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Autore: nwanda92    03/11/2008    0 recensioni
pensieri sparsi di una ragazza alle soglie dell'età adulta, pensieri di un'adolescente circondata da amici, da persone, da vita. Persone che contano tanto per lei, ma per gli altri...? Mia prima ff...!
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora… a distanza di pochi minuti ecco a voi una ff fresca fresca… ho dovuto mettere riting rosso non per le scene di sesso che non esistono quanto per la drammaticità della storia che sto per raccontare a tutti

Chi sono le persone nominate in questo pezzo di vita…? Chi questi nomi senza volto, chi queste facce anonime…
anonime per tutti… tranne che per loro... e per me!
spero che qualcuno voglia lasciare un commentino ^^

 

Diario di una Giornata Uggiosa

 

Che palle. Sempre le stesse cose. La prof interroga, svogliata. Aoristo di
lanthano. Infinito. Medio passivo. Sfoglio distrattamente il diario di Elena.
Guardo le foto con Letizia e Naiara. Guardo i tappi di Coronas e di Becks.
Prendo il diario di Nappy. Foto di Riccardo fatte con la digitale; ci sono Anna
e Virginia. Spiano l’obbiettivo.
- Declinami il pronome relativo!
Le parole della Battaglia mi destano. Suggerimenti. Lo dico a Letizia. Mi
legge le labbra. Lo ripete. -Bene. Plurale- la prof è soddisfatta. Ha fatto
bene. L’abbiamo azzeccato.
Ancora domande della prof. Continuo a sfogliare il diario. Leggo le dediche.
Articolo sui pottini, scritta di Elena, carta di Lucky Strike attaccata. Mi
chiama Selina. Con i suoi capelli scuri, gli occhi piccoli, il sorriso grande.
- Mary, ma lo sai che Laura è nata il 2?-. -Si certo. E siamo già a quattro. Il
compleanno di Selina. Si avvicinano i suoi 17 anni. Io, ho ancora i miei 15 e
mezzo. Con lui, quattro anni di differenza. Lui, il rappresentante di istituto,
con i capelli ricci e la sigaretta in bocca. L’animale politico. Ti ho sentito
parlare una volta. Francesco Santini. Dio, che nome. Non c’è nulla da fare, mi
piaci. All’assemblea mi fermo a chiacchierare con te. I complimenti per una
felpa con Che Guevara. Blu, con il comandante giallo e viola. Lui, jeans scuri
e sciarpa nera, buttata lì, come va va. Ti penso. Ti penso.
Suona la campana. Una mandria di bufali si riversa nel corridoio. Faccio l’
“in bocca al lupo” a Irene e fuggo. Con Selina. Giù per le scale. Da Benedetta.
Seconda B classico. Porta chiusa. Rosse le porte del Liceo Virgilio di Empoli,
sede centrale, via Cavuor. Rosse. Tutte uguali. Con la finestrella sopra.
Attaccate qui, le scritte di tutte le classi. Su quella “club dei letterati”.
Aspettiamo. Nessuno. Orario. Due ore di ginnastica al palazzetto. Niente.
“Ripassiamo domani”. Annuisco. Penso a lui. Mamma mia.
Usciamo. C’è poca gente, siamo uscite presto. Guardo in giro se c’è. Ah, già.
Oggi assemblea dell’artistico. Lui è là. A parlare e a informare la scuola dei
problemi. Escono Andrea e Federico. Incontro il suo sguardo. Lo distolgo.
Lasciamo stare. La nostra storia è finita. Dopo un anno e mezzo,
dimentichiamoci. E non so di chi sto parlando. Andrea parla con Martina, chissà
di che cosa. Oggi non ho voglia di scoprirlo. -Ci sentiamo oggi pomeriggio?-.
Elena. Domani si entra alle 10. Stasera si esce. Non abbiamo nulla da fare.
Cinema o giro? Boh, vediamo. Vai, ti chiamo oggi alle tre. Okay. Bacio. Bacio.
Selina mi chiama. Andiamo a pranzo insieme oggi. Ci Risiamo. Il bar di tutta
Empoli. Quello in. Con la vetrina e i potti. Ci incamminiamo. Ciao raga, a
domani. Già, a domani. 9.15 al Ciri? Vai. Ciao.
Sempre le stesse cose. Tutte le mattine alle 8 meno dieci- meno cinque
davanti scuola. Se si entra dopo, a fare colazione fuori. Lezione. Ricreazione
a chiacchierare accanto al termosifone. Riportano i compiti. Pianti e lamenti.
Gioia. Rabbia. Indifferenza, quasi mai. Si esce. Si fissa per il sabato.
Ragazzi, se non siamo in lista non si entra. No, io non vengo, vado al cinema.
Te? Io sto a casa. Dormo. Vado a giocare a calcio domenica. Ho la partita,
tanto perdete. Fottiti. Francesco, sei stato una ventata di aria fresca. O un
sospiro, non so.
Ci avviamo. Passiamo davanti al cinese, alla biblioteca, alla Misericordia.
Parliamo, svogliate. Allora, del Santini? Nulla, mi ha colpita. Colpita?
Rintronata, ferita, sconvolta, dissanguata. Te e Giorgio? Le solite figure.
Tanto se ci usciamo insieme qualche volta … Si vedrà. Si vedrà
Arriviamo al ristorante. Ciao, ciao. Ordiniamo. Pasta pomodoro e frutti di
mare per me, caprese per Selina. Ci sediamo; novità: c’è un cameriere con i
capelli lunghi. Capello, ridiamo. Lunga storia. Penso a lui. Capelli neri
ricci, lunghi fino alle spalle. Arrivano i piatti, la mia pasta fa schifo, ma
ho fame. Selina aspetta il dolce. Parliamo. Oggi attivo. Gita a Parigi. Con la
prima A classico. La puppina. Ridiamo. Cammina in avanti da quanto le pesano.
Ridiamo. Piano conquista Giorgio. Ordiniamo il dolce: fragole con crema e
ananas. Caffè? Caffè. Usciamo. Ci spolpano i portafogli. Ti chiamo stasera.
Ricordati di chiamare Lorenzo. Ed Elena.
Lorenzo. Testa di rapa. O di ravanello, se vogliamo. Ma quanto mi hai fatto
soffrire? Perché? dimenticatelo, Mary. Provo. Prova. E tu sei arrivato quando
provavo a dimenticarlo. Se stavi zitto, accidenti. Se stavi zitto. Era
peggio.
Torno a casa. Cellulare. Pronto? Elly? Il cinema solo alle 8 e un quarto.
Allora giro? Vai, cinque al Dallai. Si, si Marty la chiamo io.
La porta. Mamma. È tornata dal lavoro. Marianna, mi vado a cambiare e mangio
qualcosa. Poi devo andare da nonna. Attacco la lavastoviglie. Vado su. Compiti?
Otto a italiano. Brava. Grazie.
Mi stufo di essere brava a scuola. Mi stufo di essere pecora bianca. Non lo
sono, lo so. Sono pecora nera. Pecora nera per sempre. Sento la mancanza di
nonno. Tu avresti capito cos’era che non andava. Una partita a briscola? Tanto
vinco io. Diamine! Ma quando mai. Te le sei portate con te le carte. Mi manchi
nonno. Se c’eri te. Vorrei riaverti con me. E poi, nonna? Alzaimer. Avanzato.
Non credo mi riconosca più. Nonno, tu si che mi riconoscevi.
Mi vieni a fare compagnia? Arrivo. Guardiamo il telegiornale. C’è Davide
Sassoli. Parla del mondo che non va. Tu si che sapresti rimetterlo a posto,
Francesco.
Tolgo il pensiero di te dalla testa. Concentrata sulle immagini della
spazzatura a Napoli. Da vent’anni. Mafia e camorra. Pecoraro Scanio non ha
fatto nulla. Vogliono le sue dimissioni. Che mangi, mamma? Insalata e pizza. Te
hai mangiato? Si si, (pasta dura, schifosa, piena di bucce di pomodoro). Bene.
Bene. Va via. Torno stasera. Va bene. Bacio bacio. Mi raccomando il cane.
Tranquilla. Ciao, ciao. Accendo la tv. C’è “uomini e donne”. Che palle. Chiamo
Martina. -Pronto?-. Ha la voce affannata. Deve essere tornata ora dalle
ripetizioni di latino. Cesare e Livio rompono le scatole. - Allora per stasera?
- .- Il cinema è troppo tardi. Andiamo in Empoli alle cinque, dal Dallai-.
Bene. Bene. A stasera. Riattacco. In televisione c’è “Amici”. Che palle.
Spengo, vado a lavarmi i capelli. Devo farmi le foto per la carta d’identità.
Shampoo. Niente balsamo. Mai appiattire i miei capelli. Troppo lisci. Troppo
castani. Phon. Squilla il telefono -Pronto?-. È Lorenzo. Mi dice che può venire
domani. Un quarto alle tre, il solito treno. Perché da Cascina ce ne passa uno
ogni due ore. Non ho voglia di vederlo. Adesso, che l’ho appena dimenticato,
ripiomba nella mia vita. Va bene, ti vengo a prendere alla stazione. Gelo,
glaciale artico. C’è freddezza tra noi. L’aveva capito. Non importa. Ciao Lore.
Ciao Mary.
Mi vesto. Di rosso. Rosso passione, rosso comunista. La maglia col Che ha
fatto effetto. Speriamo porti bene. Camicia a righe bianche e rosse,
maglioncino largo rosso, jeans Ralph Lauren, Converse di pelle bianca. Piumino
nero lucido, borsa lucida rossa. Appena un po’ di fard e il rigo verde agli
occhi. Profumo Moschino. Veloce. Bene, bene. Inforco la bici e parto. La lascio
davanti scuola, che ha ancora la luce accesa. Il cuore ha un sussulto. Arriva
qualcuno. Niente. Il bidello mi saluta. Ciao Michele. Ciao. Ci vediamo domani.
Raggiungo le altre due. Giriamo. Arrivano presto le sette. Martina va via. Io
aspetto Talo con Elena. Ma perché l’hai invitato al cinema? Dai, possiamo
essere amici.
Certo. Sono stati insieme un anno e mezzo, penso, e ora lei sta con un altro
di 21 anni. Arriva Talo. Saluto. Arriva come al solito. Parka verde, sciarpa a
scacchi, jeans scuri e Adidas. È carino stasera. Li lascio, cantando “Bellezza
in bicicletta”. Mi piacerebbe trovarlo ora. Penso a lui. Basta, cado. Vado per
il sottopassaggio, arrivo a casa. Mamma non è ancora tornata. La cagnolina mi
saluta abbaiando. Piccolina amore ferma. Vado a cambiarmi. Arriva mamma. Le
apro la porta. Stasera si mangia per bene. Mi viene il mal di stomaco. Non ho
fame. Penso a lui. Prendo il telefono, digitando quel numero che oramai so a
memoria. -Pronto?-. - Oh, sono io-. - Ah, ciao Mary. Come va?-. Come deve
andare, diceva Max Pezzali. Selina risponde, stanca. Chiacchieriamo di domani,
di Giorgio. Ma io penso a lui. Ciao Sely, ciao Mary. Domani allora colazione al
Ciri. Ok. Ciao, notte. Mangio il meno possibile. Vado in camera. Leggo. Edgar
Lee Masters, Antologia di Spoon River. Bellissimo, tragico. Mi addormento.
Chissà se lui dormirà?
 

 
Oggi si entra alle 10. Colazione da Ciri. Mi sveglio, mi vesto. Oggi lo vedo.
Non so a chi riferirmi. Francesco, oggi ti vedo. Jeans, polo Lacoste celeste,
maglioncino blu, scarpe Lacoste di pelle color panna. Una pettinata e via dal
Ciri. Arrivo. Vedo Martina da lontano che non mangia. Virginia fuma svogliata
una Philip Morris. Talo e Elena sorseggiano il caffé. Accanto a loro, due che
non conosco. Arrivo. -Buongiorno. - Bona- mi risponde Talo. Vado dentro, prendo
cappuccino e cornetto, esco fuori. Parlano del compito di fisica. Ci aspetta
una sfilza di quattri. Il latte mi torna a gola, il cuore batte: è lui. No. Non
è lui. Mi sbaglio. Ha gli stessi capelli, ma il volto è pulito. Vedo da lontano
Selina. Le faccio un segno di saluto. Arriva, scaraventa la cartella accanto a
me. Lei va dentro, le prendo una sedia. Torna fuori, mangia e ride. Si parla
ancora di scuola. O della festa di stasera. In maschera. Dammi un consiglio,
per la vampira è meglio il rossetto nero o rosso? E io, da gatto nero? Te Mary?
Io non posso venire. Viene il mio amico del mare. Chi quello con gli occhi
celesti? Si lui. Ma martedì vieni al Boccaccio? Si. Da che cosa ti vesti? Mah,
forse da Charlie Chaplin. C’è un segno di assenso generale.
 
Io sono Lisabetta da Messina. Spero di non finire così, morta per amore.
Lorenzo il pisano era il suo uomo. Non so chi mi manca.
 
Eh già. Ma chi mi manca? Tu sei mezzo fidanzato, Francesco, accidenti a te.
Oggi a scuola non c’eri. Avrai fatto forca con la donna. In compenso abbiamo
fatto amicizia con Polenta. Amorosissimo.
 
Scoperte della vita. Francesco era malato. Ieri il suo migliore amico, cotale
Lorenzo-non-so-cosa, mi è venuto a chiedere il numero. È ovvio, si mi piace. Ma
come fai? A fare cosa? Francesco. Si, ridillo. Francesco
(e tutto questo per dimenticare nel modo più completo un certo chitarrista
che mi ha fatto un cd con la sua canzone preferita e mi dice che vuole una
ragazza stupida ed idiota ma vaffanculo)
È ovvio che mi piace. Bene, gli do il tuo numero. Questo è il suo. El Che.
Meraviglioso.
 
Oggi neanche mi ha salutato. Ti ringrazio. Capita nella vita. Oggi giornata
si e No. Stamani si entrava alle 10. Con Sely? Ovvio. Dove? Niente colazione,
ho i cornetti a casa. Si va a cercare il regalo per il Balducci. È stato
operato al femore. Il negozio è chiuso, mi pare giusto.
A scuola oggi giornataccia. Non mi ha nemmeno salutato. Grazie Santini. Ma se
non venivo all’assemblea, non la facevo meglio?? No, io e Selina sempre a fare
tutto di tutto. Forse è meglio così. Guccini canta “quel che credevo e non sono
stato”. Volevo dedicargli vite, sempre del Guccio. Mi sa che è un po’
complicato. A proposito: dal 30 aprile al 3 maggio rassegna nazionale di
teatro. Fabio ci stampa delle magliette con scritto “profughi eccentrici” e il
nostro nome. Bello, mi piace questa cosa.
E intanto passeranno altri tre giorni senza vederlo. E poi c’è la gita, e lì
è una settimana che non lo vedrò. Ragazzi miei, aiuto. In camera rigorosamente
con Marty e Sely. Sennò mi incavolo davvero quest’anno. Parigi. Con Michele. Ah
ah. Forse sarebbe meglio fregarlo ad Eleonora. No, è una cattiva idea, siamo di
classe troppo vicino e c’è anche l’anno prossimo. Meglio provarci con Francesco
e fare una bella figura tutta insieme. Guardiamo il lato positivo. Ho
conosciuto Polenta, Elisa, Lorenzo, Elena del giornalino, Carlotta, Vittoria,
Gianluca e tanti altri. Bene. Non è facile conoscere tutta la scuola. C’è
sempre qualcuno che viene a salutare quando voglio chiacchierare due minuti con
Selina. Dell’amico del Terreni. È tanto che non ne parliamo. Lei lo pensa più
di prima, ne sono sicura al 100%. Ah già, dimenticavo. Francesco non viene al
compleanno di Monica. Deve suonare. Ma possibile che io, che faccio teatro, il
giornalino, conosco i rappresentanti d’istituto e di tutta la scuola, che ho un
potere persuasivo anche minimo su quasi tutti quelli che conosco, è possibile
che quando lo vedo mi impappino?
Basta. Ora si chiude, si dorme e si pensa a come descrivere il Discobolo.
Domani Gas-gas ci fa il compito. Ho trovato, ho trovato il vestito un po’
antiquato …
 
Oggi a scuola compito di latino. Versione. Appostamento specifico. Arrivo
poco più tardi del solito. Entro insieme a quelli del treno di Castello. Ma chi
c’è? Comincio a sentirmi male di prima mattina. Eccolo. Con la borsa verde a
tracolla, a passo svelto. Dovrà andare a parlare con il preside. Chissà quali
questioni del mondo che lo circonda. Salgo su veloce. Per le scale, uno, due,
uno due. Polenta scende, con gli occhiali. Ogni giorno mi convinco di più
della sua sessualità. Amoroso gay. Va benissimo così. Mi piace, è una buona
persona. Mi da un buffetto sulla guancia. Saluto Michele, corro in classe.
Arrivo. Hanno già diviso i banchi. Mi piazzo accanto al muro, penultima fila.
Imparate da quello che dico: ci vuole arte per passare, come ce ne vuole per
copiare. Terre accanto a me, Sely davanti, Marty vicino. Arriva il foglio con
le parole latine. La faccio in mezz’ora, passo cinque foglietti al Terre con
tutta la versione “ti faccio mettere con il Santini” sussurra. Si. Come No.
Soprattutto ci credo. Finisco, controllo, consegno, esco di classe. Incrocio
Polenta, parliamo un po’, era a fare i Malavoglia. Non guastano i tre anni di
differenza. Suona. Intervallo. La mattinata scorre adesso veloce. Ci ritroviamo
catapultati fuori dalla classe. Incrocio la III C classico. Saluto Lorenzo, mi
fa l’occhiolino. Dietro a lui Francesco legge. Cosa: il Manifesto. Ti prego
sopprimiti.
Usciamo, io e Selina. Che fate stasera? Penso.
Fidel ha deciso di lasciare l’incarico di capo di Cuba. Malato di tumore alla
prostata. Lo stesso che aveva mio nonno.

 
Cadono i miti, come le foglie. Cadono gli antichi sempiterni miti, per non
nascere mai più. Cadono i semplici uomini. Un vecchio mi ha detto che bisogna
ricordarsi dell’uomo, e non di ciò che gli dei hanno deciso per lui. Mai il
destino. El Che ha detto che gli uomini che hanno cambiato il mondo rimangono
sempre in ognuno di noi. Abbiamo la loro essenza, poiché anche noi siamo come
loro. Ognuno ha il potere di cambiare, prima se stesso poi il resto. In Italia
la politica va giù, come uno sputo da un ponte solitario. In Francia il
presidente ha sposato una modella, e pensa a come procurarsi il Viagra
piuttosto che pensare allo Stato. In America le elezioni. “Yes, we can”. No, I
can’t. Pensiamo a noi stessi, e non ci accorgiamo che nel mondo in quest’epoca
accadono cose incredibili. Sarà solo un ‘altra vittoria degli uomini, che si
tramuterà in guerra, o sarà finalmente la nostra vita?
 
Domenica sera festa di compleanno di Monica. 18 anni. Classe sua e poi i
teatranti. Le pazzate di Alice, Mary e Sely. Anche i suoi 17 anni. Il regalo
più bello? Morad. Marrocchino dal nome impronunciabile. Fratello modello. Molto
bene.
 
Selina esce con Morad e io e Martina non riusciamo a farle capire che deve
studiare sennò la segano. Cazzo Selina, cazzo. Ma lo capisci che ci rimetti il
doppio? Selina cazzo, ti bocciano cogliona.
Domani sera festino da Elena. Ci saranno tutti tranne loro. Il FRAGIOLO non
ci sarà. Niente Santini, niente Giorgino, niente Lorenzo. Evitiamo l’
argomento.
Notiziona, mi sa che non si passeranno più le versioni, perché il nostro caro
Flavio ci fa fare le versioni in biblioteca, come una simulazione dell’esame di
Stato.
Tra poco autogestione…..mmmmm…bene..
 
Quando arrivi alla fine, tiri le somme di tutto quello che è successo.
Siamo al 26 maggio, e di cose ne sono successe. Ieri, l’ultima di teatro.
Domani, vedrai, ci sarà qualcosa per noi. Per Alice e Valeria, l’università.
Per Alessio, un conflitto eterno con i suoi genitori, per qualcosa che è più
forte di lui. L’amore. Per Irene, tutto quello che c’è sempre stato. Per
Selina, un anno da ricordare. Per Martina, un uomo da indossare. Per Elena, una
gita da dimenticare. Per Fede, qualcosa che non sa nemmeno lui cos’è. Per Elia,
una discussione che non potrà mai volgere al termine. Per la I C liceo classico
Virgilio, l’anno successivo. Per i prof, un anno costellato di polemiche.
Per me, non so. Niente paura, canta il Liga, ci pensa la vita, mi han detto
così. La vita risponde. Ci sono le parole, usiamole. Cosa sarà del nostro
gruppo di teatro? Che ne sarà di noi? Ci sarà quello che andrà in Turchia, per
perdersi nel mercato degli argenti di Istambul? Ci sarà o no una Bocconi, una
Normale?
Ma forse è presto per pensare che dovremo pensare alla fine della scuola.
Quella definitiva, intendo.
Ma quando ti ritrovi a pensare a cosa ne sarà di te domani, non pensi alla
luce. Pensi al buio, al peggio, alle donne, che non sono più di merda, ma solo
donne; allo Yemen, a Socotra, ai voti che sono ingiusti, a quel compito di
fisica che, cazzo, ma come lo farò, bene, male, non si sa. Mandiamo in onda il
repertorio della nostra vita. Quello integrale, senza tagli e cesure. Non
sappiamo mai cosa verrà fuori.
L’amore, forse. Ma quale amore? Quello impossibile, improbabile, il più bello
di tutti? Quello bastardo, ignorante, ma concreto? Quello sicuro, senza punti
di domanda?
Sono successe tante cose.
Berlusconi è al governo. C’è la polemica sugli immigrati: devono rimanere o,
seppur lavorando, devono andarsene?
Per Emme, Socotra e Nwanda: io non so se continuerà nel tempo la nostra
amicizia, ma intanto, e non mi pare poco, abbiamo finito un’agenda. Riempita di
cazzate, di cose impossibili, di sigarette fumate di nascosto dalla Corti,
chiuse nel bagno della scuola, di discussioni sugli uomini, di figli che
nasceranno, o no, noi non lo sappiamo.
Abbiamo sempre avuto tanto l’una dall’altra, siamo sempre state innamorate di
cose diverse, che della scuola, chi dei libri, che del divertimento. Ma non
credo che non abbiamo punti in comune. Uno lo abbiamo, e anche importante: l’
amore per la vita, per il pianto, il riso, la sventura, la gioia, i sentimenti,
le emozioni, il passato, il futuro, la memoria e la sua fragilità.

Una notte, una notte soltanto, voi tutte, dormite e sognate di essere
bambini. Ragazzi, il tempo non torna indietro. È un grande scultore, modella il
dolore e l’abitudine, ma non ritorna. Carpe idem, quam minima credula
postero.
È finito il teatro, cari profughi eccentrici. È finita serra San Quirico. Ma
abbiamo fatto una cosa splendida: non abbiamo lasciato là i nostri ricordi.
Quelli, sono nel cuore di tutti. E in tutti i giorni, ricordatevi di parlare e
voce alta, di non dare le spalle al pubblico, di stare ben attenti perchè, se
sei dietro una quinta, non devi farti vedere; la magia si rompe. Non è il
prodotto quello che conta, è il percorso.
Ognuno di voi ha qualcosa che io ho dentro di me. È un frammento di anima,
come dicevano gli stoici. È un pezzo di vita, come dico io.
 
È finita, davvero, questa volta.
Il diario di una giornata uggiosa è terminato.
E forse, è terminata davvero la giornata uggiosa.
Grazie.
 
Fine.

 

  
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