disse sedendosi sul divano di fronte alla donna –non ho capito niente, fino a questa sera. Ti ho aspettato al ristorante per quasi due ore, ma non arrivavi mai. Non mi sentivo a mio agio senza di te, non sono riuscito neanche a mangiare!- esclamò sorpreso, quanto la donna accanto a lui.

-mi dispiace non avrei voluto lasciarti da solo…- si scusò la donna

-no, non fa niente. Ho avuto tempo di pensare, cosa che non faccio molto spesso- disse grattandosi la nuca imbarazzato –mentre Sanji continuava ad elogiarti mi sono sentito sempre più furioso, ero arrabbiato e non capivo il motivo, ma adesso lo so. Ero geloso marcio Robin! Geloso perché solo io posso dirti quanto sei bella ed intelligente. Solo io, perché tu sei mia, lo sei sempre stata!- disse serio. Robin aprì leggermente la bocca sorpresa.

Rufy posò le mani sulle gote della donna e avvicinò il viso al suo –Robin io ti amo! Ti ho sempre amato, e sono stato uno stupido a capirlo solo ora quando pensavo di averti persa per sempre. Ma non importa, meglio tardi che mai no?- rise –ti amo e devo ringraziare Chuck per avermi dato l’opportunità di capirlo-

-Anche io ti amo Rufy- disse la donna eliminando le distanze tra lei e il ragazzo, poggiando le sue labbra su quelle di lui, in un dolce bacio pieno d’amore.




C’erano voluti dieci anni di amicizia, giornate intere trascorse insieme a ridere e sognare ed un piccolo topino, per far capire a Rufy ciò che provava per Robin e, soprattutto, per dichiararsi, a colei che dopo qualche mese sarebbe diventata sua moglie.

I due da amici diventarono amanti, per poi unirsi nel più importanti dei sacramenti, il matrimonio. Insieme realizzarono i propri sogni. Rufy comprò una barca, soprannominata Sunny, e navigò insieme a sua moglie, divenuta archeologa, per i sette mari, saggiando le cucine di tutto il mondo; finché non nacque la loro piccola bambina.

Chuck, il topino, rimase per tutta la sua breve vita con loro, vedendo nascere la loro bambina, Anna, il coronamento di quell’amore nato così per caso e sbocciato grazie a lui, un piccolo inquilino a sorpresa alla ricerca di solo un po’ di formaggio.


L’amicizia si è trasformata in amore, un amore che poteva solo crescere e mai distruggersi; perché il vero amore è questo e nient’altro.






Angolo autrice:
Eccomi qui con una nuova RuRobin spero vi sia piaciuta, se vi va lasciatemi anche una piccola recensione.
Grazie a tutti coloro che hanno letto,
Baci kiko90

   
 
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