Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi
Segui la storia  |       
Autore: Eco_90    04/12/2014    0 recensioni
Seguito di "Mo anam cara" Storie di spiriti, amori perduti e sogni infranti poi ricostruiti.
Dal testo:
"Aveva del lavoro da fare, lavoro normale: era la segretaria di una dottoressa. Ormai era quella la sua vita, non c'era più spazio per le nottate insonni al freddo solo per convincere un paio di presenze a sloggiare. Già, non c'era più tempo per quelle cavolate."
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuovo, nuovo, nuovo!!! Devo dire che mi è piaciuto parecchio scrivere questo capitolo, in particolar modo la parte dei fantasmi nel rudere. Spero che possa piacervi tanto quanto piace a me.
Buona lettura! ;)







-Signorina Delaney è un piacere conoscerla. - aveva detto il nuovo proprietario della struttura, che avrebbe dovuto controllare con la troupe televisiva. Era un uomo alto, distinto, con i capelli brizzolati e un leggero velo di barba. Vestiva in modo informale come se in realtà si trattasse di un incontro di piacere e non di lavoro.
-Il piacere è mio signor Murray, ma per favore mi chiami Kelly!-
Lui le sorrise gentilmente, aveva qualcosa di attraente, nonostante i notevoli anni in più di lei.
-Allora lei può chiamarmi Brendan.- la ragazza si ritrovò a sorridere come un’ebete, maledicendosi mentalmente poco dopo.
I compiti che le venivano assegnati erano semplici: se vedeva o sentiva qualcosa, doveva avvertire il cameraman. Lui avrebbe pensato a tutto e i conduttori del programma si sarebbero occupati di abbellire un po’ le scene.
Infondo si aspettava proprio questo, la finzione più totale.
-Scusi se glielo chiedo, ma perché le interessa sapere se ci sono o no dei fantasmi?-
L’uomo parve voler riflettere sulla sua domanda, forse per non sembrare impulsivo.
-Vede, mi appassionano queste cose e ho pensato che trattandosi di un ospedale dismesso sicuramente lei troverà qualcosa di affascinante. Avevo pensato di integrare la parte ospedaliera con una parte storica, come un museo di vite passate in quel posto.-
Effettivamente non aveva tutti i torti, chissà quante persone ci erano morte dentro, sarebbe stato un lavoro faticoso, ma alla fine non le veniva chiesto di cacciare via nessuno.
Si stupì molto nello scoprire che Brendan avrebbe partecipato alle incursioni notturne nell’ospedale. Era un tipo insolitamente curioso, ma non le dispiaceva affatto, sarebbe stato una buona compagnia.
Fatte le dovute presentazioni con la troupe, andarono a fare il primo sopralluogo, ovviamente di giorno, per vedere dove far passare i fili, installare telecamere e microfoni e cose tecniche di cui lei non capiva nulla. Si limitava a sorridere e ad annuire, facendo sempre un’ottima figura!
Per lei giorno, o notte comunque faceva poca differenza, lei li vedeva lo stesso: ombre scure si muovevano in quel posto. Entità tristi, assorte totalmente nel loro mondo, altre presenti, ma poco disposte a disquisire del più e del meno.
-Iniziamo bene. - disse tra se e se, camminando fra quei corridoio dissestati, pieni di fili elettrici che sbucavano da ogni dove, mattonelle franate a terra, muri crepati o pieni di muffa e porte bloccate o staccate completamente dai cardini. Perché diavolo Brendan avesse comprato quella struttura, era un mistero, definirla fatiscente era poco, pochissimo.
-Iniziamo bene?- chiesa proprio quest’ultimo che era al suo fianco nella sua passeggiata macabra tra le rovine.
Lei alzò gli occhi fissandolo attentamente. –La puntata verrà bene. - il sorriso sincerò che nacque sul volto dell’uomo la infastidì, sembrava un bambino in un negozio di caramelle, non capiva quanto fosse complicata e triste l’esistenza della maggior parte di quelle anime.
 Cercò di non pensare a questo, erano tanti soldi e lei sicuramente non ci avrebbe sputato sopra.
Finito il sopralluogo venne accompagnata in uno degli hotel più lussuosi della città. La sua camera aveva un letto enorme, poltrone, un divano, televisore a un milione di pollici, e una vasca con idromassaggio in cui sarebbero entrate oltre a lei almeno altre quattro persone. Era in paradiso. La camera affacciava sul porto illuminato da mille luci che si riflettevano sull’acqua, ormai scura, dato l’orario. Sarebbe rimasta a vivere lì molto volentieri.
A cena era attesa nel ristorante dell’albergo, ma non essendo una persona molto espansiva, aveva declinato l’offerta preferendo rilassarsi prima di cominciare il lavoro per cui sarebbe stata pagata.
Si gettò sul letto, dopo un lungo bagno rilassante, sprofondando nel piumone vaporoso di un tenue color lilla. Il cellulare giaceva abbandonato e spento sul comodino vicino a lei, era indecisa sul da farsi, ma forse sbirciare per vedere se qualcuno l’aveva cercata, era il minimo dopo essere sparita in quel modo.
In pochi secondi le arrivarono venti messaggi di chiamate varie: da sua madre, a Liam, per terminare con Moira. Avrebbe sentito sua madre e lo scapestrato in un altro momento, ora doveva parlare con la sua amica, e sapeva che non sarebbe stato molto piacevole.
-Ah sei viva. Complimenti per il tuo impeccabile comportamento.- le aveva sturato i timpani col suo tono dolce e melodioso da pazza sull’orlo di una crisi di nervi.
-Scusami, mi dispiace. Scommetto che sai già tutto vero?-
-Se so già tutto? Mi pare ovvio, mia cara. Liam stava per andare a uccidere Billy e neanche sapeva cosa fosse successo, lo avrebbe ucciso se avesse scoperto la verità. Sei fortunata ad avere una persona come me che ti copre sempre quelle tue chiappette da medium.-
-Hai parlato con lui?- non c’era bisogno di specificare, Moira avrebbe capito subito a chi si riferiva la sua amica. –Si, ci ho parlato. - aveva risposto sommessamente. –Sembrava molto scosso. -
-Può anche morire per quanto mi riguarda. - affermò la ragazza, cercando di sembrare convinta delle sue parole.
-Certo, poi come faresti a liberarti di un Billy fantasma?-
Calò il silenzio per qualche attimo e poi entrambe scoppiarono in una fragorosa risata.
Parlò a lungo con la sua amica, e solo verso le tre di notte riuscì a prendere sonno, godendosi ogni secondo di quel meritato riposo.
 
***
 
Era il tramonto e si apprestava a partire alla volta dell’ospedale. Erano in venti tra tecnici, autori, conduttori e dottori. Ognuno aveva il suo compito, ognuno la sua postazione. Sarebbero entrati in sette: lei, Brendan, tre conduttori, e due cameraman.
Candace, Roger e Matthew, i tre conduttori, si sarebbero divisi: Roger sarebbe andato con lei Brendan, e Jerry il cameraman, mentre i restanti avrebbero formato un altro gruppo.
Avrebbero perlustrato un piano al giorno, quindi quella notte gli sarebbe toccato il pianterreno.
C’erano quaranta stanze solo in quel piano, sarebbe stata una lunghissima notte.
Molti dei fantasmi lì presenti scappavano non appena li vedevano arrivare, altri incuriositi li seguivano senza proferire parola. Il posto era molto simile a quello in cui aveva fatto pratica l’anno precedente con Robert, suo nonno e la signora Evans, l’unica piccola differenza era la dimensione mastodontica di quest’ospedale, i piani sembravano non finire mai. Certamente il buio aiutava. Le sembrava di essersi iscritta in palestra, stava facendo attività fisica, non stava visitando un posto in cerca di fantasmi. Ogni due passi doveva saltare dei calcinacci sul pavimento, per non parlare dei fili elettrici che sbucavano da ogni dove e che ogni tanto regalavano qualche scintilla un po’ preoccupante.
Aveva parlato con una decina di fantasmi, in sostanza nessuno sapeva di essere morto, e solo alcuni sapevano di trovarsi nel vecchio ospedale. Essere ripresa durante le sue chiacchierate le era sembrato così innaturale, certo era pagata, ma le conversazioni che lei fino ad ora aveva avuto con i fantasmi erano state riservate, in più anche volendo, i telespettatori avrebbero solo visto lei che parlava da sola, e al massimo una sagoma di quattro colori diversi davanti a lei. A pensarci bene però tra telecamere a infrarossi, rilevatori di calore e sensori acustici almeno questa volta non avrebbe fatto la figura della pazza.
-A cosa pensi?- Brendan l’aveva osservata durante tutta la perlustrazione, il più delle volte era pensierosa, con uno sguardo triste, uno sguardo che non le donava. Era sempre attenta a non farsi vedere. Aveva potuto costatare che il più delle volte non appena qualcuno le rivolgeva la parola lei  si stampava sul viso un sorriso forzato, ma nessuno ci faceva caso, erano tutti tremanti di paura per via dei fantasmi.
La ragazza parve cadere dalle nuvole, si voltò verso di lui e sorrise gentilmente. –Pensavo al fatto che passerò per una pazza davanti a milioni di persone!-
L’uomo scoppiò a ridere, per poi poggiarle una mano sulla spalla. Quel contatto caldo la rinfrancò un pochino. Non poté però ringraziarlo per il suo sostegno, un grido dall’altra parte dell’ospedale li mise tutti in allarme. Kelly iniziò a correre, sapeva che grida di quel genere in un posto come quello non portavano a niente di buono, mai.
Arrivarono nel punto in cui l’altro gruppo stava indagando e trovarono alcuni di loro seduti a terra, intenti a massaggiarsi la testa. - Cos’è successo?- chiese lei un po’ angosciata.
Candace aveva gli occhi stralunati, e si passava le mani sul viso con fare incredulo. – Non riesco a capire, prima erano vicino a me, poi mi giro e li ritrovo per terra che si massaggiano le chiappe e la testa.-
-Avete toccato qualcosa, o siete entrati in una camera in particolare?- aveva chiesto allora la ragazza, spazientita. –Siamo entrati nella 206, era l’unica col numero ancora leggibile e ci siamo incuriositi. - era sufficiente, piantò tutti lì e corse a dare un’occhiata a quella camera.
Effettivamente era una camera un po’ strana, l’unica in tutto il corridoio col numero quasi del tutto intatto e l’unica camera in cui il tempo non sembrava essere passato quasi per niente. C’erano anche qui fili che sbucavano dal muro. L’umidità aveva lasciato chiazze gialle sulle pareti, facendo staccare qua e là qualche mattonella. L’odore di chiuso e di muffa era persistente lì, come nelle altre parti dell’ospedale, ma dopotutto era comunque una camera arredata.
Il letto era fatto, sul comodino c’era un vaso con dei fiori, c’erano delle tende di un rosa tenue alla finestra, solo un filo di polvere tradiva il passare del tempo. Era stranamente accogliente, come se qualcuno cercasse di mantenere un contatto con l’abitante di quella stanza.
Quella notte per sua sfortuna non riuscì a vedere nessuno, decise che avrebbe ritentato la notte successiva. Lasciarono l’ospedale alle prime luci dell’alba, un po’ più ammaccati e doloranti di quando erano entrati.
Quel posto cambiava totalmente faccia quando i raggi fiochi del sole iniziavano a trapassare le vecchie finestre rotte. Sembrava rifiorire almeno per qualche minuto, poi il sole saliva e le ombre si allungavano, facendolo tornare lugubre come sempre.
Quella camera d’albergo era un sogno. Dopo un’intera notte passata all’addiaccio, era un toccasana per le sue povere ossa il potersi sdraiare su un letto morbido, con un piumone soffice come una nuvola. Si faceva servire e riverire, i suoi servizi non erano certamente gratuiti, non che lo fossero, in realtà aveva ricevuto una montagna di soldi e solo per fare quello che lei faceva ogni santa notte, da anni.
Dormì fino a pomeriggio inoltrato, per poi essere svegliata da un lieve bussare alla porta.
-Chi è?- la voce impastata dal sonno, gli occhi mezzi chiusi, se avesse aperto così avrebbe sicuramente ucciso il malcapitato.
–Liam. -
Sgranò gli occhi fino a farsi male. –Che ci fai tu qui?- gridò tentando di darsi una sistemata. –Preferirei parlarne in camera se non ti spiace.- rispose lui un po’ acidamente. –Dammi un attimo.-
Corse dal salotto fino al bagno della camera per lavarsi e legarsi i capelli, mettendosi la prima cosa che le capitò sottomano.
-Ciao!- disse aprendo la porta e facendo accomodare il ragazzo.
Lui la squadrò per qualche minuto, c’era qualcosa che non tornava, ma non capiva cosa fosse.
Poi l’etichetta di cinque centimetri sotto il mento della ragazza lo illumino. –Guarda che l’hai messa al rovescio, e al contrario.- disse indicandole il pezzo di stoffa bianco.
Senza pensarci troppo, si voltò dando la schiena al ragazzo e sfilandosi al contempo la felpa. Ovviamente non aveva pensato che non indossava altro se non quell’indumento, così solo dopo averlo sfilato, si rese conto dell’errore. Un gridolino nervoso le uscì dalla bocca, mentre cercava di coprirsi il più in fretta possibile. Liam per tutto quel tempo era rimasto a bocca aperta a fissare la schiena nuda della ragazza, senza però avere il coraggio di far scendere i suoi occhi più in basso; sapeva che Kelly era manesca, e gli bastavano le esperienze passate.
Quando quella ragazza ti assestava un pugno, lo faceva con la forza di un boxeur di centocinquanta chili.
Kelly continuava a saltellare cercando di infilarsi la felpa, gridando e inveendo contro il ragazzo che immobilizzato da tutta la situazione, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Quando finalmente riuscì a coprirsi prese la prima cosa a portata di mano, un posacenere in vetro dello spessore di cinque centimetri, e lo tirò addosso al ragazzo, che per sua fortuna riuscì a evitarlo. –Maniaco. – urlò ancora, correndo in bagno per sciacquarsi il viso divenuto irrimediabilmente rosso, per via dell’imbarazzo. –Scusa, ma non è colpa mia se elargisci spogliarelli al primo venuto. - non lo avesse mai detto, la ragazza uscì come una furia cominciando a lanciare ogni tipo di boccetta trovata nel bagno contro il povero Liam, che dal canto suo cercava di proteggersi come poteva fino a quando per schivare uno shampoo, andò a cozzare con il piede contro lo spigolo di marmo del mobile da bagno, sembrava una maledizione. -Basta!- gridò dolorante. -Smettila di comportarti da psicopatica, neanche ti ho visto il sedere. Non m’interessa minimamente vederti nuda!-.
A quel commento la ragazza si fermo, mettendo a posto il portasaponette in ceramica. -Buon per te. Comunque che ci fai qui?- nessuno tranne Moira sapeva dove si trovasse, e questo voleva dire che quella pettegola aveva spifferato tutto a lui e a suo fratello. -È bello potersi fidare dei propri amici.- disse stizzita. -Infatti. Questo mi fa chiedere perché hai tenuto nascosto tutto questo a me e a tuo fratello.- Liam non sapeva. Moira, fortunatamente, aveva omesso la cosa più importante. -Volevo dirvelo, ma mi hanno fatto correre qui. Non potevo rifiutare, c'erano troppi soldi in ballo.- il ragazzo guardò la camera con aria critica, prima di buttarsi a peso morto su uno dei divani della suite. -Vedo, vedo.- disse poi con ammirazione. -Quindi sei venuto a trovarmi? Quando hai detto che te ne vai?- sapeva che la sua non era una vera e propria visita di cortesia, ma si sa, la speranza è l'ultima a morire!
-Veramente non me ne vado.- rispose il ragazzo, mentre si accomodava meglio sul sofà. -Scusami?- una vena aveva cominciato a pulsare in modo preoccupante sulla fronte di Kelly, ma Liam era troppo intento a godersi la comodità di quei cuscini imbottiti per rendersene conto. -Non me ne vado. Tuo fratello mi ha spedito qui per controllarti, o almeno così dice lui. Secondo me voleva la casa libera per spupazzarsi Moira.-
Maledetto Senan. Maledetto piccolo infido fratello minore. Appena finito il lavoro, lo avrebbe cacciato di casa. Era una promessa. -Ok, senti io stasera vado a lavorare quindi tu resti qui. Siamo intesi?- lo sguardo sconsolato del ragazzo parlò per lui. -Che c'è adesso?- era esasperata da tutta quella situazione e Liam non la stava affatto aiutando. -Perché non posso venire con te?- Lei lo guardò truce. Le mani sui fianchi e l'aria autoritaria la resero se possibile ancora più temibile di prima. -Ti sembro tua madre?- chiese Kelly con tono severo. -Ora come ora?- chiese lui intimorito. -direi di sì, molto. - rispose infine.
la ragazza non poté fare altro che passarsi le mani sul viso, cercando di ritrovare la calma.
-Ok, verrai con me. Due regole fondamentali: stammi sempre vicino, e non fiatare. Mi hai capito?-
Per cercare di non urtarla ulteriormente, il ragazzo si limitò ad assentire con un cenno della testa, mostrandole il più grande e luminoso sorriso mai visto prima.
 
 
La sera arrivò, e con lei la solita passeggiata in quello che soleva chiamare “il purgatorio”. Quell’ospedale alla fine non era altro che una sala d’attesa in cui aspettare di poter passare dall’altra parte, sempre se l’anima in questione era pronta.
Aveva sempre pensato che Inferno, Purgatorio e Paradiso fossero solo una finzione per impaurire le persone. Spesso aveva sentito genitori dire ai propri figli di fare i buoni perché altrimenti sarebbero finiti all’inferno. I bimbi cattivi non possono andare in paradiso. Era una minaccia bruttissima secondo lei, quale genitore sano di mente direbbe mai una cosa simile a un bambino?
In realtà, come aveva potuto constatare, le anime erano le uniche artefici del loro destino: c’era chi passava oltre subito, non avendo alcuna situazione in sospeso col regno dei vivi; chi, dovendo chiudere delle questioni restava sulla terra per qualche tempo, vagando fino al momento in cui non avesse raggiunto il suo obbiettivo, e poi c’era chi, come la Fitzpatrick, si costruiva il suo inferno personale. Lei aveva pagato quel suo comportamento a sue spese, e da quello che le aveva detto Shannon, sarebbe stato così per sempre.
Le anime di quel posto erano tristi, sperdute e senza meta. Molti di loro si chiedevano perché nessuno fosse venuto a salvarli, non un padre, una madre, o un figlio. C’erano altri talmente arrabbiati da fare paura persino a Kelly, erano quelli da evitare, sempre che non ti andasse di baciare il pavimento con trasporto e una spinta bella forte. Infine c’erano quelli che a Kelly facevano più pena, erano anime talmente sbiadite che addirittura lei faceva fatica a vedere, quelli erano gli spiriti delle persone arrese, anime che di lì a poco sarebbero svanite nel nulla, cui non interessava passare oltre. Presenze che preferivano sparire nel nulla, dimenticandosi di poter vivere oltre la vita, e tutto perché erano state dimenticate a loro volta dalle persone a cui tenevano di più. Da un certo punto di vista le capiva, anche lei aveva desiderato morire, per non dover fare i conti con le persone cui teneva, persone che in quel determinato momento l’avevano buttata a terra e calpestata, ma poi aveva capito che lo doveva a sé stessa. Per questo motivo quelle erano le anime cui lei teneva di più. Aveva passato ore e ore ogni notte a lottare con loro per fare in modo che finalmente potessero andare avanti. Tante volte ci era riuscita, alcune volte aveva addirittura versato qualche lacrima per quelle presenze, ma a volte, per alcune di loro, non c’era nulla da fare. In quei momenti mollava tutto e tutti per andarsi a fare una passeggiata all’aria aperta. Quelli erano i suoi momenti, quelli in cui gettava tutto fuori. Gridava per il dolore e la frustrazione e spesso piangeva, come non faceva quasi mai, come solo lui l’aveva fatta piangere.
Quella notte però aveva un altro compito. Gli altri sarebbero andati avanti con le ricerche negli altri piani, mentre lei, accompagnata da Liam e Brendan, sarebbe tornata nella 206. L’ultimo aveva insistito per fare compagnia ai due. Sapeva che lei poteva vedere e parlare con i fantasmi, e sapeva che era anche l’unica in quel gruppo di fantomatici medium, ecco perché le stava appiccicato addosso come una zecca.
-Qualcuno veniva qui ogni giorno a sistemare la camera e a cambiare i fiori, ma non lo fa più da quando ci siamo noi. - disse Kelly pensierosa, toccando i petali ormai ingialliti delle gardenie.
-Forse dovreste mettere delle minitelecamere e vedere chi è il fantomatico uomo delle pulizie.- Liam l’aveva riportata alla realtà, stranamente parlando di qualcosa d’interessante.
-Non sarebbe una cattiva idea. - disse lei, rivolgendosi al proprietario dello stabile.
Lui parve riflettere a lungo su quella proposta, ma l’espressione del volto non sembrava promettere nulla di buono, così Kelly decise di giocarsi il tutto per tutto. Si avvicinò all’uomo, con fare elegante e poggiandogli delicatamente una mano sul braccio sussurrò piano due semplici parole. – Speciale televisivo. -
A quel punto l’uomo sembrò illuminarsi di luce propria. –Deve essere fatto, avete proprio ragione.-.
Neanche quella sera riuscì a scovare il fantasma di quella stanza, ma scoprire chi andasse lì a sistemare tutto era già un gran passo avanti. Quella storia la attraeva come un gatto attratto dalla luce del laser, il senso e il perché di quella storia erano lì davanti a lei, ma al contempo le sfuggivano sempre. Doveva sapere, doveva conoscere il motivo di tanta attenzioni nei confronti di qualcuno che non c’è più.
 Liam tornò all’albergo volando su una nuvola, continuava a dire di non essersi mai divertito tanto. Ancora non era del tutto convinto dell’esistenza dei fantasmi, ma questo non sembrava limitare il suo entusiasmo.
-Questa sera mi ci riporti, vero... vero?- il ragazzo la stava tormentando da almeno venti minuti con domande del genere. Come diavolo faceva ad avere ancora tutte quelle energie? Lei era stremata.
-Sono troppo vecchia per queste cose.- disse semplicemente, ignorando il ragazzo e le sue
richieste.
- Kelly. – gridò sdegnato, attirando nuovamente l’attenzione della ragazza.
-Senti, ok stasera ti porto con me, ma ora piazzati su quel divano e fammi dormire.-
Detto questo, si diresse verso il letto, finendoci sopra a peso morto e rotolandosi tra le coperte per avvolgervisi. Sembrava un verme dentro il suo bozzolo. Prese il cellulare dal comodino, doveva mettersi una sveglia, forse quattro... altrimenti non si sarebbe svegliata. Poi notò un messaggio, non sapendo di chi fosse cliccò sull’icona della busta da lettere… era di Billy. Mise la sveglia e poggiò nuovamente il cellulare sul comodino. Probabilmente avrebbe fatto qualche incubo.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi / Vai alla pagina dell'autore: Eco_90