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Autore: Vanoystein    08/12/2014    2 recensioni
Quando la donna si fermò sulla soglia della porta della stanza di pittura, vide solamente una bambina. Voltata verso una tela, intenta a colorare con le tempere mentre quelle parole lasciavano le sue labbra. I lunghi capelli mori ricadevano sulle spalle, legati da un grazioso fiocco rosso. Lo stesso ed unico colore che occupava la sua tela.
(...)
– Come ti chiami, Cara? –
– Lena. -
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Londra, 1997
Era la vigilia di Natale, quel giorno.
Le strade erano piene di fiocchi di neve, che non smettevano di  cadere da qualche ora sulla capitale della Gran Bretagna.
Soffiava un vento gelido, che punzecchiava la pelle della signora Moore come se fossero aghi, mentre si dirigeva verso l’orfanotrofio inglese ‘White Garden’’, situato al centro della maestosa capitale.
La donna, faceva visita quasi ogni anno ormai a quell’istituto; sempre lo stesso giorno. Il 24 Dicembre.
Portava sempre con sé alcuni regali o oggetti da dare ai bambini il che, le sembrava il minimo da fare, dopo aver lasciato la custodia del posto al caro amico Clark. Era, il suo modo per dare una mano a quegli orfani e renderli felici almeno per un pò, almeno per quel che poteva.
La signora, superò l’enorme cancello dell’orfanotrofio, che dava sul giardino ricoperto dallo strato bianco di neve.
Si sistemò perfettamente il cappello scuro di lana sui corti capelli biondi e dopo aver raggiunto il porticato, battè le nocche sul portone d’ingresso. Appena la porta si aprì, una ventata di aria calda la investì e, il signor Clark si presentò a lei con un sorriso smagliante e perfetto, come era solito fare ogni anno.  L’uomo si preoccupò immediatamente di portare il cappotto e il cappello della signora nel suo studio e prima di andarsene, non fece altro che invitarla a percorrere il lungo corridoio che si diramava davanti a loro.
Lo stesso corridoio che la signora Moore attraversava ogni anno per andare nelle aule dai bambini. Strinse tra le mani le sue due borse scure e si incamminò.
Inutile dire che i bambini furono ben felici di rivedere finalmente la donna prosperosa di regali solo per loro. Inutile dire anche, che passarono tutto il tempo successivo con lei, a parlare, a raccontare e a giocare.
Erano davvero poche le cose che potevano strappare un sorriso dal viso di quei piccoli orfanelli, e la signora Moore lo sapeva bene.
Quello che dopo, attirò l’attenzione della donna, fu una piccola vocina. Una voce non tanto lontana, una voce che canticchiava. Così, la donna, lasciò l’aula e i bambini soli per un attimo, seguendo quel richiamo che tanto la allettava.

‘’ Quale angelo mi sveglia dal mio letto di fiori? Ti prego, grazioso mortale, canta ancora.
Il mio orecchio si è innamorato delle tue note come il mio occhio è rapito dal tuo aspetto.
Il potere irresistibile della tua virtù mi spinge fin dal primo sguardo a dirti, anzi a giurarti che t’amo.’’

Shakespeare.
La signora Moore lo riconobbe subito. Quei versi continuavano a ripetersi, melodicamente, infinitamente.
Ancora e ancora, e quando la donna si fermò sulla soglia della porta della stanza di pittura, vide solamente una bambina.
Voltata verso una tela, intenta a colorare con le tempere mentre quelle parole lasciavano le sue labbra. I lunghi capelli mori ricadevano sulle spalle, legati da un grazioso fiocco rosso. Lo stesso ed unico colore che occupava la sua tela.
La signora Moore fece un passo verso di lei, che purtroppo, fermò il suo canto e lasciò cadere il pennello intriso di tempera a terra, sul pavimento chiaro macchiandolo di rosso.
- Me la cantano gli angeli tutte le sere. – La voce della bimba risuonò nella stanza come un sinistro sussurro, facendo quasi rabbrividire la donna. – Vogliono che io sia il loro messaggero. – Aggiunse, restando ferma come una statua al suo posto.
Cosa voleva dire? Oh, nella mente della signora Moore comparvero così tante domande in pochi secondi, che per un attimo le sembrò di scoppiare. Certo, quella bambina era strana, non si poteva negare. Aveva qualcosa, qualcosa di curioso come qualcosa di inquietante in un certo senso.
Una bambina così piccola che conosceva i versi di Shakespeare, affermando di saperla a causa degli angeli.
La donna prese un enorme respiro, schiarendosi la voce alle spalle della bambina. – Come ti chiami, Cara? – Riuscì a chiedere, con un attimo di esitazione e tremolio nella voce.
La bambina dai lunghi capelli, finalmente si voltò verso di lei lentamente, rivelando un dolce e angelico viso. La pelle chiara quasi come il latte, le labbra piene e rosse, contornate da delle guance rosee che sembravano calde e morbide. Gli occhi scuri, quasi neri ma grandi ed enormi, così innocenti che fecero torrnare alla mente della donna gli occhi dei cerbiatti.
Indossava un vestito che le arrivava fino alle ginocchia, bianco e candido, con due fiori blu stampati sulle maniche lunghe. 
La bimba scrutò la signora Moore per qualche secondo e poi, finalmente, mosse lentamente le labbra dando la sua risposta.
– Lena. -
  
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