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Autore: Sarugaki145    03/12/2014    2 recensioni
Matsumoto è distrutta per la morte di Ichimaru e, nonostante nasconda il tutto dietro il suo miglior sorriso, Hitsugaya non può che notarlo e ragionare su come aiutarla.
Due anime sole, che non sono più sicure di essere in grado di amare, che si riscopriranno un po’ più vicine.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hitsugaya Toushirou, Rangiku Matsumoto
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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L’inverno in un raggio di sole.
 

 
 
Una calma irreale aleggiava nello studio della 10° Divisione del Gotei 13 in quel pomeriggio invernale. Era un clima particolare per quell’ufficio, giacché solitamente la luogotenente lo metteva a soqquadro e si divertiva a far imbestialire il proprio capitano.

Toshiro era seduto dietro la grossa scrivania che occupava buona parte della stanza, intento a compilare e firmare moduli su moduli, mentre la sua luogotenente lo aiutava diligentemente.

Era una situazione insolita, visto che Rangiku aveva sempre trovato un modo per evitare quel lavoro di scrivania e non si era mai fatta problemi a scappare via nonostante le minacce del capitano.

Il fatto che la ragazza stesse lavorando con impegno era quindi sospetto, ma sembrava che Hitsugaya non si interrogasse sui perché, ma si limitasse ad approfittare del momento per riuscire a portarsi in pari con il lavoro arretrato.

-Bene Matsumoto, ne mancano una decina, se vuoi puoi staccare.-

Propose Toshiro, spezzando quel silenzio irreale che aleggiava nella stanza, interrotto solo dallo sfregare delle penne sui fogli.

La donna alzò gli occhi dal plico che stava analizzando e notò con piacere come la pila di moduli fosse ormai nulla e sorridendo rispose:

-Ok capitano. Ci vediamo domani allora.-

Il ragazzo osservò uscire la sua luogotenente in silenzio, immerso nei suoi pensieri.

Matsumoto non era più la stessa da quando Gin se n’era andato e lui se n’era perfettamente accorto nonostante non lo desse a vedere.

Lui, che sapeva gelare le sue emozioni non mostrandole a nessuno, riusciva a capire Matsumoto come pochi.

Dopo un primo periodo in cui si era tuffata nel sakè, nel quale era raro vederla sobria, era passata alla depressione, che nonostante tutto riusciva a mascherare con abilità.

Tutti pensavano avesse superato la morte dell’amico d’infanzia con facilità, rideva sempre, beveva e si comportava come se nulla fosse successo, con quella frivolezza che l’aveva sempre contraddistinta.

Ma agli occhi di Hitsugaya, che la conosceva meglio di quanto entrambi potessero immaginare, era rimasta l’ombra della gran donna che era sempre stata.

Era dimagrita, aveva due pesanti occhiaie sotto gli occhi e aveva perso tutto quell’entusiasmo che l’aveva sempre caratterizzata e se la si osservava attentamente anche il sorriso si era spento.

Era come se Ichimaru con la sua morte si fosse portato via la spensieratezza della donna, che ora appariva appesantita da tutti quegli anni di duro lavoro.

Anche quel giorno Hitsugaya l’aveva però lasciata uscire da quella stanza, lasciandola da sola.

-Matsumoto!-

La richiamò subito il ragazzo, vedendola rispuntare qualche secondo dopo.

-Si capitano?-

Domandò quella con aria confusa, affacciandosi alla porta e osservando attentamente il ragazzo seduto di fronte a lei.

-Ti dispiace restare per farmi compagnia?-

Chiese il capitano distogliendo lo sguardo dagli occhi curiosi della sua luogotenente per nascondere l’imbarazzo.

Non era da lui fare richieste del genere e Matsumoto lo sapeva bene, nonostante ciò fece finta di non accorgersi di nulla e sorrise, correndo verso di lui per poi squittire:

-Ma che carino che è, capitano!-

Esclamò per poi abbracciarlo e fargli immergere la testa nelle sue forme, come aveva fatto migliaia di volte.

-Si sente solo?-

Lo prese in giro deliberatamente, facendolo pentire della sua gentilezza.

-Lasciami andare Matsumoto!-

Biascicò cercando di riemergere da quella scollatura esagerata che lo stava soffocando.

La bionda scoppiò a ridere e andò a sdraiarsi sul suo divano, dove iniziò ad osservare Toshiro in silenzio.

Dopo pochi minuti la ragazza si addormentò, lasciandosi andare in un sonno ristoratore.

Si svegliò quando ormai il sole stava calando, accorgendosi di essere stata coperta dal suo capitano per non farle prendere freddo.

Con un sorriso rilassato si girò e lo trovò, come sempre, alla sua scrivania, dove stava archiviando ordinatamente una pila di fogli.

-Cosa fa questa sera capitano?-

Chiese con voce impastata dal sonno la bionda, osservando attentamente il suo interlocutore.

Quello, dal canto suo, alzò gli occhi distrattamente, accorgendosi in quel momento che si era svegliata, e rispose:

-Hinamori mi ha chiesto di cenare insieme a lei.-

La donna scoppiò in una risatina compiaciuta e rispose maliziosa:

-Una cenetta romantica solo tu e lei?-

Il ragazzo annuì assorto nei suoi pensieri, come se non trovasse nulla di male nel uscire a mangiare con una sua amica d’infanzia, mentre osservava gli occhi chiari della luogotenente in modo interrogativo.

-Quanto sei ingenuo capitano! Una cenetta insieme, chissà! Magari Hinamori vuole dichiararti il suo amore!-

Il volto solitamente pallido del ragazzo assunse i connotati di un pomodoro maturo e quello biascicò a disagio:

-Ma.. Cosa dici?!-

La bionda trattenne la seconda risata, divertita dall’espressione tra lo sbigottito e l’imbarazzato del ragazzo, trovandola semplicemente adorabile.

-E tu che cosa fai?-

Domandò Hitsugaya per cambiare argomento.

-Io..? Hisagi mi ha invitata a bere qualcosa con lui e Kira, quindi uscirò con loro! Ma che ore son..?! Dannazione sono già in ritardo!-

Esclamò la bionda scattando in piedi e correndo verso la porta.

-Ci vediamo domani capitano!-

Prima che chiudesse la porta Toshiro urlò:

-Vedi di coprirti quando esci! Fa veramente freddo e rischi di prenderti un malanno!-

La donna si fermò dietro alla porta, mentre un sorriso sincero le incurvava le labbra.

-Va bene paparino!-

Urlò, mentre quel sorriso lasciava il posto ad una lacrima che nessuno avrebbe mai visto. Si dileguò con lo shunpo il più velocemente possibile, in modo da sfuggire a qualsiasi richiesta indiscreta.

-Dove correva la tua luogotenente?-

Domandò affabilmente Ukitake dopo aver bussato alla porta dello studio del capitano 10 pochi istanti dopo l’uscita di scena di Matsumoto.

-Posso?-

Aggiunse sempre cortese l’uomo, con un sorriso divertito.

-Entra pure e accomodati. Matsumoto sta andando a prepararsi per uscire questa sera.-

Spiegò semplicemente il più giovane dei due.

-Allora, come vanno le cose?-

Chiese Jushiro interessato, piegando la coperta che Rangiku aveva lanciato via uscendo.

-Lascia stare, quella la sistemo io che Matsumoto l’ha buttata in giro dopo che si è svegliata.-

Osservò irritato Hitsugaya prendendo la coperta, piegandola e riponendola in un cassetto.

-Comunque tutto nella norma, anzi Matsumoto sta dandomi una mano con le scartoffie e quindi sto per tornare in pari.-

Proseguì il giovane.

-Ti ho portato un po’ di dolci!-

Esclamò allegro Ukitake estraendo dal kimono una scatola piena di cupcake.

-Sono un po’ geloso dell’affiatamento che c’è tra te e la tua luogotenente, sai?-

Ammise il capitano della tredici, ripensando al rispetto che Rukia provava nei suoi confronti. Sicuramente non si sarebbe mai lasciata andare fino al punto di dormire per non lasciarlo da solo a lavorare o cose del genere.

-Affiatamento?-

Domandò scettico il Toshiro accomodandosi accanto all’uomo e iniziando a sbocconcellare un dolcetto.

-Si, io con la piccola Rukia sono più come un padre, mentre tu con lei.. Sei qualcosa di diverso.-

Cercò di spiegare Ukitake gesticolando.

-Non capisco.-

Ribatté Toshiro con aria interrogativa.

-Avete imparato a conoscervi e a compensarvi. Se noti lei è un vulcano di emozioni, mentre te tendi a nasconderle, lei è confusionaria, te maniaco dell’ordine.. Vi compensate! In più per te lei è un libro aperto e secondo me anche lei ti capisce molto.-

Toshiro lo osservava scettico in silenzio, quindi il capitano 13 proseguì:

-Per me siete quelli con il miglior rapporto tra capitano e luogotenente nell’intera Soul Society. Siete un esempio per tutti noi!-

Il più giovane dei due arrossì impercettibilmente, rendendosi conto di quanto effettivamente riuscisse a comprendere la sua luogotenente.
 
*
 
 
Hitsugaya sedeva compostamente di fronte ad Hinamori, mentre lei gli raccontava quello che aveva fatto quella settimana.

Si era notevolmente ripresa dopo il crollo dovuto al tradimento di Aizen e ora si stava impegnando a fondo per riparare ai torti commessi dal suo ex capitano. Nonostante fosse orgoglioso di lei per questa cosa Toshiro non riusciva a concentrarsi sul racconto, bensì continuava a ripensare al discorso di Ukitake e a come si dovesse sentire in quel momento la sua luogotenente.

Matsumoto aveva detto di uscire a bere con Hisagi e Kira, quindi perché era così in pensiero e gli sembrava che ci fosse qualcosa di sbagliato?

Fu come un lampo la risposta che cercava, quando si rese conto che Kira era da una settimana a letto con la febbre e che Hisagi era in missione sulla terra quel giorno.

Come faceva quindi la ragazza ad essere fuori con loro due?

Perché gli aveva mentito?

Nevicava già da una mezz’oretta quando Toshiro si alzò dal tavolo, dove stava cenando con Hinamori, ed esclamò:

-Mi sono dimenticato una cosa importantissima! Devo scappare! Scusa Hinamori!-

-Ma Shiro-chan..-

Cercò di fermarlo la ragazza, ma non si fermò neanche a puntualizzare che doveva chiamarlo “Capitano Hitsugaya”, perché era già scappato fuori.

Le due conversazioni, avute con Matsumoto e con Ukitake quel pomeriggio, gli continuavano a frullare nella testa.

Era uno stupido.

Ma lei era anche più stupida.
 
*
 
Toshiro arrivò sul tetto seguendo delle impronte che lo portarono fino al lato nord, che dava sul Rukongai. Una brezza gelida sferzava, ma sembrava che la luogotenente della 10° Divisione non badasse affatto al freddo pungente.

Il capitano si bloccò per qualche secondo ad osservarla, rendendosi conto per la prima volta del perché così tanti uomini la trovassero irresistibile. I lunghi capelli ramati si muovevano trasportati dal vento, incorniciando il viso corrucciato, che risultava anche in quel caso perfetto, anche se in parte nascosti dalle ginocchia portate al petto, come per chiudersi in un guscio che l’avrebbe protetta dal mondo.

Come mai non si era mai reso conto di quel fatto? Era sempre stato così occupato a vederla come una collega?

Scacciò quei pensieri passandosi una mano nei capelli e si avvicinò con lentezza, soppesando la situazione. Lei lo osservò con la coda dell’occhio e stranamente non si lamentò quando quello si accomodò accanto a lei in silenzio, dopo averle fatto cadere sulle spalle la sua sciarpa, visto che stava tremando per il freddo.

-Cosa ci fai qui capitano? E la cena con Hinamori?-

Chiese allegra la donna, sorridendo al capitano seduto accanto a lei, cancellando dietro ad una maschera l’espressione infelice che aveva avuto fino a pochi attimi prima.

-E tu perché non sei a bere con uno con la febbre e con l’altro in missione sulla terra?-

La donna non rispose, ma abbassò gli occhi con un sorriso imbarazzato, come chi è stato scoperto con le mani nel sacco.

-Smettila di sorridere Matsumoto. Mi potrei arrabbiare se non la smetti di comportarti come se nulla fosse!-

Toshiro stava urlando, lui, che non perdeva mai la calma, stava urlando contro la sua luogotenente, non perché lei si fosse assentata dall’ufficio o perché avesse combinato qualcosa, ma perché era stanco di vederla falsamente felice.

-Smettila di sorridere tutto il giorno, di lavorare sodo, di dirmi delle palle per convincermi che stai bene.-

-Cosa dovrei fare capitano?-

Sussurrò lei distrutta, mentre le lacrime le inondavano gli occhi.

-Cosa dovrei fare se ad ogni passo spero di non finire in mille pezzi? Cosa dovrei fare se non resistere e far finta di star bene, capitano?-

Toshiro si alzò in piedi, nervoso. Non era da lui preoccuparsi tanto per una persona e sapeva di essersi appena preso sulle spalle un peso che avrebbe potuto schiacciarlo. Rispose quindi con schiettezza:

-Dovresti dirmi come ti senti! Smettere di fingere con me! Siamo una squadra, no? E allora non ci devono essere segreti!-

Il ragazzo, più in alto sul tetto, aprì le braccia e lei vi si tuffò dentro, versando tutte le lacrime e la tristezza trattenuta fino a quel momento.

E tra le lacrime Matsumoto sorrise, raggiante.

-Grazie capitano.-

-Puoi chiamarmi Toshiro in queste occasioni.-

Concesse il ragazzo arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo, mentre il profumo prepotente dei capelli della donna lo inebriava.

-Grazie Toshiro.-

Sussurrò la ragazza stringendolo forte tra le braccia, forte, in modo da sentirlo veramente vicino.

I due restarono abbracciati a lungo, finché non si separarono e si accomodarono sul tetto, uno accanto all’altra.

Fu Matsumoto a rompere il silenzio, chiedendo:

-Capitano, l’ha mai notato che siamo gli unici che da quella storia siamo usciti col cuore spezzato?-

-Che storia?-

Chiese a disagio, immaginando dove l’argomento volesse andare a parare.

-Quella del capitano Aizen.-

Rispose quella semplicemente, per poi riprendere:

-Nessuno ha perso una persona cara o non si è visto tradire così. Siamo i due più sfigati.-

-Ma siamo insieme.-

Rispose lui con un sorriso, stupendola.

In quel momento senza che la sua testa potesse impedirle di farlo lei azzerò la distanza tra i loro visi e diede un bacio a Toshiro.

Un bacio pieno di tristezza, disperazione, solitudine, speranza.

Quando si staccò lo guardò negli occhi color ghiaccio e scattò come una molla in piedi, biascicando di un impegno, ma Hitsugaya era troppo sconvolto per rendersi conto che lei se ne stava andando.

Matsumoto aveva appena baciato il suo capitano, rischiando di rovinare quel surrogato di rapporto che solo pochi minuti prima sarebbe potuto nascere. Eppure si sentiva come una scolaretta al suo primo bacio al liceo, con il cuore che batteva forte e le gote arrossate. Si addormentò tardi quella sera, mentre la sensazione di calore di quell’abbraccio ancora aleggiava su di lei.
 
*
 
-Capitanoo! Ti ho portato una torta fatta con le mie mani!-

Annunciò il giorno seguente Matsumoto, entrando nello studio della 10° compagnia con una grossa torta in mano e un sorriso a trentadue denti.

Toshiro rimase qualche momento interdetto. Si era preparato tutto un discorso da fare su quanto fosse stato sbagliato quel bacio della sera prima, dato per disperazione e non per sentimento, che quando la vide con una crostata in mano non poté far altro che domandare:

-E quindi tu sei arrivata in ritardo di tre ore perché hai fatto una torta?-

Chiese irritato il ragazzo, mentre il profumo delicato del dolce arrivava alle sue narici e gli faceva venire l’acquolina in bocca.

-Ne ho fatte tre in realtà, ma le prime due sono quasi carbonizzate!-

Spiegò la luogotenente con un sorriso, facendo scoppiare a ridere Thosiro.

-Sei proprio una frana!-

-Non mi prendere in giro capitano!-

Si lamentò Matsumoto, facendo la finta offesa per le sue doti da casalinga denigrate in quel modo.

-Mi piacerebbe vedere casa tua un giorno, sarai un disastro come casalinga!-

Affermò il capitano schietto, immaginandosi una casa piena di disordine e di scheletri affumicati di crostate.

-Toshiro, se vuoi invitarti a casa mia basta chiederlo! Ti aspetto questa sera a cena!-

-Non intendevo questo!-

Cercò di giustificarsi lui, ma la donna stava già chiamando a gran voce gli altri seggi della loro compagnia, per fare assaggiare il suo capolavoro.

Accorsero tutti, sconcertati dalla creazione di Matsumoto e curiosi se fosse o meno letale.

La prima fetta venne fatta assaggiare a Toshiro e tutti, creatrice compresa, attesero con il fiato sospeso che lui cadesse a terra privo di sensi. Quando valutarono che non sembrava intossicato o avvelenato iniziarono a mangiare e a chiacchierare tra di loro.

Fu quindi per caso che Hitsugaya sentì un’osservazione del quinto e sesto seggio.

-Ora che non c’è più Ichimaru possiamo riuscire a portarcela a letto!-

Affermò uno dei due, osservando la ragazza che rideva di gusto ad una battuta.

-Te la immagini? Dev’essere un vortice sotto le coperte!-

Constatò l’altro, mangiandosela con gli occhi.

-Con quelle tette poi..! Chissà cosa potrei farle!-

Riprese subito l’altro, iniziando a scaldarsi.

-Non azzardatevi.-

Sibilò Hitsugaya, fissandoli gelido e tramutando in pochi istanti i loro desideri in paura di morire per mano del capitano.

-Non voglio mai più sentirvi dire simili schifezze su Matsumoto, avete capito?-

I due annuirono, prima di dileguarsi dalla stanza per paura di essere castrati o uccisi. Non capivano perché il capitano se la prendesse tanto, in fondo ogni uomo sano di mente sognava di passare una notte selvaggia con quella donna, quindi era un desiderio più che legittimo il loro.

Hitsugaya sapeva che quel commento gli sarebbe costato tanti pettegolezzi, che avrebbero ipotizzato in una storia tra lui e la ragazza, eppure non gli interessava niente di quello che potevano dire gli altri, lui sapeva che Matsumoto non sarebbe tornata a ridere col cuore da un giorno all'altro e che quindi doveva imparare a prendersi cura di lei giorno per giorno, iniziando a stroncare sul nascere quelle dicerie. Era il suo capitano, non poteva lasciarsi trasportare dalla tristezza, doveva riuscire a farle tornare il sorriso.
 
*
 
-Capitano, ti infastidiscono tutte le voci che girano su noi due?-

Domandò una mattina di un paio di settimane dopo Matsumoto, mentre il capitano sedeva alla scrivania.

Lui la osservò da sopra i fogli che stava compilando, curioso.

Aveva sentito vociferare che ci fosse una storia d’amore tra loro due, con risvolti che gli avevano fatto accapponare la pelle da quanto fossero fantasiosi.

-Che dicano quello che vogliono.-

Rispose alzando le spalle disinteressato, aggiungendo dopo una pausa di parecchi secondi.

-Anzi, preferisco che pensino che tu stia con me piuttosto che dicano delle schifezze su di te.-

Matsumoto rimase senza parole, rendendosi conto di quanto stesse sacrificandosi lui solo per proteggerla.

Hitsugaya aveva sempre odiato le voci di corridoio, anche quelle che non lo riguardavano le stroncava affermando che non lo interessavano e che erano questioni dei diretti interessati, non di pubblico dominio.

Le salirono le lacrime agli occhi, perché nessun uomo aveva mai fatto un sacrificio del genere per lei, nonostante in molti le fossero ronzati attorno. Anche Gin, nonostante tutto, non aveva mai rinunciato a qualcosa per lei.

Si slanciò sul suo capitano e lo strinse forte tra le braccia, ma quella volta non era come molte altre in cui voleva soltanto infastidirlo, ma lo strinse con gratitudine, con amore.

-Quanto sei dolce capitano!-

Pigolò la donna lasciandogli un bacio sulla guancia mentre continuava a stritolarlo.

Solo in quel momento il ragazzo notò che la porta era aperta e che Renji li guardava incredulo.

-Quindi.. E’ vero?-

Matsumoto si aprì in uno dei suoi migliori sorrisi e lasciò un altro bacio sulla guancia del suo capitano. Quindi dedicò la sua attenzione a Renji e mentre usciva dalla stanza per raggiungerlo squittì:

-Toshiro, vado con Renji a trovare Orihime sulla terra! Ci vediamo stasera!-

Lui la salutò con un grugnito, ma prima che potesse chiudersi la porta alle spalle lui le raccomandò:

-Non fare la scema in giro. A stasera.-

-Stai tranquillo Toshiro!-

Rispose lei con un sorriso, seguendo Renji per il corridoio.

Il rosso la continuava a guardare stranito, finché non si decise a domandare:

-Ma quindi te e il capitano Hitsugaya..?-

Matsumoto non rispose, ma alzò le spalle indifferente, lasciando la risposta all’immaginazione del ragazzo.

La donna sapeva bene quanto fosse noto il lato pettegolo di Renji, che avrebbe sicuramente informato l’intera Soul Society di quello scambio di battute.

Eppure per qualche ragione non le importava che le voci che da qualche tempo circolavano fossero confermate o smentite, perché stava scoprendo una dolcezza unica in quel ragazzino che tutti pensavano fatto di ghiaccio.

Forse l’idea che stessero insieme non le dispiaceva poi così tanto.
 
*
 
Hitsugaya aveva sempre apprezzato la calma del suo ufficio quando quel tornado della sua luogotenente si assentava per qualche ragione, eppure quel giorno non riusciva a godersi la tranquillità. Mancava qualcosa in quelle mura, qualcosa che non si era mai accorto fosse così fondamentale per lui.

Quel giorno si era stupito dell’ammissione “Anzi, preferisco che pensino che tu stia con me piuttosto che dicano delle schifezze su di te.”, perché prima di allora non si era mai fatto problemi delle voci che giravano su di lei, o forse semplicemente cercava di non darci peso.

Anche l’idea che fossero sulle bocche di tutta la Soul Society non lo irritava così tanto, lui che era sempre stato così riservato.

Alla fine sapeva che sarebbero state solo dicerie, perché tra lui e Matsumoto era sfuggito solo quel bacio sul tetto.

Il ricordo delle labbra soffici della donna tornò prepotente nella sua mente, facendolo arrossire solo al pensiero.

Appena era diventato capitano, quello dell’ottava compagnia Kyoraku gli aveva spiegato che avrebbe sviluppato un rapporto unico con il suo luogotenente, per certi versi da marito e moglie. Inizialmente era rimasto sconcertato dall’idea che lui e Matsumoto potessero essere come marito e moglie, eppure come gli aveva fatto presente il capitano Ukitake qualche giorno prima tra lui e Matsumoto esisteva una fiducia assoluta e reciproca, tanto che più di una volta avrebbe affidato alla donna la sua stessa vita. Spesso era svampita e sfuggiva ai suoi doveri, ma sapeva che in caso di necessità lei ci sarebbe sempre stata.

Si erano conosciuti nel tempo, incastrandosi perfettamente uno nei difetti dell’altro, tanto che ormai lui era spaventato quando la donna non sfuggiva ai suoi doveri e si metteva a lavorare da luogotenente esemplare.

Erano in armonia loro due, come non lo erano mai stati con nessun altro e forse proprio per quel motivo quella sera Toshiro bussò alla porta dell’appartamento della luogotenente.

-Capitano! Cosa ci fai qui?-

Squittì Matsumoto aprendo la porta con indosso un grembiule fiorato e uno sguardo stupito.

-Ehi, volevo sapere come fosse andata oggi. Ti ho anche portato del sake.-

Lei inclinò la testa da un lato curiosa per quel gesto e si fece da parte, facendolo entrare nel suo piccolo appartamento.

Come si era sempre immaginato Toshiro li dentro il disordine imperava, eppure tutto quello era proprio di Matsumoto, non sarebbe potuto essere diversamente.

Il capitano si accomodò nel salottino, quindi lei gli offrì un the caldo.

-Com’è andata oggi?-

-Bene dai! Hime è un po’ giù per via di Kurosaki, insomma con il fatto che non possa più vedere nulla è abbastanza sul depresso..!-

Spiegò Matsumoto accomodandosi di fronte a lui.

-Te invece come stai?-

-Tutto bene grazie!-

Rispose lei meccanicamente, ma lo sguardo del suo capitano le fece capire che non sarebbe stato così semplice.

-Mi interessa veramente la risposta. Come stai?-

Ribadì Hitsugaya, fissandola con quegli occhi color ghiaccio.

La donna si prese tutto il tempo per rispondere. Sospirò profondamente, quindi rispose sincera:

-Mi sento ancora a pezzi, a volte avrei bisogno di qualcuno che mi risistemasse tutti i pezzi, giusto per poter andare avanti. Oggi mi sono sentita un po’ come Ichigo, perché tutto il suo mondo è scomparso.-

La donna fece una pausa, poi deglutì e riprese:

-Però capitano, in momenti come questi, quando tu arrivi e mi fai queste sorprese io mi sento meglio. Mi sento..-

Si interruppe, osservando di sottecchi il capitano, che la guardava curioso di sentire la conclusione.

-Amata.-

Sussurrò lei arrossendo, facendo diventare del suo colorito anche il ragazzo.

Tra i due rimase qualche secondo di silenzio, quindi la ragazza aggiunse:

-Nel senso di voluta bene, che ti importa qualcosa di me, ecco.-

-No tranquilla, ho capito.-

Rispose lui calmo, guardandola con gli occhi color ghiaccio.

-Io so che per te non sarò mai come Ichimaru, ma ti assicuro che farò del mio meglio. Io ci tengo a te Rangiku.-

Lei alzò gli occhi, stupendosi che lui la stesse chiamando per nome. Erano anni che si conoscevano eppure lui aveva sempre voluto mantenere quelle distanze tra loro due, che nell’ultimo periodo aveva deciso di annullare.

Il capitano proseguì, ben conscio che non si sarebbe ripetuto un momento in cui apriva così tanto il suo cuore:

-So bene che non riempirò mai il vuoto che ha lasciato lui, ma voglio fare del mio meglio. Perché mi sono accorto che la cosa che la guerra mi ha portato via più di tutto il resto è il tuo sorriso ogni giorno.-

Il ragazzo vide uscire la prima lacrima dagli occhi ambrati della sua luogotenente, quindi si avvicinò e la strinse forte, mentre lei si lasciava finalmente andare ad un pianto liberatorio.

-Ti.. Ti voglio bene capitano.-

Sussurrò lei quando esaurì le sue lacrime, guardando negli occhi quel ragazzo.

-Ti ho detto di chiamarmi Toshiro in questi casi.-

Le sussurrò lui lasciandole un bacio sulla fronte.

-Resti ancora un po’?-

Mormorò Matsumoto quando si staccarono, quindi lui annuì e insieme si distesero sul divano. La ragazza era appoggiata alla spalla di Toshiro, mentre gli teneva un braccio.

-Ti va di parlarmi di lui?-

Chiese il capitano, quindi Matsumoto iniziò a raccontare per la prima volta tutto quello che riguardava lei e Gin Ichimaru, alleggerendosi da un peso perché sapeva che il peso di quel ricordo da quella sera l’avrebbero portato in due.

 
*
 
Quando la mattina seguente il capitano Hitsugaya uscì assonnato e spettinato di soppiatto dall’appartamento della sua luogotenente, presumibilmente dopo aver passato la notte con la padrona di casa, le voci che già giravano alla Soul Society si scatenarono, travolgendoli.
Il ragazzo cercò di spiegare che si erano semplicemente addormentati sul divano mentre chiacchieravano, ma nessuno volle credere a quella versione dei fatti, ma preferirono una storia molto più passionale.

I due però decisero di non far caso alle voci, stanchi di smentire tutto per non essere ascoltati, approfittando delle voci per poter passare più tempo insieme, cercando di risollevarsi a vicenda.

Il punto di svolta arrivò un pomeriggio in cui Matsumoto decise di presentarsi in ufficio completamente ubriaca e si accasciò senza troppi convenevoli sulla scrivania del suo capitano.

-Matsumoto dannazione! Cosa ci fai ubriaca alle quattro del pomeriggio?-

Si lamentò Toshiro, cercando di spostarla da tutte le sue carte. Lei invece che aiutarlo e spostarsi si spalmò ancora meglio sulla superfice d’appoggio, finché il ragazzo non le domandò:

-Per favore Matsumoto, spostati.-

Lei mugugnò qualcosa, quindi per capirlo si avvicinò a lei, che in una mossa fin troppo agile per un’ubriaca gli prese il volto e lo baciò.
Hitsugaya si scansò e fissandola malevolo commentò:

-Non ho alcuna intenzione di baciarti da ubriaca.-

La luogotenente iniziò a piagnucolare e rispose:

-Perché non ti piaccio?-

Toshiro la tirò giù dalla scrivania e la portò al divanetto in fondo allo studio, dove la fece sdraiare, per poi rispondere:

-Non ho detto questo. Ho detto non da ubriaca.-

La donna gli sorrise, prima di girarsi su un fianco e addormentarsi con una rapidità strabiliante.
 
*
 
-Capitano..-

Mugugnò Matsumoto dal divano su cui si era addormentata, cercando di attirare l’attenzione del suo comandante.

Lui si alzò e la osservò con un sorriso, mentre ancora mezza addormentata lo chiamava.

-Dimmi.-

Rispose con dolcezza appoggiandosi allo schienale del divano e godendosi il suo momento per sentirsi il più grande dei due.

-Ho fatto un sogno strano. Tu non mi volevi dare un bacio perché ero ubriaca.-

Lui la osservò attento, ringraziando nella sua mente che lei pensava si trattasse solo di un sogno.

-Però poi hai detto che me l’avresti dato se non lo fossi stata.-

La donna si interruppe per qualche momento, come se dovesse soppesare i suoi pensieri:

-Ora me lo daresti un bacio?-

Chiese infine lei, facendolo arrossire per quella franchezza.

Hitsugaya soppesò la situazione, indeciso sul da farsi.

Finalmente si decise e sporgendosi dallo schienale del divano lasciò un bacio sulle labbra della luogotenente. Fu il primo bacio veramente voluto da entrambi, non era Matsumoto che rubava un segno d’affetto, non era un momento di debolezza, era un bacio che Toshiro le voleva dare e lei desiderava ricevere.

Fu intriso di una dolcezza quasi straziante da parte del capitano, che lasciò su quelle labbra tutto il coraggio e la speranza che avevano bisogno in quel momento. Quando si separarono Hitsugaya la guardò per qualche istante negli occhi, lasciandole un altro bacio, veloce e leggero, sulla labbra, prima di sbottare, tornando il burbero di sempre:

-Ora torna a lavorare.-

La sgridò lui, ma mentre tornava al suo posto non poté che sentirsi meglio nel vedere il primo sorriso felice sulle labbra della donna, dopo tutto quel tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Angolo dell’autrice*
Rieccomi sulla mia fandom del cuore, perché anche se sto scrivendo di mille altre coppie non posso che far ritorno all’ovile di tanto in tanto.
Questa fanfic ha alle spalle una lunga storia travagliata, erano mesi e mesi che la prendevo, aggiungevo un pezzo, ne tagliavo un altro, finché non mi sono decisa a concentrarmi e finirla.
Fatto sta che amo alla follia questi due personaggi e più vado avanti più penso che siano irresistibili insieme, perché sono gli opposti, litigano, si insultano, ma poi non esitano a rischiare la pellaccia l’uno per l’altra. E’ stato difficile ammetto non rendere troppo OOC Hitsugaya (e spero sia abbastanza IC), perché vederlo che si lascia andare con una donna è quasi utopica come cosa..!
Vabbé spero che venga apprezzata questa fan fic, nel frattempo grazie per essere arrivati fin qui!
Besos
Saru

 
 
 

 
  
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