Capitolo
10
L’aroma
del caffè,
intenso e deciso, lo guida attraverso il corridoio appena esce dal
bagno.
Daniel
identifica
d’istinto una delle miscele italiane che la madre usa per la colazione
del
mattino.
Il
profumo si spande
attraverso gli ambienti, sospinto dalla leggera brezza che entra dalle
porte
aperte, in un irresistibile invito a raggiungere la cucina.
Entra.
A
piedi nudi sul
parquet non fa alcun rumore.
Ovviamente
non è sua
madre che trova.
Hema
gli dà le
spalle, davanti all’isola in mezzo all’ampia stanza, concentrato a
infilare
delle fette di pane nel tostapane, mentre accanto a lui la macchina del
caffè
brilla dei suoi led come un’astronave in miniatura, ed esegue con un
sibilo i
vari passaggi per trasformare i chicchi di caffè nel liquido denso e
nero che
va riempiendo il brik.
Non
lo sente
arrivare.
E
un po’ trasale
quando Daniel preme il petto contro la sua schiena nuda e lo avvolge in
un
abbraccio leggero, facendogli scivolare le mani intorno all’addome e
tirandoselo contro.
Dio,
il solo
contatto con la sua pelle nuda gli fa mancare il fiato e battere forte
il
cuore!
-
Buongiorno!
– La voce bassa e
carezzevole gli rotola nell’orecchio quando l’uomo affonda il viso nel
suo
collo, poco sotto il lobo e vi depone un bacio.
L’
alito caldo gli sfiora la pelle e lo fa rabbrividire suo malgrado.
Trema
di piacere e il cuore gli fa un altro balzo talmente violento da dargli
uno
scarto.
Daniel
aspira a fondo il suo odore e rilascia il respiro, provocandogli mille
fremiti
ingestibili lungo la schiena.
-
Ciao!
– Riesce soltanto ad articolare
con un filo di voce, che sembra più un miagolio, mentre cerca di
riprendere i
propri pensieri che sfuggono da tutte le parti al controllo della mente.
-
Che
bello svegliarsi di nuovo con il
profumo del caffè! –
Hema
si irrigidisce improvvisamente, colto da una sgradevole consapevolezza.
Non
ha alcun diritto.
Lo
sa.
Ma
al suo stomaco non frega un cazzo e gli si rivolta contro, crudele.
Istintivamente
ogni parte del suo corpo si ritrae da quello dell’altro, e tuttavia
Daniel, di
riflesso, non lo lascia andare, serrandogli ancor di più la propria
stretta
intorno, intuendo immediatamente il motivo della sua reazione.
-
Che
tu sia geloso mi lusinga
profondamente… - Gli mormora nell’orecchio, mentre un sorriso gli si
disegna
sulle labbra, contagiando anche il tono di voce. - … Ma ti assicuro che
mi sto
riferendo semplicemente alla mia mamma… -
-
Alla…
- Tenta di articolare il
ragazzo senza fiato.
-
…
mia mamma… questa è la casa di
famiglia, piccolo, mia madre ha proibito categoricamente sia a me che a
mia
sorella di portarvi compagnie passeggere.
Di
solito è lei che si sveglia presto e prepara la colazione per tutti,
compreso
questo buonissimo caffè.
Mia
sorella Karen è felicemente sposata, e nessuna delle mie… “amiche” è
mai venuta
qui! –
-
E
io allora? –
-
E’
diverso. – Glielo sussurra, la
voce sempre più bassa. E un nuovo bacio sottolinea quell’ovvietà. – Tu
sei
diverso, dolcezza, sono sicuro che a mia madre piaceresti molto. –
-
Se
non le viene un infarto prima per
quel che significa la mia esistenza nella tua vita! – Replica Hema per
nulla
convinto delle sue certezze.
-
Uhm,
si sorprenderà, ma non ne farà
un dramma: ho una mamma fantastica io! -
-
Non
sono per niente ansioso di
scoprirlo per il momento! –
Daniel
scoppia a ridere e con un gesto lo fa girare su se stesso, ritrovandosi
faccia
a faccia con lui.
Di
nuovo lo intrappola tra le sue braccia e lo fissa con una nota ironica
negli
occhi che non gli piace per niente.
-
C’è
tempo, piccolo, non preoccuparti!
–
Fa
per calare sulla sua bocca e impossessarsene, ma Hema lo respinge
piantandogli
le mani sui pettorali e tenendolo a distanza.
-
Ti
ho detto di non chiamarmi
“piccolo”! – Lo minaccia contrariato.
E
tuttavia una luce divertita gli fa brillare le iridi scure, smentendo
il suo
cipiglio.
Daniel
alza gli occhi al cielo e sbuffa.
-
Mi
hai anche detto di non chiamarti
“amore” … “dolcezza” …. Che altro? -
-
Ce
l’ho un nome! –
-
Romanticismo
zero tu eh! ... –
-
Smettila
di fare lo scemo! –
L’uomo
riprova a piegarsi su di lui per raggiungere la sua bocca, e di nuovo
viene
respinto.
-
Hema!
– Pronuncia allora il suo nome,
pericolosamente somigliante a un ringhio minaccioso. A un avvertimento.
-
Bada,
AMORE, già che mi sono
svegliato e non c’eri, potrebbe avermi fatto alzare con il piede
sbagliato! –
-
Uhuu,
che paura!! E cosa vorresti
farmi, sentiamo! –
Un
lampo malizioso compare nel verde giada facendolo pentire
immediatamente di
averlo sfidato.
-
Sei
sicuro di volerlo sapere… adesso…
prima di colazione? –
-
Perché…
dopo… sarebbe diverso? –
Daniel
nega con il capo mentre il sorriso gli si allarga sul volto.
A
un soffio dalla sua bocca, la barriera delle mani che lo respingono del
tutto
indebolita, riesce finalmente a raggiungerlo e a posarsi sulle sue
labbra.
-
Prima
o dopo non cambierebbe niente,
credimi! – Gli rivela, l’inflessione piena di sottintesi null’affatto
misteriosi.
Promesse
o minacce che siano, il ragazzo non vuole chiederselo mentre deglutisce
un nodo
d’emozione che gli serra la gola.
Cerca
tuttavia una battuta per spezzare l’imbarazzo che lo coglie,
incendiandogli
inevitabilmente le guance.
Si
sforza con tutto se stesso di ignorare la sua vicinanza incombente.
Ma
non la trova.
E
dopo nessuno sforzo serve quando Daniel lo preme eloquente contro il
proprio
corpo, facendogli scoprire quanto il desiderio di lui si stia
risvegliando.
E
intrappola la sua bocca in un bacio profondo, intenso, saggiando e
giocando con
la sua lingua, impedendogli di respirare, di prendere il controllo.
Perfino
di pensare.
Lo
subisce.
Convincendosi
che mai prevaricazione sia più perfetta, voluta, piacevole di quella.
Lo
accoglie, spingendosi egli stesso, d’istinto, contro i suoi muscoli
tesi,
morbidi, che lo stringono in una presa ferrea senza tuttavia fargli
alcun male.
E
lo sente tutto quel corpo perfetto, di cui ha imparato a riconoscere
ogni piega
soltanto poche ore prima, provando la strana e al tempo stesso
familiare
sensazione di averlo sempre conosciuto.
Il
suono elettronico della macchina del caffè, che annuncia insistente il
termine
del proprio lavoro, li fa sobbalzare simultaneamente, spingendoli a
scostarsi.
Si
ricordano in quel momento di dover riprendere fiato, sordi fino ad
allora agli
avvertimenti che i polmoni stavano mandando loro da qualche attimo.
Hema
ne approfitta per spingerlo via e riprendere una parvenza di controllo
di cui,
però, non sente davvero alcun bisogno.
Ha
ancora il volto in fiamme, maledizione!
Lo
sente distintamente dal calore che avverte sulla pelle, adirato con se
stesso
per l’incapacità di dominarlo o almeno nasconderlo all’esterno: sta
facendo la
figura del bamboccio alle prime armi.
Non
lo sopporta.
Che
senso ha avere quella reazione di impaccio davanti a lui proprio non lo
capisce.
Non
dopo tutto quel che hanno fatto durante la notte.
Non
gli è mai successo quando è andato a letto con una ragazza.
Ok,
forse soltanto durante le prime esperienze adolescenziali, ma poi non
ne ha
sentito più alcuna necessità.
Perché
con Daniel ogni cosa ritorna in discussione?
Perché
si riaffacciano pudori dimenticati?
Imbarazzi
per uno sguardo o un’allusione?
Come
una verginella?
Non
ha senso!
Non
se ripensa a quante volte hanno fatto l’amore.
A
quante volte lo ha preso e lui si era lasciato andare spontaneamente,
istintivo, perdendosi in amplessi che non avrebbe mai immaginato così
devastanti,
infiniti, meravigliosi.
Che
gli hanno strappato coscienza e lucidità.
Alle
sue mani e alla sua bocca che ha sentito scorrere su di sé e dentro di
sé,
desiderando sempre di più.
Volendosi
perdere!
Urlando
il proprio piacere.
Cercandolo
e rincorrendolo.
Insaziabile!
Ci
ripensa a quei momenti.
Appunto.
Ogni
terminazione nervosa che si risveglia a dispetto del suo debole
autocontrollo.
E
arrossisce ancora di più.
Di
colpo gli gira le spalle, sfuggendo al suo abbraccio, e letteralmente
scappa
lontano, raggiungendo nuovamente il piano dove stava preparando la
colazione.
Daniel
non lo ferma, ancora cercando di regolarizzare il respiro, e non si
offende.
Anzi,
ritrova il sorriso mentre lo vede armeggiare con il brik colmo di caffè
nel
tentativo di riempire due tazze pronte sul ripiano con le mani un poco
tremanti.
E
con un sorriso lo riaccoglie quando quelli gliene porge una, tenendosi
in
qualche modo a una certa distanza di sicurezza, come se fosse stato
prudente
anche solo non lasciarsi raggiungere dal suo calore.
-
Non
sono la tua donna… - Lo avverte,
mettendo su un cipiglio severo assolutamente poco convincente. – E
nemmeno tua
madre, perciò non ti aspettare che ti prepari la colazione… -
-
Non
te l’ho chiesto! – Ride Daniel,
divertito dalla sua puntualizzazione superflua.
Questo
smonta ogni speranza di Hema di rimetterlo al suo posto.
-
…
Io… io non so cucinare, brucio
anche l’acqua che bolle nella pentola… - Aggiunge più incerto.
Sentendosi
stupido.
-
Ok,
non è un problema, posso pensarci
io! – Beve un sorso di caffè mentre lo asseconda. – Questo però è
venuto buono!
–
-
G…
grazie! ... Ma è merito della
macchina, io l’ho solo caricata… E levati quel sorriso ebete dalla
faccia, ti
ho detto che non sono la tua donna. –
L’uomo
inclina la testa da un lato, osservandolo con una strana espressione
nello
sguardo.
Sguardo
che improvvisamente gli fa scivolare addosso come fosse una carezza.
Hema
va in confusione in un momento, leggendo anche troppo chiaramente il
desiderio
che gli incupisce il verde delle iridi.
-
So
bene che sei quanto di più lontano
da una donna! – Mormora con un tono così denso da farlo rabbrividire.
E
per sottolineare quella sua consapevolezza, indugia allusivo,
volutamente, sul
suo corpo seminudo.