Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    10/12/2014    5 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo XXIX





È una guerra combattuta nella stanza degli specchi: il vetro riflette la luce con la stessa intensità con cui nasce e assorbe l'ombra con ingordigia.

Akashi non fiatò, si limitò ad osservare con attenzione e un po' di trepidazione negli occhi la chiave che scivolava e si incastonava nella serratura sottile.
La porta cigolò e al di là di una prima fessura si mostrò uno spicchio di pavimento illuminato dalla luce del sole, la gamba di legno di un vecchio mobile, l'angolo del piccolo divano coperto da un telo impolverato: il minuscolo appartamento era rimasto come lo ricordavano, con la differenza che il pulviscolo conseguente l'abbandono aveva cominciato a divorarne ogni singolo anfratto, perfino le pareti.
Nijimura era davvero sollevato di essere riuscito a contattare l'amministratore del condominio e di aver appreso la notizia che l'appartamento che aveva affittato prima di partire per la Svizzera fosse rimasto vuoto, ma soprattutto era felice di essere arrivato a Tokyo sano e salvo, libero dalle strette grinfie delle cinture dell'aereo, dalla terribile sensazione di mal di stomaco che lo affliggeva ogni volta che volava, dall'ansia che lo metteva in guardia da ogni minima oscillazione e gli faceva vedere la morte e il disastro in ogni nuvola - non che guardasse molto fuori dal finestrino, visto che farlo peggiorava ancor di più la sua condizione -.
Akashi, dal canto suo, era felice che la sua malattia fosse sul punto di essere debellata e che, per tanto, le sue cure potessero proseguire a Tokyo, tornate di competenza del suo dottore di fiducia.
Erano contenti di essere tornati.
«Avremo un bel po' di lavoro da fare, qui.» Nijimura borbottò, scostando il telo dal divano e ripiegandolo lentamente, stando ben attento a non disperdere la polvere che lo aveva impregnato.
Le parole di Nijimura non erano propriamente corrette, e in cuor suo lo sapeva: l'unico che avrebbe avuto da fare era lui, perché Akashi doveva riposare in modo da favorire gli effetti delle cure. Il primo passo consisteva nel cercare un lavoro per pagare l'affitto e alcune delle spese mediche che avrebbero dovuto sostenere - e non che fosse un problema, solo non aveva idea di quale impiego potesse essere più adatto a lui -.
«Con calma, non dobbiamo fare necessariamente tutto oggi.» il tono decisamente troppo tranquillo e fermo di Akashi stonò con quelle parole che, pur suggerendo almeno all'apparenza un controllo generale della situazione, segnalavano in verità una macchinazione molto più profonda in elaborazione nella sua mente.
«Sei stanco?» chiese ingenuamente Nijimura, pur intuendo la risposta.
Akashi lo guardò e restò in silenzio, le labbra si incresparono in un sorriso quasi impercettibile.
«Non sono stanco.» essere stanco era qualcosa che non poteva permettersi, per lo meno non in quel momento, visto che finalmente erano tornati a casa e non erano più attorniati da infermieri, dottori e macchinari rumorosi.
«Andiamo in camera.» mormorò poi, e la calma nella voce rimase immutata, tanto che Shuuzou non fece alcuna obbiezione e addirittura lo precedette, quasi facendogli da guida nel breve tragitto che li separava dalla camera da letto.
«Merda, guarda quanta polvere ...» Nijimura sbottò, soffermandosi per qualche istante sui mobili ingrigiti dalla polvere, poi piegò anche il telo che in quei mesi aveva fatto da protezione al letto e lo ripose momentaneamente sul pavimento.
Lui e Akashi avevano convissuto in quella casa per un breve periodo, subito dopo che Seijuurou aveva rotto definitivamente con il padre e poco prima che si ammalasse, per cui si trattava di un ambiente ancora estraneo alla loro intimità, che non conosceva quasi nulla di loro come coppia; un ambiente che fino a quel momento aveva avuto più che altro le sembianze di un rifugio e non di una vera casa - e Nijimura aveva il sospetto che ci sarebbe voluto molto perché potessero considerarlo tale -.
Gli occhi di Shuuzou guizzarono dai cuscini bianchi all'anta polverosa della finestra, cercando di scrutare oltre il vetro e di ricordare quale spicchio di strada fosse visibile da quel punto, ma fu un'osservazione che si esaurì in fretta, non appena si rese conto del silenzio assoluto creatosi alle sue spalle.
Appena si voltò, Nijimura sentì ogni singolo muscolo del proprio corpo paralizzarsi e farsi improvvisamente molto, troppo pesante.
«A— A‒» provò a fare il suo nome, ma il respiro smorzato e il battito improvvisamente accelerato del cuore glielo impedirono: Akashi era davanti a lui, senza maglietta e senza pantaloni, il corpo magro e pallido quasi del tutto nudo, i capelli leggermente disordinati a causa della terapia, eppure una luce imperiosa negli occhi che lo faceva apparire fiero del suo corpo ancora debole, malato. Era una luce così forte da renderlo anche più affascinante e spaventoso del solito, perché nei suoi occhi bruciava e ardeva la battaglia di un'anima che aveva sofferto e che ora aveva tutta l'intenzione di rinascere, perché era consapevole della sua forza e allo stesso tempo della sua debolezza, perché voleva qualcosa da lui e glielo stava chiedendo senza mezzi termini.
Il balbettio di Nijimura si tramutò in un rantolio fioco che si spense non appena Akashi lo raggiunse e gli adagiò entrambe le mani contro il petto, spingendolo a stendersi sul letto.
Nijimura boccheggiò sommessamente, senza sapere esattamente cosa dire e cosa fare: pur avendolo colto di sorpresa, non si poteva dire che non fossero pronti, dopotutto lui e Akashi stavano insieme da un anno e avevano sofferto lungamente non solo a livello emotivo, ma anche sessuale e lui, dal proprio canto, non poteva negare di aver fantasticato spesso su di loro e su una possibile svolta fisica che li portasse al di là del baciarsi e tenersi le mani in attesa di buone notizie.
Shuuzou restò ad osservarlo, incantato e pietrificato dal fascino glaciale e autoritario con cui Seijuurou lo stava sottomettendo e inchiodando al letto.
Akashi lasciò aderire il bacino a quello dell'altro e arpionò rapidamente il suo maglione, incitandolo a sollevare le braccia e a lasciarselo togliere, poi si mosse appena sopra di lui e le mani di Nijimura si strinsero attorno ai suoi fianchi.
Al tatto Akashi era molto più magro di quanto si potesse immaginare guardandolo, tanto che le mani di Nijimura allentarono la stretta e scivolarono appena più giù, fin quasi alle anche.
«Non ti preoccupare.» Akashi aveva capito tutto osservando semplicemente il suo viso, aveva visto la già fioca luce dell'eccitazione spegnersi del tutto, aveva sentito la stretta calda delle sue mani farsi improvvisamente assente.
Akashi era molto più magro rispetto all'ultima volta in cui lo aveva toccato, probabilmente uno o due giorni prima del ricovero in Svizzera, ma Nijimura non parlò: Seijuurou sapeva meglio di lui di non essere ancora perfettamente al sicuro, era consapevole di avere un aspetto più simile a quello di uno scheletro che a quello di una persona, per cui non serviva farglielo notare e rincarare la dose, anzi sarebbe stato alquanto controproducente.
Akashi non disse nulla, una mano corse al cavallo dei pantaloni dell'altro e le labbra sottili si incresparono in un piccolo sorriso non appena riuscì a sbottonarli con un rapido ed esagitato movimento delle dita.
«Sono fatto di carne, Shuuzou, non di vetro.»
Akashi aveva appena scoccato la sua freccia letale, e così lo aveva immobilizzato completamente sotto di sé, piegato totalmente al suo volore.
Nijimura restò in silenzio - dopotutto Akashi intuiva facilmente cosa gli passasse per la testa e rispondeva correttamente anche se non gli era stata fatta alcuna domanda -, piegò appena le gambe e aiutò l'altro a sbarazzarsi dei pantaloni, poi riportò le mani ai suoi fianchi, in una stretta salda ma piuttosto delicata - per quanto riuscisse ad essere delicato un tipo come lui - e si concentrò sul rapido e deciso solletichio che gli causarono le dita esili di Akashi in corsa sul suo petto.
Il corpo di Seijuurou si fece molto più vicino al suo e la loro unione venne decretata non soltanto dai bacini aderenti, ma anche delle labbra frementi le une contro le altre, in un bacio vorace ed energico che avevano desiderato e che erano stati costretti a negare per troppo tempo.
Tutti quei mesi trascorsi in Svizzera li avevano avvicinati psicologicamente, ma allontanati fisicamente, come se i loro due corpi fossero stati divisi a metà e solo una parte avesse continuato a vivere. L'Akashi e il Nijimura che in quel momento si trovavano così vicini e si stavano baciando, chiusi nella loro intimità in un piccolo appartamento di Tokyo, erano le due parti rimaste indietro e che, dopo aver passato mesi a cercare di ricordare quale fosse il sapore della bocca dell'altro e a rimpiangere i bei momenti passati insieme, avevano deciso di eliminare la distanza fisica imposta dalla malattia.
Nijimura raforzò la stretta attorno ai fianchi dell'altro e sfiatò sommessamente a causa del vago ma terribilmente assuefante piacere che si sprigionava dall'intreccio delle loro lingue e pareva irradiarsi per tutto il corpo, fino alle punte dei capelli, alle dita dei piedi.
Le dita di Akashi gli solleticarono il frammento di pelle bollente appena sopra i boxer e cominciarono a giocare con l'elastico dell'indumento intimo, scivolando oltre dopo pochi istanti.
Quando le dita dell'altro cominciarono ad assecondare l'inizio della sua erezione, il corpo di Nijimura si irrigidì per qualche attimo - e davvero non riusciva a capire se si trattasse della felicità di poter fare finalmente l'amore con Akashi o se di paura per lo stesso motivo -, ma la bocca continuò a rispondere all'altra e i baci si fecero appena più rapidi, ancora voraci, avidi.
Erano due amanti in procinto di coronare il loro sogno d'amore, due anime che si erano ritrovate e sfiorate dopo tanto tempo passato a desiderarsi, a non potersi appartenere.
Nonostante fosse spaventato dal fatto che si trattasse della loro prima volta e avesse un malato a cavalcioni su di lui, Nijimura non vedeva l'ora di poter dare sfogo agli impulsi e alle voglie che lo avevano afflitto nei mesi precedenti, per cui prese sempre più confidenza di secondo in secondo e lasciò scivolare le mani lungo i fianchi magri dell'altro, strattonando l'elastico degli slip con le dita.
Quando la mano di Shuuzou si insinuò oltre il tessuto degli slip, Akashi inarcò ulteriormente la schiena e approfondì l'intreccio delle loro bocche.
A Seijuurou non importava che la malattia scorresse ancora nel suo sangue, non aveva paura che la stanchezza potesse sopraffarlo: tanti motivi lo avevano spinto a combattere e a non arrendersi mai contro l'ombra incombente della leucemia, e fare l'amore con Shuuzou era uno dei tanti, quello a cui aveva cominciato a pensare sempre più frequentemente.
Akashi scostò il viso ed ebbe appena il tempo di riprendere fiato, perché la mano sinistra di Nijimura scivolò dietro la sua nuca e lo strascinò di nuovo alle sue labbra, mentre le dita della destra accelerarono i movimenti attorno al suo membro.
Le labbra di Akashi schioccarono un paio di volte contro quelle dell'altro, la schiena si raddrizzò e il bacino si sollevò, lasciando a Nijimura il modo di disfarsi degli indumenti intimi.
Quando i corpi completamente nudi entrarono nuovamente in contatto si sentirono entrambi scuotere da un brivido, una scossa di piacere che sembrò spazzare via anche gli ultimi brandelli di inibizione.
Nijimura divaricò appena le gambe e inarcò la schiena, scosso da un secondo brivido non appena le natiche di Akashi scivolarono lungo il suo membro e le sue dita gli accarezzarono il petto con un movimento dolce, lento, completamente opposto alla malizia del suo sguardo.
Nijimura sospirò affannosamente e rimase a guardarlo per qualche istante, contemplando una bellezza immediatamente rintracciabile, eppure vaga e delicata, uno spettacolo mozzafiato come poteva esserlo una corona di nuvole illuminata dalla luce argentata della luna in una notte nera, il riflesso iridescente dell'arcobaleno su uno specchio d'acqua ancora smosso dalla tempesta, i raggi del sole incastonati come lance d'oro nel cielo insanguinato al tramonto.
Nijimura trattenne il fiato per un istante e si mise a sedere, percorse il collo dell'altro con baci irregolari e voraci e gli afferrò il labbro inferiore fra le sue; Akashi, dal canto suo, socchiuse gli occhi e restò fermo per qualche istante, godendosi quel momento di intimità.
Seijuurou lo baciò e Shuuzou lo trascinò lentamente sotto di sé, tornando a baciargli il collo e accarezzandogli le natiche.
Akashi lo lasciò fare e socchiuse nuovamente gli occhi, focalizzando la propria attenzione sul piacevole calore dei loro corpi, sulle braccia e le mani forti di Nijimura attorno al suo corpo, ricambiando senza riserve i baci quasi rabbiosi che l'altro gli lasciava sulle labbra e, più raramente, sul collo - dopotutto mancava un po' di confidenza fra i loro corpi, non si erano mai potuti né toccare né baciare in quel modo -.
Dal punto di vista di Seijuurou poteva sembrare sesso rabbioso, frettoloso, ma Shuuzou non aveva alcuna intenzione di darli quella impressione: desiderava semplicemente possedere in tutto e per tutto il corpo al quale apparteneva, fargli provare qualcosa di bello dopo tante sofferenze.
Le dita arrancarono sulle natiche sode, i bacini si incastonarono ancora una volta e Akashi sfiatò appena, volgendo solo per un istante il proprio sguardo al raggio di sole che in parte sembrava infrangersi contro il vetro opaco e restare fuori, in parte rimanere integro ed entrare, illuminare la stanza e i loro corpi spogli. Aveva visto tante volte il sole alla finestra, ma quello, nonostante a fargli da cornice fosse una vecchia imposta di un misero appartamento, era uno degli spettacoli più belli a cui avesse mai assistito: ora il sole era vicino, poteva uscire e sentirlo mentre gli accarezzava la pelle, gli faceva ribollire la testa, ora il sole si poteva raggiungere senza aver paura di rimanere scottati, di perdere le proprie ali e precipitare nel mare.
Quando le dita dell'altro si insinuarono fra le sue natiche, Akashi tornò a rivolgere la propria attenzione a Nijimura, ignorando il sole e tutto ciò che lo aspettava oltre le finestre - dopotutto, prima ancora di sentire l'aria fredda pizzicargli le guance e il sole insinuarsi fra le ciglia, riempirsi i polmoni di smog e ascoltare i rumori tumultuosi della città, voleva fare l'amore con il suo fidanzato, una persona che aveva desiderato più della sua stessa vita, più dell'inverno, dell'estate, della pioggia, delle foglie, dei fiori, delle stelle e di tutto ciò che l'esistenza avrebbe potuto offrirgli -.
Akashi divaricò appena le gambe e stuzzicò il fianco destro di Nijimura con qualche colpetto leggero del ginocchio, guardandolo con un mezzo sorriso sulle labbra e le mani salde sulle sue spalle, e l'altro, dal canto suo, si fermò a guardarlo per qualche istante e finì per chinarsi su di lui e baciarlo.
Nijimura cominciò a prepararlo, compiacendosi del fatto che, almeno in un primo momento, Akashi avesse ansimato - e quasi gemuto - contro le sue labbra e si fosse stretto a lui in una istintuale quanto ingenua ricerca di protezione - protezione che non avrebbe mai potuto ricevere da quello che, almeno in quel momento, rassomigliava più al suo carnefice che al suo amante -.
Le dita di Nijimura affondarono nelle cosce sode e pallide di Akashi, i toraci ansanti si allontanarono all'improvviso e i loro occhi si cercarono e si scontrarono, quasi si respinsero quando i loro bacini si incastonarono e i loro corpi si unirono.
Nijimura sentì i muscoli tesi dell'altro oltre la pelle delicata, le sue mani scivolare silenziose al di là delle sue spalle e posarsi poco più sotto della nuca, socchiuse gli occhi per qualche secondo, cercando di abituarsi alla sensazione e restando in ascolto del respiro sommesso di Akashi che rompeva il silenzio, avido di quei sospiri appena udibili ma chiaramente accaldati, alterati dall'eccitazione.
Forse perché non aveva più voglia di aspettare, forse perché voleva fargli sapere che nonostante tutto era ancora lui quello che teneva le redini del gioco, Akashi fu il primo a muoversi, gli avvolse il bacino con le gambe e approfondì appena il contatto, stuzzicandogli una scapola con un rapido e quasi impercettibile passaggio delle unghie lungo la pelle; Nijimura, dal canto suo, si lasciò scappare un sospiro di piacere e rafforzò la stretta sulle sue cosce, cominciando a muoversi.
Shuuzou aveva pensato tante volte a come sarebbe potuta essere la loro prima volta, e molto spesso era giunto alla conclusione che non avrebbe corso, né nel sesso, né nella loro relazione in generale, ma si rese conto soltanto in quel momento quanto fosse difficile restare fedele a quel tacito accordo con se stesso: voleva godersi ogni istante, ogni attimo, ma la volontà di accelerare e divorare il tempo per raggiungere immediatamente l'amplesso era costante, lo schiacciava, lo soffocava, guidava le sue mani in quella esagitata esplorazione del corpo gracile di Akashi, spingeva il suo bacino ad andare sempre più a fondo, sempre più veloce.
I movimenti di Nijimura si fecero quasi immediatamente fluidi e veloci, Akashi avvertì un vago bruciore alle cosce, lì dove la pelle era stata arpionata dalle dita dell'altro, e sfiatò indispettito non appena sentì le sue mani scivolare sulle sue natiche e stringerle in una morsa che aveva molto di animale e poco di umano, tuttavia non si lasciò atterrire dal corpo forte e fremente sopra il suo, ma piuttosto assecondò i suoi movimenti e trasformò le carezze in graffi.
Shuuzou si lasciò scappare un gemito sommesso non appena sentì le unghie dell'altro bucargli la pelle, Seijuurou inarcò la schiena e accennò solo per un istante un sorriso compiaciuto, prima che le labbra si spalancassero in un gemito di piacere.
Nijimura non capì se fosse stato quel gemito mai udito prima, le unghie di Akashi che graffiavano le sue spalle o semplicemente il contatto dei loro corpi, ma fu percosso da un brivido che attraversò tutta la spina dorsale e che dal fondo schiena sfociò e si diramò lungo le gambe, costringendolo a fermarsi solo per un istante e poi a riprendere con più calma - dopotutto, pur di ascoltare ancora una volta la voce dell'altro tramutarsi in vera e propria eccitazione, era disposto a rallentare e a smettere di assecondare parte degli impulsi naturali ai quali il suo corpo era ormai asservito -.
Shuuzou portò le mani ai fianchi dell'altro, trascinandolo un poco più sotto di sé, e Akashi - percependo una stretta molto più gentile e controllata della precedente - smise di graffiarlo e si lasciò scappare un secondo gemito, decisamente più sommesso del primo.
Nijimura sentì di dover rallentare ancora, ormai molto vicino a raggiungere l'apice del piacere e a corto di fiato, e così lo guardò, gli accarezzò la fronte con la mano e scostò un ciuffo di capelli dal suo viso, si soffermò sui lineamenti precisi e delicati, sulle labbra rosse che brillavano come sangue sulla neve e sugli occhi socchiusi, acquosi, segnati da ciglia fini e nere.
«Sei bellissimo ...» se la voce gli tremò fu soltanto a causa dell'eccitazione e del respiro smorzato dalla fatica, non per vergogna, non per paura di essere inopportuno o sfrontato: pensava davvero ciò che aveva detto, riusciva a vedere la bellezza di Akashi anche al di là della pelle troppo bianca, dei capelli troppo radi e del corpo troppo magro, riusciva a percepire una maestosità avvincente ed una fragile armonia che lo avevano sempre affascinato e di cui gli sembrava essere il solo spettatore.
Nijimura conosceva l'anima di Akashi, conosceva chi si nascondeva dietro la facciata; lo amava, perché oltre la bellezza fisica fiorivano una forza e una tenacia ineguagliabili, lo splendore irresistibile di una mente forte.
Akashi era il rosso di un bocciolo di rosa che scalpitava oltre la coltre di ghiaccio, era la luce della luna che trafiggeva rabbiosa le nuvole nere.
Seijuurou lo guardò e gli accarezzò il braccio, a Nijimura sembrò che sorridesse con gli occhi, e allora si chinò su di lui e lo baciò.


La lama affondò nella carne e una risatina sommessa attirò la sua attenzione, facendolo rabbrividire.
«Ora applico un taglio ad Y molto profondo.» il professore parlò e Shintarou seguì i suoi movimenti finché la lama non giunse allo sterno del cadavere, pronta a risalire per tracciare un'altra linea che sarebbe terminata alla spalla, poi rivolse la propria attenzione altrove: si era documentato a fondo sulle autopsie, sapeva come funzionavano - o per lo meno sapeva come si procedeva con l'apertura del torace e della calotta cranica -, quello che gli aveva chiuso la bocca dello stomaco, piuttosto, era stata la risatina che aveva preceduto l'incisione del corpo. Era stato stupido da parte sua pensare che Imayoshi ed Hanamiya non si fossero qualificati fra i migliori studenti, ed ora Makoto contemplava la scena con un sorriso inquietante stampato in volto, sembrava impaziente di prendere il posto del professore e cominciare a fare a fettine il cadavere che avevano davanti.
«Qualcuno di voi mi può aiutare?» il professore sollevò il lembo di pelle al di sopra dell'incisione ad Y e lo tirò fino a coprire il volto del cadavere, girandosi verso di loro - in particolare verso i cinque del primo anno - in attesa che qualcuno si offrisse volontario per aiutarlo a sollevare anche i margini laterali.
«La aiuto io.» Hanamiya fece un rapido passo avanti e non riuscì a smettere di sorridere, e Shintarou si sentì pervadere dalla nausea.
«Hanamiya, se non sbagli lo hai già fatto l'anno scorso, giusto?» il professore gli fece un cenno, quasi a volergli chiedere di attendere, e si rivolse nuovamente al gruppo del primo anno.
«Nessuno del primo anno? O del secondo?»
Midorima schiuse le labbra e mormorò qualcosa di impercettibile, non riuscì a farsi avanti a causa della nausea che si era annidata in fondo alla sua gola.
«D'accordo.» il professore sospirò spazientito e si fece da parte «Hanamiya, mostra la procedura ai tuoi colleghi.»
Quando anche i lembi laterali furono sollevati e la parte interna del torace divenne più visibile, due ragazzi di prima ed una ragazza di seconda abbandonarono la sala e Midorima fece un paio di passi indietro, disgustato dal fatto che Hanamiya avesse continuato a sorridere per tutta la durata del procedimento.
«Se stai pensando di uscire, non lo fare.» Imayoshi gli diede una piccola gomitata e sussurrò, ma Midorima non ebbe tempo di rispondere e rivolse la propria attenzione al professore.
«Nakajima, mi potresti passare il frangicoste? Adesso toglieremo la cassa toracica, quindi vi prego di avvicinarvi per osservare la procedura.»
L'unica ragazza di terza afferrò lo strumento richiesto e lo portò al professore, piazzandosi al fianco di Hanamiya, e così, a poco a poco, si avvicinarono anche gli altri, ad esclusione di un altro ragazzo di prima che fece marcia indietro e uscì di corsa.
«Cerca di resistere.» Imayoshi sussurrò ancora «se ti vedrà uscire da quella porta non te lo perdonerà mai.»
Shintarou gli rivolse una rapida occhiata e poi tornò ad osservare Hanamiya, deglutendo appena.
«Non fare caso a lui: gli piace lo splatter.» Shouichi accennò un sorriso divertito, ma quella che molto probabilmente voleva essere una battuta non fece altro che aumentare il mal di stomaco di Shintarou.
«Ho deciso che assegnerò un organo ad ognuno di voi.»
«U-un organo?» un ragazzo di terza, rimasto leggermente in disparte, balbettò.
«Sì, un organo.» il professore gli rivolse una rapida occhiata «Fujiwara, se non sbaglio è la prima volta che riesci a classificarti fra i primi cinque, ma sei del terzo anno, per cui non dovresti avere alcun problema con un'autopsia, giusto?»
Il ragazzo annuì appena e cercò di riprendere fiato.
«Credo proprio che ti assegnerò il cervello.»
Tuttavia, non appena il professore riprese a parlare, negò appena con il capo e balbettò qualcosa di insensato, allontanandosi dal gruppo e, dopo qualche istante di indecisione, lasciando la sala.
«Visto che l'idiota se n'è andato, perché non lo lascia a me, il cervello?» Hanamiya si rivolse immediatamente al professore «penso io ad aprire la calotta cranica, so usare la sega vibrante.»
«Imayoshi la sa usare meglio di te visto che è al terzo anno, quindi credo proprio che lascerò fare a lui.»
Hanamiya sfiatò appena e rivolse un'occhiataccia nervosa ad Imayoshi, che in tutta risposta gli sorrise divertito.
«E vediamo … Midorima?»
Shintarou sobbalzò e rivolse immediatamente la propria attenzione al professore.
«S-sì?»
«Visto che hai preso il massimo dei voti, eguagliando Hanamiya e Imayoshi, vorrei assegnarti il cuore.»
Midorima esitò un istante, notando lo sguardo rabbioso che Hanamiya rivolse prima a lui, poi al professore.
«Vuole assegnare il cuore ad uno di prima?»
«Hanamiya, sta calmo: questa non è certo la nostra ultima autopsia, rilassati. Voglio soltanto vedere come se la cava.»
Makoto sbuffò sommessamente e incrociò le braccia al petto.
«E io cosa dovrei fare?»
«Tu e Nakajima lavorerete su fegato e polmoni. Imayoshi, tu comincia pure ad estrarre il cervello.»
Hanamiya assentì con un brontolio e si portò immediatamente vicino alla testa del cadavere, per osservare la procedura a cui era stato assegnato Imayoshi.
«Sei ancora confuso fra neurologia e cardiologia, eh?» Imayoshi afferrò la sega vibrante e si affiancò a lui, ma Hanamiya non rispose e si limitò ad osservare la procedura.
«Allora, Midorima, accetti o no? Se non ti va posso assegnarlo al tuo collega.»
Lo sguardo di Shintarou si scontrò solo per un istante con quello dell'unico ragazzo del primo anno rimasto oltre a lui, quello che nella graduatoria gli aveva dato del filo da torcere e si era classificato secondo, con una differenza di soli due punti.
«Il cuore va bene.»
«D'accordo, allora vieni a prendertelo.»
E se il mal di stomaco era svanito per un solo istante, all'improvviso tornò più forte di prima.


«M-Miya-san?» Seiji si avvicinò a lei e balbettò appena, cercando i suoi occhi oltre la scatola e abbassando immediatamente lo sguardo quando li trovò.
«Matsuda-kun, adesso non ho tempo.» Aoi, dal canto suo, rafforzò la stretta sulla grossa scatola e fece un paio di passi indietro.
«Vuoi una mano?» Matsuda mormorò appena e l'altra negò con un rapido cenno del capo.
«Ti ringrazio, ma posso farcela anche da sola.»
Seiji restò in silenzio per un istante, si guardò i piedi e dondolò sul posto, indeciso sul da farsi: Aoi non avrebbe mai accettato il suo aiuto, e nemmeno quello di Kagami o di Aomine, perché nonostante fosse piuttosto tranquilla si era dimostrata fin da subito molto tenace, volenterosa di conquistare un posto di lavoro con le sue sole forze - il che era ammirevole, ma di conseguenza escludeva completamente una persona timida ed impacciata come lui -.
«Miya-san, ti devo dire una cosa.»
Miya sospirò appena e si strinse la scatola al petto, in modo da mostrargli completamente il viso luminoso e leggermente paffuto, che rendeva ancor più dolce il taglio fine ed elegante dei suoi occhi.
«Cosa c'è?»
«E-ecco, io ...» Matsuda si strinse i capelli fra le dita e si schiarì la voce, cercando di renderla più alta e ferma - tentativo che si rivelò fallito non appena ripeté la stessa frase di prima -.
«Me lo dirai più tardi, va bene?» Miya gli voltò le spalle e si diresse verso la cucina, e Matsuda non riuscì a dire una parola, se ne restò imbambolato e seguì la sua figura esile finché non la vide scomparire oltre la piccola porta di metallo.
«Ohi.»
Matsuda sobbalzò e si voltò nella direzione da cui era provenuto quel richiamo nervoso e sommesso, sentendosi avvolgere da un brivido non appena vide lo sguardo rabbioso di Aomine puntato su di sé.
«Pensi di aiutarmi, idiota?»
«A-arrivo subito!» Seiji si affrettò a raggiungere il bancone e servì una cliente sotto lo sguardo spazientito e annoiato di Aomine, infine, una volta salutata la ragazza, si rivolse nuovamente a lui.
«Ti chiedo scusa, mi sono distratto.»
«Ti distrai un po' troppo.»
«Dove sono i miei mikado?» Matsuda era molto timido, ma quando si parlava di mikado diventava improvvisamente intraprendente e senza vergogna.
«Ah? Oh, credo se li sia mangiati Murasakibara.»
«Cosa?! Mi ha già rubato quattro confezioni!»
Aomine si strinse nelle spalle e tornò a guardare oltre le vetrine, con aria completamente disinteressata: non era affatto divertente stare alla cassa con quell'imbranato, l'unico con cui poteva competere davvero se ne stava quasi tutto il giorno chiuso in cucina a sfornare dolci e a litigare con Murasakibara.
Quando sentì l'altro sospirare profondamente, Daiki alzò gli occhi al cielo e tornò ad osservarlo solo per un istante: presto avrebbe ricominciato a fantasticare su di lui e Miya, doveva essere stato un colpo di fulmine - palesemente unilaterale -.
«Ma non è bellissima?» quando si chiudeva nel suo mondo, a fantasticare sull'amore, Seiji sembrava quasi non rendersi conto delle sue parole, non si vergognava, ma piuttosto si limitava a farneticare con occhi sognanti.
«Se ti piace il genere.»
«In che senso?»
Aomine inspirò appena e adagiò la schiena contro il bordo del bancone, dando le spalle alle vetrine e rivolgendo la propria attenzione alla porta chiusa che conduceva alla cucina.
«Sì, insomma … non ne ha.»
Matsuda rimase a fissarlo per qualche istante, poi seguì il suo sguardo e soffermò la propria attenzione sulla porta chiusa.
«Intendi …?» non volendo pronunciare certe parole, Seiji si indicò il petto con un gesto rapido e impacciato.
«Le tette, sì.» e Aomine pensò a metterlo immediatamente in imbarazzo, pronunciando quella parola con voce un po' troppo alta.
«Sai, non è proprio la prima cosa che guardo in una ragazza.» Matsuda forzò un sorriso e Aomine sfiatò appena, con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Sei proprio uno sfigato.»
Seiji cercò di dire qualcosa, ma il suono squillante della campanella segnalò l'arrivo di un cliente e la voce di quest'ultimo sovrastò perfino i suoi pensieri.
«Aominecchi!»
Aomine sbuffò sommessamente e alzò gli occhi al cielo: Kise era arrivato puntuale, giusto per ricordargli che almeno Seiji voleva stare con una donna - con le tette piccole, ma pur sempre una donna - e che lui, invece, era ormai innamorato perso di un uomo.
«Kise, non puoi venire qui ogni giorno. O per lo meno compra qualcosa.»
«Aominecchi, lo sai che i dolci sono off-limits per me!» Kise rivolse un rapido saluto a Matsuda e si guardò intorno per un istante.
«Non posso venirti a trovare?» cinguettò, con le labbra increspate in un sorriso, e Aomine si ritrovò nuovamente a sbuffare, almeno finché le labbra di Kise non sfiorarono le sue.
«O-ohi! Kise, sto lavorando!»
«Eh? Ma Aominecchi, a parte Matsudacchi non c'è nessuno qui!»
«Aomine-kun ...» Matsuda intervenne a voce bassa «credevo ti piacessero le donne ...»
«A me piac–»
«Aominecchi.» Kise lo incenerì con lo sguardo «stavi di nuovo parlando di tette?»


Tetsuya lasciò scivolare il cellulare in tasca e diede una rapida occhiata oltre la rete metallica che delimitava il campetto: Kagami aveva finito di lavorare da almeno mezz'ora e sarebbe arrivato di lì a qualche minuto, quindi tanto valeva continuare ad ammazzare il tempo e a cercare di fare quanti più canestri possibili.
Kuroko afferrò la palla a spicchi e focalizzò la propria attenzione sul canestro, lanciandola qualche istante dopo e riafferrandola non appena transitò oltre la retina bianca e rimbalzò a terra.
Si rigirò il pallone fra le mani, accarezzò le cuciture con le dita e cercò di resistere alla tentazione di dare un'altra occhiata al cellulare - dopotutto se aveva cominciato a dedicare al basket più tempo del dovuto era a causa di Kagami e ora che cominciava a raccogliere i frutti dei suoi sforzi sentiva che la possibilità di una rivincita era sempre più vicina -.
La palla fendette l'aria e colpì il tabellone, percorse il bordo del canestro e indugiò, cadendo a terra ancor prima di segnare un punto immaginario e demolendo, di fatto, le speranze appena nate di Kuroko, per poi transitargli rapidamente accanto.
Tetsuya fece per voltarsi, ma ebbe tempo di muovere soltanto un piede, paralizzato da una voce fin troppo famigliare.
«Buon compleanno, Tetsuya.»
Gli occhi di Kuroko si soffermarono sulle mani che afferrarono e sollevarono la palla a spicchi, poi alzò il proprio sguardo e si sentì mancare il respiro.
«Akashi-kun …?» restò immobile, ancora incredulo.
Akashi rivolse la propria attenzione al canestro e lanciò la palla, per poi rivolgergli un sorriso non appena questa transitò oltre la retina bianca.
«Sei guarito?» Tetsuya non riusciva a straccargli gli occhi di dosso, non riusciva a credere che fosse proprio lì di fronte a lui, che avesse appena fatto un canestro e gli avesse sorriso.
«Non del tutto.» Akashi afferrò nuovamente la palla, ma il suo sguardo abbandonò completamente il canestro per soffermarsi su Kuroko «ci sono buone probabilità di guarigione, posso continuare le cure qui.»
Akashi restò in silenzio per qualche istante e gli porse la palla, ricominciando a parlare soltanto quando Kuroko la afferrò.
«Sei solo?»
Kuroko fece per rispondere, ma si zittì immediatamente: qual'era la risposta che stava aspettando? Qual'era la risposta migliore da dare? Si sarebbe fermato lì per un po'? Oppure era soltanto una breve visita per comunicargli il suo ritorno e augurargli buon compleanno?
Quando pensò all'imminente arrivo di Kagami, Kuroko rimase completamente senza respiro.
«Fra poco dovrebbe arrivare …»
«Chi?»
Kuroko si sentì folgorare dallo sguardo di Akashi e si zittì nuovamente, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo non appena avvertì un brusio famigliare non molto distante.
«Ehi! Ma quello non è …?! Aominecchi, quello è Akashicchi!»
«Ma che stai dicendo, Kise? Akashi è in Svizzera.»
«Akashicchi! Akashicchi!»
Finalmente Seijuurou rivolse la propria attenzione altrove e Tetsuya fu libero di tornare a respirare.
«Daiki, Ryouta.» Akashi sorrise, ma Kuroko, alle sue spalle, affondò il canino nel labbro inferiore, rivolgendo una rapida occhiata a Kagami - Kise doveva essere andato a prendere Aomine al locale e molto probabilmente avevano deciso di incamminarsi tutti insieme - .
«Gli altri?» Akashi si rivolse nuovamente ad Aomine e Kise, senza degnare neppure di uno sguardo Kagami.
«Momocchi-chan e Aidacchi arriveranno alle quattro e mezza.»
Seijuurou diede una rapida occhiata all'orologio e inspirò appena.
«Purtroppo non posso trattenermi molto, per oggi non avrò occasione di salutarle. Piuttosto, Shintarou e Atsushi dove sono?»
«Umh ...» Kise cercò solo per un istante gli occhi di Aomine e poi quelli di Kuroko «Murasakibaracchi è al locale con Himurocchi, e Midorimacchi … credo stia studiando. O forse è con Takaocchi.»
Akashi restò a fissarlo in silenzio, indispettito dal fatto che Kise si ostinasse a usare quel suffisso anche per alcuni elementi di disturbo: Himuro portava via Murasakibara, Takao portava via Midorima e, soprattutto, Kagami avrebbe portato via Kuroko.
«Nijimura è con te?» la voce di Aomine lo distolse dai suoi pensieri, ma non riuscì a rispondere immediatamente e si limitò ad un piccolo assenso del capo.
«Non so quando si farà vedere, ora come ora siamo un po' indaffarati.» molto probabilmente Nijimura avrebbe speso intere settimane alla ricerca di un lavoro, era importante, indispensabile, non poteva permettersi alcuna distrazione.
«Adesso vi saluto.» Akashi rivolse un'ultima occhiata a Kuroko, poi transitò accanto a Kise e Aomine, compiacendosi del fatto che sembrassero così legati e dalla consapevolezza che almeno loro non si sarebbero mai fatti portare via da nessuna persona esterna alla Generazione dei Miracoli, infine si fermò solo un istante di fronte a Kagami, che sostenne il suo sguardo senza mostrare alcun segno di cedimento e, anzi, mostrando un'espressione insolitamente minacciosa.


Non era stata una bella giornata: Miya aveva bruciato due delle sue torte, Aomine aveva cercato di sabotare alcuni dei suoi muffin, Kise e Momoi non avevano fatto altro che augurare buon compleanno a Kuroko e abbracciarlo ogni volta che ne avevano l'occasione e Akashi era tornato. Soprattutto, Akashi era tornato.
«Kagami-kun?»
Kagami brontolò sommessamente e sollevò lo sguardo, restando in silenzio.
«Sei troppo silenzioso.» Kuroko si sedette accanto a lui, stringendo la palla a spicchi al petto e rivolgendo la propria attenzione alla retina bianca del canestro, ancora visibile nonostante fosse ormai sera inoltrata.
«Sei migliorato.»
«Kagami-kun, non cambiare discorso.»
Kagami inspirò appena e cercò di sfuggire immediatamente allo sguardo di Kuroko.
«È perché ho fame.»
«Stai ancora cambiando discorso.» Kuroko gli sfiorò la mano con la sua, e Kagami si sentì in obbligo di rivolgergli la propria attenzione: non poteva ignorarlo, lo amava troppo per farlo preoccupare e per mancargli di rispetto a causa della gelosia, e poi, a pensarci bene, il ritorno di Akashi non doveva essere facile neppure per lui.
«Non credevo sarebbe tornato così presto.»
Si guardarono negli occhi per un istante, poi Tetsuya sospirò sommessamente e rivolse la propria attenzione al cielo nero e senza stelle.
«Nemmeno io.»
Taiga avrebbe voluto dire tante altre cose, perché erano mille i pensieri che gli ronzavano in testa - Akashi avrebbe cercato di tenerlo fuori dal progetto, avrebbe cercato di portargli via Kuroko, di rendere gli ex membri della Generazione dei Miracoli nuovamente ostili nei suoi confronti -.
«Akashi-kun è molto … conservativo, in un certo senso. Non gli piace che qualcuno invada i suoi spazi e rompa i suoi equilibri, soprattutto quando è consapevole che questo qualcuno incarna una minaccia reale.»
Kagami rimase ad osservarlo in silenzio e per un istante si sentì quasi invidioso: anche lui avrebbe voluto leggere le persone come faceva Kuroko, di certo gli avrebbe reso le cose molto più facili e le brutte giornate non gli sarebbero sembrate poi così pessime.
«Un giorno imparerà ad accettarti, dopotutto non può fare altrimenti visto che l'ombra ha bisogno della sua luce.»
Kagami quasi non si strozzò con la sua stessa saliva, cercò di ignorare il pizzicore distinto sulle guance e dopo qualche istante di esitazione decise di parlare.
«Ohi, buon compleanno.» era un sollievo potergli fare gli auguri dopo averci provato tutto il giorno senza mai riuscirci a causa di Kise e Momoi.
Senza dire altro, Kagami estrasse una scatoletta rossa dalla tasca della felpa e gliela porse, e Kuroko la accettò rivolgendogli un piccolo sorriso silenzioso.
Tetsuya aprì la scatoletta, sbirciò al suo interno e la richiuse subito, attirando l'attenzione di Kagami, preoccupato che qualcosa non andasse.
«Kagami-kun.» ma Kuroko si inginocchiò sulla panchina e si avvicinò un poco di più «lo sai che ti amo, vero?»
«K-Kuroko, piantala!»
«Come puoi pensare che io non ti dica una cosa simile se mi regali un anello?»
«Kuroko, smettila! È imbarazzante!» Kagami sembrò quasi ringhiare, ma tutto si esaurì in un attimo, non appena la breve e sommessa risata dell'altro riecheggiò nel freddo silenzio della sera.
Taiga gli prese il viso fra le mani e quasi gli sfiorò le labbra, ma la voce di Kuroko lo frenò immediatamente.
«Sono contento che sia tu la mia luce.»
«E basta.» Kagami bofonchiò, avvertendo un'altra ondata di calore confluire nelle guance, ma quando calò il silenzio e Kuroko gli sorrise chinò il viso e lo baciò.

È un antico regno sgretolato: l'ombra dorme fra i ruderi, ma la luce si perde nel vuoto del nulla.




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L'angolino invisibile dell'autrice:

So di essere un'autrice degenere, non merito né il vostro amore né il vostro perdono (?), ma la parte di Nijimura e Akashi mi ha occupato davvero tantissimo tempo!
Mi sono accorta solo adesso che sono passate ben due settimane dall'ultimo aggiornamento e … ugh, vi chiedo scusa ;-;
Per il prossimo aggiornamento mi ci vorrà un po' perché ho iniziato a studiare per gli esami e, soprattutto, sono arrivata alla fine della tabella riassuntiva e devo metterne su un'altra in fretta e furia (diciamo che ho ben chiare le dinamiche principali che devo ancora trattare nella storia, ma tutto il resto no e devo mettere in moto la testolina).
Non so ancora se sono soddisfatta della parte NijiAka. L'ho letta due volte e mi provoca sentimenti contrastanti.
In questi giorni il fandom di KnB è stato piuttosto attivo e lo so che nel KUROFES è stato detto che a Nijimura non piace trattenersi … a mia discolpa, se in questo capitolo si “trattiene” un pochino, è perché quando ho scritto la scena non era ancora trapelata la notizia (?), ecco. Inoltre mi risultava che Nijimura avesse paura dell'aereo, ma sono andata a spulciare nuovamente Wikipedia e non ho più trovato questa notizia (mi pareva di averlo appreso dalla Replace V), quindi è probabile che io mi droghi senza saperlo (che sia vero o meno, ormai è deciso: nella mia interpretazione, Nijimura ha paura di volare).
E se ve lo siete chiesti (ma so che non ve lo siete chiesti perché eravate impegnati a idolatrare la NijiAka (?)), questa frase: ”ora il sole si poteva raggiungere senza aver paura di rimanere scottati, di perdere le proprie ali e precipitare nel mare” richiama al mito di Icaro.
Per quanto riguarda i due OC, volevo disegnarli e metterli sulla pagina FB ma non ho avuto tempo, quindi lo farò nelle settimane a venire (dopotutto non sono così fondamentali).
Quando Kise dice “quattro e mezza” ovviamente si intende “del pomeriggio” e, ok, non era previsto che Kagami regalasse un anello a Kuroko, ma io non sono mai fantasiosa quando un personaggio deve regalare qualcosa ad un altro e ho voluto investirvi con i feels.
Ah, giusto: prendiamoci un momento per amare quello psicopatico di Hanamiya <3
Alla prossima!
   
 
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