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Autore: AmyLaSanguinaria    04/12/2014    3 recensioni
Premettendo che io non sono una shipper della PiperxLeo (tanto che neanche so come si chiama la loro ship), ho pensato di scrivere come secondo me è realmente andata la sera in cui Piper ricorda di aver baciato Jason sul tetto della scuola... spero vi piaccia ;)
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Leo Valdez, Piper McLean
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quello era un gran giorno per Leo.
Aveva organizzato ogni cosa nel dettaglio, nulla poteva andare storto. O almeno così sperava.. ogni suo piano
finiva sempre nello stesso modo: dal preside o in mensa a lavare i piatti. Era così agitato che a cena
non riuscì a toccare neanche una foglia di lattuga… non che le mangiasse mai. Di solito le lasciava a Piper.
-Tutto bene? – chiese l’amica osservandolo preoccupata – non hai neanche assaggiato il tuo hamburger..
Leo fece un sorrisetto scaltro, di quello che le ragazze odiavano tanto.
– Non ho tanta fame.. lo vuoi tu? - le chiese spingendo il vassoio verso la ragazza.
Lei fece una smorfia buffa e gli fece la linguaccia. –Ah ah ah, sì, davvero molto divertente Valdez! Ma penso che
declinerò l’invito, se non vuoi che vomiti sul tavolo.
Il ragazzo ridacchiò, cercando di non dare a vedere il nervosismo. “Declinare”, “invito”, “vomitare”. Quelle parole
gli fecero torcere le budella.
Nonostante la consapevolezza del rischio di fare la fine di Piper prese il panino e ne staccò un grosso morso.
Chissà perché quel giorno il cibo della mensa sembrava più acido del solito.
-Allova – disse a bocca – fta fera ftelle sul fteto?
L’amica storse il naso. –Domani c’è il compito di biologia..
Leo alzò un sopracciglio sorpreso: da quando in qua all’amica interessava l’andamento scolastico?
Lei scoppiò a ridere e annuì. -Ma sì che ti prendo in giro! Ovvio che andiamo! – risero entrambi e
passarono il resto della cena progettando la loro fuga sul tetto.
 
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Leo non faceva altro che guardare l’orologio. Erano già le 23.21, Piper doveva essere lì venti minuti fa! E se le era capitato
qualcosa? Se l’avevano beccata? Se si era fatta male? Se le altre ragazze l’avevano convinta che stare con Leo Valdez era troppo da
sfigati? Il suo cuore iniziò a battere all’impazzata all’idea che la ragazza gli avesse tirato un bidone. Si era ripromesso di non sporcarsi le mani, quella sera, ma non poté fare a meno di tirare fuori diversi fili e fogli di rame da una tasca interna alla giacca e iniziare a intrecciarli
e modellarli. A volte, quando Leo era perso nei suoi pensieri, neanche si accorgeva di quello che creava. Quella era una di quelle volte.
Alzò lo sguardo verso il cielo, le stelle punteggiavano il cielo come lucciole in un barattolo. La notte era così limpida che quasi gli
sembrava di vedere la via lattea. Intorno all’edificio l’unica cosa che si vedeva nel raggio di chilometri, oltre qualche casetta e
l’autostrada era il deserto. Immenso e incontaminato. Di notte era parecchio inquietante, i cactus che ti osservavano come ombre nell’oscurità.
Chiuse gli occhi e smise di intrecciare l’oggetto che ormai gli sembrava aver preso una forma.
-Ti prego.. – bisbigliò – se c’è qualcuno lassù ad ascoltarmi.. fa che venga..
All’improvviso alle sue spalle la porta scattò con un cigolio di cardini arrugginiti. Il suo primo istinto fu quello di voltarsi e guardare.
Ma non lo fece. Rimase a occhi chiusi, sdraiato sul telo che aveva preparato, il viso rivolto verso l’universo.
-Ma è bellissima!
Un profumo di menta peperita lo investì facendolo sorridere. Aprì gli occhi e si trovò riflesso nei grandi occhi castani della
ragazza che, notò, erano puntati sull’oggetto che stringeva in mano. Era un’azalea, uno dei fiori preferiti di sua madre.
Gli si strinse il cuore e per un attimo temette di vomitare l’hamburger.
Porse il fiore meccanico alla ragazza e sorrise.
-Non può appassire!
La ragazza lo prese delicatamente e se lo rigirò tra le mani, studiandolo. –Lo sai che odio i fiori – disse con leggerezza.
-Ovviamente! – esclamò Leo lanciandole un sorrisetto scaltro.
Entrambi scoppiarono a ridere e lui le fece cenno con la mano di sedersi accanto a lei. Salivano così spesso lassù che
avevano persino portato due brandine e le avevano nascoste tra due comignoli, ma quella serata doveva essere magica,
e al ragazzo la distanza che c’era tra due sdraio era sembrata decisamente troppa. Così aveva optato per la tovaglia da pic-nick.
L’amica, comunque, non fece domande e si sedette affianco a lui.
Per un po’ non dissero niente, osservando silenziosamente lo splendore che quella notte aveva voluto concedergli.
Leo pensò a così tante cose… pensò a Piper, sdraiata lì, a pochi centimetri da lui, a quello che avrebbe dovuto dirle,
pensò alle sue famiglie affidatarie a quanto non gli mancassero, quanto la sua famiglia ora fosse diventata quella ragazza.
Pensò a sua mamma, cercando di immaginarsela fiera di lui, che gli sorrideva da lassù. Ogni volta, però, che prendeva
iniziativa e provava a buttarsi il nodo che aveva in gola si stringeva sempre di più, impedendogli di proferire parola.
Alla fine fu la ragazza a rompere il silenzio.
-Ci hai mai pensato a cosa c’è lassù, oltre quel mare di stelle?
Sì, certamente. Ci aveva pensato fin troppe volte. Ma in quel momento l’unica cosa che riusciva a pensare era:
Piper, Piper, Piper, Piper, Piper, Piper, Piper.
Siccome il ragazzo non le rispondeva lei continuò: - Oltre a questa vita, a tutto questo… non pensi ci sia qualcosa,
qualcuno, che ci ha fatti incontrare, che ci ha portato qua, sta sera, su questo tetto..
-Se c’è veramente qualcuno che ha fatto questo – disse il ragazzo ormai incapace di trattenersi – ricordami di ringraziarlo.
La ragazza si girò verso un fianco e lo osservò in silenzio. Aveva uno sguardo malinconico, come quello del padre che
aveva visto in molti dei suoi film. Chissà a che stava pensando. Forse aveva capito dove quella conversazione stava
portando e non sapeva come dirgli che un ragazzo come lui non lo voleva nessuno.
A quel pensiero gli si strinse una morsa allo stomaco. Non poteva permettersi di perdere quella ragazza. Era tutto ciò che gli
era rimasto di bello nella vita.
-Leo, io volevo solo dirti che… - non riuscì a finire la frase. Trovato un po’ di incoraggio, infatti, il ragazzo le si era avvicinato
e aveva premuto le proprie labbra sulle sue, non permettendole di finire la frase. Chiuse gli occhi, e dopo un attimo statico
la lastra di ghiaccio che gli ricopriva il petto svanì, così come la distanza che li separava. Le cinse la vita con le braccia
mentre lei gli appoggiava le mani sul petto, non per spingerlo via, ma come un gesto caloroso, pieno di affetto.
Iniziarono a muovere le labbra, prima lentamente poi sempre con maggior frenesia, mentre i loro respiri si sincronizzavano.
Quando si allontanarono l’uno dall’altra, al ragazzo sembrava passata un’eternità. Rimasero abbracciati per un po’.
Questo voleva dire che ora stavano insieme? Non osava chiederglielo. Però doveva, o non sarebbe mai uscito da questa situazione.
-McLean?
-Valdez?
-Penso di essermi innamorato di te.
-Sì, sì lo penso anche io.
La guardò sorridendo e lei ricambiò. Il suo cuore fece una capriola. Non poteva crederci! Stavano insieme!
Mille domande gli passavano per la testa e stava per baciarla di nuovo quando la sua attenzione fu
attirato da un bagliore argenteo al bordo del tetto. Dove prima non c’era niente ora era comparso un
uccello dal piumaggio color blu-verde. Dall’ampia coda smeraldo suppose fosse un pavone…
CHE DIAVOLO CI FACEVA UN PAVONE SUL TETTO DI UNA SCUOLA NEL BEL MEZZO DEL DESERTO!?
Anche Piper lo fissava a bocca aperta.
-Ma che diavolo..!?
“Salve semidei” l’uccello parlò con voce di donna facendo strillare e arretrare i due. Com’è che li aveva chiamati? Semidei?
“Mi spiace disturbare la vostra quiete, ma sono costretta a informarvi che d’ora in poi le vostre vite cambieranno
radicalmente”
rivolse lo sguardo, o almeno Leo così credette, verso Pip “Piper McLean, tua madre è stata molto chiara
sui termini del nostro accordo: per sconvolgere la tua vita sentimentale devo almeno..”
al ragazzo sembrò assurdo,
ma gli sembrò di vedere uno spasmo nel volto dell’animale ..chiedervi scusa”.
Piper era sconvolta, aveva gli occhi lucidi, ed era in prossimità di scoppiare a piangere, Leo lo vedeva bene.
Non parlavano quasi mai del proprio passato, ma la ragazza una volta gli aveva detto che sua madre aveva abbandonato suo
padre spezzandogli il cuore… e ora, 15 anni dopo, un tacchino parlante le veniva a chiedere scusa!? CHI DIAVOLO SI
CREDEVA DI ESSERE!? Prima che Leo potesse fare qualsiasi cosa, come era comparso, il pavone scomparì, e
una luce argento li investì.
 
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Erano passate diverse settimane dalla loro prima missione, e Leo non riusciva a scollarsi dal progetto dell’Argo II.
Ormai mangiava e dormiva pochissimo, e passava la maggior parte del suo tempo al Bunker 9.
C’erano così tante cose da sistemare, perfezionare… La sua mente era un turbinio di idee, sentimenti, progetti,
ricordi contrastanti..
Nonostante Piper insistesse nell’affermare che tutti i ricordi riguardanti Jason erano vividi e reali, quelli del ragazzo
iniziavano a sbiadire, mostrandogli, per la maggior parte delle volte la realtà dei fatti.
Qualche giorno prima, infatti, gli amici si erano baciati davanti al figlio di Efesto, scatenando in lui un vero e proprio
tornado di ricordi che lo avevano investito come un camion. Ricordava gli scherzi e le serate passate sul terrazzo con
Piper, ricordava il loro primo bacio e il tacchino parlante – che poi si era rivelato essere quella strega malefica di Era.
Eppure ricordava anche il primo giorno di Jason, le chiacchierate in dormitorio, i consigli per conquistare Piper..
Non sapeva cosa pensare, anche perché, nonostante ora ricordasse il passato, e quindi i sentimenti che vi erano legati,
ciò che provava per gli altri non era cambiato: Piper e Jason erano sempre i suoi migliori amici. E ora stavano insieme. Di una
cosa poteva, però, essere certo: da quando i due si erano fidanzati Leo era di nuovo con i suoi cavi e i suoi bulloni.
  
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