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Autore: oak    07/12/2014    12 recensioni
Cosa succede quando anche l'ultima cosa bella della tua vita ti viene portata via?
Louis Tomlinson e Harry Styles stanno insieme da due anni. E' il giorno del loro secondo anniversario e i due ragazzi si trovano in macchina quando un camion va a sbattere contro la vecchia Mini di Louis, provocando un terribile incidente.
I giorni in ospedale per il ragazzo passano in fretta, ma quando Louis si risveglia dal breve coma una notizia disarmante lo aspetta: Harry ha perso la memoria a causa dell'incidente e non si ricorda più di lui.
Ora non sta che a Louis decidere ciò che dovrà fare: accettare l'amnesia di Harry oppure combattere per ottenere di nuovo l'amore del ragazzo?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The last kiss
 
“Louis, sei pronto?”.
Sentii la voce di Harry urlarmi dal salotto. Mi diedi un ultimo sguardo allo specchio del bagno, passandomi una mano tra i capelli in modo da sistemarli, il gel che pian piano si stava seccando. Sorrisi al mio riflesso e tornai in camera. Infilai velocemente le mie scarpe.
“Louis!” la voce spazientita di Harry mi giunse all’orecchio.
“Arrivo!” urlai annoiato. Perché doveva sempre mettermi fretta?
Lo sentii lamentarsi, ma non colsi le sue parole.
Afferrai la giacca di jeans dallo schienale della sedia e mi precipitai giù dalle scale, scendendo due gradini per volta.
“Eccomi!” dissi, entrando in sala “Hai il pepe nel culo che sei così frettoloso?” chiesi, un sorriso sarcastico sul viso.
“Cerchi rissa, Tomlinson?” mi chiese di rimando, facendo un passo verso di me. Lo fissai, passando il mio sguardo dai suoi capelli ingellati alla punta delle sue converse bianche.
“Stai zitto.” risposi, afferrando il colletto della sua T-shirt e avvicinandolo a me. Gli premetti un bacio veloce sulle labbra, sentendo un sorriso che mi si allargava in volto.
“Ho fretta perché abbiamo prenotato il ristorante e bisogna rispettare gli orari.” disse, come se fosse una cosa ovvia. Premette ancora le sue labbra carnose sulle mie sottili. Mi prese la mano, trascinandomi quasi a forza verso la porta dell’entrata.
Mi lanciò un’occhiata.
“Sicuro che non avrai freddo?” mi chiese, lo sguardo fisso sulla mia canotta nera.
“Haz, siamo a inizio luglio e ci sono 25°.” risposi “cosa ti fa pensare che io possa avere freddo?” chiesi poi, tirando fuori dalla tasca dei jeans le chiavi di casa.
“Scusa se mi preoccupo per te, Boo.” disse, alzando gli occhi al cielo.
“Non mi chiamare così, mi sento un idiota.” Gli tirai una manata sul petto.
Aprii la porta e lo spinsi fuori, tirandogli volontariamente una  pacca sul fondoschiena.
“Ehi!” protestò lui. Ridacchiai.
“Muoviti dai.” dissi, infilando le chiavi nella toppa dorata della porta e girandole.
Harry salì sulla macchina dalla parte del passeggero. Suonò il clacson, istigandomi.
Lo sentii urlare un “Ci muoviamo?”, la sua voce era ovattata a causa delle portiere chiuse della macchina.
Scossi la testa, un sorriso rassegnato sul volto.
Aprii la portiera dalla parte del guidatore, sedendomi sul sedile nero in pelle. Stare in quella macchina in estate era una tortura.
“Sei peggio dei bambini.” mi lamentai, girando la chiave e mettendo in moto.
Sentii la risata di Harry accanto a me.
Partii, imboccando una delle piccole viuzze per uscire dal quartiere in cui si trovava casa mia. Quando si trattava di viuzze, Doncaster era imbattibile.
Vidi con la coda del occhio la mano di Harry che accendeva la radio. Le note di Hall Of Fame invasero la cappotta della piccola Mini di seconda mano che avevo ricevuto al mio 20esimo compleanno. Aveva bisogno di un po’ di manutenzione, visto le numerose volte in cui ero finito contro il muretto davanti a casa, ma per me era come una Ferrari. Infondo l’importante era che andasse avanti.
Non ci volle molto prima che Harry riconoscesse la canzone e unisse la sua voce a quella del cantante degli Script.
“Stai zitto, fai pena.” dissi divertito. Harry mi fece la linguaccia, continuando a cantare la canzone di cui sapeva ogni singola parola. Sorrisi, sentendo la sua voce bassa riempire l’aria. Mi era sempre piaciuto il modo in cui cantava, era una delle cose che più amavo di lui.
Spesso la sera, quando veniva a casa mia, io prendevo posto davanti al pianoforte in salotto, e mentre suonavo qualche melodia lui, seduto accanto a me, cantava canzoni su canzoni, senza mai sbagliare una nota. Al contrario, quando si parlava di canto io non venivo quasi mai nominato. La mia voce non era splendida. In poche parole possiamo dire che ero, e sono tutt’ora, abbastanza stonato. Però se si trattava di suonare qualche strumento, io ero lì in prima fila a scrocchiarmi le dita. Sin da quando ero bambino, mi piaceva da matti suonare il piano. Mia madre mi regalava sempre quelle tastiere con i tasti colorati, quelle per bambini, e mentre tutti i miei amici erano a giocare in giardino, io ero nella mia cameretta dalle pareti azzurre e inventare melodie a caso, spesso orribili, sentendomi un piccolo Mozart del 21esimo secolo.
Guardai Harry. Sorrideva, il finestrino abbassato e il braccio penzoloni fuori, lungo la portiera.
“Guarda che se passa un camion te lo porta via.” dissi alludendo al braccio di Harry, le mani strette attorno al volante. Lui alzò gli occhi al cielo, ritirandolo dentro la macchina.
“Scusa mamma.” borbottò, alzando un po’ il volume alla radio. Sorrisi. Mi diceva sempre così quando lo criticavo, però non era colpa mia se faceva cose pericolose. Era più piccolo di me di tre anni, avevo il dovere di prendermi cura di lui.
Arrivammo davanti al ristorante. Si trovava circa tre chilometri fuori da Doncaster, nell’aperta campagna. La struttura si affacciava su un piccolo laghetto. Il de hors era in legno e su ogni tavolino c’era una candela accesa, in modo da illuminarlo.
Parcheggiai la macchina non molto lontano da lì: per strada non c’era nessuno.
Harry scese e feci lo stesso anche io, chiudendo poi a chiave la macchina. Mi avvicinai a lui, intrecciando le mie dita con le sue. Sorrisi. Sarò stato anche tre anni più grande di lui, ma se qualcuno ci avesse visto per la prima volta sicuramente non lo avrebbe mai detto. In altezza, Harry mi superava di una buona mezza spanna.
Ci incamminammo entrambi verso il ristorante, il sole che calava ci illuminava il viso.
Entrammo nella struttura, salutando il proprietario come un vecchio amico. Lui ci indicò un tavolo fuori, all’angolo della veranda.
Ci sedemmo, la fiamma della candela che tremolava in mezzo a noi.
Il proprietario nel locale ci portò una bottiglia verdognola, versando il vino bianco dentro di essa nei nostri calici.
Harry fissò i suoi occhi nei miei, un mezzo sorriso sul volto.
“Che vuoi?” chiesi divertito.
Lui mi guardò, alzando il calice.
“Ti amo Lou. E voglio brindare a noi, e a questi 2 anni insieme. Grazie di tutto, sei la mia vita e lo sarai per sempre.” fece sbattere con delicatezza il suo bicchiere contro il mio, il tintinnio del cristallo si sparse nell’aria. Sorrisi.
“Ti amo Harry” dissi a mia volta, stringendo la sua mano nella mia.
Bevemmo entrambi il vino, vuotando completamente i calici. Non passò molto tempo che il cameriere arrivò, due menù color cuoio in mano.
Ce li porse con un sorriso cordiale e noi li sfogliammo, decidendo velocemente. Quando i nostri piatti arrivarono, il locale aveva iniziato a riempirsi. La vista dal nostro tavolo era piuttosto romantica, perché permetteva di vedere il sole tramontare sul piccolo laghetto lì vicino.
“Bellissimo, vero?” sussurrai, la mano sempre stretta a quella di Harry. Mi voltai. Lui mi stava guardando.
“Bello quasi quanto i tuoi occhi.” sussurrò, lo sguardo fisso nelle mie iridi azzurre. Sorrisi, girando il volto verso il tramonto per sfuggire ai suoi occhi.
Finimmo la cena e Harry insistette tanto per pagare, per quanto io mi fossi opposto.
Cercai di tenere il broncio quando uscimmo dal ristorante, ma nonostante tutto lui riuscì subito a farmi sorridere con le sue battute squallide.
Rimasi interdetto quando lo vidi salire dalla parte del guidatore, ma senza fare troppe domande gli diedi le chiavi della macchina, prendendo posto dal lato del passeggero. Allacciai la cintura mentre Harry faceva retromarcia e imboccava l’autostrada per tornare a casa.
Accese la radio lasciando che il CD dei The Fray suonasse a ruota libera, ovviamente intonando ogni singola traccia dell’album con la sua voce perfetta.
“Amo la tua voce.” sussurrai quando You Found Me invase con le sue note la macchina. Harry si girò verso di me, un piccolo sorriso sul volto.
Spalancai gli occhi dal terrore quando mi accorsi del camion che si stava dirigendo verso di noi.
Urlai il nome di Harry, ma lui non fece il tempo ad accorgersi di cosa stava succedendo, né fece in tempo a tirare il freno a mano o a sterzare.
Le ultime cose che ricordo di quel momento sono i fari accecanti del camion troppo vicini alla mia Mini, un rumore assordante e un urlo.
Poi, buio.

*
 
Aprii gli occhi, lanciandomi uno sguardo intorno. Mi trovavo in una stanza complessivamente vuota. Le pareti erano color verde chiaro e la serranda della finestra era tirata giù, impedendo alla luce di entrare.
Provai a tirarmi su, appoggiando il peso sui gomiti, ma la mia impresa eroica non andò a buon fine e mi ritrovai steso sul letto, la testa che mi girava vorticosamente.
Un forte odore di ammoniaca mi pizzicava il naso.
Cercando di tenere la testa il più fermo possibile, mi guardai intorno, muovendo solamente gli occhi.
Il mio sguardo ricadde su un piccolo tubicino che partiva da una busta in plastica appesa a un sostegno in metallo, e finiva per sparire dentro al mio braccio.
Mi inumidii le labbra, cercando di capire cosa ci facessi in quel posto. Spostai lo sguardo dal tubicino blu e passai in rassegna il resto della camera: c’erano altri letti come il mio. La maggior parte era vuota, se non per un letto vicino alla finestra, occupato da un vecchio intento a fare le parole crociate.
Sentii la porta aprirsi e mi girai. Un uomo intorno alla quarantina con un camice azzurro entrò nella stanza.
“Buon giorno, signor Higgs, sempre in forma eh?” urlò rivolgendosi al signore in fondo alla sala. Lui non diede segno di averlo sentito.
L’uomo si girò verso di me.
“Vediamo, chi abbiamo qui?” chiese più a se stesso che a me, sfogliando la cartellina che aveva in mano “Oh, il signor  Tomlinson!” esclamò, analizzandomi con i suoi occhi grigi almeno tanto quanto i suoi capelli. “Dunque, un braccio rotto,  un paio di costole fuori posto e diverse contusioni lungo tutto il corpo.” borbottò a voce bassa, lo sguardo fisso su di me.
Io lo scrutavo con occhi confusi, cercando di capire cosa stesse dicendo. Provai a parlare, ma nessun suono uscì dalle mie labbra. Deglutii, inghiottendo insieme alla paura anche il senso di angoscia che si stava impossessando di me.
Riprovai.
“Dove sono?” chiesi. La mia voce era flebile e roca. L’uomo mi rivolse uno sguardo, inforcando gli occhiali.
“Beh, momentaneamente lei si trova al Westfield Health Hospital, in Sheffield.” Scossi la testa. Sheffield?
“Che ci faccio qui?” chiesi, la voce che pian piano riacquistava il suo tono naturale.
“Si da il caso, signor Tomlinson, che circa due giorni fa lei sia stata vittima di un pericoloso incidente stradale. Non appena i soccorsi sono venuti a conoscenza dell’incidente, sono corsi in vostro aiuto. L’ospedale di Doncaster ha deciso di trasferirvi qui, poiché questo ospedale è più avanzato tecnologicamente e anche per quanto riguarda la disponibilità di medicine.” Mi spiego, una punta di orgoglio nella sua voce.
Cercai di ricostruire gli avvenimenti di due sere fa, ma mi sembrò un’impresa impossibile. Ebbi un flash. Il camion che si avvicinava, il rumore assordante del clacson, io che urlavo il nome di…
“Harry.” Sussurrai con un filo di voce, completando il mio filo di pensieri.
Il dottore mi guardò con aria confusa.
“Come prego?” chiese.
“Harry.” Ripetei “dov’è Harry?”
“Mi dispiace, ma non so di cosa stia parlando.” L’uomo mi guardava come se fossi pazzo.
Cercai di alzarmi, impiegando tutte le mie forze per riuscire a rimanere per lo meno seduto. Il dottore mi fu subito addosso. Le sue mani rugose erano sulle mie spalle, lui spingeva per tenermi giù.
“Non si muova.  Stia tranquillo, troveremo il suo amico. La sua famiglia è qua fuori. Si tranquillizzi e la farò entrare.”  Mi disse con tono calmo e minaccioso allo stesso tempo.
Mi bloccai. Mia madre era qua fuori? Una parte di ansia passò, lasciando spazio al pensiero di mia madre.
Mi sdraiai, obbedendo alle indicazioni dell’uomo. Lui annuì, lanciandomi un’ultima occhiata. Poi si diresse verso la porta, la aprì e disse qualcosa a qualcuno.
Poco dopo vidi mia madre entrare nella stanza. Al suo seguito c’era mio zio, Dave. Da quando mio padre se n’era andato, Dave era diventato come un secondo padre per me e le mie sorelle.
Entrambi avevano la faccia stanca e delle borse nere sotto gli occhi. Mia madre sembrava almeno cinque anni più vecchia.
Quando mi vide, scoppiò a piangere, correndo verso di me. Era sempre stata una donna emotiva.
“Louis.” Sussurrò quando mi raggiunse. Mi accarezzò i capelli, lasciandomi un bacio sulla fronte “stai bene, amore mio?” chiese, gli occhi fissi nei miei. Erano dello stesso colore dei miei. Li avevo presi da lei.
Annuii per consolarla. Il nome di Harry continuava a apparirmi in testa.
“Dov’è?” chiesi, senza neanche il bisogno di nominarlo. Sapevo che mia madre avrebbe capito a chi mi riferivo. Lei abbassò lo sguardo, stringendo la sua mano intorno alla mia.
“La tua Mini è completamente distrutta…” iniziò.
“Dov’è?” ripetei io, interrompendola. Sentivo il cuore battermi all’impazzata.
“…Dovrai risparmiare un bel po’ prima di poterti permettere una macchina nuova…” continuò lei, ignorandomi.
“Mamma, dimmi dov’è Harry.” La interruppi nuovamente, il tono secco almeno tanto quanto la mia gola.
Lei mi guardò, gli occhi umidi, la stretta intorno alla mia mano sempre più forte.
“Non sanno se si risveglierà.” Sussurrò dopo un attimo, la voce appena udibile. Una lacrima le rigò il volto.
La guardai con la convinzione che da un momento all’altro sarebbe scoppiata a ridere, dicendo che mi prendeva in giro e che Harry era in perfetta forma.
Ma non lo fece. Invece tenne la testa bassa, gli occhi fissi sui suoi stivaletti estivi.
Sentii il respiro che mi si bloccava in gola.
“Cosa?” sussurrai. Mia madre non alzò la testa. Mi venne il dubbio che non mi avesse sentito.
Sentii la testa che mi diventava pesante e la vista che mi si annebbiava.  Una lacrima mi rigò la guancia, una sola.
Sentii il rumore ovattato della porta che si apriva. Una voce indistinta disse a mia madre che il tempo era finito. La mano di mia madre mi accarezzò, ma la sentii come qualcosa di lontano e irreale.
Il rumore della porta che sbatteva riempì l’aria come uno sparo di pistola.
“Ha bisogno di qualcosa?” il dottore stava davanti a me, la cartellina ancora in mano.
Non risposi. Sentii i suoi passi allontanarsi e lui chiudere la porta.
Le parole di mia madre mi rimbombavano nella testa come una ninna nanna terrificante.
Non sanno se si risveglierà.
La frase mi apparì davanti agli occhi, rendendo quelle parole concrete e reali. Constatai velocemente che un pugnale nel cuore avrebbe fatto meno male. Fu probabilmente l’ultimo pensiero lucido che feci quel giorno.
Passai le ore seguenti  con gli occhi fissi su un quadro di una barca che affondava, appeso sul muro davanti a me, trovando che rispecchiasse perfettamente il modo in cui mi sentivo in quel momento.
Un relitto in balia degli avvenimenti.
Erano probabilmente le sei del mattino quando finalmente caddi in un sonno tormentato da incubi.


Angolo autore
I AM BAAAAAACK
Vi sono mancata? :') Okay no.
Storia Larry, diversa da quella passata (dal momento che quella prima era het lol)
Mi piace molto sinceramente e sono contenta di poter di nuovo condividere con voi i miei scritti. Ho fatto anche il banner (so che fa schifo ma shhh)
Credo di essere maturata molto nella scrittura, spero che anche voi la pensiate così! Come sempre mi aspetto le vostre numerose recensioni, quindi non fatemi attendere c:
Non posso dirvi quando aggiornerò perché la scuola mi sta lentamente soffocando, ma sappiate che prima o poi aggiorno!
Un bacione :)

 

Twitter: @shekeepsmewarm

   
 
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