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Autore: Alexiel Mihawk    10/12/2014    5 recensioni
«Oi, Gamberetto» inizia, afferrandola per un polso e tirandosela rudemente addosso.
Lei gli atterra di malagrazia sulle gambe e finisce con l’andare a sbattere contro il suo petto, che, come al solito, è duro come l'acciaio; il ragazzo si china sul suo orecchio e quindi, in modo tale che solo lei possa udirlo, le sussurra: «Prova a salvare qualcun altro nello stesso modo in cui hai salvato me prima e giuro che ti uccido!»

Raccolta di drabble/flashfic/oneshot sulla coppia Gajeel/Levy.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil, Redfox, Levy, McGarden
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona (LJ)
Titolo: Non è ciò che ti hanno insegnato a credere ad essere importante, ma ciò in cui scegli di credere.
Personaggi: Gajeel Redfox, Levy McGarden, Metalicana
Rating: verde, sfw
Genere: generale, fantasy
Avvertimenti: Dragon Trainer!AU, One shot
Parole: 1650
Prompt: Fairy Tail, Gajeel/Levy, Dragon Trainer!AU
Note: ho mantenuto solo l’ambientazione di Dragon Trainer, ma non la trama essenziale della storia, che ho modificato in virtù delle caratteristiche dei personaggi di Fairy Tail. Probabilmente ne scriverò ancora di storie ambientate in questo universo, perché mi divertono un sacco!
 
 
 
Non è ciò che ti hanno insegnato a credere ad essere importante, ma ciò in cui scegli di credere.
 
 
 
Levy è sicura di averlo colpito, non ha visto bene dove sia caduto, ma sa di averlo preso.
Ovviamente nessuno le crede, perché tutti al villaggio sono consci di quanto la piccola McGarden sia un disastro. Tutti si ricordano di quando, per sbaglio sia chiaro, ha quasi dato fuoco alla casa di suo padre, e si ricordano anche meglio di quella volta in cui c’è riuscita e dopo tutto il villaggio ha preso fuoco.
No, meglio non dare retta a Levy McGarden, ad ascoltarla troppo si rischia di diventare come lei: sola, sempre china sui libri, con strane e folli idee che vorticano nel suo cervellino. Non è saggio per un vichingo pensare troppo, finisce che ti ritrovi a dover correre per salvarti la vita, o, peggio, senza una gamba o senza un braccio.
Per quella ragione il mattino seguente Levy decide di andare a cercarsi il suo drago da sola. E al diavolo quello che pensano quei mentecatti dei suoi compagni.
Forse non sarà forte come Mira, valorosa come Luxus, non avrà l’abilità né la tecnica di Kana o di Erza, o il sangue freddo di Grey, ma ehi! È Levy McGarden, figlia del capo villaggio! È intelligente e sveglia, e lei sa, lo sa da anni, di non essere da meno di nessuno di loro. Se solo riuscisse a dimostrarlo!
 
Riesce a trovare la vallata solo quando si accorge degli alberi abbattuti. O meglio, non è che se ne accorga, ci inciampa sopra, vola a gambe per aria e scivola lungo un dirupo per una decina di metri, a quel punto si accorge della piccola rientranza tra le montagne; è un luogo meraviglioso, il sole vi si insinua illuminando l’erba verde e un piccolo lago rifrange la luce donando alle rocce circostanti riflessi insoliti.
È così persa ad ammirare il panorama che non si accorge del drago, non subito almeno. A riscuoterla dallo stato di torpore e meraviglia in cui si trova ci pensa una voce roca e graffiante.
«Stai fermo, non riesco a vedere dove ti ha colpito se continui ad agitarti!»
C’è qualcuno, qualcuno che parla, qualcuno di umano; le basta sporgersi un pochino per inquadrare il grande drago di metallo contorcersi nel tentativo di arrivare alla base della coda, dalla sua posizione Levy riesce a vedere la punta dell’arpione che lei stessa ha scagliato la sera precedente e nel sentire le grida di dolore dell’animale si sente in colpa.
Accanto al drago c’è un ragazzo, lunghi capelli neri e occhi sottili, non sa se essere più stupita per il fatto che non sembra minimamente spaventato o per il fatto che la bestia sembra non avere nessun tipo di intenzione ostile nei suoi confronti; il giovane gli gira attorno, cercando in tutti modi di capire dove sia stato colpito, ma l’animale non ne vuole sapere di abbassarsi e quindi il ragazzo non riesce a vedere l’arpione.
Levy continua a osservarli, rapita, perché sembrano così in sintonia, sembrano così amici che non può fare a meno di domandarsi come sia possibile, perché a lei è sempre stato insegnato che i draghi sono animali spietati e senza sentimenti, sono bestie che nella vita hanno un solo scopo: distruggere. Eppure ora le sembra che tutto quello che le è stato insegnato non sia altro che una menzogna, una porzione di verità dettata dall’ignoranza e dalla paura.
All’ennesimo tentativo del ragazzo di controllare le zampe del drago, Levy si fa coraggio e si decide a parlare.
«Alla base della coda. L’arpione è alla base della coda, tra la prima e la seconda scaglia» si sporge a malapena da dietro la rocce dove si è nascosta e guarda il ragazzo, che nell’udire la sua voce si è posto a difesa del drago con la spada sguainata.
L’animale ringhia e mostra le fauci, e Levy rabbrividisce.
«Chi sei?»
«Io…» la ragazza esita un attimo, ma decide di rimanere dietro al suo sasso (che ha un’aria molto rassicurante se paragonato allo sguardo del vichingo dai capelli scuri)«Io ho ferito il tuo drago, mi dispiace. Scusa».
Il ragazzo solleva un sopracciglio e le si avvicina con aria minacciosa, Levy indietreggia, ma non ha dove andare perché alle sue spalle ci sono solo le rocce da cui si è calata, stringe il suo piccolo pugnale tra le mani e, quando lui le si fa accanto in pochi balzi, inizia a tremare leggermente. Il suo primo pensiero è che voglia farle del male perché ha ferito il suo drago, e non avrebbe nemmeno torto, se non fosse che quel drago ha attaccato il villaggio, e sì, lei stava solo difendendo la sua casa.
«Dov’è?» domanda invece il ragazzo.
Lei riapre gli occhi (e non si era nemmeno accorta di averli serrati), gli indica con mano tremante un punto tra le squame dell’animale e lo guarda mettere fuoco e annuire.
«Metalicana, vieni qui. No, no, di spalle, devo levarti quella roba di dosso» borbotta saltando sulla schiena del drago e scivolando con cautela verso la base della coda.
«Non hai paura che ti faccia del male?» mormora piano Levy sbirciando dal suo nascondiglio.
L’animale emette un verso strano, come se stesse ridendo di lei, e il giovane scoppia a ridere per davvero; le lancia un’occhiata sarcastica mentre con mani esperte solleva una scaglia e afferra l’arpione.
«Metalicana? Fare del male a me? Per chi mi hai preso? Una pecora, un pesce?»
Con un colpo netto estrae l’arma e il drago emette un gemito roco di disappunto, deve fare male, pensa la ragazza prima di domandare con curiosità: «È il tuo drago? È davvero possibile addestrarne uno?»
«Metalicana non è di nessuno, piccoletta, e se vogliamo essere precisi è lui che mi ha addestrato, ma quelli come te non possono capire. Vivete nei vostri villaggi e uccidete qualsiasi cosa si avvicini».
«I draghi non sono qualsiasi cosa» ribatte lei voce insicura «I draghi attaccano il nostro villaggio e razziano le nostre greggi, danno fuoco alle nostre case e massacrano i nostri guerrieri. Non uccidiamo per divertimento».
«Come no, come no. Hai ammesso tu stessa di essere la persona che ha colpito Metalicana, no? E ti posso assicurare che non stavamo attaccando il tuo merdoso villaggio, piccoletta».
«Smettila di chiamarmi piccoletta, mi chiamo Levy. E in ogni caso ti ho già chiesto scusa, mi sembra» borbotta tra il seccato e il dispiaciuto «Siete passati mentre stavo provando un nuovo tipo di arpione, volevo vedere se funzionava e vi ho colpito per sbaglio, e comunque nessuno mi ha creduto. È la prima volta, però, che vedo un umano e un drago insieme».
«Solo perché vi insegnano fin da quando siete nati che i draghi sono creature malvagie e crudeli non significa che sia vero, significa solo che siete ancorati alle vostre idee del cazzo e non avete nemmeno il coraggio di provare a cambiare».
Levy vorrebbe sentirsi oltraggiata, ma non ci riesce perché sente che almeno in parte quel ragazzo dai capelli lunghi e lo sguardo minaccioso ha ragione; inoltre c’è qualcos’altro che la spinge a credergli (o forse a volergli credere, perché Levy ha ancora la convinzione, così poco vichinga, che la morte e la guerra non siano l’unica strada verso una vita pacifica) ed è la curiosità. La curiosità che ha sempre nutrito verso ogni cosa, la stessa curiosità che per anni l’ha spinta a leggere libri, a esplorare sia la foresta che le isole, a lavorare nella panetteria così come nella fucina.
«Posso…» inizia con voce incerta «Posso scendere?»
Un luccichio balena negli occhi del drago e, se non fosse più che sicura che sia impossibile, Levy giurerebbe che sia divertito, di nuovo; l’animale allunga la coda fino all’estremità della sua roccia e lei gli lancia uno sguardo intimorito.
«Cosa aspetti, piccoletta? Metalicana non può stare così tutto il giorno».
«Ti ho già detto che mi chiamo Levy, Levy McGarden, non piccoletta!» esclama lei indispettita, mentre con passo incerto si aggrappa alla grossa coda del drago, il quale la posa delicatamente per terra.
«Levy, piccoletta, è la stessa cosa. Non sei più grande di un gamberetto».
E in effetti non ha tutti i torti, e in quel momento è così che si sente Levy: minuscola. E non tanto perché lui sia grande e grosso, quando più perché il drago è uno dei più maestosi e gargantueschi esemplari che lei abbia mai visto.
L’animale sbuffa e la fissa con i suoi freddi occhi grigi, quindi, inaspettatamente, piega il muso verso il basso e arriva a una quarantina di centimetri dal viso della ragazza che trattiene il respiro e fa un passo indietro, andando però a sbattere contro qualcosa. O meglio, contro il petto di qualcuno, che sbuffando le appoggia le mani lungo le braccia e la tiene ferma.
«Stai attenta, gamberetto. Non vedi che così cadi?»
Il drago continua a scrutarla e Levy è così affascinata che vorrebbe toccarlo, ma ha troppa paura; forse Metalicana lo sente, forse riesce a fiutarla e con aria docile (e chiunque lo conosca sa che si tratta di un evento eccezionale) si accuccia per terra, ai suoi piedi.
«Stai scherzando?» borbotta il ragazzo con voce scocciata «Ti ha infilato un cazzo di arpione nel culo».
Il drago brontola sommessamente.
«Io me ne lavo le mani».
Il drago emette un sottile soffio di fumo dalle narici.
«Va bene, va bene, come ti pare, ma io non mi fido» esclama il giovane, quindi si volta verso Levy «Non mi fido di te!»
«E chi te l’ha chiesto, sottospecie di decerebrato!» rimbrotta lei che oramai ne è sicura, o ci resta secca o ne esce scema.
«Gajeel. Mi chiamo Gajeel. E Metalicana vorrebbe sapere se vuoi…» fa una smorfia strana «Se vuoi fare un giro».
«Un giro?»
«Sì, un giro. Volare. Sulla sua schiena».
Levy spalanca gli occhi e Gajeel vi legge tutto il suo stupore, la sua trepidazione, la sua curiosità; dopo tutto, pensa, potrebbe anche essere divertente.
«Allora, Levy McGarden, vuoi cavalcare un drago?»







   
 
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