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Autore: Piccola_scrittrice    08/12/2014    3 recensioni
Lei è arrabbiata con il mondo intero, con un passato difficile alle spalle.
Lui è stronzo, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.
Dopo liti e incertezze capiranno di appartenersi, ma decidere di stare insieme sarà una decisione giusta o una tremendamente sbagliata?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Nuova casa, nuovi amici, nuove emozioni, sarà divertente no?” credo fosse ciò che avrei dovuto pensare, ma non fu così, o meglio, lo sarebbe stato se non fosse stato almeno il decimo trasloco in meno di due anni e tutto questo perchè mia madre, quarantenne single, si ostinava a cambiare città ogni volta che chiudeva con un uomo. Ma ormai avevo imparato anche io a non dar peso al vizio, se così posso definirlo, di mia madre, ed ero arrivata in questa città, Holmes Chapel, con la consapevolezza che già il prossimo mese, se non meno, sarebbe stato solo un futile ricordo.
 L’unica amica che mi è vicina da sempre è Allie, la conobbi quando avevo poco più di tre anni, quando mio padre e mia madre stavano ancora insieme, è una diciottenne solare e spensierata, siamo legatissime e nonostante la distanza, so di poter contare su di lei.
 Mio padre abbandonò me e mia madre quando avevo più o meno sette anni per una sgualdrina, e sfortunatamente ricordo ancora la lite furiosa con tanto di piatti lanciati tra i due. Mia madre da lì iniziò a spassarsela nemmeno fosse una ventenne in preda agli ormoni, non tornava a casa quasi mai la sera, non era una madre amorevole e io, beh io mi chiusi in me stessa, diventai scontrosa verso di lei, o forse contro l’intero mondo, ce l’avevo con chiunque tentava di avvicinarsi a me, di notte piangevo per la mia vita schifosa, al mattino facevo finta di nulla, e agli occhi altrui ero solo una ricca ragazza presuntuosa che non sa cosa vuole dalla vita.
L’unico ragazzo che ebbi fu Jace,allora vivevo a Londra, i primi tre mesi con lui furono fantastici, i migliori della mia vita, gli ultimi due un inferno, mi picchiava, iniziò a farsela con gente poco raccomandabile, e quasi ogni sera si presentava a casa mia ubriaco, mi metteva le mani addosso e sfogava le sue pene su di me. Quando trovai il coraggio di lasciarlo mi mollò uno schiaffo, mi rifugiai nella mia stanza, l’unico posto in cui mi sentivo protetta, era il mio piccolo rifugio.

“Hai finito di disfare i bagagli?” disse mia madre gridando dalla sua stanza.
“No” le risposi tranquillamente.

Avevo imparato da tempo a controllare le mie emozioni, non piangevo mai, piuttosto mi distruggevo dentro, ma non avrei dato a nessuno la possibilità di vedermi soffrire, mai. Me lo ripromisi il giorno dell’ultima lite tra i miei, e da allora riuscivo ad assimilare tutto ciò che mi succedeva in un attimo, senza mai crollare, ma ciò non significava che non soffrissi, anzi.

“Muoviti, tra poco devi venire ad aiutarmi a fare compere” disse lei con tono arrogante.

Ma io dico, non avrei potuto avere una di quelle madri che farebbero di tutto per i figli, quelle che se dovessero scegliere tra la propria vita e la loro, sceglierebbero la seconda, quelle affettuose ed amorevoli, quelle con cui ti confidi, quelle che ti danno consigli…? Forse chiedo troppo, o forse sono troppo esigente, fatto sta che l’idea di passare del tempo con lei non mi entusiasma per niente e lo stesso vale per l’idea di stare in questa città, il fatto di non avere amici e forse la certezza di non averne bisogno, il fatto di abitare in due in una casa fin troppo grande.
Non potevo però negare che di quest’abitazione fosse tutto estasiante, forse la casa più bella in cui io sia mai stata, era a due piani, il primo aveva quattro stanze: il bagno, la camera di mia madre, la cucina e il salone. Al secondo piano invece ne stavano altre cinque: la mia stanza, quella degli ospiti, un altro bagno, uno studio e una stanza piena di libri. Ottimo, io amo leggere. All’esterno invece, si estedeva un prato inglese con tanto di piscina.

“Si si, dammi il tempo di finire e di mettermi qualcosa di un po’ più carino addosso” le dissi annoiata.

Finii velocemente di sistemare la mia nuova camera, misi su un paio di jeans, una felpa e le mie solite Vans e scesi le scale di corsa.

***

Quando tornammo dal centro commerciale decisi di fare un giro per la mia nuova città insieme alla mia macchina fotografica, adoravo fare foto, mi aiutavano a ricordare i bei momenti e quelli brutti. Avevo tre vicini di casa, ma uno in particolare attirò la mia attenzione, era alto, muscoloso e riccio, pieno di tatuaggi e aveva un sorrisetto strafottente in faccia. Chissà se viveva con i suoi, poteva avere massimo diciassette anni, come me. Continuai a camminare per la mia strada scattando qualche foto qua e là, il posto mi piaceva, era così… Familiare? Forse.
Saltai il pranzo, tornando a casa di sera, entrai in casa e decisi di farmi un bagno rilassante, ero stanchissima per via del viaggio e di solito l’acqua bollente mi aiutava a sciogliere i nervi e a svuotare la mente.

L’indomani avrei iniziato ad andare a scuola qui, quindi decisi di mettere rapidamente qualcosa sotto i denti dato che avevo lo stomaco che brontolava e successivamente andai a dormire.

Il giorno successivo mi svegliai in ritardo, avevo dimenticato di impostare la sveglia il giorno prima, ma che stupida sono?!
Feci colazione in fretta e furia, tornai velocemente in camera, mi vestii e lavai, un filo di trucco e via.

Camminavo in fretta per la via di casa, con il GPS del telefono in una mano, visto che non sapevo la strada e la borsa borchiata nell’altra. Mentre cercavo di seguire le indicazioni del telefono, camminavo spedita e borbottavo tra me e me.

‘Ovviamente devo far notare subito la mia sbadataggine, perché se no non posso essere felice’
‘Ma io non credo sia questa la strada giusta, e se il Gps si sbagliasse?’ Che idiota, non ho la più pallida idea di dove stia andando e penso che la strada sia sbagliata. Solo io.

Un clacson mi risveglia dai miei pensieri e mi costringe a girarmi per fulminare con lo sguardo lo psicopatico che quasi mi veniva addosso mentre ero sulle strisce pedonali!

“Non si guarda in quel modo chi non si conosce” dice in modo provocatorio una voce a me sconosciuta.

Ma grazie che è sconosciuta, non conosco nessuno qui!

“Non si guida in quel modo, non te l’ha mai detto nessuno?” dico io, regalandogli uno sguardo accusatorio.

Ride.
Ma cosa ridi idiota! A momenti mi uccidevi!

“Che dici mi lasci passare?” dico guardandolo più attentamente.

Nessuna risposta. Forse non mi ha sentito.

“Dovrei andare a scuola! Ti vuoi levare cortesemente?” dico perdendo la pazienza. Ho capito chi è! E’ il mio vicino di casa. Peggio non poteva essere, un incompetente alla guida, sordo e pure antipatico!

“Dove vai a scuola?” mi chiede lui curioso.
“Nell’unica scuola che si trova qui, dove vuoi che vada scusa?” gli dico ormai infastidita.
“Calma i bollenti spiriti dolcezza, non serve irritarsi” mi dice con tono provocatorio. Simpaticone.
“Vuoi un passaggio? Vado nella tua stessa scuola” mi dice tranquillo. Ma davvero crede che entrerò nella macchina di un perfetto sconosciuto, che stava quasi per uccidermi? Se lo scorda.
“No grazie, preferisco andare a piedi piuttosto che entrare nella tua macchina, ci si vede” gli dico velocemente, e riprendo a camminare.

Capisco di non essere stata abbastanza chiara quando mi prende sulle spalle e mi carica in macchina con molta poca grazia. Sto tipo è pazzo.

“Ma che problemi hai?” gli chiedo dando sfogo ai miei pensieri e guardandolo male.
“Taci – mi dice girandosi e lasciandomi uno sguardo misto tra l’essere offeso e l’essere incazzato – ti sto solo facendo un favore, so che sei la mia nuova vicina di casa, ti ho vista ieri, quando sei arrivata e so anche che non avevi la più pallida idea di dove fosse la scuola, dato che andavi esattamente dalla parte opposta” mi dice in fine con un tono duro.

Rimango in silenzio per l’intero tragitto e arrivati a scuola gli dico un “grazie” silenzioso, che probabilmente non avrà nemmeno sentito. Mi avvio verso la scuola ed entro. Era piuttosto grande e c’erano un sacco di ragazzi, ma ovviamente non conoscevo nessuno, salvo il ragazzo di stamattina. Ripensandoci mi sento stupida per come mi sono comportata, ma alla fine lo faccio solo per far si che nessuno si avvicini a me, non voglio legarmi a nessuno perché ho paura di soffrire ma penso che dopo scuola andrò da lui per porgergli le mie scuse.

Ciao ragazzeee, questo è il primo capitolo della mia storia, dio la amo già davvero, comunque spero che vi piaccia e se vi va lasciatemi una recensione, un bacione bellissime. :)
  
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