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Autore: Tati Saetre    07/12/2014    7 recensioni
Edward ha 30 anni, capo della Cullen Media Group, è un uomo presuntuoso, egoista e viziato.
Isabella ha 28 anni, direttrice di una delle Gallerie d'arte più famose di New York, è in cerca dell'uomo della sua vita.
Che cosa li accomunerà per il resto delle loro vite?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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“Il tacchino, Edward

Tredicesimo capitolo – Amore

22 Novembre 2001

 

“Il tacchino, Edward! Il tacchino!” Bella urlò con il canovaccio in mano ed il grembiule stretto in vita, indicando con la mano coperta da un guanto il fumo che usciva dal forno.

“Non è colpa mia!”

“Non è colpa tua?” Con il coltello che aveva nell’altra mano si allontanò dal bancone, avvicinandosi a lui. “E di chi credi che sia, Edward? Io tagliavo le verdure, e tu dovevi controllare il tacchino. Semplice. Elementare!”

“E’ stato il forno!” Fece quegli occhi da cagnolino ferito, sporgendo anche il labbro inferiore di fuori.

Il forno?” Intanto lei era rossa dalla testa ai piedi, ancora con il coltello da cucina in mano. “Dobbiamo soltanto ringraziare Esme che ha preso le bambine. Perché noi preparassimo il pranzo in tutta tranquillità. E bene, Edward. Tua madre per una volta ha accettato di passare il Ringraziamento qui, ed è la prima volta che non cucina. Credi che possa fare brutta figura? Saremo più di dieci, a pranzo. E il tacchino è bruciato! Che giorno del Ringraziamento sarebbe, senza tacchino?

Intanto Edward aveva tirato fuori il tacchino dal forno, posandolo sul tavolo.

“Okay. Calma, tesoro.” Tolse delicatamente il coltello dalla sua mano, che ora puntava anche involontariamente contro di lui. Strinse anche l’altra mano, avvicinandola cautamente. “Ora respira lentamente. Non andrà nulla a puttane. Il tacchino ha fatto soltanto un po’ di fumo, e non è andato perso. Si beccò un’occhiataccia da parte di Bella, ma posandole un dito sulle labbra la fece tacere prima che iniziasse a scaricarsi. “E’ quasi tutto pronto per il pranzo. E mia madre è felicissima di venire qui, e stare con noi e le sue nipotine. Mangerebbe anche del take away per il Ringraziamento, per la sua famiglia. Lei sospirò, voltandosi e appoggiando la schiena sul bancone.

“E’ la tua famiglia, Edward. Non ho mai passato il Ringraziamento dai Cullen, ma soltanto da mio padre a Forks. Non sono abituata alle grandi cose, come preparare il tacchino o le verdure arrosto. Ma Alice mi raccontava sempre cose splendide. Che Esme è una cuoca perfetta, e che non l’avrebbe scambiata per nessun motivo al mondo. Voglio che oggi vada bene. Voglio un Ringraziamento degno di casa Cullen. Edward le accarezzò i capelli, mettendo una ciocca che le era scivolata dal fermaglio dietro l’orecchio. “Ma si da al caso che non sarà un bel Ringraziamento, se non ti prendi cura delle tue mansioni!” Lo ammonì, puntandole un dito contro.

“Tu hai bisogno di rilassarti.”

“Sto benissimo così, Edward.” Fece per scansarsi, ma se dietro c’era il bancone che la fermava, davanti c’era quell’uomo splendido che glielo impediva.

“Non credo proprio, tesoro.”

“Edward, sono le undici.” Disse, sperando di convincerlo a lasciarla.

“Hai ragione.” Anche lui guardò l’orologio a muro, constatandolo con ovvietà. “Per questo arriveranno tutti alle dodici e trenta. Fra un’ora e mezza.”

“E il tacchino non c’è p-” Non finì di lamentarsi, perché i suoi fianchi furono stretti da una morsa e dopo poco si ritrovò seduta sul bancone.

“Ora, ti rilassi.”

Edw- Fu interrotta da una lunga scia di baci che partirono dalla mandibola, fino ad arrivare alle clavicole.

Shh.”

La cen-

“Tesoro, è il pranzo. Non una cena.” Lo maledisse mentalmente, sia per quella mancanza che per tutto quello che le stava facendo provare.

Le bam-” Questa volta furono le labbra di Edward a coprire quella frase, con un bacio lento e bagnato.

“Un’ora e mezza, piccola. Abbiamo un’ora e mezza.” Intanto la mano si era posata sulla coscia di Bella, passando da sopra e jeans e sotto quel grembiule con Babbo Natale, scivolando sempre più su. Bella sospirò, alzando gli occhi al cielo. Ma anche se tutti stavano per arrivare e non avevano poi tutto questo tempo per cucinare di nuovo il tacchino, non poteva arrendersi a quei baci. Contorse le braccia fino alla schiena, slacciando con un unico movimento il grembiule e buttandolo per terra.

“Venti minuti. Non di più.” Annunciò, sfilando la maglia a Edward, subito dopo raggiunta da tutti gli altri vestiti.

“Me ne dai soltanto venti?” Bella soffocò una risata, incrociando le gambe dietro la schiena di Edward, facendosi trasportare fino al divano.

“Ne abbiamo a disposizione soltanto venti.” Precisò.

“Un’ora e mezza, Isabella.”

“Venti minuti, Edward. Soltanto Venti.” Ma quando lui entrò dentro di lei, sentendo quei gemiti che ormai avevano imparato a memoria, capirono entrambi che quei venti minuti non sarebbero mai bastati.

 

 

“Mutandine!” Edward le lanciò a Bella, mentre lei si rivestiva di corsa. Avevano deciso di rimettere il tacchino mezzo bruciato nel forno, riscaldandolo. Quelle belle verdure tagliate perfettamente erano diventate di forme assurde, tagliate successivamente male e velocemente.

“Erano venti minuti, Edward!”

“Sono sempre venti minuti, per te.” Le passò davanti per dirigersi in bagno, ma solo dopo averle lasciato un bacio sulla fronte. Intanto Bella indispettita, ma con il sorriso sulle labbra finì di preparare quel tavolo in meno di un minuto, saltando quando suonarono al campanello. Nemmeno si specchiò, e quando aprì la porta trovò James a Laurent.

La salutarono allegramente: il primo con un bacio sulla guancia, mentre il secondo con una lieve strizzatina sul sedere.

“Hai la camicia all’incontrario, tesoro.” Le sussurrò nell’orecchio Laurent, sulle labbra un sorriso malizioso. Lei diventò rossa dalla testa ai piedi, ma non fece in tempo a chiudere che sentì le urla di Emma a Mia.

“Mi manca da morire non vederle tutti i giorni, ma cavolo, sto sudando.” Bella allargò gli occhi, perché non aveva mai sentito Carlisle parare in quel modo così aperto.

“Ti capisco.” Sorrise, abbracciandolo leggermente. “E buon Ringraziamento.”

“Grazie, Bella.” Esme arrivò un attimo dopo, con in braccio Mia.

“Ciao tesoro.” La salutò posandole un bacio sulla guancia, mente lei tendeva le braccia per farsi prendere. “Dove sei stata?”

“Ci hanno poltato a Centa Pak.” Ora Bella capiva perché Carlisle era così stralunato e sudato. Sicuramente aveva dovuto rincorrerle per tutta la mattinata.

“Ti sei divertita?”

Mi tivelto più con tio Edward. Lui mi accliapa sempre.” Disse, puntando il dito contro lo zio che era appena uscito dal bagno e stava parlando con James.

Hey.” Si avvicinò dopo aver salutato Emma, prendendo in braccio la più piccola della casa.

Mi tei mancato tanto.” Strinse le braccia intorno al suo collo, e Edward ricambiò con il sorriso sulle labbra.

“Il tacchino.” Sussurrò lui a Bella, indicando la cucina. Era ancora in forno, e la avvertì prima di beccarsi un’altra strigliata. Anche se poi fare pace non gli sarebbe dispiaciuto così tanto.

“Vado a controllarlo.” Bella passò una mano sulla testa di Mia, facendola scivolare poi sulla schiena di Edward, allontanandosi.

Ma non le sfuggirono le ultime parole che lui le rivolse.

“Grazie, amore.”

 

 

“E’ tutto buonissimo, Bella.” Rivolse uno sguardo di gratitudine ad Esme, che stava finendo di mangiare un pezzo della torta di zucca. Almeno quella era una cosa che le era riuscita particolarmente bene.

“Grazie.” Sorrise, e allungò le mani perché proprio in quel momento Leah le stava passando il neonato.

Hey.” Bella abbassò la voce, avvolse Ronald ancora di più nella sua copertina e iniziò a cullarlo.

“Non capisco perché in braccio a te non piange.” Sbuffò Jacob, con le sue grandi occhiaie che gli incorniciavano il volto stanchissimo.

“Perché sono una zia perfetta.”

“Non è velo.” Si intromise Mia, continuando a staccare pezzi di zucca dalla torta mangiandoseli.

“Come no?” Ormai erano tutti in silenzio, pronti ad ascoltare quello che aveva da dire.

“Ieri avevo un ncubo, tono venuta nella tua cemela ma non c’eli.” La fulminò con lo sguardo, ma era più offesa che triste.

“Questo perché sta sempre in camera di zio Edward. Esce sempre con tutto il collo rosso. E stamattina aveva tutti quei lividi.” Disse con ovvietà Emma questa volta, mentre il silenzio in quella sala era diventato tombale.

“Tu e tio Edward fate la lotta?”

“No, tesoro.” Disse Edward.

“Perché non riprendi tuo figlio?” Disse Bella.

“Bambine, giochiamo al gioco dell’oca?” Disse Esme.

“Forse vado a prendere una boccata d’aria.” Disse Carlisle.

“Io lo sapevo che c’era qualcosa sotto.” Disse Jacob.

“Finalmente fate bunga bunga.” Disse James.

“Io lo sapevo!” Disse Laurent.

Parlarono tutti contemporaneamente, procurando un caos degno di una famiglia così rumorosa.

Poco dopo gli uomini sparirono nel giardino con vari bicchieri di whisky e sigarette, Angela si era accomodata sul divano allattando entrambi i gemelli, e Bella si era chiusa in cucina, sommersa dalle stoviglie sporche.

“Ti serve una mano?” La pentola le cadde nel lavandino, procurando un rumore fastidioso.

“No, grazie Esme.”

“Tu lavi ed io asciugo.” Le sembrava più un ordine che una richiesta, ma sempre con quel suo dolce tono di voce.

“Perfetto.” Rimasero in silenzio, e quando le stoviglie pulite diventarono più di quelle sporche, la signora Cullen decise di parlare.

“E’ seria?”

Bella valutò attentamente la sua risposta, perché sapeva che avrebbe avuto un peso grave.

“Sì.”

“Bella.” Non disse nulla, ma lei chiuse l’acqua e si voltò.

“Sì?”

“Non so cosa stia accadendo tra te e Edward, ma è ovvio che c’è del tenero. E sono felicissima per voi. Ho sempre creduto che sareste finiti insieme, prima o poi. Ma le cose erano diverse. Prima potevate pensare soltanto a voi stessi, e se fosse andate male, non avreste avuto nessuna ripercussione, almeno non che riguardasse anche esterni. Ma ora avete le bambine. E se le cose tra te e Edward non andassero bene, loro ne risentiranno per sempre. E questo non deve accadere. Non ora che stanno superando pian piano quello che è accaduto. Non possono permettersi di perdervi. Di perdere anche solo uno di voi.”

“Questo non accadrà, Esme.” Bella si tolse i guanti, allungando le mani pulite verso le sue. “Emma e Mia saranno sempre in primo piano. Io e Edward credevamo di aver fatto le cose per bene e di nascosto, ma quelle ne sanno una più del diavolo. Volevamo dirglielo con calma. Ma già lo sanno. Io e Edward siamo delle persone mature, ma la nostra storia non inciderà sulle loro vite. Te lo prometto.” Spiegò, stringendo per tutto il tempo le mani fra le sue.

“Lo ami?” La domanda arrivò impetuosa.

Io…”

“Bella, lo ami?”

“Sì. Lo amo.” Esme le rivolse quel sorriso dolce, per poi abbracciarla.

“Edward ne ha passate tante, Bella. Tu puoi fargli solo che bene. Lo vedo dal suo sguardo. Prima pensava soltanto al lavoro, e alle donne che trovava di rado. Ora sorride con te, e con le bambine. Siete la sua famiglia.” Gli occhi di Bella diventarono lucidi, mentre ricambiava l’abbraccio di Esme.

“Grazie, Esme.”

“Grazie a te, tesoro. E diglielo. Il prima possibile. Lui deve saperlo, Bella.” Non si chiese come facesse a sapere che Edward non sapeva, ma rimase in silenzio. Ma glielo avrebbe detto. Gli avrebbe detto che lo amava come mai aveva amato un uomo, e che erano una famiglia. Loro due, con le bambine. Che avrebbe passato il resto della vita con lui, che si sarebbe presa cura di tutti e tre. Lo avrebbe fatto il prima possibile, perché aveva bisogno di sapere che Edward era lì, pronto a cominciare qualcosa di nuovo con lei.

   
 
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