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Autore: miseichan    05/12/2014    5 recensioni
Andrea sapeva molte cose.
Sapeva che aveva il naso gelato, una sete assurda, voglia di caramelle alla fragola e nessun desiderio di salire al terzo piano per andare a sostenere l’esame. Oh, e sapeva anche di essere fatto.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Domande a trabocchetto

 

 

 

 

Andrea sapeva molte cose. 
Sapeva che mancava decisamente troppo poco tempo al Natale. Come era possibile che mancasse già così poco al Natale? Sembrava ieri che quella dannata, dolorosissima scottatura sulla spalla lo aveva costretto a rinchiudersi in casa per tre giorni. 
Sapeva che fuori c’erano esattamente dodici gradi. Precisi. Stando all’insegna luminosa della farmacia di fronte, almeno. Non che ci fosse da fidarsi troppo, a pensarci bene. Non era proprio quella la farmacia in cui andava a rifornirsi Gennaro?
Sapeva che aveva il naso gelato, una sete assurda, voglia di caramelle alla fragola e nessun desiderio di salire al terzo piano per andare a sostenere l’esame. Oh, e sapeva anche di essere fatto. Fatto nel senso di fumato. Fatto nel senso di drogato. Quel senso lì, sì. Il tipo di senso che comporterebbe... comporterebbe? Esisteva il verbo ‘comportare’? 
“Com’è il caffè?”
Andrea si girò lentamente e chiese, senza pensare, “Quale caffè?”
Lo sguardo dell’altro ragazzo si fece più attento, poi un sorriso gli piegò le labbra. 
“Quello che stai bevendo.”
“Oh,” sorrise a sua volta Andrea, ricordandosi improvvisamente di aver di fatto ordinato un caffè. “Non lo sto bevendo.”
“Perché è il bar dell’università ed è terribile?” 
Sorridevano ancora entrambi, ma Andrea avrebbe giurato che quello dell’altro fosse più che altro un sogghigno. Divertito, certo. Malefico, più di tutto. 
“Non mi piace il caffè,” si ritrovò a spiegare, incapace di star zitto. “Non capisco perché la gente si ostini a berlo quando esistono altre bevande come il tè, la cioccolata calda o... oh, sai che con questo freddo una bella cioccolata calda ci starebbe proprio bene?”
“Perché non hai ordinato quella allora?”
Andrea ci pensò. “Non lo so. Non ricordavo nemmeno di aver ordinato un caffè, a voler essere del tutto sincero. Almeno non prima della tua domanda.”
“Io sono Flavio, comunque.”
“Ci dev’essere stato un motivo, però,” rifletté Andrea, inclinando leggermente il capo. Gli aveva appena detto il suo nome, per caso? Perché mai si era presentato mentre cercava di ricordare cosa ci faceva con una tazza di... Fu a quel punto che notò i guanti. 
“Sono ossa umane!” eruppe, deliziato. 
Lasciò andare la tazza e afferrò la mano destra dell’altro ragazzo. “Guanti con delle ossa umane disegnate sopra. Le ossa della mano.” 
“Ti rubo il caffè,” mormorò Flavio, appropriandosi della tazza abbandonata. 
Andrea annuì appena, completamente indifferente alla questione. C’erano delle ossa. Su dei guanti. Guanti con delle ossa sopra.
“Dove li hai presi? Devo assolutamente averli anch’io.”
“Cinque.”
“Cosa?”
“Il caffè. Un cinque, niente di più,” scosse il capo Flavio, deluso. “Non raggiunge neanche la sufficienza, temo.”
Andrea accarezzò il guanto, apprezzandone la morbidezza, e intrecciò automaticamente le dita a quelle dell’altro. “Oh.”
Flavio incrociò il suo sguardo perso senza tuttavia liberare la mano. “Cosa?”
“Ho dimenticato i miei guanti a casa.”
“Errore da non poco, considerando il freddo.”
“No!” si entusiasmò Andrea, agitando le loro mani unite con un unico, fluido movimento. “Ecco perché ho ordinato il caffè: per scaldarmi le mani visto che avevo dimenticato i guanti a casa.”
La risata dell’altro lo colse di sorpresa.
Una risata dolce, gentile, assolutamente adorabile. 
Andrea lo guardò e pensò che lui era proprio come la sua risata. 
“Che c’è di divertente?” domandò, costringendosi a liberare la mano e ad arretrare di un passo. 
“Tu,” rispose l’altro, sincero. “Sei esilarante. Ed è decisamente troppo che non mi fumo una canna.”
Andrea spalancò gli occhi. “Io non...”
Flavio scosse la testa, l’espressione saputa e rilassata. “Devo andare.”
“Non mi hai lasciato spiegare.”
“Perché sono una persona premurosa,” rispose lui. 
Andrea pensò fosse una risposta incomprensibile. 
Lo guardò allontanarsi in direzione delle scale e sospirò. Doveva farle anche lui quelle scale. Doveva arrivare al terzo piano, miseria nera. Senza contare che di lì a un’ora l’esame sarebbe iniziato e lui...
“Non sapevo conoscessi D’Aguanno.”
Andrea si girò verso Martina. 
“Questo caffè fa schifo,” disse lei. 
“Dovete smetterla di bere il mio caffè.”
“Tu non bevi caffè.”
“E ciò non impedisce a voialtri di berlo.”
Martina assottigliò lo sguardo e lo afferrò per un lembo della giacca. “Sei fatto.”
“No.”
“Non era una domanda, caro.”
“La risposta è comunque no.”
“Sei adorabile quando sei fatto, lo sai?”
Andrea chiuse gli occhi, esausto. “Chi è D’Aguanno?” 
“L’assistente con cui stavi parlando.”
Andrea sentì un brivido lungo la schiena e pregò di aver capito male. 
“Come, scusa?” chiese con un filo di voce, obbligandosi ad aprire gli occhi. 
“Martinetti verrà solo nel pomeriggio,” spiegò Martina, scandendo lentamente le parole. “Fino alle due ci sarà solo D’Aguanno, l’assistente con cui stavi parlando.”
Andrea annuì, un sorriso isterico a piegargli le labbra. 
Ora sapeva un’altra cosa, pensò. 
Sapeva di essere incredibilmente fottuto. 

 

***







 

   
 
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