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Autore: IlyTVseriesAddicted    10/12/2014    3 recensioni
In un Labirinto apparentemente senza uscita può nascere un sentimento confuso al suo pari.
Questa volta fu Thomas a deglutire. «Perché non me lo hai detto?» Chiese e pose la mano libera sull'altra spalla del ragazzo.
Newt cercava di non guardarlo negli occhi. Scuoteva la testa. «Non potevo farlo. Gli altri» e gli si strozzarono le parole in gola. Ebbe un fremito, Thomas lo sentì sotto le sue mani. «Gli altri non avrebbero capito.» Concluse e solo adesso portò gli occhi ad incrociare quelli di Thomas.

E' la mia prima FF, siate clementi.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Minho, Newt, Teresa, Thomas
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Triangolo
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Un suono acuto destò Thomas dal suo sonno profondo. Se aveva sognato non lo ricordava, anche se la dolce e soffice voce di Teresa continuava a balenargli nella testa. Non sentiva frasi compiute, solo quella voce.

Le palpebre pesanti, come fossero incollate sugli occhi e tenute giù da enormi macigni, la stanchezza che lambiva ogni cellula del suo corpo. Il giorno precedente Minho l'aveva proprio sfinito con l'allenamento da Velocista nel Labirinto.

Una voce rieccheggiò nell'aria, andava soffocandosi tra le fronde degli alberi e quel suono acuto proveniente dal centro della Radura. «Thomas! Thomas!».

Lentamente Thomas si costrinse ad aprire gli occhi. Una figura appannata davanti al suo volto. «Thomas! Svegliati!». Mise a fuoco. Il volto paffuto e paonazzo di Chuck lo stava sovrastando. Solo quando lo vide chiaramente si rese conto che lo stava scuotendo. Era così stanco che non percepiva neppure sensibilità nel corpo.

Guardò il piccoletto tirandosi a sedere, sembrava avesse corso per raggiungerlo, in quel momento Thomas si chiese il perchè. Era forse successo qualcosa a Teresa?

Il ragazzino era piegato sulle ginocchia a riprender fiato.

«Chuck, calmati, respira. Cosa succede?» Nonostante la situazione che pareva allarmante, Thomas cercò di mantenersi lucido, o almeno così si voleva mostrare, in fin dei conti quella era una qualità che lo aveva reso Velocista.
Solo in quel momento si rese conto che il suono acuto continuava a squarciare l'aria, sembrava una sirena, ma non quella che preannunciava l'arrivo della Scatola. Da dopo che era giunta Teresa quella non si era più attivata.

Si voltò idealmente verso la Radura e non si rese conto di corrugare pesantemente la fronte.

«E' andato via.» Riuscì a dire ansimando il suo amico.

Quella frase portò solo Thomas a nuova confusione, ma il fatto che si trattasse di un "lui" e non di una "lei" lo tranquillizzò riguardo a Teresa. Ma a chi si riferiva?

Il piccolo si voltò verso il Labirito e cominciò a tremare, come se un Dolente avesse fatto capolino dall'apertura lì vicina e indicò lo spazio fra i due muri. Un senso d'ansia fece accartocciare lo stomaco di Thomas «Chi, Chuck? Chi è andato via?» La voce palesemente allarmata adesso, gli occhi che si mantenevano sul piccolo.

Questi non si voltò a guardarlo, lo sguardo terrorizzato rimase, come ipnotizzato, tra i muri del Labirinto.

A quella mancata risposta, Thomas si tirò su affaticato, gli dolevano tutti i muscoli. Si avvicinò a Chuck e lo scosse. «Chuck! Chi è andato via?»

Solo in quel momento il piccolo si voltò a guardare Thomas e deglutì. «Newt. Newt è entrato nel labirinto. Da solo.»

Gli bastò sentire il nome. Il sangue di Thomas si gelò nelle vene e per qualche istante si scordò come respirare.

Lasciò la presa su Chuck e cadde a sedere sul manto umido del bosco.

Perchè mai Newt sarebbe dovuto uscire da solo nel Labirinto? Cosa lo aveva portato a compiere un gesto tanto folle ed insensato?

«Perchè lo ha fatto?» Chiese dunque, la voce che tremava. Nella sua mente non sovveniva il motivo. Non ricordava niente della sera prima che potesse portarlo a questo.

Il piccolo a quella domanda si strinse nelle spalle ed indicò verso la Radura. «Nessuno se lo spiega. Hanno azionato l'allarme di emergenza per non fargli perdere l'orientamento».

Teste di Caspio. Pensò. Newt era stato un Velocista, non aveva bisogno di uno stupido allarme per tornare indietro. E Minho?

Prima che potesse porre la domanda, come se avesse comunicato con lui come faceva con Teresa, Chuck guardò Thomas. «Minho è corso a cercarlo. Ha detto che dovevo trovarti e dirti di raggiungerlo.» Il tono pieno d'orgoglio quello di Chuck, pareva fiero del compito che gli era stato affidato dall'Intendente dei velocisti. A Thomas fece tenerezza.

Annuì. «Bene. Allora vai a prendermi lo zaino da Velocista e assicurati che a Teresa non venga la malsana idea di seguirmi.» Il ragazzino paffuto ricominciò a correre verso la Radura. Thomas lo vide sparire, arrancando, tra alberi ed arbusti.

La sirena fendeva ancora l'aria in modo assordante. Si costrinse ad ignorarla. Poi una voce parve sovrastarla annebbiandogli la mente.

Thomas. Dove sei?

Era la voce di Teresa, stava usando quella loro strana connessione mentale per comunicare con lui. Thomas si voltò verso il Labirinto.

Thomas. Mi senti?

Thomas chiuse gli occhi e cercò di scacciarla via, non poteva ascoltarla adesso. Doveva concentrarsi su Newt.

Ancora non riusciva a spiegarsi quel suo gesto. Che la Radura lo avesse fatto impazzire?

«Thomas!»

Questa volta la voce non era nella sua mente e chiaramente non era quella di Teresa. Si voltò di scatto aprendo gli occhi e vide Chuck che a fatica lo raggiungeva con lo zaino da Velocista in grembo. «Tieni amico. Ti ho messo della frutta, l'acqua e ho rubato due panini a Frypan.» Aveva l'aria di sentirsi importante il ragazzino e la paura sembrava essere svanita dal suo volto. Thomas sapeva quanto quel piccoletto credesse in lui. Spesso nella Radura aveva bisogno di qualcuno che gli fosse veramente amico. Si sforzò di sorridergli, nonostante l'ansia gli stesse contorcendo le budella.

«Grazie. Ti chiedo un ultimo favore. Vai da Teresa e tienila occupata.» Chuck annuì. Per qualche istante Thomas ebbe la strana sensazione di comandarlo come facevano gli altri Radurai. Scacciò quel pensiero dalla mente, alla fine erano favori tra amici.

Mentre pensava ciò, il piccoletto lo aveva già lasciato solo. La sirena lo riscosse dai suoi pensieri. Si voltò verso il labirinto. Indossò lo zaino e partì.

 

 

Cominciò a correre. Sembrava incredibilmente riposato. Non avvertiva più un solo dolore, solo lo stomaco rivoltato dall'ansia.

Thomas! Dove sei?

Un urlo autoritario gli rimbombò nella mente. Era Teresa. La ignorò.

Scosse la testa continuando a correre. Adesso si concentrava solo sul Labirinto, lo aveva disegnato in testa per qualche strano motivo, come avesse scattato delle foto mentali alle mappe che Minho gli aveva fatto vedere, ma forse era anche un altro il motivo per il quale lo conosceva così bene, in qualche modo aveva l'impressione di esserci già stato.

«Newt!» Urlò dopo aver corso chilometri senza fermarsi. Nessuna risposta.

Si mosse verso quella che doveva essere la porta dalla quale entrava sempre Minho, quella che arrivava alla Scarpata. Alla Tana dei Dolenti.

L'aria gli sferzava il viso, il respiro si faceva affaticato. Si fermò.

«Newt!» Niente.

«Newt! Testa di caspio dove sei?» Era la voce di Minho. Thomas si voltò e lo vide correre in sua direzione. Si ricompose e quando lo raggiunse non era affatto allegro. «Non riesco a trovarlo.» La cosa era palese per entrambi. A Thomas balenò in testa una brutta ipotesi. E se si fosse gettato dalla scarpata?

«Hai provato alla Scarpata?». Minho scosse la testa. «Perchè diavolo vorrebbe finire in bocca ai Dolenti?» Ma dal suo tono si intuiva che in realtà non ci aveva pensato. Già entrare nel Labirinto da solo era stata una follia troppo grande da parte di Newt.

«Andiamo a vedere» disse Thomas.

Minho annuì e cominciarono a correre, come attratti da una calamita, in direzione della Tana dei Dolenti. Svoltarono l'ultimo angolo e Thomas si arrestò di colpo. Minho fece altrettanto. «Brutto puzzone testa di caspio! Si può sapere cos'hai al posto del cervello? Una grossa sploff di mucca fumante?» Una nota di sollievo, tuttavia, in quell'ira che Minho ostentava verso la figura di Newt, seduto al limite della scarpata. Cominciarono ad avvicinarsi a passo svelto e Newt sollevò una mano in loro direzione per bloccarli. I due si arrestarono confusi.

Thomas, hai mandato Chuck a distrarmi?

La voce di Teresa gli annebbiò qualche istante la mente. Avrebbe riso se la situazione fosse stata più serena. Ma perfino da quella distanza, Newt non sembrava tranquillo. «Tommy. Voglio parlare con Tommy.»

In quel momento il mondo sembrò tremare. I due Velocisti si guardarono confusi. «Che caspio ti succede Newt?» Sbraitò Minho voltandosi a guardarlo e riprendendo ad avanzare in sua direzione.

Newt si voltò e non sembrò guardare l'Intendente dei Velocisti con molta simpatia. «Ho detto che voglio parlare con Tommy. Vattene tu!» Minho si arrestò. E sembrò ancora più confuso ed irritato. Thomas rabbrividì. E se fosse stato punto? E se anche lui come Gally, o peggio, come Ben, avesse voluto aggredirlo per qualche colpa che non sapeva di avere?

Minho sospirò. «Lascio avvicinare questo Pive, ragazzina capricciosa, ma non mi allontano dal corridoio. Voglio avere la situazione sott'occhio.» Portò l'indice e il medio davanti gli occhi e poi li rivolse a Newt.

Thomas fu pervaso da un senso di nausea. Se aver trovato Newt vivo era stato un sollievo, adesso l'ansia lo aveva investito di nuovo. Minho gli si avvicinò e gli picchiò una mano sulla spalla avvicinandosi al suo orecchio. «Attento Fagio. Ti copro le spalle.»

Una stretta di incoraggiamento e lo oltrepassò per dirigersi infondo al corridoio.

Thomas esitò. Cercò di vedere qualcosa in Newt che lo rassicurasse, ma non fu così.

Cautamente cominciò ad avanzare in sua direzione. Newt si voltò verso il cielo infinito della Scarpata. Un ginocchio piegato verso di sé, una gamba che dondolava nel vuoto. Un respiro profondo e giunse davanti a lui. «Sono qui.»

La voce lievemente tremante. Un sorriso amaro sul volto dell'altro Raduraio.

«Hanno messo l'allarme. Stupidi Pive.» Sbuffò Newt in tono quasi divertito.
Da lì l'allarme di emergenza arrivava leggero, ma si capiva la sua provenienza. Thomas neppure ci pensava più. Cominciò a rilassarsi, l'altro non sembrava aver subito la Mutazione e questo lo calmò.

Si piegò sulle gambe accucciandosi davanti a Newt e si voltò pure lui verso l'immensità di quel cielo, una cosa che ancora non si spiegava bene. «Cos'è successo Newt? Perchè sei venuto qui?». Il tono di Thomas era carezzevole. La situazione in fin dei conti era piuttosto delicata, Newt continuava letteralmente a tenere un piede nella fossa.

L'altro sospirò e Thomas si voltò a guardarlo. Gli parve che avesse gli occhi lucidi e ne ebbe la conferma quando questo incrociò il suo sguardo e tirò su col naso. A quel punto Thomas si sedette davanti a lui.

«Hey facce di caspio! Volete fare un bel pic-nic con i Dolenti?» Era la voce irritata e ansiosa di Minho che si allungava lungo il corridoio. Thomas si voltò in sua direzione e fece cenno di aspettare. Minho scosse una mano come se quel gesto fosse un moscerino fastidioso da scacciare.

Tornò a voltarsi verso Newt che aveva ripreso a fissare il vuoto davanti a sé. «Usciamo di qui Newt. Tra poco si chiuderanno le porte.» Un nuovo sospiro da parte dell'altro, che silenziosamente ritirò la gamba e si alzò in piedi. Thomas fece lo stesso. «Bene. Andia...» Non terminò la frase che Newt gli afferrò il polso con decisione, la cosa fece sussultare Thomas che per qualche istante fu preso dalla paura. «Esco soltanto per non far rimanere anche voi qui.» Uno sguardo fugace a Minho e poi tornò su Thomas. Deglutì. «Sopratutto tu.»

Thomas corrugò la fronte, si rilassò, ma non fece domande e annuì. «Andiamo.»

Entrambi si diressero correndo verso Minho, il quale sembrava rasserenato da quella loro decisione. Una volta raggiunto, Thomas si fermò, mentre Newt proseguì oltrepassandoli con la testa bassa.

Thomas lo seguì con lo sguardo, fino a quando Minho non lo incitò a correre a sua volta dandogli una forte pacca sulle spalle. «Che diavolo doveva dirti?» Thomas scosse la testa. «Non lo so. Ma preferivo non intraprendere una discussione qui dentro.» Un ghigno da parte dell'Intendente. «Un minimo di sale in zucca vi è rimasto allora.»

Per il resto della loro corsa non parlarono. Newt li precedeva un po' zoppicando come suo solito e dopo le solite svolte imparate a mente, raggiunsero la Radura.

 

 

 

I Radurai erano affollati davanti all'entrata, Chuck e Teresa erano in prima fila.

«Eccoli!»

Urlò il piccoletto indicandoli freneticamente.

Newt fu il primo a varcare la soglia. Clint gli si avvicinò per accertarsi della sua salute e lui lo cacciò con un braccio. I Radurai assunsero un'espressione interrogativa e un po' spaventata. Thomas poi arrivò al fianco di Minho e fu accolto da un abbraccio di Teresa che non si aspettava. Lo strinse così forte che quasi soffocava.

Devi rispondermi quando ti chiamo.

Thomas parve non ascoltarla. La allontanò, dopo aver ricambiato a forza quell'abbraccio. Da dietro le spalle della ragazza, Newt lo guardava come un cane bastonato.

I Radurai si riversarono su di Thomas e Minho riempiendoli di domande. L'allarme cessò di suonare.
Thomas non ascoltò nessuno. Lo sguardo permaneva sulla figura di Newt che si allontanava verso il bosco.

Una volta sparito tra gli alberi, collegò la mente e guardò chi gli stava attorno. Teresa e Chuck chiedevano cosa fosse successo, dove lo avessero trovato. Thomas li guardò e sospirò.

«Non so niente. Come Minho.»

Si limitò a dire e li oltrepassò diretto a sua volta verso il bosco.

«Dove vai adesso?» Era Teresa un po' irritata. Gli stava parlando a voce. Si voltò a guardarla, aveva un'espressione offesa, le braccia incrociate al petto. Era bella, molto, ma in quel momento tutto ciò per lui era futile e non riusciva a giustificarlo. Continuava a balenargli davanti gli occhi l'espressione ferita di Newt. Doveva raggiungerlo.

«Sono stanco. Vado a dormire.»

Questa fu la sua breve risposta.

Riprese ad avanzare verso il bosco e fu lieto di sparire alla vista degli altri.

Dopo essersi addentrato si fermò e assottigliò lo sguardo per fendere l'oscurità con la vista. Le ombre cominciarono a definirsi lentamente. «Newt?» Sussurrò. Un sussurro che galleggiò nell'aria. Niente.

«Newt?» Riprovò un po' più forte.

«Tommy. Sono qui.» Una voce ferma che indirizzò Thomas verso di lui.

Lo raggiunse, si trovava nel suo giaciglio. Se ne stava in piedi, le braccia incrociate, rivolto verso il Labirinto. Thomas gli si affiancò. «Hai detto che volevi parlarmi.» Cercò di farsi vedere tranquillo. Newt deglutì.

Thomas si voltò a guardarlo. Aveva ancora gli occhi lucidi e gli si strinse il cuore. Posò con delicatezza la mano sulla sua spalla. «Ti ascolto.»

Newt sospirò. Un sospirò tremolante, come scosso da un pianto interno. Si voltò verso Thomas e sembrò cercarne il contatto visivo.

«Sono uno stupido.»

Thomas corrugò la fronte ed assunse un'aria interrogativa. Uno stupido? Perchè si comportava in questo modo?

L'altro posò la mano gemella su quella di Thomas. Era calda e l'accoglieva perfettamente. Una sesazione piacevole, un conforto, che in realtà non avrebbe dovuto avere lui, lo riempì in quel momento.

«Non sei uno stupido Newt. Solamente una grandissima testa di caspio.»

Thomas riuscì a farlo ridere e questo lo risollevò. «Sei così ridicolo quando usi il linguaggio della Radura.»

Newt abbassò lo sguardo nello stesso momento che Thomas sorrise. Gli parve di vederlo diventare paonazzo. Con la mano libera gli sollevò il mento per guardarlo negli occhi. Ebbe come la sensazione che i loro sguardi si legassero nell'aria. «Vuoi spiegarmi cosa ti è saltato in testa?» Gli chiese dunque. Newt parve vergognarsi, cercò invano di non guardare Thomas negli occhi. Poi sospirò e deglutì di nuovo. Thomas cercò di capire. «Dovresti andare da Teresa. Penso sia preoccupata per te.» Thomas corrugò la fronte, gli parve che volesse sviare il discorso e la cosa lo stava irritando. «Teresa sa che sono stanco e...» In quel preciso istante, come una lampadina che si accende, capì. Tolse la mano da sotto il mento di Newt, ma mantenne quella sulla sua spalla. Teresa. Era quello il problema. Lo leggeva nei suoi occhi adesso.

«Newt» Disse con tono dolce e un po' confuso.

Questi abbassò nuovamente la testa e Thomas si sentì pervadere da un immenso senso di colpa. Come aveva fatto a non capirlo prima? Era lì da prima di Teresa e da quando era arrivata lei era come se non avesse altro nella mente, quasi.

Questa volta fu Thomas a deglutire. «Perchè non me lo hai detto?» Chiese e pose la mano libera sull'altra spalla del ragazzo.

Newt cercava di non guardarlo negli occhi. Scuoteva la testa. «Non potevo farlo. Gli altri» e gli si strozzarono le parole in gola. Ebbe un fremito, Thomas lo sentì sotto le sue mani. «Gli altri non avrebbero capito.» Concluse e solo adesso portò gli occhi ad incrociare quelli di Thomas.

Provava qualcosa per lui e solo in quell'istante Thomas se ne rese conto. Lo guardò negli occhi e in qualche modo percepì che il sentimento, quello strano ed inspiegabile bisogno di lui, era ricambiato. Lo avvicinò a sé e lo abbracciò cingendolo con le braccia all'altezza del collo. Thomas avvertì che l'altro faceva lo stesso stringendolo in vita.

Rimasero abbracciati a lungo. In silenzio. Di sottofondo i rumori del labirinto che cambiava e i Dolenti che si lamentavano.

Poi si staccarono, quasi in contemporanea. Si guardarono negli occhi. Thomas passò una mano fra i capelli di Newt, la stessa che fece scivolare sul suo volto lentamente.

Non lo aveva mai guardato così. Se ne rese conto all'istante. E in quello stesso istante realizzò che doveva fare una cosa. «Non serve che lo capiscano.» Scattò in avanti e lo baciò.

 

   
 
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