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Autore: blu394    09/12/2014    1 recensioni
Stacy è una ragazza come le altre... oppure no. Il suo migliore amico nasconde la verita. Una verita che la distruggerà.
Allora questo l'ho scritto io di mio pugno, mio fratello mi ha convinto a pubblicarlo... se piacerà a molte persone la continuerò.
ho messo il ratings giallo perche la vera violenza viene dopo.
Genere: Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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ANGELITIUM

 
Capitolo 1

Stacy fissava il nulla, cercava un soggetto per il suo novo disegno. Sbuffò. Non riusciva a concentrarsi da quando i vicini avevano aperto un piccolo cantiere a cielo aperto nel giardino affianco al suo. Il rumore di Trapani e voci che urlavano le facevano ronzare le orecchie.
Era seduta a gambe incrociate sul divano, con il quaderno da disegno appoggiato sul grembo e la testa fra le mani. Le ciocche di capelli blu le ricadevano sulla fronte coprendole il viso. Indossava dei jeans e una felpa verde, ai piedi portava delle scarpe grigie scarabocchiate.
Era sola in casa, i suoi zii erano andati via per una vacanza lunga un mese, e naturalmente avevano lasciato lei a casa da sola.
Finalmente arrivarono le venti e tutto tacque. Finalmente silenzio, il tanto amato e ambito silenzio.
Si chinò sul foglio bianco con la matita in mano, la punta scorreva veloce sul foglio. Qualcuno suonò al campanello facendo tagliare a meta il disegno dalla matita. Un orribile riga nera rovinava il disegno di un cavallo incompiuto. Si alzò seccata appoggiando il quaderno sul divano. Era nero, chiunque l'avesse messo li non aveva molto gusto per l'arredamento, pensò la prima volta che mise piede in quel salotto. Le pareti erano color crema, lisce al contatto ed era tutto arredato con mobili antichi e colori caldi, perfino il televisore era antico, era certa che proiettasse le immagini in bianco e nero, ma non poteva saperlo, le era vietato di guardare la televisione.
Si avvicinò alla porta d'ingresso, antica, vecchia e logora anche lei. Apri. I suoi occhi verdi scrutarono l'oscurità. Non c'era nessuno a prima vista, ma poi abbassò lo sguardo sugli scalini d'ingresso e vide una cosa che non avrebbe mai pensato di vedere in vita sua...
Una creatura con corpo umano e delle ali bianche che gli spuntavano dalla schiena.
Era ricoperto da una strana sostanza dorata. Stava a petto nudo con addosso solo dei pantaloni bianchi, macchiati da quella sostanza. Non sapeva che fare, tutto in lei le diceva di chiudere la porta a chiave e di chiamare aiuto. Ma non lo fece, si chinò su di lui, lo guardo attentamente, era privo di sensi, gli prese il braccio e se lo appoggiò sulle spalle. Lo trascinò a fatica all'interno, lo fece stendere sul divano. Lo fissò. Non poteva essere... Non poteva esserlo...
Un angelo.
 Un angelo aveva bussato alla sua porta. Ma perché proprio alla sua porta avrebbe dovuto bussare. Sicuramente sarà stato un caso. Penso. Magari è uno scherzo. Si doveva essere per forza così.
 Scherzo o no, non poteva lasciarlo in quello stato.
 Andò in cucina, prese il primo straccio che trovò e lo inumidì con dell'acqua. I muri della cucina erano dipinti con due colori differenti: sotto erano un giallo sbiadito, sopra erano bianchi, divisi da una striscia di disegni geometrici di ogni forma e colore. I mobili erano di legno, il lavandino straboccava di piatti sporchi da lavare, non era mai stata brava nei lavori domestici, a dir la verità l'unica cosa in cui era brava era disegnare, quella era l'unica cosa che le riusciva davvero.
Tornò in salotto con il panno stretto fra le mani, si sedette accanto all'angelo e iniziò a rimuovere delicatamente quella strana sostanza che lo ricopriva. Sotto quello strato si scorgevano dei riccioli mori, aveva la pelle leggermente più scura della sua, i suoi occhi ,si riaprirono all'istante, facendola sobbalzare e facendole cadere di mano lo straccio. Imprecò ad alta voce. Raccolse lo straccio,e per la prima volta lo guardò dritto negli occhi, erano argentei.
Quando ebbe finito di ripulirlo era ormai notte inoltrata, l'angelo si era addormentato da un pezzo e ormai il sonno avvolgeva Stacy.  Si appoggiò alla base del divano e chiuse gli occhi.

Nel sogno era vestita di bianco, il vestito era di un tessuto leggero e morbido al contatto,i capelli erano raccolti in una coda alta, ai piedi aveva dei sandali color oro con i lacci che salivano fino al ginocchio,alle orecchie portava dei pendenti di pietre preziose che parevano diamanti, forse lo erano davvero, al collo portava una collana abbinata agli orecchini e intorno alla testa aveva un cerchio doro, sembrava una dea greca.
Stava camminando in un bosco, quando scorse una figura in lontananza tra gli alberi, si avvicinò. Quando la raggiunse si accorse che era l'angelo, era vestito uguale a come lo era nella realtà, solo più pulito, era magro, molto magro, come se non vedesse l'ombra di un pasto decente da anni. -Ciao- disse. La sua voce era dolce, come il suo sguardo. -Mi chiamo Amos, sono stato mandato qui per consegnarti un messaggio-
-un messaggio? E da parte di chi?- chiese Stacy, il vento le accarezzava il volto scompigliandole i capelli.
-Tutto ti sarà detto a tempo debito. C'è una cosa che ti devo dire sul tuo amico Kevin- Ora il tono della sua voce si fece più grave.
-Tu come fai a conoscere Kevin?- il battito del suo cuore accelerò improvvisamente facendole provare un senso di vertigini. Non era stato un caso che quell'angelo avesse bussato proprio alla sua porta.
-Ora non posso rispondere, abbiamo poco tempo. Kevin è uno di noi. È stato mandato qui per proteggerti. Tu sei..- il suono di quelle parole si perse nell'eco di altre “Kevin è uno di noi”, no non era possibile, lo conosceva fin da quando erano piccoli, fin da quando ne aveva memoria, si dicevano tutto. Di sicuro stava delirando, e poi Kevin non aveva mica delle ali sulla schiena. -Stacy- i suoi pensieri vennero interrotti da una voce, era Amos che la chiamava. -Hai sentito ciò che ho detto?- la guardò i suoi occhi erano pieni di compassione e gentilezza.
-ehm, si.- stava mentendo, ad un angelo per di più.
-Appena vedi Kevin digli che è quasi giunto il momento-
-Il momento per cosa?-
Non le rispose, le porse un oggetto, una collana. Stacy apri il palmo della mano per prenderla, Amos la guardò amorevolmente e le richiuse le dita intorno alla collana. Si voltò ed iniziò a camminare, e in un attimo era scomparso lasciandola li da sola nella foresta.


Si svegliò, guardò l'orologio, aveva dormito solo una quindicina di minuti, ma a lei erano sembrate ore.
Si alzò in piedi e guardò Amos. Si era appena svegliato anche lui, la guardava. Amos si voltò dall'altra parte, chiuse gli occhi, Stacy avvertì qualcosa di freddo nella mano, la apri, dentro ci trovò la collana che le aveva dato nel sogno, era d'argento, tonda, sul davanti c'erano due ali in rilievo, sul retro cera inciso il cognome della sua famiglia: Holydemon. La osservò pochi istanti prima di mettersela al collo. Infilò la mano in tasca, prese il telefono, compose il numero di Kevin, rispose al quarto squillo -Stacy...ma ti rendi conto di che ore sono?- sbadigliò, lo aveva svegliato, non ci aveva pensato, non aveva pensato che le persone normali a quell'ora dormono -Stacy ci sei?- ora nella sua voce si riusciva a scorgere una punta di preoccupazione.
-Un angelo-
-Cosa?-
-c'è un angelo nel mio salotto- disse tutto di un fiato.
-non muoverti, vengo subito a casa tua- e riattaccò, la preoccupazione nella sua voce era quasi palpabile, chiunque avrebbe risposto dicendo che se lo stava immaginando, che era soltanto un sogno, ma lui per qualche strano motivo corse a casa sua senza neanche pensarci su due volte.
Si voltò a guardare Amos, la sua pelle iniziava a farsi sempre più chiara, fino a diventare trasparente, fecero cosi anche i suoi capelli e i suoi vestiti, Stacy riusciva a vedere i cuscini del divano attraverso di lui.
Spari, non rimase niente che dimostrasse che quella sera li ci fosse stato un angelo, persino il panno che aveva usato per ripulirlo era immacolato.
Bussarono alla porta, era Kevin, i capelli neri arruffati, gli occhi erano gonfi di sonno, addosso portava un maglione nero a maniche lunghe, infilato in fretta e furia sopra il pigiama, di cui portava ancora i pantaloni, erano a quadretti bianchi e viola, ai piedi aveva un paio di pantofole gialle. -stai andando ad un pigiama-party per caso?- lo prese in giro Stacy, era arrabbiata.
-stai...stai scherzando vero?- gli mancava il fiato, si appoggio allo stipite della porta.
-sei venuto qui a piedi?- alzo un sopracciglio, la sua faccia assunse un espressione interrogativa.
-e come se no?- ora sembrava seccato, si era ripreso.
-ma non saprei, forse... volando, visto che in questi anni hai dimenticato di dirmi che sei un angelo- la rabbia si riaccese in lei ,come una scintilla.
-io sarei che cosa? Sei sicura di non avere la febbre?- fece per mettere una mano sulla sua fronte, ma lei gli diede un ceffone e incrocio le braccia davanti al petto.
-non prendermi in giro, basta bugie, Amos mi ha detto tutto- i suoi occhi  si ridussero a delle fessure, lo guardo dalla testa ai piedi, come se lo stesse analizzando.
Kevin prese un respiro profondo, era seccato, molto seccato da quella questione.-ma almeno ti ascolti quando parli? E sentiamo, dove sarebbe Asom, o come diavolo si chiama, in questo momento?-
Non le credeva, eppure era corso a casa sua senza esitazione -Amos, si chiama Amos...- sospirò-Se ne è andato- era sicura che adesso non le avrebbe più dato retta e che sarebbe tornato a dormire mandandola a quel paese.
-Ma non mi dire, pensa che coincidenza. E quindi Amos ti avrebbe detto che io sono un angelo, e che ,magari, combatto il male a cavallo di un enorme unicorno rosa volante?- stava diventando irritante, e il sarcasmo nella sua voce non aiutava molto.
-ha detto che tu sei un angelo, e che è quasi giunto il momento, punto.- il tono della sua voce era calmo, anche se le prudevano le mani, aveva una gran voglia di prenderlo a ceffoni.
-Il momento per cosa?-
-non me lo ha detto- si guardò i piedi, e se Kevin avesse ragione? E se si fosse immaginata tutto? Il freddo metallo della collana le premeva sulla pelle del collo, se la collana era reale, allora anche Amos doveva essere stato reale. Kevin la guardava come un padre guarda la propria figlia, che da grande vuole andare ad abitare sulla luna, era più alto di lei, la guardava dall'alto in basso, non lo sopportava. -e questa allora?- disse mostrando la collana.
-è una collana-
-ma non mi dire Sherlock, questa collana- disse sottolineando la parola questa -me l'ha data Amos-
-trovi una collana per casa e automaticamente è il regalo di un angelo?-
-sai cosa ti dico? Basta, con te non ci voglio più parlare, angelo o no, sei un idiota,addio!- cercò di sbattergli la porta in faccia, ma lui gliela bloccò con il piede.
-togli il piede. Immediatamente- lo guardò negli occhi, non era arrabbiato. -Stacy, da quanti anni ci conosciamo?-
-cosa centra?- era confusa, stava delirando o era serio?
-centra,centra, tu rispondi però- gli angoli della sua bocca erano increspati in un sorriso.
-da tanti, troppi, perché me lo chiedi?-
-in tutti questi anni ti ho mai detto una bugia?- il suo sguardo era supplicante.
-no- il suo volto si fece paonazzo, era stanca, era quasi l'alba -okay, hai vinto te-
-fantastico- un enorme sorriso gli illuminò la faccia. Si appoggiò allo stipite della porta -che c'è? Non mi inviti ad entrare?- cercava di assumere un espressione sexy, ma fallì miseramente.
Stacy scoppiò a ridere -guarda che facendo cosi otterrai solo le attenzioni di un cammello, dai entra- disse facendoli cenno con la mano.
-oh andiamo, non ero cosi male!- esclamò entrando in casa.
-non eri cosi male?!- si volto a guardarlo -eri osceno! Non farlo mai più- dopo aver detto questo scoppiarono a ridere.
-okay, dai su, andiamo a dormire che è meglio- disse prendendo in mano il blocco da disegni -e questo coso cos'è?-
-questo COSO è un cavallo!- gli strappò il blocco dalle mani -e non ti azzardare a insultarlo!-
-hai suoi ordini capitano- alzo il braccio e fece il saluto alla bandiera.
-ma smettila, stupido-
Stacy e Kevin salirono le scale, i muri dei corridoi erano dello stesso crema del salone.
Stacy entro nella 3° porta a sinistra subito seguita da Kevin, la stanza di Stacy era un caos totale, con libri, vestiti e fogli sparsi ovunque. -vedo che non ti sei ancora decisa di pulire camera tua- disse Kevin.
-sta mattina era in ordine- rispose voltandosi a guardarlo.
-e cos'è successo?! È scoppiata una guerra?!- disse con tono di scherno
-vuoi un pugno?- stava scherzando, un accenno di sorriso si creo sul suo viso, la tradì.
Si sdraiarono nel letto, era azzurro, le lenzuola erano morbide al contatto con la pelle. Stacy andò a dormire vestita cosi com'era, era troppo stanca.
-bè allora buona notte Stacy- disse sbadigliando, con la mano sinistra le faceva da cuscino mentre con la destra l'abbracciava.
-notte- e dopo aver detto ciò si addormentò.
 
   
 
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