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Autore: neverender    09/12/2014    3 recensioni
E' come quando sei piccolo e credi di essere pieno di potenzialità. Sai disegnare, sai colorare, sai correre e riesci a fare le addizioni ricevendo il massimo dei voti. Poi cresci e ti accorgi che le tue potenzialità sono rimaste le stesse. Che erano notevoli per un bambino, ma allarmanti per un adulto. E ti ritrovi di fronte a niente. La tua faccia è stranamente mutata e non sei nemmeno più carino.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mh ehi ciao! E' la prima volta che pubblico da questo account. Ma eviterò presentazioni perchè qui stiamo parlando della storia non di me, giusto?

Come noterete, questa storia avrà una struttura particolare, che non sono sicura possa piacere a tutti. E' tutto calcolato, o così credo.

Non prometterò costanza nel pubblicare i successivi capitoli della storia, ma giuro che ci metterò il cuore se qualcuno di voi è disposto ad accoglierlo.

Buona lettura.

NEVE





.etnegisnartni


E' come quando sei piccolo e credi di essere pieno di potenzialità. Sai disegnare, sai colorare, sai correre e riesci a fare le addizioni ricevendo il massimo dei voti. Poi cresci e ti accorgi che le tue potenzialità sono rimaste le stesse. Che erano notevoli per un bambino, ma allarmanti per un adulto. E ti ritrovi di fronte a niente. La tua faccia è stranamente mutata e non sei nemmeno più carino.

Gerard lo aiutò a salire in macchina, e nell'appoggiare la fronte sul finestrino mentre l'altro metteva in moto l'auto si sentì stranamente brutto, con la limpida luce del mattino che gli illuminava senza scuse la faccia stanca.

- Sono innamorato di te. - gli ricordò nonostante la vergogna, di fronte alla porta di casa.

Gerard sollevò gli occhi da terra con una certa timidezza e lo baciò prendendogli il viso fra le mani. Lo prese per il mento e smise di baciarlo per spostargli il viso e portare le labbra al suo orecchio destro. - Ti amo. - gli sussurrò, facendolo sussultare. Sentì le parole scivolargli nel timpano e andare dritte dritte nel suo cervello, e fermarsi su questo con una specie di piccola dolorosa esplosione. Passò il pomeriggio appeso al soffitto e quando ricadde a terra si promise che non avrebbe mai e poi mai risognato ad occhi aperti.

Le luci danzavano di fronte alle sue pupille dilatate, che osservavano impotenti qualsiasi cosa sfrecciasse accanto alla macchina. Se ne stava seduto con una mano posata sulla maniglia della portiera, per avere il controllo. Poteva scegliere. Restare al sicuro, saldo sul sedile, oppure spingere la mano e precipitare sull'asfalto, frantumandosi sul pavimento come quell'anguria che aveva visto precipitare fuori da un casco slacciato in quel video a scuola guida.

- Me l'avevi promesso- -

Alla radio dissero: “intransigente”.

- Guardami. -

Aveva sonno e il cuore gli batteva forte.

- Guardalo. -

Sul sedile si infrangevano le onde dei suoi sentimenti, inzuppandolo. I suoi pensieri erano gas. In gola diventavano polvere e poi lo soffocavano e gli annerivano i polmoni, più dei fumi di quelle ciminiere fuori città ormai abbandonate, in cui ci andavano i ragazzi senza paura e abbastanza stupidi da non sapere che, venti metri sopra le loro teste, in mezzo al buio, c'erano lastre di vetro e metallo che pendevano su di loro, sostenute distrattamente dalla Morte e dalla Vita-in-morte, che bisticciavano e si baciavano come facevano Frank e Gerard, sul letto, sulle pareti, a terra, nel mare, nel cielo.

Erano arrivati a casa.

Gerard tirò il freno a mano, scese dalla macchina e la circondò a piedi, immerso nelle sue nuvole di fiato. Aprì la portiera accanto a Frank, che gli sorrise rimanendo seduto. Appoggiò la testa al sedile, mantenendo le labbra distese.

- Buongiorno. -

- Sono le due di notte. - sbottò spazientito l'altro, le mani rigidamente ficcate nelle tasche della giacca.

- Le due di mattina. - replicò Frank. Non vedeva l'ora di prendere le pastiglie per il mal di testa, ma più di tutto desiderava le labbra di Gerard Way, che aveva ventuno anni e un carattere spaventoso.

- Dobbiamo veramente parlare, scendi. -

- Ma piantala. Non ho intenzione di- -

Gerard lo afferrò per un braccio e lo fece scendere di colpo dalla macchina. Richiuse la portiera sbattendoci Frank contro. - Drogarsi non è per niente figo. Sei uno sfigato di merda. Mettitelo in testa, cazzo. Mi fai schifo. Schifo. - ripeté, sillabando per bene ogni fottuta lettera.

- Non ti faccio affatto schifo. - rantolò, prendendolo per il cavallo dei pantaloni.

- Non sto scherzando. -

- Dai... - . Le sue dita gelide scivolarono sulle sue, altrettanto fredde.

- Non capisci. Noi non ci prendiamo per mano. - . Lo spinse a terra.

Frank pensò che lo volesse baciare, quindi infilò le dita fra i suoi capelli, cercando avidamente le sue labbra in mezzo al freddo penetrante.

Invece ricevette uno schiaffo, e poi un altro e poi un altro.


- Ricominciamo da capo. -

Gli occhi di Gerard brillavano di lacrime in mezzo alla pallida distesa liscia della sua pelle bianca. Le sua labbra erano deformate in una smorfia e le sue sopracciglia corrugate. Sembrava un bellissimo angelo disperato.

- Perdonami. Ricominciamo da capo. -

Si trascinò sul cuscino umido, sentendosi tutto intorpidito. Le braccia, le gambe, le costole. Guardò la polvere aleggiare nella stanza di Gerard, mentre questo continuava a piangere. E pensò che tutto era così speciale.

- Non mi importa. - gli confidò in un mormorio, continuando a osservare la polvere.

- Di cosa? -

- Di me. -

Gerard si avvicinò velocemente, con una fluidità incredibile. Come se l'avesse sospinto un soffio d'aria.

Frank approfittò della vicinanza per posare una mano sulla sua guancia

- Non devi dirlo mai più. - diceva Gerard, mentre Frank lo carezzava e passava le dita fra i suoi capelli neri, senza ascoltarlo. Lo baciò, affascinato dall'involontaria perfezione del suo viso.

- Non sto scherzando. - disse l'altro allontanandolo bruscamente.

- Lo so. Non scherzi mai. Me l'hai scritto qui. - disse mostrandogli il livido sulla spalla.

Gerard strinse le labbra, scostandosi mentre nei suoi occhi si radunavano altre mille lacrime.

- Te l'ho detto, non mi importa. - cercò di rassicurarlo Frank, trascinandosi sulle ginocchia in mezzo alle coperte verso il viso contrariato di Gerard.

- Chi ti mette le parole in testa? - . Scese dal letto e raccolse una felpa da terra con le lacrime agli occhi. - Tu adesso torni a casa. -

- Non mi sento bene. - annunciò Frank, segretamente allarmato, ricadendo sulle coperte con leggerezza.

- Pensavo non ti importasse. - asserì sprezzante il più grande, sedendosi brevemente per mettersi le scarpe, - Ho già avvisato tua madre ieri notte. Le ho detto che ti eri addormentato sul divano mentre ero in bagno. -

- Quand'è stata l'ultima volta che hai usato quella scusa? -

Si rialzò in piedi e lo fulminò con lo sguardo, - Quattro mesi fa. Scendi dal mio letto. -

Frank sospirò e si trascinò giù dal materasso, gemendo appena per i vari dolori sparsi in giro per il corpo. Non aveva idea di quanto a lungo lo avesse picchiato, la notte prima. Forse solo dieci secondi, forse interi minuti.

- Come pensi di giustificare gli ematomi? - chiese Gerard, a denti stretti e voce bassissima, quasi a sperare che Frank non lo sentisse.

- E' stato Greg a farlo. -

- Chi è Greg? -

- Non lo so. Però come nome suona abbastanza villano, o sbaglio? -

E' come quando sei piccolo e credi di essere pieno di potenzialità. Sai disegnare, sai colorare, sai correre e riesci a fare le addizioni ricevendo il massimo dei voti. Poi cresci e ti accorgi che le tue potenzialità sono rimaste le stesse. Che erano notevoli per un bambino, ma allarmanti per un adulto. E ti ritrovi di fronte a niente. La tua faccia è stranamente mutata e non sei nemmeno più carino.

Gerard lo aiutò a salire in macchina, e nell'appoggiare la fronte sul finestrino mentre l'altro metteva in moto l'auto si sentì stranamente brutto, con la limpida luce del mattino che gli illuminava senza scuse la faccia stanca.

- Sono innamorato di te. - gli ricordò nonostante la vergogna, di fronte alla porta di casa.

Gerard sollevò gli occhi da terra con una certa timidezza e lo baciò prendendogli il viso fra le mani. Lo prese per il mento e smise di baciarlo per spostargli il viso e portare le labbra al suo orecchio destro. - Ti amo. - gli sussurrò, facendolo sussultare. Sentì le parole scivolargli nel timpano e andare dritte dritte nel suo cervello, e fermarsi su questo con una specie di piccola dolorosa esplosione.

   
 
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