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Autore: dilpa93    06/12/2014    12 recensioni
One-shot a 4 mani realizzata da me e Fania (sciokkyhuddy).
SPOILER per chi non avesse ancora visto la 7x09
“Sul serio Rick? È per questo che non sopporti questo appartamento?”
“Non ho mai detto che non lo sopporto!” Si difese prontamente, come un bambino accusato dalla maestra.
“Sii uomo Castle e ammettilo.”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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The place I belong



 
Le iniziali erano state incise, sorrise restando per un breve istante a guardarle, soddisfatta di essere riuscita a trovare un modo per lasciare traccia del suo passaggio.
Quando il fattorino era uscito con gli ultimi scatoloni si era sentita improvvisamente vuota, come vuoto era l’appartamento stesso. Era come se non riconoscesse più nulla di quello che aveva intorno, tutto ciò che aveva usato per plasmare quelle stanze in modo che le somigliassero, ogni soprammobile, ogni padella, i libri su ogni singolo scaffale rendevano quel posto speciale e unico come lei. Eppure riusciva a sentire come se una parte di sé fosse rimasta tra quelle pareti. Molte erano le cose accadute tra quelle mura, come Lanie le aveva fatto notare togliendola dall’imbarazzo per essersela presa così tanto per quell’innocuo commento di Castle. Su quelle scale in legno, guardando fuori al di là del vetro battuto dalla pioggia, aveva capito lentamente di provare qualcosa di sempre più forte per Rick. La finestra aveva nascosto per anni, tra le persiane, ogni pista per trovare il responsabile dell’omicidio di sua madre; sul tavolo della cucina avevano messo insieme, letteralmente, i primi indizi concreti. In quel letto si era lasciata amare e si era concessa ad un uomo come mai prima d’ora aveva fatto. Nello specchio del salone si era guardata nelle settimane successive allo sparo contemplando il suo corpo sfregiato, il fianco non più liscio, il foro accanto al seno. Sul divano si era aperta a Rick, mostrandogli quelle foto di lei da ragazzina, donandogli giorno dopo giorno un pezzo in più del suo cuore. Persino nei litigi, che avevano avuto come unici spettatori le pareti ora spoglie, gli aveva offerto un parte di lei. Aveva imparato ad amare quel luogo e percepirlo come suo, persino essere costretta a sentire tutto ciò che il Signor Kubiak faceva nel suo bagno era diventato parte della routine e, nonostante ormai vivesse da Castle stabilmente, svuotarlo e affidarlo nelle mani di qualcun altro cambiava le cose in modo definitivo. Non aveva alcun ripensamento su ciò che stava per fare, non aveva alcun ripensamento sull’amore per Rick e sul loro matrimonio, questo no di certo. Ma voleva comunque dire mettere via una parte della sua vita ancora una volta; aveva chiuso così tanti capitoli che adesso sperava solo di essere giunta ad uno più stabile e sereno.
Sospirò, con quell’ultimo sorriso agrodolce a contornarle le labbra, pronta a spegnere la luce e dire addio, ma una voce che non si aspettava di sentire la colse alla sprovvista.
“Non credevo volessi liberarti del tuo appartamento così in fretta.”
Si voltò a guardarlo, poggiato con la spalla allo stipite della porta, ben stretto nel cappotto e infreddolito. “Cosa ci fai qui?”
Scosse la testa raddrizzandosi, senza tuttavia muoversi nemmeno di un passo. “L’altra mattina ho fatto quel commento inopportuno, non ho pensato. Non so come mi sentirei se fossi io a dover lasciare il loft. Ho un sacco di ricordi lì... belli e brutti. Con Alexis, con mia madre, con te... Avrei dovuto collegare il cervello e riflettere. Ti ho vista turbata dopo, ma non hai detto nulla e non ho voluto infierire ulteriormente. So che questo può suonare egoista, ma ti giuro che l’ho fatto con le migliori intenzioni. Stasera poi sei voluta venire qui da sola e lo so che forse non dovrei essere qui, che è una cosa tua, ma...”
In punta di piedi si aggrappa saldamente al suo collo, baciandolo con dolcezza sulle labbra. “Sono felice che tu sia qui.” Sussurra a pochi centimetri dalla sua bocca. Si rilassa anche lei contro l’altro stipite, concedendosi un attimo per squadrarlo dalla testa ai piedi. “Cos’hai lì?”, nella mano sinistra teneva stretta una busta in cartone, non l’aveva lasciata andare e, benché si fosse lasciato trasportare da quel bacio, si era limitato a stringere Kate a sé solo portando la mano libera a contatto con la sua schiena.
“Ho pensato che, dopotutto, ci saremmo potuti concedere un’ultima cena qui. Ho tutti i generi di prima necessità. Una bottiglia di vino rosso...”, prese la bottiglia per il collo, quanto bastava per mostrare l’etichetta che la ricopriva a Kate che, dal canto suo, non poté fare a meno di sorridere con un pizzico di malizia negli occhi leggendone il nome. “E poi cibo da tutto il mondo”, chiuse la porta raggiungendo il centro della stanza. “Non sapevo cosa fosse più adatto per una cena di addio, così abbiamo un po’ di thai, italiano, messicano e... cinese, questo non può mai mancare”. Le confezioni d’asporto riempirono il tavolo adornandolo dei colori più disparati che si intravedevano dalla plastica leggermente appannata per il calore rilasciato dalle pietanze. I cartoni bianchi lucidi del ristornate La Cina, situato a pochi passi dal palazzo, riflettevano la luce delle lampade e appena aperti dispersero nell’aria il profumo agrodolce delle salse, quello più aspro del ripieno dei ravioli e quello dolciastro delle verdure a contornare gli spaghetti.
“Devo ricordarti che sono senza tovaglioli, bicchieri e qualsiasi altra cosa utile a tavola?”
“Signora Castle, crede forse di aver sposato uno sprovveduto?” La busta si afflosciò sul pavimento dopo avervi tirato fuori il portatovaglioli, le posate e i due bicchieri in plastica. Avrebbe preferito poter brindare come si deve, con calici in vetro, quelli nei quali erano soliti sorseggiare il vino in tranquillità sul divano, ma non volle rischiare di romperli e trasformare una piacevole serata in un disastro fatto di pezzi di vetro sparpagliati a terra. Se solo avesse saputo che, quello stesso pomeriggio, Kate e Lanie avevano fatto un brindisi usando due tazze in ceramica, probabilmente non si sarebbe fatto tanti scrupoli.
“Non so come abbia fatto a dubitare di te”, commentò sarcastica, sollevando il primo sgabello per avvicinarlo al tavolo.
“Oh andiamo, mi conosci, sono un disastro dagli occhi azzurri. Io stesso avrei dubitato di me.”
Aprì la bottiglia ruotando con forza il cavatappi nel sughero. Kate si perse alla vista dei suoi muscoli in tensione e... oddio, benché stesse morendo di fame, non vedeva l’ora di finire e passare al dolce.
Il gorgoglio del vino contro la plastica richiamò la sua mente alla realtà, costringendola a mettere certe fantasia e pensieri da parte, ma solo fino a cena ultimata.
Gli sorrise, accorgendosi improvvisamente di avere il suo sguardo puntato su di sé. Prese il bicchiere dalla sua mano sollevandolo.
“Al miglior appartamento di sempre?”, domandò Rick con quella solita innocenza nella voce e il sorriso che nasceva spontaneo ogni volta che stavano insieme.
Kate esitò per un istante sentendo il suo cuore cominciare a battere come impazzito. Escluse immediatamente la possibilità che avesse parlato con Lanie, o per lo meno che lei gli avesse raccontato nei dettagli il loro piccolo party improvvisato. Non sapeva dire se fosse pura e semplice sintonia, ma il solo fatto di avere gli stessi pensieri o che lui riuscisse così bene a leggere tra i suoi ormai aveva smesso di spaventarla, lasciando posto solo al momentaneo stupore in pochi secondi rimpiazzato dall’amore che era certa lui leggesse nei suoi occhi.
Avvicinò finalmente il bicchiere al suo; facendoli scontrare, la plastica non provocò il consueto tintinnio, tipico dei calici lucenti, ma un suono più greve, basso, benché sempre delicato.
“Si... al miglior appartamento di sempre.”
Rick si apprestò a sorseggiare il vino, quando la voce di Kate lo interrupe appena prima che le sue labbra potessero entrare in contatto con i liquido rossastro. “Vorrei fare un altro brindisi.”
“Tutti quelli che vuoi”, mormorò avvicinandosi a lei improvvisamente, non resistendo a baciarla, sentendosi rinvigorito da quel sorriso che sentì nascerle sulle labbra.
I bicchieri furono nuovamente sollevati a mezz’aria, “Al passato che lascio alle mie spalle e ad un futuro sicuro accanto a te.”
Rimase imbambolato a guardarla, mentre lei attendeva lo scontro dei loro bicchieri. Dopo sette anni ancora riusciva a restare sorpreso quando lei mostrava così apertamente i suoi sentimenti. Strato dopo strato era riuscito a conoscere la vera Kate Beckett, eppure c’erano ancora sfumature del suo carattere che avevano su di lui un potere disarmante. Le cinse le spalle con un braccio, tenendola stretta a sé. “Al mio futuro con te che, dopo tanti anni, sei ancora capace di sorprendermi.” Gustarono finalmente quel vino, potendo poi sentirne il sapore fruttato sulle labbra dell’altro quando lui catturò la sua bocca nell’ennesimo bacio. Restarono fronte contro fronte, entrambi con gli occhi chiusi a voler imprimere quel preciso momento nella memoria sperando così di renderlo indelebile. Senza che l’altro lo sapesse, si ritrovarono entrambi a pensare ai ricordi conservati tra quelle mura. Rick non poteva credere a quante volte aveva rischiato di perderla, e con lei perdere tutto ciò che stavano vivendo ora. Quando riaprì gli occhi trovò lei a fissarlo, con quello sguardo con cui sembrava volergli chiedere se andasse tutto bene. Si limitò a sorriderle, baciandole la fronte. “Mettiamoci a tavola. Sto morendo si fame!”
La cena trascorse tranquilla, tra chiacchiere, risa, Castle che al posto di mangiare giocava con le bacchette cinesi, o si divertiva ad imboccare Kate finendo per impiastrarle il viso con le salse. Eppure ogni tanto, approfittando di qualche suo attimo di distrazione o convinto di non essere visto, si distraeva lasciando vagare lo sguardo in ogni angolo della casa, persino in quelli più nascosti.
“Cosa?”, gli chiese Kate dopo aver buttato giù ciò che rimaneva del vino.
“Cosa, cosa?”, bastò lo sguardo di lei per farlo capitolare in meno di un secondo.
Sbuffò. Non scocciato, arrabbiato o triste, fu un modo per raccogliere le idee e capire da che punto cominciare. “È solo che... non riesco a non pensare a tutto quello che hai passato qui e, in quanto scrittore del macabro, ovviamente non riesco a soffermarmi solo sugli aspetti positivi. Avrei voluto essere qui... avrei voluto esserci quando eri stanca dopo una giornata pesante, quando restavi a fissare quella finestra cercando di trovare giustizia per tua madre, nei tuoi momenti di vulnerabilità, quando ti lasciavi andare arrivando magari a piangere senza nessuno che potesse rassicurarti. Avrei voluto essere quel qualcuno, io...”
“Castle stop, fermati!”, gli prese la mano stringendola forte nella sua. Ruotò il capo sperando che lui non vedesse i suoi occhi inumidirsi per quanto le sue parole l’avessero colpita. Le luci della città erano forti, New York era illuminata a giorno e, benché non fossero proprio in pieno centro, anche in quella zona la città sembrava non dormire mai.
Intrecciò saldamente le dita con quelle di Rick, carezzandogli la guancia con l’atra mano. “Tu eri lì. So che suona smielato detto dall’instancabile ed integerrima detective Beckett, ma credi che quando mi sentivo a terra non mi capitasse di pensare a te, ai tuoi scherzi, al tuo modo di prenderti cura di me anche quando non me lo meritavo. Ci ho messo del tempo per capire che ci tenevi davvero a me, che non era solo un interesse superficiale e quando finalmente me ne sono resa conto, questo mi ha...”
“Spaventata.”
“E mi ha allontanata ancora di più. Ero totalmente schiava di quella barriera che avevo eretto al solo scopo di proteggermi e alla fine mi si è ritorto contro.” Fece una lieve pausa, solleticandogli il dito in corrispondenza della fede. “Sai, hai sposato una donna contorta.”
“Sei umana, lo siamo entrambi. E sai una cosa? Tutto ciò che abbiamo fatto, errori compresi, ci hanno fatto arrivare dove siamo adesso e non potrei esserne più felice. Perciò lascia che ringrazi la contorta Kate Beckett per avermi condotto fino a questo momento e avermi permesso di starle accanto.” Gli sorrise, alzandosi andando a sedersi sulle sue ginocchia.
“È un grande passo lasciar andare questo appartamento”, le scostò i capelli dal viso, liberandole il collo posandovi poi un bacio. “Questo luogo era un po’ il tuo rifugio e ora non avrai più un posto per rintanarti se dovessimo litigare e sarai spinta dall’irrefrenabile voglia di spararmi. O magari hai altri mille posti dove andare e non lo so, ma non è questo il punto. Il punto è che...”
“Non c’è altro posto dove vorrei trovarmi se non a casa nostra.”
“Anche quando ci urleremo contro e saremo convinti di odiarci?”
“Anche quando ci urleremo contro e saremo convinti di odiarci. E poi ricordi...? I already hate you.”
Risero entrambi, specchiandosi negli occhi l’uno dell’altra.
“Ti amo.”
“Anche io, tanto”, lo baciò sulla guancia mentre lui compieva movimenti circolari sulla sua schiena. “Che ne dici, finiamo di mangiare? Perché a discapito di tutti i brutti e bei momenti che riguardano noi, se mi soffermo a pensare a quello che potresti aver fatto con Josh qui dentro mi si chiuderà definitivamente lo stomaco.”
“Uhh... allora è di questo che si tratta.”
“Cosa...? Non so di cosa tu stia parlando”, interruppe bruscamente di carezzarle la schiena, facendo scivolare la mano lungo il suo fianco fino a farla cadere nel vuoto.
“Sul serio Rick? È per questo che non sopporti questo appartamento?”
“Non ho mai detto che non lo sopporto!” Si difese prontamente, come un bambino accusato dalla maestra.
“Sii uomo Castle e ammettilo.”
Non disse nulla, cercando di non incrociare i suoi occhi, quelle due fessure che lo fissavano lo facevano agitare e lei lo sapeva, ma questa volta avrebbe dovuto usare le maniere forti. Gli pizzicò il lobo dell’orecchio e, non sentendolo reagire, strinse più forte.
“Mele, mele, mele! Ahio...” si massaggiò la parte lesa, ma non poté fare a meno di sorridere tra sé pensando che certe cose non cambiano mai. “Va bene, diciamo che non amo particolarmente pensare a voi due qui dentro. Felici, intenti a trascorre romantiche serate, tu che gli sorridi o che dormi tra le sue braccia ogni notte. Vorrei non fosse così, ma mi è difficile non pensarci stando qui.”
“Non me lo hai mai detto.”
“E non te lo avrei detto neanche ora. Insomma, mi rendo conto da solo che probabilmente è una cosa stupida, ma queste quattro mura sono state testimoni del vostro amore... è qualcosa di difficile da battere.”
“Tu e queste tue frasi da grande e colto scrittore”, giocò con i suoi capelli, sistemandogli lentamente quel ciuffo che ogni mattina si levava sbarazzino non curante della gravità. Si sentiva fortunata a poter essere la sola ad assistere a quella scena ogni giorno. “Lo sai che non lo amavo, che non... stavo bene con lui, non lo nego. Abbiamo passato dei bei momenti insieme ma, alla fine dei giochi, ho scelto te. Ho sposato te. Non dovresti sentirti minacciato dai ricordi di me e Josh qui, perché non valgono neanche la metà di quelli che riguardano me e te. Ascolta... seguendo la tua logica, io non dovrei più mettere piede al loft. Quante donne sono state lì? Meredith, Gina, quella conduttrice in bikini... non sai per quanto tempo mi abbia perseguitato l’immagine di lei sopra di te con le sue... hai capito.”
“Allora è deciso, traslochiamo!”, rimase troppo sorpresa da quella frase per ignorarla e proseguire con ciò che stava dicendo. “Scegliamo un nuovo posto, solo nostro. Cosa ti piacerebbe? Un altro loft o forse è meglio un appartamento... certo, ci servirebbe bello grande nel caso noi decidessimo di... beh darci da fare”, sussurrò malizioso sfiorandole il collo liscio con l’indice, tormentandolo più volte salendo e scendendo lentamente, con quell’aria maliziosa negli occhi che era in grado di farle perdere il contatto con la realtà. “Oppure un attico, vetrate enormi, il sole che entra in cucina la mattina e una spettacolare vista su Central Park. O forse vogliamo allontanarci dalla città, un posto isolato, il nostro rifugio personale. No, no, ripensandoci io posso scrivere ovunque, ma tu devi andare al lavoro e poi con dei bambini, mandarli a scuola... sarebbe tutto troppo difficile, ma troveremo il posto adatto a noi.”
Gli carezzò il volto rosso per lo sforzo, per l’entusiasmo da cui si era lasciato prendere mentre gesticolava esaltato immaginando ogni soluzione possibile. “Rick, non dobbiamo trovare proprio un bel niente. Non mi importa di Meredith, Gina o chiunque altro, perché come hai detto tu quella casa, la nostra casa, è piena di ricordi, belli e brutti, che parlano di noi. E ogni giorno ne creeremo di nuovi.”
“Quindi niente trasloco?”
“Niente trasloco.”
Si baciarono e le loro mani presero a cercarsi automaticamente. Solo ora Kate capì quanto fosse stata stupida a non dirgli nulla l’altra mattina, a non spiegargli quanto tenesse a quel posto e a come si fosse sentita ferita dal suo commento. Ogni chiarimento e confessione non facevano altro che portare il loro rapporto ad un livello superiore, e rafforzare la fiducia che ripongono l’uno nell’altra come partner tanto nella lavoro quanto nella vita matrimoniale.
“Che ne dici, sparecchiamo e andiamo a casa? Comincio a sentirmi stanca.”
“Stanca eh? Ma proprio stanca stanca?”
Si alzò lasciandolo finalmente libero di muovere le gambe leggermente intorpidite. Poggiò una mano sul tavolo e l’atra sul suo ginocchio, sporgendosi poi verso di lui per sussurrargli all’orecchio famelica. “Non così stanca, non per quello a cui sto pensando ora.”
Si portò il pungo alla bocca, mordendo appena le dita, impaziente di andare a casa mai come prima di allora. La guardò fare piazza pulita delle confezioni ormai vuote, delle posate, della bottiglia di vino di cui era rimasta solo qualche misera goccia sul fondo mettendo tutto nella stessa borsa da cui lui li aveva tirati fuori qualche ora prima.
“Bene, hai preso tutto, sicura di non aver dimenticato nulla?”
Si diede un’occhiata intorno, come se avesse potuto trovare la risposta a quella semplice domanda sulle pareti. “Ho riguardato ovunque. Nella credenza, negli armadi, nei cassetti...”
Rick impallidì all’improvviso, “Oddio, aspetta!”, corse a perdifiato verso la camera da letto
“Castle, dove vai?” Tese l’orecchio senza però muoversi di un passo, preoccupata da ciò che suo marito avrebbe potuto fare e dai rumori che sentì provenire dalla stanza in fondo al corridoio. Cigolii, un forte stridore e poi un tonfo. “Castle?”
Lo vide sbucare dalla penombra dell’anticamera e quando finalmente la luce lo illuminò per intero, Kate non poté fare a meno di scuotere la testa coprendosi il volto con le mani. Non sapeva se mettersi a ridere o a piangere.
“Amore, spero solo che la tua sorpresa non comprenda disfare altri mobili. Adesso mia cugina si ritroverà con un bel buco nella cassettiera e non so davvero come potrò spiegarglielo. Cosa le dirò, scusa, ma a mio marito serviva un cassetto?”
“Ehi, questo non è un cassetto, è IL cassetto. È mio, me lo hai regalato, ne reclamo solo la proprietà!” Sul viso comparve il broncio da bambino mentre posizionava quell’unico cassetto accanto lo stipite della porta.
Kate rise dandogli ragione, “È vero, è tuo...”. Alzò le mani in segno di resa, trattenendo poi uno sbadiglio. “Ora, io non ho dimenticato nulla, tu hai preso tutto o vuoi portare via anche qualche mensola?”. Non resisteva a prenderlo in giro, era adorabile, ancora più del solito, quando si fingeva offeso.
“Oh, ecco si, ci sarebbe un’ultima cosa da fare, o meglio, da darti. Aspetta ancora un minuto solo... L’ho fatto fare un paio di giorni fa, così che potessi avere qualcosa che ti ricordasse questo posto. Stavo cercando il momento adatto per dartelo e credo sia arrivato. Tranne soprammobili e qualche altro oggetto personale non hai voluto portar via nulla.”
“Beh, a casa abbiamo già tutto quello che ci serve.”
Aprì la porta, sporgendosi sul pianerottolo solo con il busto. “Eri così  occupata con il trasloco e i casi che non ti sei minimamente accorta di nulla. Non che la cosa mi dispiaccia, tutt’altro. Va assolutamente a mio favore, altrimenti addio sorpresa.” Tornò verso Kate con un pacchetto rettangolare, lo lasciò sul tavolo, sospingendolo con due dita verso di lei. Lo scartò attenta, con movimenti precisi e misurati, lasciò la carta rossa da parte, ruotando quell’oggetto tra le mani.
Rick sperava con tutto se stesso che non se la prendesse per quel gesto che voleva solo essere romantico. Sperava che apprezzasse ciò che aveva fatto, in caso contrario si sarebbe sentito mortificato a vita.
“Co-come? Q-quando?”, si voltò verso al finestra e solo allora, benché avesse già avuto occasione di guardare al di là del vetro durante quella cena, si accorse dell’assenza delle persiane.
“L’ho fatto nel momento di maggior confusione qui dentro, quando tutto era ancora fuori dagli scatoloni e sparpagliato per tutto il salone. Appena mi sono trovato solo mi sono messo all’opera. Forse non sarò particolarmente bravo a costruire le cose, ma sono bravissimo a smontarle.”
“Oh, lo so bene.” Scherzò tirando su col naso sentendo gli occhi bruciarle, commossa.
“Quelle persiane hanno custodito per anni un segreto, un segreto che tu hai voluto condividere con me e ti sarò sempre grato per questo. Mi hai lasciato entrare, hai lasciato che ti aiutassi. Era qualcosa di troppo prezioso, specialmente per te per lasciarlo qui. In questo modo servirà per custodire altre piccole parti della tua vita. Ho messo le tue foto in questo cofanetto, quelle della piccola Katie e della giovane Katherine Beckett. Quello che ci metterai dopo è una tua scelta...
E lo so, ho distrutto un altro pezzo del tuo appartamento, ma non credo sia un grave problema, penso che Sofia potrà comprarsi delle tende.”
“È bellissimo... Grazie, non dovevi.”
“Mi piace vederti felice. Non perdere mai quel sorriso Kate, promettimelo.”
“Te lo prometto.”
Raccolse la carta di quel semplice quanto significativo regalo, la prese per mano e la trascinò fino alla porta. Indossò il cappotto aiutandola poi a infilarsi il suo, la strinse in un ultimo abbraccio, lasciandole un bacio tra i capelli. “Ti aspetto giù”, le tolse le buste dalle mani lasciandola da sola sulla soglia di casa. L’ultimo saluto a quell’appartamento doveva essere una cosa solo sua, privata e lui non aveva intenzione di rovinare o intromettersi in quel momento.
Lo guardò finché non scomparve dietro le porte dell’ascensore. Inspirò forte, cercando di costruire un ultimo ricordo olfattivo e visivo di quel luogo. Non avrebbe mai dimenticato nulla, ma era ora di andare avanti. “Addio”, bisbigliò appena, come a non voler spezzare la magia di quel silenzio.
Spense la luce, accarezzò un’ultima volta le pareti e si chiuse la porta alle spalle segnando definitivamente l’inizio di qualcosa di nuovo.
 




 
 
Angolo delle autrici:
 
Shot nata dopo aver visto l’ultimo episodio...
Non so, a noi è rimasto un po’ l’amaro in bocca alla fine. Forse perché, conoscendo Castle e sapendo quanto sia attento, ci siamo davvero aspettate di vederlo comparire sulla soglia dell’appartamento, o forse perché speravamo che Kate non si aprisse solo con Lanie ma anche (e soprattutto) con suo marito, o che Rick si accorgesse che c’era qualcosa a turbare Kate ed insistesse per portarla ad aprirsi con lui.
È stato come se sia Rick che Kate fossero regrediti tornando a non parlare e non dirsi le cose, leggermente ooc per come si sono evoluti i loro personaggi negli anni e specialmente dalla 7x01.
Un insieme di piccole cose che hanno dato il via ad uno sclero alle quattro di notte e ci hanno portato a pensare ad un finale un po’ diverso, un finale nostro.
Ovviamente questo è un nostro parere personale che non toglie nulla all’episodio in linea generale. Anzi, è stato bello vedere Castle comportarsi da fan girl!
In ogni caso fateci sapere cosa pensate di questo finale alternativo! :D
Baci
  
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