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Autore: LauraOBrien    06/12/2014    0 recensioni
Questa storia mi è stata ispirata da uno dei più famosi quadri di Van Gogh, e in parte anche dalla sua esistenza solitaria e tormentata.
Dal testo:
"E sai, Harry, sai quanto niente è passato dall'ultima lacrima?"
Harry Potter è solo.
E riflette.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ghiaccio stagnante,
Marrone, diaccio.
La stoffa dei pantaloni è pesante.
Sporca.
Trascina con sé quel denso sudiciume. 
Le dita troppo fragili.
Le ossa trasparenti.
Più del vetro.
Più delle perle d'ambra nella bottiglia scheggiata.
Il cielo crepita.
Una goccia.
Strizzi gli occhi alla sua pulita lucidità.
Due gocce.
Tre gocce.
Quattro, cinque, sei gocce.
Troppo peso sul tuo corpo.
Le tue dita si spezzano.
Il vetro cade, affonda nella melma.
Gli lanci uno sguardo. 
Non ti serviva quell'ennesimo sorso di alcol.
Venti, trenta gocce.
Perfino tu pesi troppo per la forza che hai.
Non mangi, perché dovresti.
Cadi in ginocchio.
Respiri. 
Il costato comincia a fare male. 
Mai respirare forte.
Troppa poca pelle per tutte quelle ossa.
Tirano, strattonano da sotto uno strato di pelle giallognola, spessa quanto l'anima di un codardo.
Da qualche parte senti battere un cuore che non si è ancora arreso.
'Idiota',pensi, e fai bene.
In fondo, quando mai ha avuto ragione.
Appoggi la mano sulle tue costole.
Premi.
Lo senti gonfiarsi, e scivolarti sotto le dita, viscido. 
Tu e il tuo cuore.
Separati da carta velina.
Mille gocce, un acquazzone.
E non riesci più a fermarti.
Urli.
L'unica cosa.
Urli dalla gola secca.
Urli dai vestiti stracciati.
Urli dallo sporco diaccio che ti inzuppa.
Dentro e fuori.
Urli dalle fonde occhiaie nere che ti scavano nel teschio.
Urli dalla pelle delle guance, tirata come un tamburo sulle ossa aguzze.
Urli dalle vene della gola che stanno per esplodere.
Urli e poi ti afflosci, perché non hai forze nemmeno per respirare troppo.
Vorresti piangere ma non hai acqua.
Non bevi niente che non sia alcol.
In fondo, perché dovresti. 
Sei qui.
E non ti vede nessuno, perché così hai voluto.
Così hai voluto, sempre, da quando è successo.
Nessuno.
Niente.
Tra il dolore e il nulla, hai scelto il nulla.
E forse hai scelto male.
Il nulla faceva male.
Tremendamente.
Ma ne avevi bisogno. Avevi bisogno del niente, dell'alcol, della droga. 
Avevi bisogno di non aver bisogno.
Eppure aspettavi, aspettavi che qualcuno venisse. 
Aspettavi un timido scossone alle pareti sudicie della casa e del tuo cuore, scossone procurato dal vibrare della porta sotto delle nocche amiche.
Un fremito di vita,
Un fremito di qualcuno.
Invece, niente. 
Aspettavi, Harry.
Aspettavi che qualcuno ti riparasse gli occhiali frantumati.
Tu hai preso quel martello, tu hai mandato in mille pezzi le lenti sperando che lei venisse.
E lei non veniva. 
E nessuno veniva, niente veniva.
Era quello che volevi, o forse no, ma era quello che avevi scelto e aspettavi solo uno di loro che polverizzasse la tua gabbia di niente.
Pensavi, stupidamente.
Nei pochi istanti di qualcosa che ti concedevi tra un nulla e l'altro.
Pensavi, speravi.
Ma non accadeva niente, e non veniva nessuno.
In fondo, perché avrebbero dovuto. 
Tu lo volevi, tu l'hai voluto.
Esattamente come ora vuoi questo.
Esattamente come ora ne hai il più disperato bisogno.
Esattamente come ora sei qui, solo, bagnato, freddo, sporco.
Ti sbagliavi,
Eccola.
Una lacrima. E un'altra. E un fiume. 
E sai, Harry, sai quanto niente è passato dall'ultima lacrima?
E senti il cuore battere, davvero stavolta.
Respiri, sorridi.
Un attimo di qualcosa ogni tanto fa bene.
E poi arrivano i volti, le urla, l'angoscia della realtà.
E poi arrivano loro, che sono spariti.
Che non sono tornati.
Che non ti hanno liberato.
Che accompagnavano sadicamente ogni attimo di coscienza tra una siringa e l'altra.
Che ti uccidevano, Harry, ti uccidevano.
Tra i tuoi occhiali frantumati è ancora incastrato il sangue di quella volta.
Quella volta in cui hai preso la scheggia di una lente.
E te la sei conficcata nel polso.
E gridavi il loro nome.
Gridavi, 'Salvatemi', ma non ti ha salvato nessuno.
La tua carne si è rimarginata da sola, la pelle si è cicatrizzata.
Sfiori il polso,
La cicatrice è spessa e il dolore molto di più.
E loro.. Loro non c'erano. 
Ti mancano, Harry.
Hai un buco nell'anima, un foro nel niente.
Hai un proiettile dritto nel battito più profondo di te.
Singhiozzi.
Ti mancano.
Non sono venuti.
Non gli sei mancato. 
Ogni tanto hai persino giocato a chiederti perché.
Hai finto per qualche istante.
Apri gli occhi, è tutto grigio.
Il cielo, il lago, le alte sterpaglie tutto intorno.
La tua pelle, i tuoi occhi.
Grigio chiaro.
E nero, lucido.
Come le tue occhiaie dopo che hai pianto.
Come l'unico oggetto pulito del paesaggio e, se possibile, ancora più freddo.
Come quel boato.
Come le penne, le ali di migliaia di corvi che si sollevano spaventati.
E rosso.
Come la macchia che si allarga sotto di te.
Come il coraggio che da tempo non ti appartiene più.



   
 
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