Crollo
Era seduto con le ginocchia vicine al petto, si stringeva le gambe mordendosi un dito. Senza sentire la pioggia picchiare contro il tetto, né i passi lungo il corridoio. Perché non c’era spazio nella sua mente, per nulla, a parte per lui. Kira. Non esisteva altro a parte lui, un omicida, un serial killer che doveva trovare e fermare, ma anche molto più di questo. Perché L, l’investigatore migliore al mondo, non aveva mai trovato un avversario al suo pari. Cominciava a sospettare che Kira non fosse reale, che fosse un sogno, un’immagine elaborata dalla sua mente, vuota, come lo era lui. Una figura creata per cercare d riempire quegli spazi che altrimenti l’avrebbero portato alla distruzione. Si isolava dal mondo, si allontanava dalla vita, dalla gente, dimenticandosi di essere un uomo. Esisteva solo Kira, era una sfida fra loro due, fuori dalle regole, al termine di cui uno dei due sarebbe crollato. E L non voleva crollare, si allontanava alla vita per sfuggire alla morte. Era contorto e innaturale, lo sapeva, ritrovarsi chiusi in una stanza, soli, ad ascoltare il rumore dei propri pensieri, tentando di superare un avversario in grado di ucciderti. Ma ho già detto che per lui era più di questo, Kira era molto più che un avversario, Kira era ciò che lo manteneva in vita. E stava per prenderlo, se lo sentiva, ormai ce l’aveva quasi fatta. E quando l’avrebbe condannato a morte? Cosa sarebbe successo? Sarebbe stato il vincitore, un solo, vuoto vincitore, in attesa di un altro avversario. Ma non doveva pensarci, non voleva pensare a nient’altro.
Kira.
Aveva speso le sue energie, fatto tutto ciò che poteva fare. Lui era la giustizia che non poteva essere fermata, nessuno l’avrebbe scavalcato. Aveva costretto Kira a uscire allo scoperto, gli aveva mostrato che non poteva continuare a nascondersi dietro a qualche incidente o a disgraziati attacchi di fuori. Lo aveva stanato e ora combattevano alla pari. Dietro qualunque tana si nascondesse, L l’avrebbe abbattuta. Era una persona qualsiasi, un comune assassino, poteva nascondersi dietro qualsiasi faccia, e L credeva di averla trovata.
I passi del dottor Yagami riecheggiavano per il corridoio. Aprì la porta della stanza, trovò il suo paziente accucciato in un angolo, come lo aveva lasciato. «Come ti senti oggi?» gli chiese, senza ricevere risposta. Stette a osservarlo per qualche minuto, poi si voltò per uscire.
«Sono più che mai convinto che Kira sia suo figlio.» Queste furono le uniche parole che udì da lui quel giorno. Avrebbe voluto urlare tutte le volte che si rendeva conto che il paziente a cui più si era affezionato non apparteneva al suo mondo. Altrimenti avrebbe saputo che lui non aveva figli, che la sua stanza aveva le pareti imbottite e l’unica finestra sbarrata. Ma sapeva che Kira era tutto ciò che gli era rimasto, che senza di lui sarebbe entrato in quel mondo folle dove precipitano tutti quelli che hanno perso anche l’ultimo appiglio alla realtà. Un filo così sottile reggeva il suo mondo, e tutto quello che doveva fare era evitare il crollo.
Angolo autore: Eccomi qui! Adesso potete strangolarmi ;) Scusate ma non ho resistito, avevo in mente di scrivere questa storia da molto tempo, e adesso sono finalmente venuta a importunarvi. Mi raccomando recensiteee!!! (Anche per dirmi di darmi all’ippica) Ringrazio tantissimo tutti i lettori che mi sopportano <3