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Autore: Kasumi22    04/12/2014    4 recensioni
E se l'amico immaginario non fosse un personaggio di pura fantasia?
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La bambina, seduta sui talloni, contemplava assorta le ultime scarlatte foglie autunnali che, strappate con meschinità dai rami, danzavano nell'aria fino a raggiungere il freddo suolo.

Immersa nei suoi pensieri raccolse una piccola foglia e se la passò tra le mani, seguendone con le piccole dita le sottili nervature , sfiorando i contorni dentellati e muovendo, di tanto in tanto, la bocca, come se stesse ripetendo una nenia.

Con uno rapido movimento del braccio portò la foglia all'altezza del naso, studiandola con occhi attenti.

Passarono lunghi minuti d'immobilità.

- Secondo te è morta? Si è staccata dall'albero ma non è caduta forte. Forse è ancora viva.

Attorno a lei, nel parco, non c'era nessuno; solo il sibilo del vento e il gracchiare di qualche cornacchia rompevano il silenzio.

Annuì con decisione prima di scuotere con incredulità la testa.

- Davvero? Ma come fanno a morire appena si staccano? É una bugia!

Ancora attese in silenzio una risposta dal suo interlocutore invisibile.

- Non ci credo comunque. A casa chiedo a papà che lui lo sa di sicuro.

Si alzò e afferrò la cartella rosa che aveva poggiato dietro di sé e si diresse verso il cancello di uscita. Poco prima di afferrare la maniglia si arrestò e volse lo sguardo verso le scarpe; scoppiò a ridere senza nessun apparente motivo.

- Hai ragione? Sento le foglie che urlano! Dici che sono i loro addii al mondo?

Saltò sul posto per qualche secondo, godendo del suono che le foglie, calpestate, producevano, poi stancatasi ad un tratto di quel gioco, come solo i bambini riescono a fare; aprì il cancello e si diresse verso casa.

 

 

Giunta davanti alla porta di casa, la bambina si inginocchiò ed estrasse da sotto lo zerbino, la cui convenzionale scritta “Welcome” risultava ora illeggibile, la chiave di casa.

- È una fortuna che mamma si dimentichi sempre di togliere la chiave. - Proferì sghignazzando mentre si toglieva le scarpette inzaccherate di fango.

Infilò la chiave nella serratura e, con un sonoro clack che riecheggiò per il corridoio dell'appartamento, aprì la porta.

La casa era avvolta nella semioscurità. L'unica fonte di luce fu, per un breve momento, il pallido bagliore dei lampioni sulla strada; chiusa la porta, tutto calò nel silenzio e nelle tenebre.

- Mamma, mamma! Sono già a casa!

La bambina corse fino al soggiorno, schivando con facilità i sacchi d'immondizia e le pile di giornali accumulate sul pavimento. La madre era seduta sul divano, gli occhi incavati fissavano la parete bianca di fronte a lei mentre le braccia erano state incrociate con goffaggine sul petto. Una mosca le si posò sull'iride destro ma da parte sua non vi fu reazione.

- Sciò, sciò. - Gridò la figlia, così premurosa nei confronti della madre, scacciando l'insetto con la mano.

- Hai visto papà, mammina? Devo chiedergli una cosa importante. - Il volto della madre non cambiò espressione; d'altronde sarebbe apparso strano, inconveniente, se una morta si fosse mossa o avesse dato una risposta.

- Forse hai ragione, adesso controllo in camera da letto.

Percorse il corridoio fino ad arrivare davanti ad una porta. Bussò.

Benché nessuno le avesse dato il permesso di entrare, girò la maniglia e sporse la sua testolina nella stanza.

- Ah, eccoti qua papi! - Gridò estasiata, portandosi fino ai piedi del letto, sopra al quale giaceva un uomo che sarebbe parso dormire, se non fosse stato per un singolo dettaglio. Un dettaglio non trascurabile. La testa formava un angolo innaturale con le spalle. Il collo era stato spezzato di netto, tanto che, quando la bambina si sedette sul materasso, la testa del padre dondolò placidamente.

- Posso parlarti o sei occupato?

Silenzio.

- Bene, allora ti spiego. Oggi al parco c'erano le foglie e Lei mi ha detto che appena si staccano muoiono. Io non ci credo, secondo me muoiono perché si fanno male quando cadono dall'albero.

Di nuovo, il silenzio pervase la stanza, disturbato solo dal cigolio delle molle del letto, ogni qualvolta la bambina cambiava posizione.

- Va bene, questa volta hai ragione te. - Disse con espressione imbronciata rivolta alla parete destra della stanza.

- Ora vado in salotto a leggere, buona notte papà. -

Si mosse verso il padre, appoggiando la mano sul suo petto per sporsi a dargli un bacio sulla fronte. Come prevedibile, il suo capo ciondolò vistosamente e negli occhi della bambina, una nuova luce apparve. Tastò celermente con la piccola mano il collo del genitore, turbata da quello strano movimento. Sotto i suoi polpastrelli sentiva la pelle, unica membrana che teneva ancora la testa attaccata al corpo, tesa all'eccesso. Confusa, afferrò il mento del padre, tentando di alzarlo, e fu in quel momento che, con un sonoro strappo, la testa abbandonò il corpo, ruzzolando prima sul letto poi sul pavimento.

La bambina non urlò, né tentò di scappare; rimasi lì, immobile con la bocca così spalancata che parve priva di mascella e gli occhi strabuzzati, diventati due pozzi neri. Le unghie delle mani lasciavano profondi solchi sulle guance.

Poi vomitò. Colazione, pranzo e cena sul suo vestito, sul pavimento, sulla testa del padre.

Lunghi minuti passarono in silenzio prima che scendesse dal letto e gattonasse fino al salotto, dove sua madre ancora seduta sul divano, la stava attendendo. Strisciò fino ai suoi piedi. Poggiò con cautela l'orecchio sul petto della genitrice, cercando un qualunque segno che indicasse che la morte non l'aveva ancora presa ma trovando solo il silenzio del suo cuore.

Vomitò ancora umana disperazione e miseria, notando solo in quel momento che la madre era stata privata delle mani, le quali erano rotolate sotto il divano. La pozza coagulata di sangue sul tappeto rendeva facile capire il motivo del decesso.

 

Riprese a torturasi la faccia con le unghie e a strapparsi intere ciocche di capelli.

Con un movimento repentino del collo, spostò lo sguardo stravolto verso un punto preciso della stanza, quasi si aspettasse di vederci qualcuno.

- Cosa hai fatto? - Gridò disperata.

- Perché? Ora sono morti, morti, morti, - Continuò a ripetere, scandendo ogni “morti” con uno strappo ai capelli.

- Sei stata te, perché l'hai fatto? Perché?

Cercò a tentoni un qualsiasi oggetto da afferrare e trovò una delle mani della madre. La colse, fuori di sé, e la scagliò contro l'essere immaginario con cui stava discutendo.

- Vattene via da questa casa. Non ti voglio più. Mamma e papà... tu li hai uccisi!

Si sollevò in piedi mentre le mani spasmodicamente stringevano il collo, con la mano destra serrata, scagliò un pugno a vuoto. Subito venne sbalzata nell'angolo opposto della stanza, sbattendo con violenza la testa alla parete. Si accasciò al suolo cercando di non perdere i sensi ma ben presto la vista si fece appannata e la mente leggera come elio.

 

 

 

 

Se vi fosse capitato di passare nei paraggi della casa dei Finn, quella fosca mattina del dieci settembre, lo spettacolo che vi si sarebbe parato dinnanzi, vi avrebbe sicuramente turbati.

Avreste visto una moltitudine di gente accerchiare alcune auto della polizia, preoccupandosi però di stare a debita distanza da un furgoncino bianco, la cui scritta “Ospedale Psichiatrico di Cannon Falls” vi avrebbe messo in allerta. Avreste chiesto a qualche curioso di spiegarvi il motivo di quella ressa e questo, probabilmente sui vent'anni e con le cicatrici dell'acne adolescenziale ancora evidenti, vi avrebbe detto che il signore e la signora Finn erano stati trovati morti in casa, l'uomo decapitato e la donna con i polsi tagliati. Solo la figlia era stata trovata viva, ridotta in uno stato pietoso “ da mettere i brividi, per quelli che, come me, sono riusciti a vederla”, avrebbe aggiunto.

 

Se vi fosse capitato il giornale fra le mani, quella soleggiata mattina dell'undici settembre, lo avreste sicuramente sfogliato alla ricerca di qualche notizia inerente al caso dei Finn. Non avreste riscontrato alcuna difficoltà nel trovarlo.

Leggendo l'articolo per intero sono certo che vi si sarebbe accapponata la pelle e sareste stati tentati di vomitare la colazione. Avreste scoperto che la figlia era stata accusata dell'omicidio di entrambi i genitori, e detenuta in un ospedale per malati mentali, non essendo stata considerata in grado di sostenere il processo. Più di tutto, essendo voi degli attenti osservatori, sareste stati letteralmente sconvolti dalla foto della bambina. Dietro a questa, infatti, forse avreste notato una sorta di nebbia quasi che la foto fosse stata rovinata, e in quella distorsione avreste visto un volto di donna sogghignante.




Grazie per essere arrivato fino a qui a leggere ^^
Spero di avervi turbati con questa storia. Se avete qualche correzione da farmi non esitate a recensire ( non esitate neanche se avete qualche complimento!)
Ringrazio ancora Amaya12 che ha la forza e la pazienza di correggere le mie storie a mezzanotte invece di andare a dormire.
Non ringrazio mia sorella che, quando le ho raccontato la storia, ha fatto finta di ascoltarmi mentre, con le cuffie alle orecchie, ascoltava la musica.

 

 

  
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