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Autore: WeWillWin    08/12/2014    1 recensioni
Quando si vive una relazione in un contesto difficile, avere qualcuno accanto è importante. Ma ci sono quei momenti in cui sembra esserti tutto contro. Più di tutti, te stesso.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I heard you cry asking me to come and hold you in my arms.

 

 

Mi ha stretto la mano, e tutta la vita prima di quel momento, beh, l'ho dimenticata. Ho ricambiato la stretta e ci siamo scambiate un sorriso dolce, nonostante Lei non lo capisse totalmente, i “Ti amo.” detti in silenzio sono quelli che preferisco.

«Vieni.» Mi sussurra. Annuisco e la seguo, ma sono timorosa riguardo la meta. In cuor mio spero sia una casa abbandonata dove poter lasciar uscire pensieri repressi nei mesi precedenti, ma qualcosa nella sua voce mi suggerisce che non sarà nulla di ciò che immagino. Camminiamo per una decina di minuti, poi Lei si ferma ed io, che fino ad allora ero immersa nei miei pensieri, scrollo la testa e mi guardo intorno per capire dove mi avesse portato. C'eravamo già state prima, sempre insieme, un pomeriggio d'estate. Tre panchine, le solite due occupate, mentre una, quella centrale, completamente vuota. Sembrava aspettare solo Noi. Io per prima mi sono avvicinata, e dopo uno sguardo di riconoscenza alla mia Lei, mi sono seduta, tirandomela di fianco. Le altre due panchine sono cariche di anziani guardoni che un po' fissano Noi, e un po' il muso della stazione. Probabilmente per spettegolare sulle persone che ne entrano e ne escono. Cogliamo l'occasione per baciarci, ogni qualvolta ci rivolgono uno sguardo, inesorabilmente seguito da una loro smorfia disgustata ed una nostra soddisfatta.

«Ti ricordi l'ultima volta che siamo state qui?» La mia voce tremante rompe il silenzio.

«Come dimenticarlo, hai pianto tantissimo.»

«Gn, mi ricordo che c'era la Tizia che si sentiva un sacco esclusa e fuori luogo. Aveva una faccia orribile.» Le sorrido, e cerco di imitarla, mettendo in pratica le mie “doti” da attrice. Lei si mette a ridere, e una parte di me ride con Lei.

«Le somigli davvero molto! Se non sapessi che sei tu, vi avrei scambiate.»

Le pizzico un fianco e Lei mi fulmina con lo sguardo. “Non avresti reagito così se fossimo sole.” apro la bocca per trasformare quel pensiero in frase, ma preferisco non stuzzicarla. Mi dispiace non dare risposta a quello sguardo, non amo dargliela vinta, ma mentre penso a come ribattere le sue labbra si posano sulle mie ed ogni possibilità di pensare con criterio dà segno di volermi abbandonare. Le do corda e poco dopo mi separo. E' sempre stata Lei quella a perdere il controllo per prima e scambiare i ruoli sarebbe potuto risultare pericoloso.

«Cacchina.» La guardo male, poi poso la testa sulla sua spalla e mi mordo il labbro, cercando di non farmi vedere.

«Sai che c'è di bello qui?»

«Uh, dimmi.» Finalmente avremmo intrapreso un discorso che mi avrebbe distratto, mi sentivo tanto una manica. Incuriosita mi sollevo e la osservo mentre si avvicina al mio orecchio con uno sguardo che non promette nulla di buono.

«Il tuo collo.» Sussurra con un filo di voce, mentre l'inappropriatezza del luogo comincia ad essere fastidiosa.

«Andiamo via di qua.» Le suggerisco con voce sicura.

«E dove hai intenzione di andare, che non sai nemmeno dove vivi?» Effettivamente ha ragione, non è la mia città, e per di più, anche se la fosse, perdermi sarebbe quasi inevitabile.

«Lontano da qui andrà bene.»

 

 

Mi sfrego in modo aggressivo gli occhi, come se all'interno ci fossero finiti centinaia di granelli di sabbia. Ci avrò impiegato sì e no due minuti, ma mi sembra essere un'eternità.

 

 

Riapro gli occhi e non vedo assolutamente nulla. Sono coricata e non vedo niente. Nero. Il nero più nero che esista. Sbatto le palpebre ripetutamente quando gli occhi sembrano starsi abituando ad una luce lieve e quasi impercettibile, forse di una lampada lontana. Mi accorgo di averla di fianco e sorrido, più tranquilla. Mi volto verso di Lei e l'avvolgo nelle mie braccia, non curandomi di null'altro. Lei si gira e mi guarda.

«Che ci fai sveglia?» Le domando perplessa.

«Aspettavo che mi abbracciassi.» Un sorriso lieve mi spunta sul viso, chissà che ore sono e da quanto non dorme.

«Mi sono addormentata, perdonami. Ma ti ho sognata, sai?» Non le avrei mai raccontato l'episodio, ma magari sarei riuscita a rincuorarla un po'.

«Ed eri bellissima. Un po' strana, ma comunque bellissima.» Continuo, cercando di non farle salire nessuna curiosità.

«Raccontamelo.» Daje, non avrei dovuto dirle niente. Sento le guance diventare più calde ed immagino il colore rosaceo tramutarsi in rosso. L'imbarazzo mi impanica e non so più che risponderle, non le avrebbe certamente dato fastidio sapere quanto mi attirasse anche fisicamente, ma non credo sia il caso di dirglielo ora, così. Opto per raccontarle un sogno fatto prima che ci mettessimo insieme, è una bugia, ma non completamente e comunque a fin di bene.

«Dunque,» Comincio, con voce titubante e sguardo sfuggente. «Io ero in stazione, da me, e ti stavo aspettando al binario 3. Era tipo inverno e faceva freddissimo, ero coperta dalla testa ai piedi e facevo fatica fino a vedere. Continuavo a fissare il tabellone degli arrivi ed il tuo non c'era mai. Ti scrivevo in continuazione e tu ridevi e basta, “Finirai per vomitare davvero a forza di dirlo!” era la tua risposta a tutto. Ad un certo punto la voce dell'omino comincia a parlare ed annuncia proprio il tuo treno. Io mi alzo dalla sedia e comincio a camminare nervosamente, mentre il treno fischia e con un acuto si ferma. Tu esci da una delle ultime porte ed io ti smadonno dietro perché mi fa salire l'ansia e mi blocca. Quando sei poco distante da me ti corro incontro e ci abbracciamo. E niente, stiamo così tutto il giorno.» Le sorrido, un po' malinconica, ma felice di averla accanto.

«Mi piace, e poi?» Mi fa un cenno con la testa, spronandomi a continuare.

«E poi basta.»

«Siamo rimaste insieme?»

«Sì.»

«Non mi hanno portata via?»

«Ci hanno provato, ma ti ho tenuta.»

«Grazie.»

«Che dici, ti va di dormire?» Annuisce e si sistema, tornando comoda tra le mie braccia.

«Ti amo, lo sai?»

«Lo so, e ti amo anch'io. Ma ora dormi.»

Socchiudo gli occhi con Lei e le poso una mano tra i capelli, accarezzandoli lentamente. Non appena il suo respiro si fa regolare lascio la mano caderle lungo i fianchi e mi addormento.

 

 

 

Apro gli occhi e mi smuovo appena, stingo le braccia mentre sento le lacrime salirmi agli occhi. Lei non c'è. Un eccentrico cuscino al suo posto, lo stringo sperando di svegliarmi nuovamente con Lei, ma questa volta non funziona, dalla realtà non ci si sveglia. 

   
 
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