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Autore: Damlo    11/12/2014    1 recensioni
"Sheldon cadde riverso a terra. Non aveva più fiato nei polmoni. Tentò di inspirare aria, ma invano. Si sentiva un crescente senso di soffocamento, tentò di chiamare aiuto, ma nessun suono fuoriuscì dalla sua bocca.
In quel momento valutò seriamente l'idea di morire..."
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1



12 settembre 1991

" Apri la porta"
"Sei sicuro che sia il posto giusto?"
" il segnale GPS non mente mai. Qui c'è il cellulare di Manson, lo deve aver preso chiunque lo abbia rapito o portato qui. Con un po' di fortuna lo troveremo. Vivo."
La voce del detective Harrison ostentava sicurezza, anche se le sue mani frementi intorno alla Glock indicavano il contrario.
" É bloccata dall'interno."
" Sfondala"
"La fai facile tu" sbuffò Sheldon Ray con veemenza.
Tre minuti dopo i due detective erano entrati nell'edificio. Il cambio di ambiente si avvertì subito: dall'interno del magazzino fuoriuscì una vampata di aria calda e fetida. Era evidente che non veniva aerato dal un bel po' di tempo. Dentro era buio pesto e non si avvertiva la presenza di qualsiasi forma di elettricità. 
" Te lo ripeto, sei sicuro che questo sia il posto giusto?"
Il detective Harrison ebbe un attimo di esitazione:
" Non trovi che sia il luogo perfetto per un rapimento?"
" Non ne siamo ancora certi..."
" il ritrovamento del cellulare di Manson in un posto simile sembra confermare questa ipotesi"
Harrison l'aveva affermato fin dall'inizio e non sembrava considerare alternative...dopotutto Sheldon doveva ammettere che il collega aveva intuito per questo genere di cose.
Il magazzino si estendeva per parecchi metri in avanti e lateralmente, per poi dilungarsi in un lungo corridoio di cui non si scorgeva la fine.
"Questo posto è un maledetto labirinto, porca puttana"
Le espressioni particolarmente colorite del detective Harrison quando manifestava nervosismo erano diventate una sua costante peculiarità.  
Effettivamente aveva ragione. Più avanti, oltre il corridoio, si apriva un'altra stanza, ancora più estesa della prima.
" Ehi, detective, osserva qui"
Sheldon si voltò verso il luogo indicato dal suo partner e notò una rampa di scale sulla destra che prima era sfuggita al suo sguardo.
" Sai dove potrebbe portare?" 
" Non saprei, ma il segnale sembrerebbe provenire da lì".
Sheldon Ray e Steven Harrison si scambiarono uno sguardo d'intesa.
Harrison tirò fuori teatralmente dalla fondina la sua Glock, di cui andava particolarmente fiero, e si diresse in quella direzione. Sheldon lo seguì a pochi metri di distanza. 
Si fermò improvvisamente facendo cenno a Sheldon di stare in silenzio:
"Credo di aver sentito qualcosa" bisbigliò poi: "Pensi che ci sia qualcuno?" 
L'agitazione iniziava ad impossessarsi del corpo di Sheldon paralizzandolo.
"Tu stai di sotto e controlla che non arrivi nessuno... Io vado a dare un'occhiata"
Sheldon assecondò il suo piano: non sarebbe riuscito a fare un passo di più.
Sentì Harrison salire a passi lenti e cadenzati gli scalini cigolanti con aria circospetta e la sua Glock in mano.
Percepì anche lui un rumore provenire dal piano superiore e si apprestò a raggiungere il collega, quando udì la voce di Harrison urlare: " Non muoverti! Metti le mani sopra la testa!"
Sheldon si precipitò di sopra.
 Poi uno sparo. E un tonfo.
Una chiazza di sangue si stampò sulla parete a 10 centimetri dal suo naso.
Sheldon provò ad urlare, ma dalla sua gola fuoriuscì solo un rantolo animalesco, come quello di un cervo in punto di morte colpito dalla pallottola fatale di un cacciatore.
Il detective era già spirato. La pallottola gli aveva reciso di netto l'aorta e una pozza di sangue si stava allargando intorno al cadavere. Accanto a lui giaceva un altro corpo: Sheldon lo riconobbe subito come quello del signor Manson, nonostante avesse il volto completamente coperto di sangue raggrumato.
Sangue.
SANGUE.
C'era sangue ovunque. Il sangue sgorgava a fiotti dal torace dell'uomo, del sangue scivolava via dalla labbra socchiuse insieme alla saliva. Altro sangue imbrattava le pareti e  scendeva lentamente lungo il muro.
Sheldon avrebbe tanto voluto compiangere l'amico, ma aveva un'altra missione da compiere: prese la Glock di Harrison e spalancò la porta da cui intanto era uscito il fuggitivo.
Aveva sempre avuto la cattiva abitudine di non riempire mai il caricatore della pistola completamente. Questa volta due pistole gli sarebbero state utili.
Iniziò a correre. Non ci mise molto a uscire dall'edificio abbandonato. Fuori aveva iniziato a piovere e sottili gocce stavano iniziando a rigare il suo volto, mescolandosi con le lacrime amare della disperazione. Un primo lampo balenò nel cielo mentre il detective superava una staccionata. Ora la campagna era stata sostituita dal più comune ambiente cittadino, caotico e confusionario. Adesso Sheldon correva per i marciapiedi, scansando i passanti ignari, alla disperata ricerca dell'uomo misterioso che aveva causato la morte del suo collega. Con la coda dell'occhio vide una sagoma nera scomparire dietro l'angolo. 
"Polizia, polizia, bloccate quell'uomo! É un criminale!"
I passanti lo guardavano attoniti. Probabilmente non si rendevano realmente conto della gravità della situazione, nonostante le grida dell'uomo. 
Voltò l'angolo. 
Ancora quella sagoma nera. 
Tentò di mirarla con la Glock, ma era troppo lontano.
Proseguì il suo folle inseguimento dirigendosi verso sud.
"Ti prenderò, lurido bastardo!"
Sheldon cadde riverso a terra. Non aveva più fiato nei polmoni. Tentò di inspirare aria, ma invano. Si sentiva un crescente senso di soffocamento, provò a chiamare aiuto, ma nessun suono fuoriuscì dalla sua bocca. 
In quel momento valutò seriamente l'idea di morire.
Tutti i suoi sensi erano completamente compromessi. Incominciò a perdere lucidità e la vista si annebbiò. L'ultima cosa che intravide fu l'Ombra allontanarsi e scomparire nel sottile pulviscolo crepuscolare, poi perse del tutto conoscenza. 
   
 
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