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Autore: Smiry90    04/11/2008    1 recensioni
Mio padre ogni giorno mi prendeva sulle sue ginocchia e mi diceva “ Melissa, sarai la più brava generale che io abbia mai visto!” . E io correvo usando i cuscini come trincea, le mie bambole come reclute; e appena arrivava mio padre alzavo la manina alla nuca e salutavo il mio superiore…
Genere: Generale, Malinconico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Melissa... memorie dalla trincea

Melissa... memorie dalla trincea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Attenzione! Scattare, dovete rimuovere quelle mine prima che sia tardi presto!!!”

Non mi piaceva dare ordini, ma non potevo fare altro, o quello o la morte… La barricata non avrebbe retto a lungo, dovevamo spostarla più in avanti e strappare altri preziosi metri verso la vita e la vittoria, al nemico…

I soldati erano corsi in avanti per rimuovere dal terreno di battaglia le mine dei nemici per permetterci di avanzare… Vederli cadere, sotto il fuoco delle armi, tra il filo spinato, nelle esplosioni che aprivano la strada a noi, infondo uomini come loro, che al loro contrario avevano avuto il privilegio di una più lunga vita, era uno spettacolo raccapricciante… Ma era la vita che avevo scelto, forse non per vocazione… ma per mio padre…

“Ora, avanzare!!!”

“Ricevuto sergente maggiore!”

Ancora esplosioni coprivano le parole dei miei soldati, quasi come miei figli, che avevo addestrato e visto crescere… ed ora li vedevo morire…

Ma infondo, ciò non mi rendeva infelice, perché anche io li avrei raggiunti presto; quanto tempo mancavo da casa ormai? Due, tre anni? Ormai avevo perso il conto. Forse non lo avevo mai nemmeno mai tenuto, tanto era impegnata a pianificare, combattere, uccidere…

Ad un tratto una mina… era esplosa ancora una mina… quelle maledette mine, quelle che mi avevano portato via mio padre… L’aria sollevata fece volare via il berretto militare che avevo in testa, lasciando i miei capelli corti volare liberi…

“NO!”

Corsi a riprenderlo… l’unica cosa che mi ricordasse mio padre, l’unica cosa che mi faceva fare un salto indietro, a quando Melissa era ancora una bambina e i suoi capelli erano liberi al vento, lunghi, morbidi… A quando per lei la guerra era un gioco, un’avventura della quale le narrava stupende vicende il suo adorato papà… Ed ora eccola invece Melissa… cosa sono diventata? Ogni tanto me lo chiedo, e l’unica risposta che mi viene in mente è: il sogno di mio padre…

Lui voleva un ragazzo, a cui poter trasmettere le sue passioni, a cui insegnare come montare un fucile, a cui insegnare a sparare, a pilotare un aereo da guerra… del quale essere orgoglioso un giorno, per poterlo chiamare finalmente “Generale”.

Ed eccomi invece: una bambina dai capelli neri e morbidi, lunghi e di seta.

Non mi aveva odiata… Anzi, mi aveva esaltata. Mio padre ogni giorno mi prendeva sulle sue ginocchia e mi diceva “ Melissa, sarai la più brava generale che io abbia mai visto!” .

E a me piaceva così tanto ascoltare le sue storie sulle battaglie, sull’onore, sull’amore per la patria e per la famiglia, sul rispetto…

Poi finalmente, eccolo arrivare, quel regalo… Arrivò a casa, mi chiamò e mi mise in testa un berretto militare.”Sei bellissima con quel berretto Melissa! Il mio sogno sarebbe di vedertelo indossare se mai diverrai un Generale, ma  non ti chiedo nulla piccola mia”.

Non passava giorno che io non indossassi quel berretto, raccogliendo i capelli in una folta coda. E correvo usando i cuscini come trincea, le mie bambole come reclute; e appena arrivava mio padre alzavo la manina alla nuca e salutavo il mio superiore…

Ma poi, quell’orrendo giorno… Partì per quell’atroce strumento per avanzare il progresso che l’uomo definisce guerra. Non ero triste quel giorno. Lo guardai sulla porta mentre si allontanava, alzai ancora la manina e lo salutai, come sempre.

Ma non fu felice quando tornò. Non era più mio padre, e tutto per quelle mine… Gliene era esplosa una vicino, e per pararsi aveva rimesso la sua gamba, e la sua memoria… tutta la sua intera vita cancellata, dissolta come la nebbia sparisce tra le nuvole al mattino. Non era più il mio papà; lo avevo perso, perdendo così tutta me stessa, la mia forza, la mia volontà. Ormai al mattino, sapevo solo alzarmi e mettermi in testa quel berretto militare, per sentire ancora la sua mano calda che mi accarezzava i capelli…

Mi avvicinavo a lui e guardavo quella protesi alla gamba che segnava il suo abbandono della vita, della mia immagine… Mi sedevo ai suoi piedi sperando assiduamente di sentire ancore quelle belle storie che mi raccontava, anche se erano baroccamente abbellite… Mi addormentai, un giorno, per stare lì a tenergli compagnia; e fu in quel giorno che sentii la sua mano toccarmi la testa, e mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime lo sentii dire “ Melissa sei bellissima con quel cappello… vorrei vedertelo quando sarai generale!” . L’unica frase che disse dopo tre anni, il primo e solo ricordo… Decisi allora che le armi sarebbero state il mio futuro, avrei realizzato il sogno di mio padre, avrei comandato io quelle mine che me lo avevano portato via, anche se non erano riuscite ad allontanarmi dal suo cuore…

Tagliai radicalmente i capelli…

Ed ora eccola Melissa… il sogno di mio padre…

Gli spari delle mitragliatrici continuavano a fare da sfondo a tutto quell’orrore, mentre i soldati avanzavano; ed io in prima fila, fiera, con la paura che mi pervadeva e scoppiava come quelle mine dentro di me, ma con gli occhi che non volevano lasciar trapelare il sentimento che mi portavo dentro…

Corsi verso il nemico, mi gettai a capofitto nella battaglia, per la patria, per l’onore, per mio padre!

Ed eccola arrivare verso di me, la morte. La vidi chiaramente a terra, che mi attendeva, che aspettava agognante la mia figura, per portarmi con sé in un mondo privo di sofferenze, ma privo anche di valore, di onore, di motivi.

Sapevo che l’avrei vinta, non avrebbe portato via anche me. Io dovevo ancora realizzare il sogno di mio padre, ancora non ero Generale.

Mi scontrai anche io, come mio padre, con quell’esplosione, e caddi a terra anche io. Mentre gli occhi mi si chiudevano gettai una lacrima amara… avevo fallito… ed ora cadevo… nell’oblio…

Quando riaprii gli occhi ero in una tenda…

“ Sergente maggiore! si è ripresa finalmente!”

“Cosa è accaduto?”

“ è stata coinvolta da un’esplosione, ma fortunatamente era lontana e non è stata ferita gravemente! Abbiamo vinto Sergente, la guerra è finita! Si torna a casa!”

Allargai un sorriso: ce l’avevo fatta, avevo vinto l’oblio, non aveva preso anche me! Con il cappello sui capelli d’ebano raccolsi le mie cose, uscii dalla tenda, respirando a pieni polmoni l’aria nuova di libertà. Dopo tre anni, potevo tornare a casa!

Mia madre ormai non era più ad attendermi, ma qualcuno c’era! Perché mio padre non mi aveva ancora del tutto lasciato…

Entrai per salutarlo…

“ Come sta?”

“ Non ha più dato segni di miglioramenti signorina, da quando lei è partita se ne sta sulla finestra, e fissa di fuori… non parla, non riconosce nessuno…”

Sospirai e mi sistemai il cappello, per poi entrare.

Era lì, seduto, proprio come me lo avevano descritto: solo, quasi sentisse il peso di tutti i suoi anni, con lo sguardo fisso, ma non vuoto…

“Papà…”

Non si voltò… Mi avvicinai… Mi sedetti ancora ai suoi piedi, dopo avergli sistemato una coperta sulle spalle…

“ sai papà, abbiamo vinto… ce l’abbiamo fatta, niente più guerra! Io non ho avuto paura, ho combattuto come dicevi tu…”

“Melissa…”

Alzai gli occhi… Non potevo credere di averlo sentito davvero, forse era il mio dolore ad avermelo fatto immaginare… Eppure

“ Sei bellissima con quel cappello…”

“Papà…!”

“cosa sei ora?”

“sergente maggiore…”

Non potevo sapere se avesse riacquistato la memoria, ma sapevo per certo che con quel gesto ancora non aveva perso la speranza di lottare per farlo.

La sua flebile voce colmava il mio cuore di gioia, i suoi occhi, avevo ben visto, non erano spenti, non erano vuoti, erano assopiti, velati dalla paura di non avermi più accanto a lui, quella stessa paura che anche io fino a pochi secondi prima, provavo con ogni parte di me stessa…

“ sono fiero di te… Melissa…”

Ancora delle parole. E mentre gli occhi mi traboccavano di lacrime, per la prima volta di gioia, con fierezza portai la manina alla nuca, e salutando dissi con voce mozzata dai singhiozzi

“ anche io lo sono… di te…”

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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