Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: memi    31/01/2005    11 recensioni
"La dolce magia dei ricordi rimmarrà sempre nel mio cuore...ma adesso è tempo di andare avanti. Ho speso troppo tempo a chiedermi se avessi deciso bene o meno. Ora lo so. Ma tu...potrai mai perdonarmi amore per questa mia indecisione?"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Yurushi Watakushi Ai

Introduzione


Eccomi di nuovo qui, a presentare la mia nuovissima fanfiction.

Non so come mi sia venuta in mente, ma mi ha colpito e così alla fine ho deciso di metterla nero su bianco. La storia mi è molto chiara, devo dire, e spero di poterla concludere presto. Vi anticipo che ci sarà un nuovo personaggio, da me considerato, tra l’altro, molto importante. Si tratta di una ragazza. La sua età è di ventiquattro anni, così come quella di tutti gli altri. Non vi svelo altro! ^^

Annuncio che in questa fanfic si alterneranno momenti di massima felicità, a momenti di depressione totale! ^__^

Comunque spero che il tutto vi piaccia. Per quanto mi riguarda io, come sempre del resto, ho dato del mio meglio. D’altronde io tengo moltissimo a tutte le mie fanfics, alle quali dedico anima e corpo! Questa in particolar modo!

Ritornando alla storia, protagonisti indiscussi saranno il dolcissimo (e bellissimo!) Tom Becker e il nuovo personaggio da me completamente inventato, il cui nome corrisponde (questo ve lo concedo come anticipo ^__-) a quello di Ellison Parker. Comunque non temete, perché ruolo importante e di certo non marginale, avranno anche Patricia Gatsby e Oliver Hutton. E poi non sono da dimenticare gli adolescenti, a cui spetterà una parte anche piuttosto divertente! ^^ Per quanto riguarda tutti gli altri, saranno presenti anche loro e cercherò di farli entrare il più possibile nella storia. Inoltre vi annuncio che ruolo alquanto rilevante (per lo meno alla trama) avranno anche i giocatori di alcune squadre europee, primo fra tutti il ribelle (e figo!) Louis Napoleon.

Adesso passiamo ai (tanto odiati) disclaimer.

Tutti i personaggi di Captain Tsubasa non mi appartengono, ma sono di proprietà di Yoichi Takahashi e della casa editrice. Gli altri personaggi, che invece non appaiono nel manga, mi appartengono di diritto in quanto sono il frutto della mia fervida immaginazione. Inoltre tutti i personaggi e la stessa fanfiction non sono utilizzati assolutamente da me medesima a scopo di lucro.

Bene, ora, prima di lasciarvi (finalmente!) alla fanfic, vi spiego per un breve istante l’origine e il significato del titolo. Mi è venuto spontaneo questo titolo, in quanto è una frase che penso, e sottolineo penso di inserire nella fanfic. Comunque, anche se ciò non accadrà, è in un certo qual senso una frase importante che si lega in qualche modo all’intera storia. Non so se sono stata abbastanza chiara...comunque! Forse capirete meglio se vi dico il significato! ^^ Prima, però, voglio precisare che io non conosco il giapponese, ma mi sono servita del dizionario per tradurre la frase. Quindi, se per caso il modo di tradurre è sbagliato, vi chiedo di scusarmi! ^__^

Stando, in ogni caso, alla “mia traduzione”, “yurushi watakushi ai” dovrebbe significare, in inglese, “forgive me love”, ossia “perdonami amore”.

(yurushi = perdona

watakushi = me

ai = amore)

Detto questo, vi lascio alla mia fanfic, sperando che voi la commentiate e mi facciate così sapere cosa ne pensate! ^__-

Un bacione grandissimo a tutti

Memi J

Attenzione:

Sotto consiglio dell’amministratrice di EFP, ho inoltrato l’introduzione nel primo capitolo e copiato le recensioni come anonimo. Ringrazio ugualmente miki_koishikawait, Serena, super gaia e Fedechan per aver lasciato le suddette recensioni e che quindi ho ripostato!


Yurushi Watakushi Ai

Yurushi Watakushi Ai

Capitolo 1


Attentamente Patricia Gatsby, seduta sulla panchina, osservava la consueta partita d’allenamento della New Team. In quel momento era il capitano a detenere il pallone. Oliver Hutton stava effettuando dei magistrali dribbling e come sempre sembrava al massimo della forma. Meno aitante era invece l’altro membro della Coppia d’Oro, Tommy Becker, nonché numero undici della New Team e della nazionale giapponese. Ma non solo in campo, dove sembrava aver perso tutta la grinta di un tempo, anche nelle altre cose. A vederlo così, quasi era impossibile credere che quello fosse realmente Tom Becker, il ragazzino pieno di entusiasmo che aiutava chiunque ne avesse bisogno. Holly per primo, che era risaputo essere il suo miglior amico, faticava a riconoscerlo. Da quando Tom era ritornato dalla Francia, due mesi prima, era cambiato completamente. Patty aveva notato, così come tutti gli altri, che sul volto del bel numero undici non c’era più quel sorriso dolcissimo che lo aveva sempre caratterizzato, ma regnava sempre un’espressione tristissima. Tom era sempre giù di morale, pensieroso e a volte persino scontroso. Ma si rifiutava di dire cosa avesse. Però Patty non aveva alcuna intenzione di demordere. Era convinta che sotto quel suo comportamento, doveva celarsi una ragione più che valida, e lei era intenzionata a scoprire di cosa si trattasse. Solo sapendo poteva aiutarlo. L’unica cosa che ancora la bloccava, era il fatto che non aveva ancora trovato una buona occasione per affrontare apertamente il discorso con Tom. “Ma giuro che ci riuscirò!”, si disse la giovane, fissando decisa il numero undici.

- Ehi, Patty – la chiamò, riscuotendola dai suoi pensieri, Evelyn, seduta accanto a lei.

- Si? – fece l’altra, voltandosi a guardarla.

- Hai visto come è in forma oggi, Holly? – le fece notare la seconda manager della New Team.

Patty annuì e si voltò verso il campo a fissare il bel numero dieci che avanzava palla al piede in direzione della porta avversaria. Non c’era che dire, il Brasile aveva fatto bene ad Holly, almeno per quanto riguardava il calcio. La sua tecnica aveva raggiunto livelli davvero incredibili e la grinta che metteva in campo era pazzesca! E poi sembrava anche più sereno, a differenza di Tom. Da quando era ritornato Holly dal Brasile, la New Team ci aveva solo guadagnato. Con Holly in campo era tutta un’altra cosa! E Patricia doveva ammettere che si era sentita terribilmente la sua mancanza. E non solo nella New Team.

In quegli anni in cui Oliver era stato via, Patty era stata malissimo. Continuava a pensare a lui giorno e notte, fino a quando un giorno non le avevano offerto di lavorare in un bar. Lei aveva accettato, ma solo perché in cuor suo era accesa la fiamma della speranza che con quei soldi, un giorno, sarebbe potuta andare da lui. E in effetti ci era andata, in Brasile. Solo tre giorni, di cui i primi due trascorsi a cercarlo. Ma il terzo l’aveva trovato ed era stata sempre con lui. Non come aveva sperato lei, certo, ma pur sempre con lui. Poi era dovuta ritornare in Giappone, ma fortunatamente la lontananza da Holly era durata solo pochi mesi, perché poi anche lui aveva fatto ritorno a Fujisawa.

Ad ogni modo, il viaggio che Patty aveva fatto in Brasile si era rivelato ottimo per la loro amicizia, che ci aveva solo guadagnato. Il legame tra lei e Holly, infatti, si era notevolmente fortificato e questo la faceva ben sperare che forse un giorno sarebbe potuta nascere qualche altra cosa. A volte Patty si dava della stupida per questa sua continua speranza che persisteva sin da quando aveva dieci anni – e adesso ne aveva ben ventitré! – ma poi si rendeva conto che non poteva farci nulla, perché lei lo amava e che quindi era più che naturale che in cuor suo continuava a sperare che forse un giorno anche lui avrebbe potuto ricambiare i suoi sentimenti.

- Tom! Ma che stai combinando? – la voce irata dell’allenatore Freddy Marshall, fece sobbalzare la fanciulla.

Patty si voltò a guardare Becker, che era fermo all’altro lato del campo.

- Devi concentrarti sul pallone!! – continuò il mister, che sembrava veramente esasperato.

- Ma che succede? – chiese sottovoce Patricia a Evelyn, cercando di capire.

- Alle solite, Tom sta giocando malissimo – rispose con un sospiro desolato l’altra.

- Non so più cosa fare con te, Tom – stava nel frattempo dicendo l’allenatore, con un tono sconfortato. – Ma che ti succede? Dov’è finito il campione che conoscevo? – chiese quasi a se stesso.

Patty si voltò a fissare Tom, per vedere quale fosse la sua reazione, ma il ragazzo se ne stava in silenzio, contrito.

Accanto a lei il mister sospirò sconsolato. – Dopo la partita mi piacerebbe che tu continuassi ad allenarti ancora un po’ -

Tom annuì, ma non disse nulla. Poi la partita continuò.

***

“Ecco, questo è il momento”, si disse Patricia, decisa. Gli allenamenti erano appena finiti ed erano andati via tutti. Solo Tom si stava ancora allenando, in campo, come gli aveva precedentemente detto di fare Freddy Marshall, da poco ritornato in Giappone per allenare personalmente la nuova ed esordiente squadra di calcio della New Team che ormai aveva raggiunto il livello professionistico. Patty, che si trovava accanto alle panchine, trasse un profondo respiro e, armata di coraggio, stava per raggiungere l’amico e chiedergli finalmente spiegazioni, quando d’un tratto iniziò a suonare il suo cellulare. Patty lo afferrò attonita, chiedendosi chi fosse a chiamarla in quel momento, ma non comparve alcun numero sul display. La giovane, allora, gettò un’occhiata a Tom, che stava continuando a palleggiare e non sembrava essersi accorto di nulla, e alla fine si allontanò di qualche passo da lì per poter rispondere senza disturbare il centrocampista. Arrivata lungo il muro laterale dell’edificio calcistico, Patricia finalmente rispose.

- Pronto? – si inumidì leggermente le labbra, mentre giocherellava con una ciocca di capelli scuri.

- Patty? – mormorò una voce tremante dall’altro capo.

- S…si – rispose spossata Patricia, non riconoscendo la voce. – Ma tu…? –

Per tutta risposta dall’altro capo del telefono si udì un sospiro, seguito da un lungo silenzio. – Patty, sono io, Ellison – si decise finalmente a rivelarsi l’altro.

- Ellison? Ellie? – ripeté trasognata Patricia, mentre un grosso sorriso le compariva sulle labbra nel riconoscere la cugina. – Ma dove sei? Da dove chiami? Se ti avessi riconosciuta prima, io…-

- Sono all’aeroporto, Patty – l’interruppe l’altra.

- Eh?! – fece Gatsby senza capire.

Ellison allora sospirò. – Sono all’aeroporto di Narita, sono appena arrivata da Parigi – spiegò a quel punto.

- Cosa?! Davvero sei qui? – proruppe al culmine della felicità Patricia. – Ma perché non mi hai avvisata prima? Sarei passata a prenderti e…-

- Ecco, è proprio di questo che si tratta – l’interruppe nuovamente Ellie. – Devo chiederti un favore, Patty…è urgente -

***

Oliver Hutton fu l’ultimo ad uscire dagli spogliatoi. I suoi amici, ormai, se ne erano andati, ma il sole ancora brillava in cielo. La verità era che era preoccupato per Tom. Ultimamente l’amico era strano. Insomma, non era da lui giocare a quel modo! Che fine aveva fatto il ragazzo allegro che aveva conosciuto tredici anni prima? Che poteva mai essergli successo da trasformarlo a quel modo? Tom era sempre stato un ragazzo allegro e con la testa sulle spalle, ma in quel periodo era completamente diverso. Capitava sempre più di rado di vederlo sorridere, di vederlo giocare bene, anche solo di divertirsi o parlare con gli altri! Spesso, invece, lo si trovava come trasognato, immerso in tutt’altro mondo. I ragazzi avevano provato a parlargli, a chiedergli cosa avesse. Era arrivato verso metà agosto in quello stato e dopo ben due mesi, nessuno era riuscito a fargli spiccicare parola su cosa avesse. I primi tempi Tom si era limitato a rispondere loro che non aveva niente, che stava bene, e così ben presto i ragazzi avevano capito che era meglio non insistere, perché presto o tardi sarebbe stato proprio lui a rivelarlo. Così avevano cercato di stargli quanto più possibile vicino.

Non appena Holly uscì dallo stabilimento sportivo, un tenue sole lo avvolse. Socchiuse gli occhi, infastiditi dalla luce, ma ben presto riuscì ad adattarsi al cambiamento e poté aprirli nuovamente. Rimase molto sorpreso di trovare Tom che palleggiava distrattamente sul campo, ma poi si ricordò che era stato Marshall in persona a dirgli di farlo.

- Tom! – lo chiamò tuttavia, come attirato verso l’amico.

Il suo cuore gli diceva che doveva parlargli, che Tom aveva bisogno di lui. Dal canto suo Tommy, non appena sentì la voce dell’amico chiamarlo, si voltò a guardarlo sorpreso.

- Holly? Che ci fai ancora qui? – gli chiese frastornato.

Per tutta risposta Oliver gli si avvicinò e gli sorrise amichevolmente. – Ho fatto tardi! – rispose in tutta onestà.

Tom annuì, prima di ritornare a concentrarsi sul pallone ai suoi piedi. Ma altri pensieri gli frullavano alla mente. Pensieri che non volevano dargli tregua e che non aveva rivelato ancora mai a nessuno.

- Tutto bene? – si preoccupò Holly nel notare il velo di angoscia che si era posato sull’amico.

Per tutta risposta Tom sospirò. Forse doveva parlarne con lui. Dopotutto Holly era il suo miglior amico e lui gli aveva sempre detto tutto. Sapeva di potersi fidare di lui. E lui doveva assolutamente parlare con qualcuno! Il suo cuore non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. Forse…forse parlarne con Holly era la cosa migliore da fare. Forse…avrebbe trovato finalmente un po’ di pace parlandone con qualcuno. Beh, tanto valeva provare. Ormai…non aveva più nulla da perdere.

- Tom? – lo riscosse dai suoi pensieri Oliver, preoccupato da quel continuo silenzio.

Tom, allora, sospirò nuovamente prima di guardarlo negli occhi. – Holly, cosa faresti se perderesti la persona a cui tu vuoi più bene? – gli chiese allora, con espressione trafitta.

L’altro lo guardò frastornato, confuso, senza riuscire a capire a chi si stesse riferendo l’amico. Nel frattempo Tom si accasciò seduto a terra, subito imitato dal giovane numero dieci della New Team.

- Si, cosa faresti se perderesti Patty? – continuò Becker, abbassando mestamente il capo.

- Eh?! Che c’entra Patty? – arrossì Holly, costernato.

- Non è forse lei la persona a cui tu vuoi più bene? – lo guardò allora inquisitorio Tom, facendolo per questo arrossire ancor di più.

- Io…- tentò invano di mascherare il suo imbarazzo l’altro. – Si – sospirò poi, rassegnato.

Tra i due calò un breve silenzio, che venne poi fugato da Tom.

- Dovresti dirglielo – dichiarò, sdraiandosi sulla fresca erbetta.

- Di che stai parlando? – lo guardò interrogativamente Holly, senza capire dove l’amico volesse andare a parare.

- Perché non hai ancora detto a Patty che la ami? – gli chiese esplicito l’altro, guardandolo dritto negli occhi.

Oliver arrossì violentemente a quelle parole, abbassando lo sguardo colto sul vivo. – Io…ecco, la verità è che…- balbettò imbarazzato.

- Dovresti dirglielo – tagliò corto Tom, sorridendo per la prima volta dopo tanto tempo.

Holly lo guardò per un istante in silenzio, pensieroso. Forse l’amico aveva ragione. Forse doveva veramente dire a Patty ciò che provava per lei. Ma…lo sapeva, era assurdo, ma che poteva farci se aveva vergogna? E cosa avrebbe dovuto dirle, poi? Di scusarlo, perché gli ci erano voluti dieci anni per capire di amarla? La verità era che lui, Oliver Hutton, la stella del Giappone, era un emerito idiota. Semplice. Chiaro. Lampante.

Holly sospirò, buttandosi anche lui sull’erbetta, accanto all’amico. I due rimasero un lungo istante in silenzio, persi nei propri pensieri. Poi fu nuovamente Tom a lacerare il silenzio creatosi.

- Holly? – lo chiamò.

- Uhm? – fece l’altro, fissando con insistenza il cielo azzurro terso sopra di lui.

- Che faresti se un giorno perdessi Patty? – gli chiese Tom, apparentemente immerso nei propri pensieri.

Oliver ci pensò su per un istante prima di rispondere. – Probabilmente – disse alla fine. – Proverei a riconquistarla -

Tommy fece per pensarci su. Riconquistarla...

- Perché me lo chiedi? – l’improvvisa domanda di Holly, che si era voltato verso di lui, lo costrinse a tornare con i piedi per terra.

Tom, allora, si fece serio. – Perché io ho perso la persona a cui tenevo di più – rispose, mentre il cuore gli si stringeva in una morsa.

***

Patty entrò tutta trafelata nel grande aeroporto di Narita. Indossava ancora la divisa della squadra di calcio di cui era ancora la manager. Ellie l’aveva chiamata così all’improvviso che lei non aveva fatto in tempo a far nulla, se non a correre a casa, prendere le chiavi dell’auto e arrivare sino all’aeroporto, dove la cugina la stava aspettando.

Patty si guardò freneticamente attorno in cerca della ragazza, ma questa non sembrava essere da nessuna parte. La giovane si recò allora al cartellone per vedere a quale cancello fosse il volo proveniente da Parigi. Stava ancora controllando, quando una mano piccola e calda le si poggiò su una spalla, facendola sobbalzare.

- Patty? – la chiamò una vocina a lei familiare.

Patricia si voltò tutta sorridente verso quella voce e subito abbracciò di slancio la figura femminile davanti a lei.

- Ellie! Non posso ancora credere che tu sia qui! – esclamò entusiasta, sciogliendosi dall’abbraccio.

Guardò meglio la ragazza di fronte a lei. Era la stessa Ellison Parker di sempre, forse appena un po’ più pallida e magra. Alta appena un metro e sessantacinque, il suo fisico era smilzo e minuto, caratterizzato da forme dolci. Indossava un semplice jeans e una magliettina panna da sopra, e portava i capelli castani, che le toccavano le spalle, sciolti. Gli occhi marroncini, che mettevano in risalto un viso dalle fattezze delicate, erano sottolineati da qualche occhiaia e apparivano stanchi, ma emanavano sempre quella dolcezza tipica di lei. Anche Ellie aveva ventiquattro anni come lei, o quasi visto che li avrebbe compiuti entro la fine del mese.

- Grazie per essermi venuta a prendere, Patty – le sorrise affettuosamente l’altra. – E scusami se te l’ho fatto sapere solo poco fa, solo che...-

- Ma ti pare! – la interruppe Patricia, notando il velo di mestizia che era apparso sul viso della cugina. – Piuttosto, scusami se ci ho messo così tanto! Ma per la strada ho trovato un po’ di traffico e così...- (1)

- Non fa niente – scosse il capo Ellison. – Sono contenta di rivederti – disse invece, sorridendole dolcemente.

- Si, anch’io sono felice che tu sia qui – dichiarò Patty, sorridendo a sua volta. – Adesso andiamo, però! La mamma ti sta aspettando! – dichiarò, prendendo l’unica valigia che la ragazza aveva con sé.

- Cosa? La zia sa che sono qui? – chiese sorpresa Ellison, seguendo la cugina fuori dall’aeroporto.

- Ho dovuto dirglielo quando mi ha vista prendere le chiavi dell’auto di corsa – spiegò Patty.

- Capisco – sorrise appena Ellison. – Ma ora dimmi di te! Come va con Holly? – le chiese, incuriosita.

Patricia arrossì leggermente a quella domanda, ma poi iniziò a raccontarle alcuni episodi della sua vita lì a Fujisawa, intanto che si avviavano verso la macchina e, poi, verso casa.

***

- Qua ci sono le coperte, se durante la notte hai più freddo – Patty aprì l’armadio, accennando alle coperte ben ripiegate che giacevano sul fondo. – Se poi hai bisogno di qualche altra cosa, dimmelo e vedrò cosa posso fare per fartela avere -

Ellie le sorrise, riconoscente. – Grazie per tutto quello che tu e gli zii state facendo per me – la ringraziò, sedendosi sul letto.

Patricia, allora, richiuse l’armadio e si voltò sorridente verso di lei. – Non potevamo mandarti in un albergo! Tu sei la benvenuta in questa casa fino a quando rimarrai qui in Giappone! – le si avvicinò.

- Grazie – le rivolse un meraviglioso sorriso Ellison.

Patty ricambiò. Aveva capito. Aveva capito che la cugina non la stava ringraziando solo per l’ospitalità, ma anche per tutto il resto. Per essere andata a prenderla all’aeroporto, nonostante la chiamata fosse arrivata improvvisa, per averle tirato un po’ su il morale, che era chiaramente a terra, per non averle fatto domande a riguardo. Insomma, per tutto ciò che Patty aveva fatto e stava ancora facendo per lei.

- Non merito tutto questo – mormorò a un tratto Ellie, sforzandosi di non piangere. – Voi...siete tutti così gentili con me...e io...io non faccio altro che deludere chi mi sta attorno – due piccole lacrime spuntarono sugli spigoli dei suoi occhi, scendendo man mano verso le guance.

- Ellie – la abbracciò allora Patricia. – Non dire così – le carezzò dolcemente i capelli per cercare di farla calmare.

Aveva capito subito che la cugina aveva qualcosa che la tormentava, ma non aveva voluto chiederle niente. Sapeva che sarebbe stata lei a dirle tutto quando se la sarebbe sentita.

- Mi dispiace – si scusò tra le lacrime l’altra. – Sono una stupida. Finisco sempre per combinare macelli! -

- Non è vero – ribatté Patricia fermamente. – Tu sei una ragazza fantastica! Sei buona, dolce, altruista, sensibile, intelligente, e potrei continuare così all’infinito! – le sorrise incoraggiante, cercando di tirarla su di morale.

Ellison le sorrise, dimostrando di apprezzare lo sforzo. – Grazie, Patty, per essermi accanto – mormorò poi, stringendola. – Tu mi sei sempre vicino quando ho bisogno di aiuto -

- E’ questo a che servono le cugine, no? – le fece l’occhiolino Patricia, sciogliendosi dall’abbraccio. – E poi, anche tu mi sei sempre vicina quando ne ho bisogno – le sorrise, grata.

Anche Ellie sorrise, asciugandosi le lacrime con le mani. Dopodiché fece cenno alla cugina di sedersi accanto a lei. Patty obbedì e la guardò in silenzio ma attenta.

- Patty, io...- iniziò a dire Ellison, voltandosi verso la cugina. – Io ho bisogno di dirti una cosa -

Patricia annuì, invogliandola così a continuare. Ellison, per tutta risposta, trasse un profondo respiro prima di iniziare a parlare.

- E’ successo tutto due mesi fa – disse e già la data fece scattare qualcosa in Patty.

“Due mesi fa? Ma non è quando Tom è tornato?”, rifletté tra sé e sé la ragazza, “che sia successo qualcosa tra loro?!”.

- Io e Tom siamo sempre stati ottimi amici, sin da quando ci siamo conosciuti quattordici anni fa – spiegò Ellison, e Patty, che questo lo sapeva già, annuì. – In fondo, sei stata tu a presentarci, una volta che io venni qui a Fujisawa a trovarti – ricordò.

- Già! – rimembrò anche Patty. – Sono stati tutti molto felici di fare la tua conoscenza! E poi c’era Bruce che continuava a farti la corte, anche se ogni volta Evelyn lo rimproverava! -

- Si – annuì con un sorriso Ellison. – Ma poi alla fine Bruce si è accorto di essere innamorato di lei e adesso...-

- Adesso sono fidanzati e tra non molto si sposano anche! – terminò di dire Patty, sorridendo divertita. (2)

- Già...- sospirò Ellie, ricordando con malinconia quei tempi. – Ma poi siamo cresciuti tutti -

Patricia la guardò, preoccupata. Piccole lacrime presero a rigare il volto di Ellison, anche se lei non ci prestava molto caso, e Patty allora le prese dolcemente la mano tra le sue. Gesto che l’altra sembrò apprezzare particolarmente.

- Ero così felice di aver ritrovato Tom quando lui è venuto a vivere in Francia! – ricordò Ellie. – Siamo diventati subito ottimi amici. Lui era un ragazzo fantastico: dolce, sensibile, allegro, intelligente e sempre disponibile. Ogni volta che stavo male, lui c’era, era lì con me. E quando lui è ritornato qui a Fujisawa, a quindici anni...sono stata così male! -

- Ma poi è ritornato in Francia – le fece notare Patricia, accennando a un sorriso.

- E’ vero – annuì Ellison. – Però...io...mi sono comportata così male con lui! – scoppiò a piangere.

Patty, allora, la abbracciò affettuosamente e lasciò che la cugina si sfogasse tra le sue braccia. Quella si calmò solo dopo un po’.

- Ti va di raccontarmi tutto, adesso? – le chiese amorevolmente Patty, guardandola con apprensione.

Ellie, come una bambina, annuì. – In tutti questi anni, io...non avevo mai capito nulla – singhiozzò. – Tom mi è sempre stato accanto, ma io...io l’ho fatto solo soffrire! Sono stata una stupida! -

- Non dire così – tentò di dire Patricia, commossa.

- No, invece è così! – ripeté Ellison. – Ho dovuto farlo soffrire per capire quanto lui tenesse a me...per capire che mi amava. Ma io...-

- Tu non lo ami, non è vero? – azzardò Patricia.

Ellison rilassò le spalle, lasciandosi andare. – Già – rispose quindi, guardandola tristemente negli occhi.

- Oh, Ellie! – la abbracciò allora Patty, dispiaciuta.

Adesso capiva, capiva cosa avesse Tom in quel periodo.

- Tu sei ancora innamorata di Louis Napoleon, giusto? – chiese quindi per conferma Patty, separandosi dalla cugina, che annuì.

- Lo sai, sono anni che sono innamorata di lui – rispose, sospirando mestamente. – Ma lui non si è mai accorto di me. Non in quel senso, perlomeno. E, probabilmente, non se ne accorgerà più...- disse contrita.

- Perché dici così? – le chiese Patty senza capire.

Ellison, allora, sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. – Forse è meglio che ti racconta bene quello che è successo due mesi fa – disse quasi a se stessa. – Ecco, io ero a casa di Tom; suo padre era fuori per qualche giorno per lavoro. Avevo appena assistito agli allenamenti del Paris Saint Germain, quando li ho visti. Louis e la sua nuova ragazza si tenevano dolcemente a braccetto e sembravano così...felici! Mentre io...io ero disperata. Ultimamente io e Louis andavamo così d’accordo, c’era una tale intesa tra noi che io ho creduto sarebbe stata la volta buona. E invece...tutti i miei sogni, le mie speranze sono andate in frantumi così, di fronte a quella scena – iniziò a piangere Ellie.

Anche Patty sembrava partecipe del dolore della cugina. D’altronde anche lei conosceva bene quel sentimento. Amare e non essere ricambiati...

- Uscendo dagli spogliatoi – riprese a dire Ellison, riportando Patricia alla realtà. – Tom mi ha vista piangere e, come sempre, ha subito cercato di consolarmi. Siamo andati a casa sua, abbiamo bevuto un the caldo e...e poi è successo tutto – voltò leggermente il capo, imbarazzata.

Patty in un primo momento non capì cosa intendesse per “tutto” la cugina, per questo la guardò interrogativa.

- Tutto cosa? – le chiese perplessa.

- Beh, ecco noi...- arrossì ancor di più Ellison, abbassando lo sguardo per cercare di nascondere la vergogna che stava provando in quel momento. – Io e Tom...si, insomma, noi...noi abbiamo fatto l’amore – arrossì violentemente nel pronunciare quelle parole.

Patricia ci impiegò un paio di secondi per capire cosa la cugina avesse detto e quando ci riuscì dapprima arrossì lievemente, poi un grosso sorriso comparve sulle sue labbra. In cuor suo aveva sempre sperato che Ellie e Tom un giorno sarebbero finiti insieme. Sin da quando li aveva visti guardarsi più di quindici anni fa, quando si erano incontrati per la prima volta. Ma poi il suo sorriso scomparve quando notò lo sguardo ricolmo di tristezza della cugina.

- Tu...tu non volevi fare l’amore con lui – intese, guardandola spossata.

Ellison annuì, incapace di parlare.

- Ma se non volevi, perché l’hai fatto? – inquisì allora Patty, frastornata.

- Io...io non lo so! – sbottò Ellison, disperata. – Lui era lì, seduto sul divano che mi consolava. E io avevo così bisogno di qualcuno che mi dicesse quanto ci tenesse a me! Sono stata una stupida, me ne rendo conto, ma quando ho visto lui, così vicino a me, così dolce...io...io non ho resistito e...e l’ho baciato – si vergognò per l’ennesima volta di ciò che aveva fatto.

Patricia, dal canto suo, la guardava allibita. – L’hai baciato? – ripeté allibita. – E poi cos’è successo? – le chiese interessata.

- Beh, lui ha risposto al bacio, che si è fatto sempre più audace, fino a quando – arrossì furiosamente al ricordo. – Fino a quando non siamo finiti in camera da letto -

- E lì avete consumato la vostra prima volta insieme – ne dedusse Patricia, sospirando.

- Già – annuì imbarazzata Ellison, tentando di ricacciare indietro le lacrime.

- Hai combinato un bel macello, Ellie – le fece notare Patty, senza però rimproverarla o sgridarla.

Le voleva bene e l’avrebbe aiutata in ogni caso, qualsiasi cosa sarebbe accaduta.

- Lo so – mormorò appena Ellison, compunta.

- Quando poi vi siete svegliati – riprese Patricia. – Cosa hai fatto? Voglio dire, tu non lo amavi e...non lo ami. Come ti sei comportata dopo? – la guardò desiderosa di sapere.

- Io...- arrossì ancora una volta Ellie, vergognandosi di ciò che aveva fatto. – Quando mi sono svegliata, Tom era andato in cucina a preparare la colazione. Sono stata per un sacco di tempo sul letto a pensare e a ripensare a quello che era successo, giungendo infine alla conclusione che non era giusto mentirlo facendogli credere di amarlo -

- Così, quando lui è arrivato...- intuì Patty, dispiaciuta per l’amico.

Immaginava cosa avesse provato in quel momento Tom. Se lei si fosse dichiarata a Holly e lui l’avesse rifiutata, avrebbe provato lo stesso. Perdere la persona che si ama non è facile. Al contrario, è doloroso come non mai. Patty tutto questo poteva benissimo comprenderlo. Ma allo stesso tempo non se la sentiva di accusare la cugina. Forse, al suo posto anche lei avrebbe reagito ugualmente. In ogni caso lei non era nessuno per poter deliberare così giudizi.

- Tom è arrivato in camera da letto con un vassoio pieno di cose da mangiare – Ellison interruppe il fluire dei suoi pensieri. – E era così felice mentre mi salutava, augurandomi il buongiorno... Ma quando ha provato a baciarmi, io...io l’ho rifiutato. Non potevo baciarlo, Patty, perché io non lo amavo! E dovevo dirglielo. Assolutamente -

- Deve esserti costato molto – notò l’altra, mettendosi nelle vesti della cugina.

Sapeva quanto Ellison volesse bene a Tom, quanto ci tenesse a lui e alla sua amicizia. Doveva esserle costato davvero molto dirgli che non lo amava, che si era trattato di un momento di confusione che l’aveva spinta a comportarsi in quel modo, senza riuscire a controllarsi, col rischio di perderlo.

- Molto – annuì frattanto Ellie. – Lui mi guardava sorpreso di quel rifiuto, con ancora il vassoio tra le mani... E’ stato così difficile rivelargli che era stato tutto uno sbaglio, che lui era il mio miglior amico, che gli volevo bene ma solo come amico e che...non lo amavo. Non so quanto tempo l’ho guardato in silenzio, cercando una risposta in quei suoi occhi. Ma lui se ne stava semplicemente lì, immobile. Pallido e immobile. Poi mi ha guardata come se fossi un insetto, con un’espressione ricolma d’odio. Mi sono sentita così male in quel momento! – scoppiò a piangere Ellison, disperata.

- Posso immaginarlo – le carezzò dolcemente una mano Patricia, tentando di non scoppiare a piangere a sua volta.

- Lui mi odiava veramente in quel momento, ma come biasimarlo? Ero stata così cattiva con lui...- Ellison si rifugiò tra le braccia della cugina e poggiò la testa sul suo petto, in cerca di affetto. – Avrei voluto morire, pur di non vederlo soffrire in quel modo. Tom ha lasciato andare il vassoio che aveva tra le mani, facendo così cadere tutto ciò che aveva preparato per noi due. Poi ho alzato lo sguardo e ho visto che stava piangendo. In quel momento io...io mi sono sentita un verme! Avevo fatto soffrire la persona più buona del mondo col mio stupido comportamento! Lui...Tom non meritava tutto questo -

Patty la strinse un po’ più forte, partecipe del suo dolore. Piccole lacrime avevano preso a rigarle a sua volta il viso, ma lei non se ne curava. Per Tom era stato difficile. Lo aveva visto soffrire veramente in quei due mesi che era lì, e ora ne capiva anche il motivo. Ma anche per Ellison non era stato facile. Aveva perso tutto nell’arco di pochissimo tempo, senza poter fare nulla per impedirlo. Quella era una situazione veramente difficile.

- E’ per questo che Tom è ritornato a Fujisawa? – le chiese carezzevole Patricia, sfiorandole dolcemente i capelli.

- Si – annuì Ellison, cercando di calmarsi. – Quel giorno Tom mi disse di non volermi più vedere. Poi se ne andò e il giorno dopo venni a sapere che partiva, ritornava a Fujisawa -

- E non l’hai più sentito da quella volta? – domandò ancora Patty, cercando di non essere indiscreta.

- No – sospirò Ellie.

- Capisco – mormorò allora Patty, pensosa. – Deve essere stato difficile per te – notò poco dopo, guardandola con un’infinita dolcezza negli occhi.

- Non puoi capire quanto – sospirò l’altra, separandosi un po’ da lei. – E adesso...- ma Ellison non riuscì a terminare la frase che un’indicibile nausea la stravolse.

La ragazza si alzò di scatto e, sotto lo sguardo interrogativo della cugina, corse di fretta in bagno. Patty rimase ancora per qualche istante interdetta, poi raggiunse Ellison in bagno. Questa stava appoggiata al wc e aveva la fronte madida di sudore, mentre l’espressione del suo viso si era tramutata in disgusto. Patricia capì al volo.

- Ellie, non...non dirmi che...- deglutì, sgranando gli occhi. – Tu...tu...- ma non riuscì a terminare la frase.

Ellison, d’altra parte, non disse nulla, limitandosi a guardarla con un’occhiata che non lasciava spazio ai dubbi.

(1) Non so quanto in verità Fujisawa sia lontana da Narita, né se esiste Fujisawa. In ogni caso nella mia fanfic, le due città non sono molto lontane.

(2) In Giappone non funziona come in Italia che bisogna avere almeno diciotto anni per sposarsi. In genere nel Paese dei mandorli in fiore le ragazze possono sposarsi già a sedici anni, mentre i ragazzi ne devono compiere almeno diciotto.

  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: memi